venerdì 22 luglio 2011

Papa e Tedesco, ecco cosa dicono i numeri

Alfonso Papa (PdL) e Alberto Tedesco (Misto)

Il "derby degli arresti" tra Camera e Senato, tra il PdL Papa e l'ex PD Tedesco termina, con un risultato del tutto inaspettato, che sta generando reazioni contradditorie e confuse nell'opinione pubblica e nella stessa classe politica italiana.
Alla Camera dei Deputati la mozione per l'arresto di Alfonso Papa è stata approvata, malgrado l'opposizione della maggioranza e del Governo; al Senato della Repubblica l'identica mozione per l'arresto di Alberto Tedesco è stata respinta, malgrado la volontà di Tedesco stesso e del partito a cui apparteneva, il PD. Entrambe le votazioni si sono tenute a scrutinio segreto, impedendo di comprendere con chiarezza chi ha votato cosa e dando adito dunque alle più sfrenate speculazioni.

Le prime reazioni, generate tanto dall'esito del voto quanto dalle precedenti dichiarazioni dei partiti e inserite in un contesto di generale indignazione verso la cosiddetta Casta esacerbato anche dalle misure dell'ultima finanziaria, sono improntate al sospetto quando non addirittura all'aperta condanna.
Condanna da parte del PdL per quello che è stato vissuto come un tradimento della Lega, condanna da parte dell'opinione pubblica per il PdL che viene visto come il più strenuo difensone dei privilegi della Casta, forti sospetti per l'esito della votazione al Senato su Tedesco, sospetti che sfiorano pressoché ogni forza politica ma lambiscono il Partito Democratico con maggiore insistenza.
Di fatto le votazioni del 20 luglio 2011 paiono sancire una sconfitta generalizzata di tutta la politica, dal momento che nessun partito pare riuscire ad uscirne libero da sospetti e dicerie. Soprattutto, non si riesce ad applicare la logica del cui prodest: una situazione in cui Tedesco è libero e Papa incarcerato a chi potrebbe giovare?

Sicuramente esce con le ossa rotte il PdL: malgrado si trovi nella posizione più in grado di ispirare simpatia in un'opinione pubblica esasperata dai privilegi della Casta - il proprio esponente arrestato, quello del PD salvato - di fatto l'esplicitazione di una posizione garantista a oltranza, unita alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio a valle del voto, lascia ben intendere come il PdL abbia in realtà subito le votazioni e non ne sia stato invece artefice.

La prima pagina di Libero
del 20/07/2011

Se il PdL piange, il PD certo non ride: l'esito della votazione di fatto pare il migliore possibile per la formazione di Bersani, e i sospetti di un atteggiamento giustizialista a corrente alternata sono quasi naturali... e la stampa di destra non ha esitato ad affondare il coltello. Per di più, il PD si è dimostrato talmente tante volte incapace di cogliere l'umore della gente - propri simpatizzanti compresi - da rendere lo scenario di un voto difforme tra Camera e Senato per nulla campato in aria.

D'altra parte, il vicolo cieco mediatico creatosi al Senato per il PD appare quasi apparecchiato ad arte: se il Partito Democratico potrebbe aver tradito le proprie dichiarazioni di voto per salvare un proprio (ex) esponente, altrettanto potrebbe aver fatto la Lega Nord, o addirittura parte del PdL, apposta per creare questo artificio mediatico. Potrebbe aver votato contro l'arresto il centro, per avvantaggiarsi contro entrambi i partiti maggiori. Potrebbe aver addirittura, ma qui ci si sposta progressivamente verso la fantapolitica, votato contro l'arresto l'IdV, per screditare un alleato con il quale ha sempre avuto un rapporto conflittuale.

Le ipotesi fioriscono in maniera incontrollata sui mezzi di informazione, rendendo via via più complesso riconoscere le reali motivazioni delle forze politiche dalle mere speculazioni.

Eppure, i - pochi - fatti a disposizione dovrebbero permettere di fare maggiore chiarezza sul tema, e dare maggiori indicazioni sugli orientamenti di voto delle varie forze politiche.
I punti da cui partire sono i seguenti:
  • La votazione è stata a scrutinio segreto su richiesta di determinati parlamentari; la regola del cui prodest può quindi essere applicata a questa richiesta
  • I rapporti di forza tra Camera e Senato sono molto diversi tra loro: alla Camera vi sono 315 membri (50,00%) ascrivibili alla maggioranza, 290 (46,03%) all'opposizione e 25 (3,97%) nel gruppo misto; al Senato vi sono 167 membri (52,02%) ascrivibili alla maggioranza, 144 (44,86%) all'opposizione e 10 (3,12%) nel misto
  • la votazine al Senato si è svolta prima di quella alla Camera; La Repubblica lancia le due notizie rispettivamente alle 18:36 e alle 18:50, l'ANSA alle 18:56 e alle 19:10

Il primo punto riguarda il voto segreto, ed i resoconti di Camera e Senato sono esenziali per comprendere chi abbia fatto le richieste.
A questo link è reperibile il resoconto della seduta alla Camera dei Deputati. In questo ramo del Parlamento hanno esplicitamente parlato contro il voto segreto Leoluca Orlando e Ignazio Messina per l'IdV, Antonino Lo Presti e Benedetto Della Vedova per il FLITP, Pierluigi Mantini e Pierferdinando Casini (UDCTP), Marilena Samperi, Alessandro Maran e Dario Franceschini (PD). Al contrario si sono mostrati a favore del voto segreto Silvano Moffa (PT), Maurizio Paniz e Fabrizio Cicchitto (PdL).
A questo link è invece disponibile il resoconto della seduta del Senato della Repubblica; emerge chiaramente come lo stesso Tedesco, su cui si votava, fosse contro lo scrutinio segreto, così come si era scagliato contro la votazione segreta il capogruppo del PD Anna Finocchiaro; sono stati invece gli esponenti del PdL Gaetano Quagliariello e Marcello Pera.
In entrambi i rami del Parlamento si possono individuare schemi ricorrenti: il silenzio della Lega Nord sul tema del voto segreto, le forze filoberlusconiane (PdL e PT/CN) a favore, le opposizioni contro, la richiesta di voto segreto depositata dal PdL.
Sapendo che la votazione a scrutinio segreto sarebbe stata un vero e proprio boomerang dal punto di vista mediatico, perché il PdL l'ha proposta, per di più esponendosi direttamente sia alla Camera che al Senato?
In realtà, esaminando la situazione politica attuale, si scopre che i motivi per una simile scelta abbondavano. In primo luogo, la Lega Nord: i continui dietrofront di Bossi sul voto per Alfonso Papa, stretto tra i vincoli di alleanza a Berlusconi e l'esasperazione della base, erano la forte spia di un certo imbarazzo da parte del Carroccio, imbarazzo che sarebbe stato forse troppo duro da affrontare in caso di votazione palese. Secondariamente, gli scambi di palazzo: non è un mistero che il PdL contava su diversi franchi tiratori di PD e UdC per tentare di salvare Papa. Infine, la possibilità di applicare una sorta di livella sulle votazioni: con il voto segreto, con le indicazioni di partito venute meno, diventa assai più facile addossare all'intera Aula la responsabilità dell'esito del voto.

Invece, non tutto è andato come voleva il PdL: alla Camera le opposizioni hanno forzato la mano alla Lega Nord utilizzando uno stratagemma per rendere palese il proprio voto, ovvero infilare nel pozzetto del pulsante un solo dito, lasciando le altre bene in vista, in modo da rendere evidente il bottone schiacciato.

Composizione dei gruppi alla Camera dei Deputati

I numeri della Camera parlano infatti chiaro: 319 voti favorevoli all'arresto, 293 contrari, e nessun astenuto sui 612 presenti (il Presidente Fini non ha votato). Gli assenti erano così ripartiti: 3 per la Lega Nord Padania, 4 per il Gruppo Misto, 3 per l'UdC, 4 per il PdL e 3 - a cui bisogna aggiungere il Presidente Fini - per FLI. Ranghi completi per PD, IdV e PT. Poiché alla Camera il voto delle opposizioni è stato esplicitato dal "trucco del dito", la somma dei presenti di PD, IdV, FLI e UdC può essere conteggiata come favorevole all'arresto di Papa, totalizzando 283 voti; dei 36 voti residui, sicuramente una parte sono giunti dal Gruppo Misto, dove ad esempio l'ApI di Rutelli aveva annunciato il proprio voto a favore dell'arresto, ma si evidenzia una netta spaccatura della Lega Nord, dove circa una trentina di deputati ha votato a favore dell'arresto e metà contro. Di fatto il gruppo padano si è spezzato letteralmente in due tronconi di analoghe dimensioni, cosa che lascia presagire scintille nell'immediato futuro del partito.

La situazione al Senato è stata piuttosto differente. Lì le opposizioni non hanno scelto alcuna strategia per evidenziare il proprio voto, rendendo di fatto molto complesso comprendere chi ha votato a favore dell'arresto di Tedesco e chi contro.

Composizione dei gruppi al Senato della Repubblica

La votazione si è conclusa con 127 voti a favore, 151 contrari e 11 astenuti sui 290 presenti (il Presidente Schifani non votava). La maggioranza era quindi fissata a 145 voti. Gli assenti erano così ripartiti: 5 per il Gruppo Misto, 3 per la Lega Nord Padania, 5 per il Partito Democratico, 13 per il Popolo della Libertà e 5 per UDC, SVP e Autonomie. Alla maggioranza bisognava poi togliere un'unità in quanto Schifani, presidente, non votava.
La somma dei gruppi parlamentari di opposizione arrivava quindi a 134 voti, mentre la somma dei gruppi di maggioranza raggiungeva quota 150. A questi si andavano a sommare i 5 membri residui del Misto. L'opposizione quindi non avrebbe mai potuto garantire l'arresto di Tedesco solo con i propri voti. L'obiettivo era invece raggiungibile se si conteggiavano i voti della Lega Nord, che aveva annunciato parere favorevole all'arresto.
L'ipotesi di lettura più semplice è quindi proprio quella di una maggioranza compatta e coesa contro l'arresto, malgrado le dichiarazioni della Lega Nord, e di un'opposizione che invece lasciava qualche scampolo all'astensione, con il Misto che chiudeva l'astensione e riempiva la casella del voto contrario eccedente.
Il fatto che il voto contrario abbia raggiunto praticamente le dimensioni della maggioranza parlamentare (con l'eccedenza compresa nel "cuscinetto" del Gruppo Misto) è forse il miglior indicatore su quale sia stata la composizione del voto: pensare che vi siano stati voti a favore dell'arresto nella Lega Nord e contrari nell'opposizione è un'ipotesi che deve rispettare il vincolo della pressoché totale eguaglianza dei gruppi di dissidenti da una parte e dall'altra; una coincidenza più unica che rara, a meno di non impelagarsi in teorie complottiste di dubbia validità, dal momento che avrebbero dovuto vedere per forza di cose Lega e opposizione dalla stessa parte. Con questo scenario, la Lega Nord si sarebbe messa fattualmente contro il PdL, ma mediaticamente - proprio grazie al fatto che non vi può essere certezza assoluta su chi abbia votato cosa - ne avrebbe fatto il gioco, avendo modo di accusare il PD di aver salvato il proprio esponente.

La prima pagina de La Padania
del 20/07/2011

In realtà, a valle del voto, è arrivata la dichiarazione del senatore PD Lucio D'Ubaldo che avrebbe dichiarato il suo voto contro l'arresto di Tedesco, e come lui, dice, si sarebbe comportata un'altra quindicina di senatori PD. Se queste affermazioni fossero corrette, si deve stimare che una quota uguale di senatori della maggioranza - presumibilmente della Lega Nord - abbiano invece votato a favore dell'arresto, evidenziando quindi una spaccatura tanto nel PD quanto nella Lega. Ammettendo tale divisione nella Lega Nord, il PD sarebbe stato a questo punto determinante? La conta si gioca sul filo di lana, ed in particolare sulle astensioni: se almeno quattro dei sette voti di astensione atrtibuibili all'opposizione fossero stati del PD, allora i 15 leghisti avrebbero veramente potuto ribaltare le sorti del voto in caso di PD coeso; in caso contrario, nemmeno una tale cifra sarebbe stata sufficiente (lo sarebbe stata conteggiando invece l'opposizione nel suo complesso).
La dichiarazione di D'Ubaldo, pertanto, risulta doppiamente autolesionista per il PD, o meglio aggiunge la beffa al danno: evidenzia una spaccatura nel partito senza che tale spaccatura fosse nemmeno poi così sicuramente determinante nell condizionare l'esito del voto...

Il principale dubbio riguarda il perché al Senato le opposizioni non hanno palesato il loro voto come alla Camera. Qui entra in gioco il tema delle tempistiche: la votazione della Camera è stata successiva a quella del Senato.
Non potendo essere certa della composizione del voto al Senato - proprio per la scelta dell'opposizione di non mostrare il proprio voto - la maggioranza sembra di fatto essere caduta in una trappola: ha ipotizzato franchi tiratori nell'opposizione, ha ipotizzato che il PD accettasse sostanzialmente "lo scambio di prigionieri" o che l'UdC non dimenticasse le proprie origini democristiane e ha fatto probabilmente sì che diversi leghisti si siano sentiti più liberi di votare per l'arresto di Papa, ponendo quindi le basi per il clamoroso risultato della votazione di Montecitorio... pagando il prezzo però di un'esposizione mediatica negativa sui voti del Senato: la Lega ha fatto in modo che la maggioranza avesse la sua vittima sacrificale, purificatrice, sull'altare dell'opinione pubblica, e al Senato non ha permesso che l'opposizione potesse vantare la propria, anche grazie ai differenti rapporti di forza tra le coalizioni nei due rami del Parlamento.

Un passaggio che lascia intravedere sviuppi politici reali è infine la consistenza del voto a favore dell'arresto di Papa alla Camera: quota 319 costituisce la maggioranza assoluta dei voti, per altro una maggioranza paragonabile con quella con cui Berlusconi ha governato negli ultimi mesi.
La dimostrazione che un'altra maggioranza, almeno su determinati temi, è possibile.

1 commento:

  1. Un solo appunto, ma grosso come una casa: la votazione della Camera NON è stata successiva a quella del Senato. E' successo il contrario.
    Ho seguito la diretta. Verificare e riformulare le ipotesi please...

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