giovedì 3 febbraio 2011

Il nuovo volto di Berlusconi

Logo dei Promotori della Libertà

In data 28 gennaio 2011 Berlusconi ha inviato un videomessaggio ai Promotori della Libertà, il terzo in circa due settimane.
Quest'ultimo comunicato si pone ad un livello tuttavia ben differente rispetto ai precedenti. Mentre infatti in passato l'oggetto dei comunicati del Presidente del Consiglio erano principalmente i magistrati di Milano, per vie delle inchieste che lo vedono coinvolto, in quest'ultima uscita la discussione appare maggiormente orientata all'aspetto politico, avallando le ipotesi che vedono Berlusconi all'alba di una nuova, forse definitiva, campagna elettorale.

La scelta del mezzo è chiara: il videomessaggio non si presta alle domande, non offre contradditorio, e al tempo stesso consente di creare uno scenario artificioso mirato, in cui ogni elemento del contesto diventa parte del messaggio. Lo strumento consente di esaltare il carisma dell'oratore più che la sua capacità dialettica, e in questo costituisce il mezzo ideale di comunicazione per Berlusconi.

Nel caso specifico, sono immediate le analogie sceniche con il messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica, ancora fresco nella memoria di molti Italiani. La scrivania, la bandiera, la postura, e non ultimo il poco tempo passato dal comunicato di Napolitano contribuiscono a generare un senso di affinità tra i due personaggi. Naturalmente non si tratta di un caso, ma di uno studio ben preciso volto a costruire l'ennesima identità del personaggio Berlusconi, quella dello statista che rivendica i suoi successi politici. Già dall'immagine è possibile tentare di capire in che modo il Cavaliere potrebbe tentare di condurre le sue future battaglie elettorali: impossibilitato a presentarsi come "il nuovo" nell'agone politico, tenterà invece di apparire come "l'usato garantito", come un navigato servitore dello Stato i cui successi passati diventano la chiave per domandare ancora una volta la fiducia dei cittadini.
Al tempo stesso è bene ricordare che i recenti scandali legati al cosiddetto "Ruby-gate" hanno profondamente scosso l'immagine del Cavaliere, soprattutto presso l'elettorato cattolico; anche da questo punto di vista un ambiente asettico preparato ad arte, un discorso proclamato in un ambiente chiuso, non soggetto alle interruzioni ed alle intemperanze del pubblico, e soprattutto un mezzo di comunicazione che consente infinite ripetizioni fino al confezionamento di un prodotto finito, scevro da quelle gaffe che spesso caratterizzano le apparizioni in pubblico del Presidente del Consiglio e che in altre occasioni avrebbero potuto suscitare simpatia, sono tutti fattori che giocano a favore del rinnovamento e della contemporanea restaurazione - cambiare tutto per non cambiare nulla - dell'immagine e della figura del Berlusconi uomo come del Berlusconi politico.

Tag cloud del videomessaggio di Silvio Berlusconi

La strutturazione del tag cloud ricavato da file rielaborato del testo del discorso conferma e enfatizza quanto la presentazione formale del video lasciava intuire: si tratta di un messaggio eminentemente politico. Le parole predominanti sono "politica" e "riforme", uniti a quel verbo "fare" che costituisce la base di uno dei principali leit-motiv della propaganda berlusconiana: il "governo del fare". Se (fare) politica e (fare) riforme costituiscono il messaggio, nel discorso di Berlusconi sono altrettanto evidenti il mittente ed il destinatario: le parole "stato", "italiani" e "paese", che compaiono a più riprese in tutto l'intervento, costituiscono l'inequivocabile ricevente della politica e delle riforme, mentre "governo" e "ministri" ne sono i fautori.
Le parole del Cavaliere, anche avulse dalle frasi a cui fanno riferimento, martellano quindi incessantemente l'ascoltatore con un semplice ed efficace concetto: "noi abbiamo fatto e facciamo le riforme per voi."
Il nuovo pudore berlusconiano, il senso istituzionale che il Presidente del Consiglio intende trasmettere come contrappunto all'idea che trapela di lui dalle intercettazioni telefoniche del "Ruby-gate", si mostra anche nella scelta di far predominare il "noi" sull'"io". Berlusconi decide di usare ma non di abusare della propria figura personale, consapevole del fatto che proprio tale figura non è in questo momento spendibile sul mercato elettorale ed è anzi oggetto di restyling.

Il flusso del discorso è in realtà relativamente semplice: una prima fase in cui si rimarca il diritto a governare del centrodestra e le vittorie parlamentari che hanno riaffermato tale diritto, seguita da una panoramica delle principali azioni svolte dal governo e da una chiusa dominata dagli attacchi ai magistrati e dalla promessa di una riforma della giustizia. L'impatto emotivo è palese.
Citare la vittoria elettorale, la coerenza con il mandato ricevuto dagli elettori e al tempo stesso tacciare coloro che hanno lasciato la maggioranza - i finiani - come traditori serve non tanto a legittimare la posizione di Berlusconi, ma a definire chi sono i "buoni" e chi i "cattivi". Berlusconi è legittimato a governare, Fini ha tradito il mandato degli elettori, l'opposizione tenta di rovesciare con l'aiuto della magistratura politicizzata il governo eletto dal popolo: questa serie di concetti, semplici nell'espressione e proprio per questo semplici da fissare nella mente di un pubblico già comunque amico, suscitano nell'ascoltatore la percezione di trovarsi nella squadra giusta, la squadra che ha ragione.
Il termine squadra, che evoca la trasformazione della battaglia politica in tifo e che nelle prime battute del videomessaggio è solo un prodotto dell'intuito, appare in maniera molto più esplicita nella rievocazione delle ultime votazione parlamentari vinte dalla maggioranza. Berlusconi parla di un sette a zero, un punteggio calcisticamente - e pensare al calcio viene spontaneo, vista la popolarità di questo sport in Italia e visto che l'oratore è presidente della squadra attualmmente in cima al campionato - pesantissimo; la squadra dei buoni è anche la squadra vincente. Quale appeal migliore? Quale modo migliore di presentarsi? Il refrain dell'amore che vince sempre sull'odio trova qui piena e completa applicazione.

Un altro refrain, la politica del fare contrapposta ai giochi di palazzo, è l'introduzione della seconda parte del discorso, in cui Berlusconi rivendica i successi dell'esecutivo: riforma dell'università, Banca del Sud, sostegno alle piccole e medie imprese, allineamento dell'età pensionabile tra uomini e donne, detassazione degli straordinari e stabilità finanziaria sono i punti che il premier rivendica come successi del governo, assieme naturalmente al progetto - in corso - del federalismo. E proprio questi successi servono, nell'economia del discorso, a introdurre l'attacco finale alla magistratura e alle cause che lo vedono coinvolto. Berlusconi si scaglia contro le intromissioni nella sua vita privata e le intercettazioni, e rivendica il diritto ad esser giudicato dinanzi al Tribunale dei Ministri e a riformare la giustizia.
L'impatto emotivo, nuovamente, è assicurato: dinanzi alla lista delle opere del governo non è difficile immaginare i magistrati come degli ostacoli alla realizzazione dell'opera riformatrice portata avanti dal centrodestra. E al tempo stesso è evidente l'immagine di un Berlusconi interamente rinnovato, non più la novità sulla scena politica ma un governante che elenca i suoi successi per chiedere ancora una volta la fiducia del popolo.

L'immagine costruita dal Cavaliere è emotivamente molto efficace perché sicuramente è facile percepirla come vera: i punti elencati dal premier come successi dell'esecutivo sono verificabili; il diritto al governo conferito dal popolo alla coalizione di centrodestra è indiscutibile, così come è innegabile che Berluscconi non abbia avuto condanne a suo carico e che la sua maggioranza sia stata in grado di reggere ogni tentativo di spallata fino a qui messo in atto.
Solo indagando con una certa profondità si riescono a vedere le crepe nella costruzione berlusconiana.

Le vittorie ottenute dal centrodestra in Parlamento nel corso delle ultime votazioni chiave, a ben riflettere, si possono interpretare in maniera ben differente dalla visione trionfalistica proposta da Berlusconi. All'insediamento della Camera dei Deputati, dopo le elezioni politiche del 2008, la coalizione di centrodestra a sostegno del governo contava su 335 elementi tra PdL e Lega - oltre ad alcuni elementi del Gruppo Misto - su una maggioranza assoluta di 316. La votazione di fiducia del 14 dicembre 2010 si è conclusa con un risicato 314 a 311, una vittoria per soli tre voti e senza maggioranza assoluta. Se non mente Berlusconi a dire di aver incassato solo vittorie nei voti chiave per la sopravvivenza dell'esecutivo, i numeri hanno però confermato una progressiva erosione della maggioranza che ormai si trova costretta a giocare quasi alla pari con l'opposizione in ogni votazione. Ciò rende mediaticamente ogni votazione più interessante ed offre quindi maggior risalto alle vittorie parlamentari del centrodestra, ma si tratta davvero della celebrazione di esiti che, con i numeri di inizio legislatura, avrebbero dovuto essere più che scontati. Berlusconi esalta vittorie risicate quando le vittorie schiaccianti avrebbero dovuto essere l'ordinaria amministrazione.

Colpiscono in seconda battuta le frasi di Berlusconi

Sia chiaro che io non ho alcun timore di farmi giudicare.

Davanti ai magistrati non sono mai fuggito, e la montagna di fango delle accuse più grottesche e inverosimili in 17 anni di persecuzione giudiziaria non ha partorito nemmeno un topolino: i mille magistrati che si sono occupati ossessivamente di me e della mia vita non hanno trovato uno straccio di prova che abbia retto all'esame dei tribunali.

Se si esamina la storia giudiziaria di Berlusconi, tuttavia, si vede come degli oltre venti procedimenti che lo hanno visto o che lo vedono implicato non per tutti vi sia stata un'assoluzione nel merito.
In particolare il processo sul Lodo Mondadori, il processo All Iberian 1 ed il processo Lentini sono terminati in prescrizione, mentre il processo per falsa testimonianza sulla P2 ha risentito dell'amnistia concessa con il Decreto del Presidente della Repubblica 75/1990. L'imputazione per frode fiscale per l'acquisto dei terreni di Macherio è stata amnistiata a seguito del condono fiscale sancito dalla Legge 413/1991. Vi sono poi le imputazioni per frode fiscale dei processi All Iberian 2 e SME-Ariosto 2, terminate con assoluzioni poiché il fatto, a seguito della Legge Delega 366/2001 e del conseguente Decreto Legislativo 61/2002, non costituisce più reato.
Questo campionario, unito a norme che limitano la condannabilità degli imputati varante durante i governi Berlusconi, tra cui spicca la Legge 251/2005 che accorcia i tempi di prescrizione, stride in maniera eclatante con le affermazioni del premier.

Risulta poi curiosa la disponibilità del Presidente del Consiglio di farsi giudicare dal Tribunale dei Ministri. Come si evince dalla Legge Costituzionale 1/1989 il Tribunale dei Ministri è l'organo di giudizio competente per gli atti commessi dai Ministri della Repubblica svolti nell'esercizio delle loro funzioni. Non solo risulterebbe abbastanza ridicolo pensare che le feste di Arcore e l'eventuale favoreggiamento alla prostituzione minorile (la concussione potrebbe essere un altro discorso) siano reati commessi da Berlusconi nella sua veste di Presidente del Consiglio, ma in quella frase si svela un Berlusconi in contraddizione con sé stesso. Se i reati devono essere giudicati dal Tribunale dei Ministri, e quindi sono stati commessi da un Ministro della Repubblica nell'esercizio delle sue funzioni, non ha senso parlare di violazione della privacy di un privato cittadino.
È quindi evidente che la frase di Berlusconi è unicamente uno specchietto per le allodole, l'evocazione di una situazione impossibile per mostrare una disponibilità inesistente.

Altrettanto interessanti sono le affermazioni che esulano dal piano giudiziario e riguardano quello politico. L'appellativo "traditori" per Fini ed i suoi si inseriesce in un solco tipico del pensiero berlusconiano che vede le elezioni politiche come scontri tra candidati alla Presidenza del Consiglio. In realtà il popolo italiano elegge un Parlamento, dalla cui maggioranza verrà poi espresso un Governo nominato formalmente dal Presidente della Repubblica. Inoltre, l'articolo 67 della Costituzione recita:

Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.

Questo significa che ogni parlamentare è libero di agire secondo coscienza: così come ad esempio a Mastella e Dini sono stati liberi di lasciare il centrosinistra provocando nel 2008 la caduta del Governo Prodi II, allo stesso modo gli esponenti di FLI non avevano vincoli legali con la coalizione di centrodestra o con la figura di Berlusconi. La definizione di traditori non è pertanto applicabile a livello formale, e non lo è nei confronti dell'elettorato di centrodestra a meno di non riassumere il programma, i valori e l'esistenza stessa della coalizione nel pensiero e nelle opere di Silvio Berlusconi e nella volontà di non mandare al governo la sinistra.

Il discorso di Berlusconi mescola quindi in maniera sapiente verità, esagerazione e pura finzione, preannunciandosi in tutto e per tutto come un discorso di campagna elettorale - significativo il passaggio sulla tassa patrimoniale - realizzato tuttavia da un punto di vista diametralmente opposto al Berlusconi di un tempo.
La contrapposizione tra "il nuovo" e "la vecchia politica" perde terreno nel discorso, per l'inevitabile avanzare dell'età anagrafica e politica del premier, mentre trovano sempre più spazio le rivendicazioni dei successi governativi, veri o presunti, ottenuti dalla squadra berlusconiana. Una giravolta completa rispetto al passato, che tuttavia ha le carte in regola per diventare l'ennesima vincente trasformazione del personaggio Berlusconi.

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