Medaglia del Premio Nobel per la pace |
L'assegnazione del Premio Nobel per la pace all'Unione Europea è stato un evento decisamente inaspettato, sebbene la stessa UE fosse già stata in lizza per il premio già nel 2011.
Il voto del Comitato Nobel, presieduto dal Segretario Generale del Comitato d'Europa Thorbjoern Jagland, ha visto prevalere l'Unione su Morgan Tsvangirai, politico africano noto per la cacciata del dittatore Robert Mugabe, Wael Ghonim, eroe di piazza di Tahir, e Sima Samar, attivista afghana per i diritti delle donne.
L'occasione, è rilevante in quanto consente di rivisitare l'esperienza unitaria in una visione più ampia dal punto vista storico e politico rispetto alla visione tecnoplutocratica - invisa ai più - che ne caratterizza l'immagine in questo frangente di crisi economica.
Le motivazioni del premio, dichiarate nel comunicato stampa presente sul sito del premio, spiegano la scelta:
Il Comitato Nobel norvegese ha deciso che il Premio Nobel per la pace del 2012 debba essere assegnato all'Unione Europea (UE). L'Unione ed i suoi precursori hanno contribuito da sessant'anni alll'evoluzione della pace, della riconciliazione, della democrazione e dei diritti umani in Europa.
Molte reazioni, in special modo nella blogosfera ma a volte anche su canali ufficiali, hanno assunto posizioni critiche - spesso sarcastiche - sulla scelta di assegnare il premio all'Unione Europea, accostando l'enormità del riconoscimento ottenuto alle foto delle rivolte popolari di Grecia e Spagna contro i tagli e le politiche recessive, dai più viste come emanazioni della volontà della stessa UE, dipinta alla stregua di un mostro impersonale, burocratico, lontano dai cittadini.
Non è oggi dato sapere se le politiche messe in campo dall'Europa sono una medicina necessaria per raddrizzare storture economiche realizzate negli anni precedenti o l'avvio di una catastrofica catena di eventi in grado di distruggere il fragile senso di unità fino ad ora raggiunto.
Tuttavia l'assegnazione del Premio Nobel permette di ricordare cosa fosse il continente europeo prima dell'Unione: solo per ripercorrere sommariamente gli ultimi tre secoli, il '700 ha visto protagoniste le guerre di successione spagnola, austriaca e polacca, e si è chiuso con la Rivoluzione Francese e le guerre che gli altri Paesi mossero alla Francia per evitare il diffondersi delle idee rivoluzionarie.
Il XIX secolo si è aperto con le campagne napoleoniche, per poi sfociare verso la metà del secolo con le guerre di indipendenza in Italia e in diversi altri Stati parte dell'impero asburgico, l'affrancamento della Grecia dall'impero ottomano, l'unificazione tedesca e le campagne contro la Francia.
Dopo la breve parentesi della belle époque scoppiava nel XX seolo la Prima Guerra Mondiale, si affermavano poi fascismo e nazismo, scoppiava la guerra civile in Spagna fino al culmine della violenza nella Seconda Guerra Mondiale.
L'affermazione può essere forse azzardata, ma l'Unione Europea ha garantito un periodo di pace la cui portata, a livello storico e geografico, non ha riscontri dai tempi dell'Impero Romano. E a differenza di quest'ultimo, che impose la sua pax a seguito di conquiste e annessioni, l'UE è nata in virtù di una scelta politica di unità.
Sessanta anni sono i tre quarti di una vita umana media, con gli standard di vita attuale. La UE non è ancora riuscita a garantire un periodo di pace pari ad una vita intera, eppure quanto ottenuto fino ad ora è già un risultato eccezionale rispetto al periodo precedente.
Eppure, anche se le rivolte di Atene e Madrid non possono cancellare quanto di buono è stato ottenuto dalla UE nel corso della sua esistenza, ne danno tuttavia un'immagine circoscritta, e ne gettano un'ombra che in qualche modo ne sminuisce il valore. Il sogno europeo che animò i padri fondatori dell'Unione appare oggi appannato, privo di slancio, irregimentato nella stesura di regole uniformanti che denotano più di ogni altra cosa una disperata ricerca di identità.
L'assegnazione di un Premio Nobel consiste spesso nel riconoscimento di lavori svolti nel passato, di cui nel presente si godono i frutti e le cui applicazioni costituiscono la base del futuro; ma è proprio sul futuro che sorgono dubbi sulla validità dell'assegnazione del Nobel per la pace alla UE. Oggi l'Unione è ancora un faro di speranza e di unità? Le istituzioni europee, con il loro agire, stanno ancora promuovendo politiche volte all'integrazione tra i popoli?
La speranza è che l'assegnazione di un premio di simile statura e rilevanza possa richiamare gli attuali leader europei alla visione originaria dei padri fondatori dell'Unione e consenta di rilanciare il sogno europeo; altrimenti questo Nobel diverrà soltanto un premio alla carriera per un'istituzione che avrà perso la propria fondamentale ragione di esistere.
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