Pierluigi Bersani (PD) |
Spett. Segretario Bersani,
alle ultime elezioni politiche il Partito Democratico è risultato il primo partito del Paese, il centrosinistra la coalizione maggioritaria in Italia, eppure il centrosinistra non è riuscito a vincere davvero la competizione elettorale.
L'elettorato progressita è apparso quanto mai demotivato, stanco, ancorato ormai alla fedeltà alla bandiera unitamente all'incapacità di fare breccia di altre forze politiche; il PD non è riuscito a far sentire il proprio popolo orgoglioso del proprio partito.
Una campagna elettorale indegna, adagiata sulla falsa convinzione di aver già vinto, lo scandalo MPS, un anno di sostegno ad un governo sì di emergenza nazionale, ma sostanzialmente di destra, hanno portato il PD a rischiare di perdere elezioni che si potevano - e quel che è peggio si dovevano - vincere.
Lo confesso, il giorno dopo la proclamazione dei risultati, non avevo molta fiducia sulla strategia dei maggiorenti del partito, né sulla Sua capacità di imporre una linea chiara e definita. Mi immaginavo che dietro la parola "responsabilità", così tristemente abusata in questi anni, si celasse l'ultima e definitiva alleanza con il PdL di Berlusconi, Alfano, Bondi, Cicchitto, La Russa e Santanché, e si mettesse nelle mani della destra la golden share del futuro esecutivo, in cui una marionetta democratica avrebbe via via svenduto quanto resta della sinsitra italiana sull'altare della conservazione del potere e delle poltrone.
Le sirene in tal senso non sono mancate, ma con piacere e sorpresa ho osservato il PD tenere una linea completamente differente, una linea di totale chiusura al PdL e per forza di cose, nella ricerca di numeri per governare, di apertura al M5S, forza più affine dal punto di vista programmatico e - almeno fino alle fasi più insultanti dell'ostruzionismo di Grillo - più qualificante agli occhi dell'elettorato di sinistra.
Il PD non si è improvvisamente risvegliato. Non ha improvvisamente preso la difesa dei più deboli e dei meno tutelati. Ma con questo gesto di semplice coerenza, con una proposta programmatica finalmente semplice e chiara, ha risvegliato un barlume di orgoglio nel popolo di sinistra. La resistenza alle invocazioni di Berlusconi, l'apparente umiliazione dinanzi al M5S per metterlo dinanzi alla responsabilità di non avere un governo in carica, la scelta di personalità come Grasso e Boldrini alla Presidenza delle Camere, la presentazione di un programma finalmente efficace e di facile comprensione, tutti questi gesti sono stati finalmente capiti e apprezzati dalla base del partito e dell'area politica; sono stati gesti di cui andare fieri, gesti che se fatti in campagna elettorale forse avrebbero fermato o quantomeno limitato l'emorragia di voti che ha colpito il partito.
Il fallimento - o mancato successo - del Suo tentativo di formare un Governo ha tuttavia in qualche modo rimesso in gioco la Sua linea, e negli ultimi giorni hanno ripreso quota le ipotesi di un accordo con il PdL, un accordo che vedrebbe sul tavolo anche il Quirinale, come se la scelta di un Capo dello Stato potesse essere oggetto di baratto - e anche se lo fosse, come se fosse pensabile barattare un settennato della carica più alta dello Stato con un governo zoppo e a tempo.
Manovre di palazzo di questo genere sarebbero forse lo schiaffo finale ad una base che già si sente poco rappresentata - non in termini di democrazia interna, dove il PD anzi avrebbe da insegnare ad altri, ma proprio in termini di indirizzo politico. È naturale che la scelta del Presidente della Repubblica debba essere un momento il più possibile condiviso con l'intero arco politico, ma è talmente palese che un accordo con il centrodestra sarebbe volto unicamente alla salvaguardia dell'imputato Berlusconi, da rendere improponibile una simile strada. Al tempo stesso, poiché sono il Parlamento e una delegazione degli enti locali ad eleggere il Capo dello Stato, è altresì vero che il centrosinistra possiede la maggioranza relativa, quasi assoluta, dei "grandi elettori", e spetta quindi al centrosinistra l'onere e l'onore di indicare, secondo la propria sensibilità, personaggi degni di ricoprire questa carica, senza inseguire ad ogni costo accordi svilenti per il centrosinistra stesso ma più che altro per l'istituzione quirinalizia.
Al tempo stesso, qualsiasi accordo di governo non dovrebbe tenere conto di logiche spartitorie tali per cui una parte politica consente la realizzazione di qualcosa di sgradito in cambio dell'analoga disponibilità delle altre parti. Arrivare ad un accordo di questo genere con il PdL significherebbe snaturare qualsisi ideale in tema di giustizia il PD possa avere, nonché la destrutturazione finale del sistema giudiziario del Paese. Accordo di governo può e deve significare la mera realizzazione di quanto è di per sé condiviso dalle parti in causa. Se non vi è accordo su nulla, allearsi è inutile.
Né dovrebbero far presa i richiami alla responsabilità da parte di chi quotidianamente gioca allo sfascio del Paese. In nome di quale senso di responsabilità il PD dovrebbe permettere un salvacondotto politico di qualsiasi genere ai problemi giudiziari di Berlusconi? Per avere un Governo in cui per di più qualsiasi legge dovrebbe essere trattata punto su punto con gli altri partiti? In cui il proprio programma di governo ne uscirebbe completamente snaturato?
Tenga dritta la barra, Segretario, come ha fatto in questi giorni e come vorremmo avesse fatto in campagna elettorale. Non se ne pentirà.
Non mercifichi la Presidenza della Repubblica, non rinunci alla possibilità di esprimere dei grandi nomi per quella carica, nomi che chiunque debba vergognarsi di non votare.
Il centrosinistra è maggioranza assoluta alla Camera e relativa al Senato. Questo significa che non può far passare autonomamente le proprie proposte, ma significa anche che nessuna legge può essere approvata senza l'avallo del centrosinistra: non ceda dunque sugli otto punti del Suo programma, costruisca su di essi la base della prossima campagna elettorale approfittando di questo periodo di interregno per declinarli in proposte di legge compiute e formalizzate. Non rinunci all'idea del maggioritario uninominale, da sempre cavallo di battaglia del PD.
Porti avanti le battaglie del centrosinistra, qualsiasi sia il Governo in carica, quello dimissionario di Monti o una qualsiasi compagine che dovesse strappare la fiducia alle Camere. Né il PdL né il M5S si sono dimostrati interessati a trattare, sui punti da loro considerati importanti. Forse per loro il richiamo alla responsabilità non si applica, o forse le battaglie del centrosinistra sono meno importanti? Non ceda, non si arrenda, non si abbandoni alle fronde interne di chi, nel nome della poltrona, intende tradire ancora una volta il mandato degli elettori.
Continui, come ha fatto in queste ultime settimane, a farci sentire orgogliosi di essere di sinistra.
Parole sante.
RispondiEliminaUn appello da condividere, fermo nella sostanza, semplice nella forma, alieno da strategie altisonanti, spesso fini a se stesse
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