martedì 28 settembre 2010

Lavoro e lavoratori

Charlie Chaplin in MODERN TIMES

Approfitto del commento nel post "Bersani in Piazza Castello a Torino" per provare ad affrontare il tema della differenza tra lavoro e occupazione.
Dopo qualche ricerca ho trovato i dati necessari sul sito dell'ISTAT, ed il grafico sottostante mostra l'evoluzione delle curve di lavoro ed occupati nel corso della II Repubblica.

ULA e occupati nel corso della II Repubblica

Le ordinate sono espresse in migliaia di persone.
La quantità di lavoro è indicata in ULA (Unità di Lavoro Annuali), ed indica quante persone dovrebbero lavorare per un anno per far funzionare l'economia pubblica e privata del Paese.
Gli occupati sono semplicemente i lavoratori. Ovviamente il lavoro nero, triste piaga della società italiana, non è qui conteggiato.
Considerando di volta in volta la variazione percentuale sull'anno precedente, nel corso della II Repubblica solo nel 1995 e nel 1997 si è assistito ad un incremento delle ULA maggiore di quello dell'occupazione, e solo per quattro anni, nell'intervallo 2000-2002 e nel 2006, le ULA sono salite di una quota superiore all'1%, permettendo di parlare di vera espansione economica.

Quando le ULA sono maggiori dei lavoratori significa che la domanda di manodopera da parte delle imprese non può essere soddisfatta dall'offerta dei lavoratori. Questi diventano quindi merce altamente richiesta, ed eventuali nuovi ingressi nel mondo del lavoro vengono rapidamente assorbiti. Le aziende sono in concorrenza tra loro per accaparrarsi i lavoratori disponibili.
Quando invece le ULA sono inferiori rispetto ai lavoratori significa che si è in presenza di sovraoccupazione, dai classici posti a ufo ai lavori part-time, tali per cui servono più lavoratori per avere un'ULA. In questa situazione il coltello dalla parte del manico non ce l'hanno più i lavoratori, ma le imprese: la sovrabbondanza di lavoratori fa calare il potere contrattuale degli occupati, che si ritrovano quindi in concorrenza tra loro per i posti disponibili.
Rispetto al grafico, come accennato, occorre tenere in considerazione l'incidenza del lavoro nero: bisogna immaginare una fascia di occupati ulteriore rispetto a quella disegnata dai dati ufficiali, occupati a buon mercato e senza tutele che di fatto abbattono diritti e potere contrattuale di tutta la classe lavoratrice italiana.

Come si vede, nel 2005 gli occupati hanno superato le ULA, mentre nel 2008 e nel 2009 sulla spinta della crisi internazionale prima le ULA e successivamente anche i lavoratori hanno iniziato a scendere di numero. I fallimenti, le delocalizzazioni, le ristrutturazioni aziendali che hanno costellato gli ultimi due anni hanno fatto diminuire la quantità di lavoro totale disponibile in Italia, e con essa hanno iniziato a scendere anche gli occupati.
Poiché l'indice dei lavoratori, fatti salvi naturalmente i casi di part-time, tende ad inseguire quello ULA, è lecito aspettarsi per la fine del 2010 un ulteriore vistoso calo del numero di occupati rispetto all'anno precedente.

Da questo grafico si evince anche come politiche destinate unicamente all'incremento dell'occupazione senza preoccuparsi della creazione di nuovo lavoro siano destinate inevitabilmente al fallimento. Si tratta infatti di scelte meramente palliative, che non fanno altro che creare posti di lavoro fittizi, non corrispondenti ad alcuna attività realmente produttiva, oppure spezzare il lavoro esistente tra più persone.
Queste politiche non tentano in sostanza di risolvere veramente il problema della reale produzione di valore, e anzi appiattiscono a lungo termine verso il basso le condizioni di lavoro, in aperto contrasto agli ideali dell'Articolo 4 della Costituzione.

Il punto cruciale su cui intervenire è quindi riportare l'indice ULA al di sopra dell'indice degli occupati. Per fare questo si deve intervenire in primo luogo sull'aumento delle ULA stesse, premiando le aziende che non delocalizzano e anzi incentivando la localizzazione in territorio italiano di imprese estere, favorendo il credito d'imposta sulle nuove imprese, agevolando l'imprenditoria soprattutto giovanile e spostando il carico fiscale dal lavoro alla rendita.
Parallelamente a tali interventi è vitale abbattere la fascia di lavoro nero.
Una provocazione: vogliamo considerare come imprese italiane non quelle che pagano semplicemente le tasse nel nostro Paese, ma quelle che producono e danno lavoro nel nostro territorio?

venerdì 24 settembre 2010

Chi ha salvato Cosentino?

Nicola Cosentino (PdL)

In data 22 settembre 2010 la seduta numero 3721 della Camera dei Deputati ha deliberato contro l'utilizzo delle intercettazioni telefoniche nell'ambito delle indagini su Nicola Cosentino (PdL).
Il deputato campano è indagato per connivenza con il boss camorrista Gaetano Vassallo, responsabile di disastro ambientale legato allo smaltimento di rifiuti tossici in Campania.

La votazione è terminata con il diniego all'utilizzo delle intercettazioni per 308 a 285, con votazione avvenuta a scrutinio segreto su richiesta del PdL.
Altri blog, con maggiore incisività di quanto potrei mai fare io, hanno commentato la crudezza di un dibattito incentrato unicamente sulla tenuta numerica della maggioranza da parte di svariati esponenti del mondo politico, come se si trattasse di votare per la tenuta del governo Berlusconi IV e non per fare luce sulla presunta complicità con la camorra di un rappresentante del popolo.
Poiché però la discussione su chi ha votato cosa ha generato, sull'onda di sentimenti opposti, anche elaborazioni campate in aria, mi sono sentito in dovere di riportare i numeri così come stanno, se non altro per cercare di capire nel marasma di dati più o meno volutamente parziali dove si fermano i fatti e dove iniziano le opinioni.

La Camera dei Deputati è composta da 630 elementi, Presidente - che generalmente non vota - compreso. Quindi 629 voti disponibili.
Tali voti sono ripartiti nei seguenti gruppi parlamentari, in ordine alfabetico:
  • Futuro e Libertà (FL): 34 + il Presidente della Camera
  • Italia dei Valori (IdV): 24
  • Lega Nord Padania (Lega): 59
  • Partito Democratico (PD): 206
  • Popolo della Libertà (PdL): 237
  • Unione di Centro (UDC): 39
  • Gruppo Misto (Misto): 30, comprendente Minoranze Linguistiche (3), Movimento per le Autonomie (5), Liberaldemocratici (3), Repubblicani (3), Noi Sud (6), Alleanza per l'Italia (8), altri (2)
Si sono schierati a favore dell'utilizzo delle intercettazioni UDC, PD, IdV e FL; contrari PdL e Lega. Del Gruppo Misto era nota la posizione dell'ApI, favorevole. Pertanto 311 favorevoli contro 296 contrari, con 22 voti fluttuanti.
La votazione aveva quindi diverse possibilità di finire con un risultato favorevole all'utilizzo delle intercettazioni.

Cosa è successo?
Come detto, i "no" hanno prevalso 308, contro 285 "sì" e 0 astenuti. Un totale di 593 voti.  Rispetto ai 629 totali si sono registrate quindi 36 assenze.
Secondo quanto riporta il sito OpenPolis2 gli assenti erano così ripartiti:
  • Futuro e Libertà (FL): -
  • Italia de Valori (IdV): -
  • Lega Nord Padania (Lega): 2 assenti (Bonino, Dozzo), 3 in missione (Alessandri, Fava, Maroni)
  • Partito Democratico (PD): 2 assenti (Fedi, Sbrollini), 3 in missione (Barbi, D'Alema, Tempestini)
  • Popolo della Libertà (PdL): 6 assenti (Barba, Catone, Centemero, Del Tenno, Iannarilli, Palmieri), 6 in missione (Berlusconi, Biancofiore, Carfagna, Frattini, Pianetta, Prestigiacomo)
  • Unione di Centro (UDC): 8 assenti (Capitanio Santolini, Cera, Drago, Mannino, Merlo, Romano, Ruvolo, Zinzi)
  • Gruppo Misto (Misto): 5 assenti (Calearo Ciman (ApI), Gaglione (Noi Sud), Guzzanti (Noi Sud), Pionati (PRI), Porfidia (non allineati)), 1 in missione (Lombardo (MpA))

Sulla base delle dichiarazioni esplicite di voto, pertanto, il fronte dei "no" perdeva a causa delle assenze 17 elementi, portandosi a 279. Il fronte dei "sì" subiva invece 14 defezioni, scendendo a 297. I non allineati calavano infine a 17.

Il risultato di 308 a 285 per i "no" significa che, al netto di eventuali compensazioni tra franchi tiratori, il fronte dei "sì" ha perso almeno 12 voti.
Dico "almeno" perché la cifra di 12 si ottiene attribuendo tutti i voti cosiddetti liberi al "no", cosa comunque non scontata. Nel caso estremo opposto (i 17 del Gruppo Misto che non avevano espresso dichiarazione di voto si sono tutti espressi per il "sì") i franchi tiratori nell'opposizione sono stati addirittura 29.

La prima conseguenza politica che si può trarre da questi numeri è che, se venissero confermati in un eventuale voto di fiducia, il gruppo parlamentare di FL non sarebbe decisivo nella determinazione della maggioranza assoluta. Se infatti ai 308 voti della seduta del 22 settembre si sommano i 17 assenti nei banchi di PdL e Lega si arriva a 325 deputati. Naturalmente è opportuno tenere conto del fatto che il voto era segreto e non riguardava la fiducia al governo, fattori che permettono il fiorire dei franchi tiratori. Il risalto mediatico dato alla votazione era tuttavia sufficientemente ampio da rendere questo test significativo al di là del reale oggetto della votazione.
La seconda considerazione, e qui si abbandonano i fatti per entrare nelle congetture, riguarda il dove si possono essere annidati i 12 (minimo) franchi tiratori. I principali indiziati sono l'UDC, anche per via delle alte assenze, e l'ApI. Da non escludere poi che alcuni esponenti moderati di FL abbiano deciso di giocare un brutto tiro a Fini, mentre a far pensare che possa essere arrivato il "soccorso rosso" dal PD è più che altro il consueto autolesionismo che si attribuisce a tale partito più che un reale ragionamento. I sospettati meno probabili sono naturalmente gli esponenti dell'IdV, sia per l'impronta legalitaria data da Di Pietro al partito sia per la condotta costante tenuta nel caso di votazioni analoghe.

La prova del nove ci sarà al momento della votazione in aula a seguito del discorso del Presidente del Consiglio, previsto per il 28 settembre. In quel frangente potremo vedere quanti franchi tiratori erano occasionali, e quanti invece avranno realmente deciso di passare dall'opposizione alla maggioranza. Soprattutto, si capirà se FL è o meno l'ago della bilancia alla Camera, fattore che determinerà il prossimo futuro della politica italiana.


1: la pagina della Camera dei Deputati contenente i lavori dell'Aula entra a far parte delle fonti di dati del blog
2: la qualità dei dati forniti da Open Parlamento è tale da permettermi di inserire il sito tra le fonti sebbene non riporti dati primari ma lavorati o semilavorati

mercoledì 22 settembre 2010

"Parlamento Pulito" arriva al Senato

Grillo consegna le firme al Senato (14 dicembre 2007)

In data 21 settembre la 1° Commissione Permanente del Senato della Repubblica (Affari Costituzionali) ha preso in esame1 l'Atto del Senato n° 3, ovvero la proposta di legge di iniziativa popolare di riforma della legge elettorale.
Si tratta della proposta sponsorizzata a suo tempo da Beppe Grillo e presentata al Parlamento nel corso della XV Legislatura il 14 dicembre 2007, ed il cui iter si arenò poi nel marasma provocato dalla caduta del Governo Prodi II.
In particolare, secondo quanto riporta il Presidente della Commissione Vizzini (PdL), dal 22 settembre dovrebbero iniziare i lavori in Commissione sul testo del procedimento.

A proposito del testo, qui il link. Poiché la discussione è appena agli inizi, non vi sono ancora emendamenti di sorta ed il testo è quindi quello originale.
La riforma si articola su quattro filoni principali: reintroduzione delle preferenze, limite massimo di due mandati, ineleggibilità dei condannati in via definitiva - con relativa decadenza di coloro che si trovano in Parlamento in questa situazione al momento dell'entrata in vigore della legge - e decadenza temporanea dalla carica di onorevoli che hanno ricevuto condanne non definitive. Beppe Grillo ha pubblicato, nel 2008, una lista dei parlamentari della XVI legislatura (sedici al Parlamento Italiano e due all'Europarlamento) condannati in via definitiva e per i quali scatterebbe quindi la rimozione immediata.

Sarà difficile che il testo possa superare le inevitabili eccezioni di incostituzionalità sollevate da una commissione dichiaratamente favorevole alla legge elettorale attuale; il blog non mancherà comunque di riferire ogni aggiornamento degno di nota sul tema, cercando di mostrare l'atteggiamento e le motivazioni di ogni forza politica nei confronti della proposta di legge in esame.



1: la pagina del Senato della Repubblica contenente i lavori dell'Aula entra a far parte della lista delle fonti di dati di questo blog.

lunedì 20 settembre 2010

Bersani in Piazza Castello a Torino

Manifesto ufficiale della Festa Democratica 2010

Dopo aver analizzato il comizio di Bossi a Venezia, ho preso in esame le parole pronunciate solo qualche ora dopo da Bersani in Piazza Castello a Torino, a chiusura della Festa Democratica 2010.
Anche in questo caso ho salvato una versione .txt in locale per prevenire l'obsolescenza dei link, e da questa ho prodotto una versione semilavorata da sottoporre a Wordle.
Ecco il risultato.

Tag cloud del comizio di Pierluigi Bersani

Rispetto al discorso di Bossi, il comizio di Bersani risulta essere decisamente più complesso e articolato.
Il segretario del PD pare qui risentire della pressione che grava su di lui e sul suo partito - peraltro recentemente aggravata dal documento dell'ala veltroniana - ed esplode letteralmente con un intervento a tutto campo, in cui contemporaneamente attacca e si difende, esige spiegazioni e offre giustificazioni, in un rincorrersi di dati, citazioni e riferimenti spesso di non semplice interpretazione.

Diventa quindi quasi un obbligo scomporre il discorso non tanto seguendone lo svolgimento cronologico, ma raggruppandolo per comparto tematico. Per pura questione di scelta personale ho deciso di aprire con i passaggi in qui il segretario si mostra sulla difensiva per proseguire poi con le parti in cui invece si getta all'attacco.

Approfittando dei ringraziamenti ai volontari della festa, Bersani rivendica il successo delle oltre 2.000 feste PD sparse nel territorio e la quota sempre crescente di giovani che le animano. L'intento è evidente: il duplice paragone con la Lega Nord ed il suo radicamento territoriale e con il PCI degli anni '70 è chiaramente ingombrante, e Bersani vuole rimarcare il successo del PD sia come progetto politico sia rispetto alla formazione leghista. Al tempo stesso rimarcare la presenza dei giovani ha l'esplicito scopo di garantire all'elettorato la continuità generazionale del partito e al tempo stesso tentare di capovolgere, almeno nell'immagine, l'idea del PD come partito poco attraente proprio per la fascia più giovane dell'elettorato; allo stesso scopo serve il riferimento al lavoro dei Giovani Democratici.
I dati, almeno fino a quando le liste di volontari non saranno rese pubbliche, non sono purtroppo verificabili, quindi fino a prova contraria saranno le analisi di composizione del voto e non le parole di Bersani a giudicare l'appeal del PD nelle fasce più giovani dell'elettorato. Anche la rivendicazione del radicamento è una questione di immagine, ma in questo caso i dati sono fortunatamente verificabili: ho scelto di eseguire il confronto tra il PD e la Lega Nord sulla regione che ha visto lo scontro più equilibrato alle ultime regionali, il Piemonte, e il quadro che ne emerge giustifica in pieno le parole Bersani almeno in termini di presenza materiale di circoli sul territorio, indicatore certo non risolutivo ma estremamente significativo.
La lunga sequenza di eventi e valori di cui Bersani recita una sorta di "Credo" tenta invece di risolvere lo spinoso problema del pantheon del Partito Democratico. Il risultato è necessariamente a tinte generaliste: il welfare, la Costituzione, l'antifascismo... la storia della Prima Repubblica trova così la sua sintesi in un modo guareschiano, dove alla fine, pur da fronti opposti, Don Camillo e Peppone condividevano i medesimi ideali. E forse, nella Prima Repubblica, era vero.
Infine, sul tema delle alleanze, Bersani rilancia lo schema a cerchi concentrici del Nuovo Ulivo e dell'Alleanza Democratica. E il rilancio avviene con precise bacchettate a Vendola - sul tema delle primarie - e a Di Pietro - sul tema dell'opposizione interna alla coalizione.

Contrariamente alla gestione Veltroni, più dialogante, Bersani si getta all'attacco a testa bassa degli avversari politici, strutturando le sue accuse in due tematiche principali: la prima di stampo economico, la seconda più legata alla giustizia.
Bersani accusa il governo italiano di essere protagonista negativo non tanto della crisi economica, quanto delle pessime prestazioni italiane rispetto al resto della UE e dell'OCSE.
Ho preso l'indice più classico, il PIL, ed ecco i risultati di Italia, Spagna, Francia, Germania e Gran Bretagna.

Confronto del PIL dei principali paesi UE (2000-2009)

Il grafico, i cui dati sono stati recuperati dall'ISTAT è da leggere nel seguente modo: fatto 100 il valore medio del PIL nell'anno 2000 per tutti gli stati indicati, a quale quota sarebbe il PIL di questi stati nel 2009? Come si vede, i risultati dell'Italia sono i peggiori in assoluto quasi per tutto il decennio.
Il risultato è ancora peggiore se si tiene conto del fatto che una crescita dell'1% in Italia ed una analoga in Germania non sono la stessa cosa, in quanto il PIL tedesco è molto più alto del nostro, quindi in proporzione l'1% d Berlino costituisce una quantità di ricchezza maggiore dell'1% di Roma.

Andamento della pressione fiscale nella II Repubblica
Successivamente viene citata la situazione italiana in termini di debito pubblico, pressione fiscale, risparmio privato e - riconosco un merito speciale a Bersani per averne parlato - quantità di lavoro, che è diverso dall'occupazione.

Il debito pubblico e la pressione fiscale sono stati reperiti a questo link. Purtroppo non mi è stato possibile reperire i grafici necessari a valutare anche gli altri parametri citati da Bersani.
Rapporto debito/PIL nella II Repubblica
Per quanto riguarda debito e pressione fiscale i numeri sono numeri, e il 2009 ha visto un innalzamento sia del rapporto debito/PIL sia dell'imposizione fiscale sui cittadini. In particolare, il valore di questo secondo parametro è il più alto dai tempi dell'eurotassa.

Dal punto di vista della giustizia Bersani parte dal ghe pensi mi berlusconiano di recente memoria per esporre il classico punto di vista degli oppositori del Cavaliere sul tema: stravolgimento della struttura pubblica per il favoreggiamento di interessi privati, corruzione, commistioni di interessi pubblico-privato e, forse più di ogni altra cosa, la volontà di non risolvere i problemi pubblici in quanto su tali problemi costruisce le sue vittorie elettorali.
E proprio da queste accuse Bersani costruisce un duro attacco alla Lega: e la moralità pubblica, cari leghisti e l'impronta popolare di cui vi vantate che fine hanno fatto? Non ci sarebbe stata nessuna legge ad personam se non ci foste stati voi a votarla.
Scriverò in futuro nel blog di leggi ad personam e di chi ne è responsabile, ma di certo sono lontani i tempi in cui la Lega Nord attaccava a tutto campo il decreto Biondi (poi legge Maiolo).

L'ultimo approccio al discorso di Bersani è quello delle proposte. Giocando questa volta contemporaneamente in attacco e in difesa, il segretario PD affronta una lunga serie di argomenti, che proverò ad ordinare in modo tematico inserendo qualche commento.

  • Fisco
    • Riduzione del carico fiscale da reddito e aumento del carico fiscale da rendita finanziaria
    • Riduzione imposte di impresa a favore della loro patrimonializzazione
    • Incentivi alle imprese verdi
    • Recupero evasione fiscale: il segretario PD non scende nel dettaglio, pertanto possiamo ipotizzare una serie di misure analoghe a quelle presentate da Padoa Schioppa nel periodo 2006-2008
  • Capitoli di spesa
    • Riduzione spesa pubblica: Bersani non si addentra nel dettaglio dei tagli da effettuare, facendo così una proposta che lascia il tempo che trova
    • Semplificazione amministrativa: nuovamente, mancano riferimenti concreti
    • Standard di costi sanità e servizi: l'idea è positiva, anche se occorre vigilare che l'armonizzazione non sia fatta verso un rialzo generale dei costi
    • Messa a bando delle frequenze liberate nel passaggio al digitale: Bersani cita Germania e USA, e, almeno per la Germania, i dati paiono confermare la sua tesi
  • Lavoro
    • Da poche grandi opere a molti cantieri locali: dal punto di vista occupazionale sicuramente Bersani ha ragione, tuttavia il ragionamento che fa è troppo tranchant per i miei gusti. Non è questione di grandi opere contro piccole opere, ma di opere necessarie contro opere inutili e talvolta addirittura dannose.
    • Piano per gestione brevetti e loro industrializzazione: buono catalizzare l'attenzione sull'innovazione, ma in cosa consisterebbe questo piano?
    • Piano per le ristrutturazioni edilizie
    • Liberalizzazioni delle professioni per favorire la concorrenza e limitare le rendite
    • Riforma degli ammortizzatori sociali: messa così può voler dire tutto e niente. Riforma in che direzione?
  • Scuola
    • Unificazione contrattuale nel mondo della ricerca
    • Revisione dei contenuti dei programmi: l'ennesima riforma scolastica? Dopo tutti questi anni, a pelle, viene quasi spontaneo urlare basta, ma vista la situazione della scuola italiana una riforma è necessaria. Certo, occorre vederne i contenuti
  • Diritti civili
    • Il riferimento a Welby lascia sperare in una posizione concreta sul tema del fine vita, anche se Bersani non si sbilancia in proposte
    • Quote rosa
    • Sostegno ad una legge contro l'omofobia
  • Infrastrutture
    • Piano per la banda larga: bene o male la banda larga si sta diffondendo. A cosa dovrebbe servire un piano governativo? Quali aspetti intende toccare o regolamentare? Bersani si limita a parlare delle ricadute occupazionali - cosa su cui si potrebbe discutere - ma, a meno che non stia parlando di un progetto rivoluzionario come "banda larga diritto di ogni cittadino quindi considerato servizio paragonabile ad acqua ed energia elettrica e fornito dallo Stato" non vedo il significato di questo passaggio del discorso, se non in chiave puramente elettorale
    • Legge contro le posizioni dominanti nella TV: i precedenti illustri (specie la Maccanico, fatta durante un governo di centrosinistra) non sono incoraggianti...
    • Ripresa della proposta Gentiloni per allontanare la RAI dall'influsso della politica
  • Ambiente
    • Piano per risparmio energetico nei trasporti e nelle costruzioni
  • Mezzogiorno
    • Stop intermediazione amministrativa tra chi gestisce i fondi e le aziende che devono riceverli
    • Credito d'imposta sulla nuova occupazione
    • Assegnazione dei fondi a seguito di risultati effettivi e verificabili da parte delle aziende
  • Giustizia
    • Eliminazione delle leggi ad personam e ad castam: sarebbe un sogno. La fiducia non è molta, e quando parlerò nel blog di leggi ad personam spiegherò perché, ma la vicenda della proposta di legge "Fatto Quotidiano" lascia ben sperare da questo punto di vista
  • Immigrazione
    • Ius soli
  • Ordinamento dello Stato
    • Legge elettorale con preferenze e che favorisca il bipolarismo: sul primo punto sono assolutamente d'accordo. Il secondo punto tenderebbe ad escludere un sistema proporzionale per puntare verso il maggioritario, magari a doppio turno, ma il problema è che non si può inventare un bipolarismo dove non c'è, e l'Italia non è un Paese bipolare. La legge elettorale vigente ha mostrato come imporre il bipolarismo in un quadro non bipolare generi squilibri di potere potenzialmente devastanti. Credo che Bersani farebbe meglio a prendere atto della situazione italiana e costruire una proposta di legge elettorale partendo da lì.
    • Federalismo inteso come standard minimo garantito a livello italiano e possibilità di premiare le eccellenze senza tarparle in nome dell'eguaglianza

A metà strada tra un comizio ed un consiglio dei ministri in piazza, il discorso di Bersani si districa tra proposte concrete e affidabili in campo economico - tipiche del personaggio - ed ellissi sui temi dove il PD fatica a trovare una posizione definita, o semplicemente dove i tecnicismi avrebbero reso indigesta al pubblico una spiegazione più dettagliata.
Il programma che ne emerge è comunque sufficientemente chiaro da permettere all'ascoltatore cosa significhi oggi appartenere allo schieramento di centrosinistra, ma di fatto non risolve il grande problema di credibilità che attanaglia il PD.

Da sempre l'azione di governo di centrosinistra ha visto promesse mantenute in maniera accettabile in termini di economia e tradite soprattutto in tema di giustizia. Le divisioni tra le aree del PD pesano inoltre come macigni sull'umore dell'elettorato.
Bersani con il suo comizio ha dimostrato di avere delle idee.
Quello che non ha dimostrato è di avere la forza di tradurle in realtà qualora fosse chiamato a farlo.

giovedì 16 settembre 2010

Il comizio lagunare del Senatùr

Manifesto per la festa della Lega Nord Padania

Il 12 settembre 2010 è stato un giorno denso di politica, che ha visto quasi in contemporanea gli interventi di alcuni tra i più importanti leader alle feste dei rispettivi partiti. Berlusconi ha parlato a Roma, Casini a Chianciano, Bossi a Venezia e Bersani a Torino. A causa di questa concomitanza, mi è venuta la curiosità di esaminare più da vicino i discorsi pronunciati e metterli a confronto.

Il primo testo che ho voluto esaminare è stato quello di Bossi.
La trascrizione da cui sono partito è reperibile a questo link; per ogni evenienza ho salvato una versione .txt disponibile qui.
Per prima cosa ho realizzato una tag cloud del discorso; non avendo trovato prodotti gratuiti di qualità in italiano che soddisfacessero le mie esigenze, ho creato una versione semilavorata del testo, e poi mi sono affidato a Wordle.
Nell'immagine che segue si può vedere il risultato dell'elaborazione.

Tag cloud del comizio di Umberto Bossi

Già dalla tag cloud si vedono bene i principali temi del comizio: oltre agli immancabili "Padania" e "padani", spicca il cavallo di battaglia della Lega Nord, il "federalismo", declinato attraverso il decentramento dei "ministeri" e la difesa degli "agricoltori".
I frequenti riferimenti allo "stato", a "Roma" e soprattutto all'"Europa" mostrano poi, secondo il consueto stile della Lega, il nemico verso cui condurre la "battaglia".
Completano il quadro i riferimenti al "governo" e tutte quelle parole legate al tema identitario: "popolo", "gente", "fratelli", "casa", "strada" - intesa come percorso comune.

Scendendo maggiormente nel dettaglio, i principali nuclei tematici affrontati da Bossi sono tre: la protesta degli agricoltori sul tema delle quote latte, il federalismo fiscale e il decentramento dei ministeri.

Per quanto riguarda il primo punto, Bossi detta la linea della Lega con fermezza: sostegno assoluto agli agricoltori, e cercare di ottenere il possibile da Bruxelles per bloccare o posticipare il pagamento delle multe. Colpisce in particolar modo una frase di pesante critica all'ex governatore del Veneto Giancarlo Galan, ora Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali: "come si fa a denunciare il proprio Governo al commissario europeo e invitarlo a tassare?", sottintendendo implicitamente l'irresponsabilità di un simile comportamento, disegnandolo come lontano dalla gente e dal comune sentire.
È una retorica senza dubbio efficace, e giustamente Bossi rimarca il successo di Zaia nell'aumento delle quote latte con l'ottimo risultato di evitare - si spera - multe future, ma la domanda di Bossi si pone al di fuori dello Stato di Diritto: se gli agricoltori hanno violato la normativa europea, è un dovere dell'Italia pagare le sanzioni e rifarsi a sua volta sui colpevoli.
Il sostegno agli agricoltori viene invece promesso da Bossi indipendentemente dal torto o dalla ragione degli agricoltori stessi. Anzi, secondo Bossi le proteste degli agricoltori sono giuste, in quanto le multe sono sanzioni dovute ad una politica sbagliata di controllo della produzione.
Lavorare e produrre, come sostiene Bossi, è un diritto. E in tempi di concorrenza globale le quote fissate dall'Unione Europea possono apparire rigidi vincoli senza aderenza alla realtà.
Il problema è che le procedure di infrazione della UE vengono aperte allo Stato Italiano, quindi a tutti i contribuenti. Il problema è che vi sono migliaia di aziende agricole che non superano le quote latte, si comportano onestamente, e soffrono la crisi due volte, a causa della loro onestà e a causa delle multe che devono pagare per gli altri. Il problema è che l'Italia ha accettato la politica delle quote latte, ed accettandola si è presa la responsabilità di applicarla e di rispettarla, giusta o sbagliata che fosse. Mi sarebbe piaciuto se Bossi - per quanto permesso nella cornice della festa - avesse preso in esame questi punti.

Il Senatùr presenta poi, nella seconda parte del suo discorso, il federalismo come cosa fatta, e si lancia in una previsione semistrutturata di quali saranno le imposte destinate alle regioni. La notizia pare in netto contrasto con un editoriale di Ricolfi del 10 settembre pubblicato su La Stampa, in cui si mostra invece il federalismo fiscale come una scatola ancora vuota.
Il federalismo dovrebbe in effetti seguire la strada maestra aperta dalla Legge Delega 42/20091, ma a vedere la lista dei provvedimenti l'unica approvazione al momento (16 settembre 2010) è il Decreto Legislativo 85/2010 sulla patrimonializzazione di comuni e regioni. Ci sono venti caselle vuote su ventuno nella pagina dei provvedimenti adottati, e di questi nove devono essere approvati entro il 21 maggio 2011 pena la decadenza della Legge Delega.
Non penso sia questione di giorni né di ore, come invece afferma il leader leghista, nemmeno prendendo le parole come una iperbole retorica.

Sul decentramento ministeriale Bossi tira in ballo la situazione del Regno Unito.
Ho reperito la lista dei Dipartimenti Ministeriali della Gran Bretagna su Wikipedia, e ho realizzato una lista dove si evidenzia per ciascun Dipartimento la sede principale e le eventuali sedi secondarie. I dati sono stati reperiti sia su Wikipedia sia sui siti ufficiali dei Dipartimenti stessi.

  • Attorney General's Office 20 (Victoria Street, London)
  • Cabinet Office (70 Whitehall, London)
  • Department for Business, Innovation and Skills (1 Victoria Street, London)
  • Department for Communities and Local Government (Bressenden Place, London)
  • Department for Culture, Media and Sport (2-4 Cockspur Street, London - 179a Tottenham Court Rd, London - The Old Police House, Hyde Park)
  • Department for Education (Castle View House, Runcorn - Moorfoot, Sheffield - Mowden Hall, Darlington - Sanctuary Buildings, London)
  • Department of Energy and Climate Change (3 Whitehall Place, London - 86-88 Guild Street, Aberdeen)
  • Department for Environment, Food and Rural Affairs (17 Smith Square, London - 30-34 Albert Embankment, London)
  • Department for International Development (1 Palace Street, London - Eaglesham Road, East Kilbride, Glasgow)
  • Department for Transport (76 Marsham Street, London)
  • Department for Work and Pensions (Caxton House, Tothill Street, London - 1-11 John Adam Street, London)
  • Department of Health (79 Whitehall, London - 133-155 Waterloo Road, London - 80 London Road, London - 22 Upper Ground, London - Quarry Hill, Leeds)
  • Export Credits Guarantee Department (2 Exchange Tower, Harbour Exchange Square, London)
  • Foreign and Commonwealth Office (King Charles Street, London)
  • Government Equalities Office (Eland House, Bressenden Place, London)
  • HM Treasury (1 Horse Guards Road, London)
  • Home Office (Marsham Street, London)
  • Ministry of Defence (Whitehall, Westminster, London)
  • Ministry of Justice (102 Petty France, London - Whitefriars, Lewins Mead, Bristol - Abell House, St John Islip Street, London)
  • Northern Ireland Office (11 Millbank, London)
  • Advocate General for Scotland (Victoria Quay, Leith, Edinburgh - Dover House, Whitehall, London)
  • Office of the Leader of the House of Commons (26 Whitehall, London)
  • Office of the Leader of the House of Lords (26 Whitehall, London)
  • Scotland Office (Dover House, Whitehall, London)
  • Wales Office (Gwydyr House, Whitehall, London)

Spero di non aver commesso errori nel recupero dati, ma se le cose stanno come le ho riportate è evidente che il decentramento evocato da Bossi praticamente non esiste. Soprattutto, non è qualcosa di minimamente paragonabile a quello che la Lega Nord ha in mente per il nostro Paese.
Indipendentemente dalla situazione britannica, un decentramento ministeriale certamente permetterebbe di spostare le possibilità occupazionali da Roma ad altre città; tuttavia, a livello puramente teorico, vedo una serie di controindicazioni.
In primo luogo si creerebbero inefficienze comunicative che, in un Paese dalla bassa informatizzazione e dalle competenze confuse come il nostro, ritengo rilevanti. Secondariamente in un Paese in cui i ministeri e i relativi ambiti cambiano da un governo all'altro diventa necessario considerare gli effetti che il decentramento provocherebbe a fenomeni oggi ad impatto limitato quali accorpamenti e scorpori. Infine si rischia di avere la politica locale in qualche modo monopolizzata dalle funzioni ministeriali. Il decentramento e la commistione di poteri statali e locali tematizzerebbero il territorio, impoverendolo. Ad esempio, temo che la politica piemontese e quella del Ministero del Lavoro - ipotizzando che tale Ministero possa essere decentrato a Torino - si sovrapporrebbero irrimediabilmente, sfavorendo le altre zone italiane in tema di lavoro e impoverendo il Piemonte nelle altre aree.

Il discorso è quindi un'eccellente comizio in chiave politica, in grado di emozionare e coinvolgere il pubblico, ma dal punto di vista dei contenuti risulta volontariamente lontano dalla realtà in due passaggi: l'esagerazione sui lavori del federalismo, necessaria per mantenere credibilità verso un elettorato che chiede maggiore autonomia da ormai vent'anni, e la giustificazione estera errata sul decentramento, usata da Bossi con l'intento di chiudere con l'esempio britannico - "lì fanno in questo modo, quindi è una cosa positiva" - qualsiasi ragionamento critico sul tema.



1: la funzionalità di ricerca messa a disposizione dal Parlamento Italiano, che riporta - ad oggi -  tutti i provvedimenti legislativi dal 1996 al presente, entra a buon diritto nella lista delle fonti del blog

martedì 14 settembre 2010

Informazione di qualità

Informazione di qualità

Un'informazione, si legge su Wikipedia, è un elemento funzionale ad esercitare una scelta, a discriminare, a prendere una strada piuttosto che un'altra in un processo decisionale.
Informare (dal latino informare, "dare forma alla mente") significa quindi fornire strumenti per fare una scelta. Una persona informata è una persona in possesso di tutti gli elementi - per quanto possibile - necessari per esercitare al meglio la propria libertà di autodeterminazione.
Un'informazione di qualità è pertanto uno strumento essenziale nel processo di evoluzione sociale.
Ma cosa vuol dire informazione di qualità?

Informazione altro non è che trasmissione di dati da un mittente ad un ricevente.
I dati possono essere tuttavia di vario genere, e avere valore differente.
Vi sono dati che, per tacito accordo tra chi si scambia l'informazione, devono essere presi per veri. Fonti che costituiscono una base comune di discussione, i cui dati sono percepiti come corretta rappresentazione del mondo sia da chi invia sia da chi riceve.
Informazione di qualità è scegliere fonti affidabili e verificabili nel riscontro con il reale, di modo che possano essere riconosciute come valide in maniera il più possibile condivisa.

Affinché un messaggio abbia un elevato contenuto di informazione è però necessario non limitarsi alla semplice condivisione del dato.
Tale azione può avere valore nel momento in cui tramite la diffusione del messaggio si raggiungono destinatari ulteriori rispetto alle possibilità del mittente originale, ma è un fattore di second'ordine, pur non trascurabile, nel novero delle potenzialità dell'informazione.
Un messaggio informativo di valore produce contenuto. E produrre contenuto significa costruire un ragionamento sui dati in maniera da derivarli e renderli adatti ad essere utilizzati come criterio di scelta. Convertire l'informazione in altra informazione maggiormente fruibile per la discriminazione da operare e al tempo stesso mantenere inalterata nel processo l'aderenza al reale del dato.
Informazione di qualità è condividere il processo di passaggio dal dato grezzo al dato lavorato, rendere pubblico il procedimento di elaborazione in modo da renderlo riproducibile con il rigore di un esperimento scientifico.

Spesso le informazioni riguardano ambiti poco noti al pubblico, il quale non possiede né le competenze necessarie per utilizzare il dato grezzo e lavorarlo né quelle per utilizzare il dato elaborato come criterio di scelta. Spesso il pubblico sceglie di informarsi proprio per sapere come interpretare i segnali del reale.
Diventa allora utile fornire come informazione non solo i criteri di scelta, il dato lavorato, ma mostrare come essi vengono utilizzati nella scelta. Si deve spesso passare quindi dal fatto all'opinione, dall'articolo all'editoriale.
Sovente infatti le informazioni non sono sufficienti a determinare univocamente una scelta; l'opinione permette di superare l'impasse arrivando in ogni caso ad una conclusione, sia pure sub judice.
Esprimere un'opinione non vuol dire abbandonare del tutto - o necessariamente - il mondo del reale per addentrarsi nella pura speculazione; significa arrivare a conclusioni non completamente supportate da processi verificabili e condivisi, ma non per questo necessariamente false. Vuol dire esprimere una proposizione con criteri empirici più che scientifici.
Informazione di qualità è utilizzare in maniera oculata le opinioni, specificando con chiarezza cosa è fatto e cosa non lo è, e spiegando perché si rende necessario l'uso dell'opinione in un determinato frangente. Informazione di qualità è non spacciare le opinioni per fatti.

Questo blog userà una serie di fonti, che verranno via via elencate, dove saranno reperiti di volta in volta i dati grezzi.
Questo blog cercherà di mostrare i processi di elaborazione dei dati, cercando di condividerli in modo da permettere a chiunque lo voglia di sperimentare a proprio piacimento in maniera autonoma.
Questo blog non intende sottrarsi alle idee di chi scrive, ma tenterà di non sovrapporre certezze e opinioni.
Questo blog vuole essere informazione di qualità.
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