L'ex membro tedesco dell'Executive Board della BCE Jürgen Stark |
Il 9 settembre 2011 la BCE aveva rilasciato un comunicato stampa contenente la notizia ufficiale delle dimissioni del membro tedesco dell'Executive Board and Governing Council of the European Central Bank, Jürgen Stark.
L'Executive Board è l'organo responsabile della politica monetaria della Banca Centrale Europea, formato da un presidente, un vicepresidente ed altri quattro membri esecutivi espressioni delle quattro maggiori economie dell'Eurozona (nell'ordine Germania, Francia, Italia e Spagna) e maggiori allocatori di capitale della banca (18,9373% Germania, 14,2212% Francia, 12,4966% Italia e 8,3040% Spagna al 01/01/2011) e due rappresentanti delle altre nazioni, a rotazione.
Il comunicato stampa in cui si indicavano come personali le ragioni delle dimissioni di Stark si era rivelato necessario dopo che la notizia era giunta in via non ufficiale all'attenzione dell'opinione pubblica, facendo letteralmente impazzire le Borse con lo scenario di una BCE spaccata sulla politica da adottare per affrontare la crisi economica e finanziaria che partendo dalla Grecia ha via via contagiato diverse economie nazionali del continente, fino ad arrivare ad Italia e Spagna.
Questo articolo pubblicato sul quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung mostra tuttavia una visione diversa, che rimuove la foglia di fico messa dalla BCE per calmare i mercati e svela pienamente le contrapposte correnti che dilaniano la massima istituzione monetaria europea, forse l'unica istituzione UE dotata di un vero e tangibile potere sulle scelte politiche degli Stati membri.
Da più parti si sono in realtà già esaminati gli effetti finanziari delle dimissioni di Stark sulla stabilità dei Paesi maggiormente a rischio, e su come l'esponente tedesco della BCE non potesse essere inconsapevole delle conseguenze del suo gesto senza precedenti nella pur breve storia dell'istituzione.
L'articolo del FAZ, contrariamente a gran parte di quanto apparso sulla stampa italiana, affronta invece senza pudori il tema del risiko che si gioca nella Banca Centrale Europea e getta una luce sul modo in cui gli altri Stati dell'area Euro vivono l'attuale crisi dei cosiddetti PIIGS.
Con un "grazie" al finanziamento statale non autorizzato, il governo Berlusconi ha ammorbidito la sua austerità.
I fronti del nord e del sud sono uno di fronte all'altro. I rappresentanti del nord, orientati alla stabilità, vogliono tenere la spesa dei peccatori del debito sotto controllo. I rappresentanti sudisti vogliono il fallimento della politica di bilancio. L'opposizione della Bundesbank e della Banca centrale olandese sono state spazzate via. Poiché il numero di paesi economicamente potenti si restringe e le fila dei peccatori debito crescono, il Sud si aggiudica i voti, e il Nord paga.
Il prossimo presidente della BCE, Mario Draghi, è italiano, il vicepresidente del Portogallo. Come si può fermare questo twin tip di acquistare titoli di Stato da Italia e Portogallo? Il paese più forte economicamente dovrebbe essere rappresentato da due voti nella BCE e la Bundesbank non può essere isolata all'interno del Consiglio.
Queste sono le parole che compaiono nell'articolo, questi i toni degli esponenti del rigore monetario della Bundesbank, questo il modo in cui vedono la BCE dalla Bundesbank.
Non devono stupire i toni - che ricordano indubbiamente e ironicamente quelli usati dalla Lega degli origini verso i "terroni" o da quella di oggi verso gli extracomunitari - che i tedeschi usano nei confronti nostri e degli altri Paesi a rischio: l'acquisto dei titoli di stato italianiu, spagnoli, irlandesi, greci e portoghesi viene finanziato dalle economie più stabili, ed in primis proprio la Germania.
Un simile acquisto viene visto, erroneamente dal punto di vista formale ma non senza torti da quello sostanziale, come un vero e proprio aiuto di stato, un espediente utilizzato per non intraprendere le riforme necessarie al contenimento della spesa vivendo alle spalle dei membri più virtuosi della UE.
I tedeschi vedono nela BCE l'esistenza di due blocchi contrapposti, quello dei Paesi virtuosi e quello dei Paesi indebitati, con i primi in costante riduzione di numero a causa dei contagi della crisi finanziaria; la politica della BCE risulta quindi sempre più in mano agli Stati indebitati, che la utilizzano per scaricare il proprio debito sulle spalle degli Stati con i conti in ordine.
E se fino ad ora alla presidenza della BCE vi erano stati esponenti della linea del rigore, prima l'olandese Duisemberg (1998 - 2002) e poi il francese Trichet (2003 - 2010), da ottobre 2011 siederà a capo della Banca Centrale l'italiano Mario Draghi, per giunta con un vicepresidente portoghese: i massimi vertici economici europei in mano a due esponenti dei PIIGS. Sono molti e profondi i dubbi che i tedeschi si pongono sull'indirizzo che Draghi e Constâncio daranno alla BCE.
Le recenti notizie di immissione di liquidità da parte delle principali banche nazionali del mondo, dall'America al Giappone, e di una prossima possibile riduzione dei tassi di interesse nell'Eurozona mostrano in effetti come i timori dei tedeschi non siano del tutto infondati e di come la politica monetaria della BCE sia sempre più lontana dai bisogni e dalle esigenze di Berlino.
La sensazione che emerge dalla lettura dell'articolo del FAZ è in generale quella di una Germania irritata non tanto - o comunque non solo - per il danno economico che le azioni passate ed in certi casi presenti dei PIIGS apportano all'Euro e alla UE in generale, ma per motivazioni che si possono definire "di pancia": la rabbia tedesca - ed è chiaro che il tema è corresponsabile delle sconfitte in serie di Angela Merkel e della sua politica filoeuropeista alle elezioni regionali tenutesi nel corso del 2011 - è rivolta verso "gli approfittatori", gli Stati che pagano politiche di mantenimento di privilegi, sprecone e spenderecce con il proprio debito, debito che con il controllo della BCE ricadrebbe poi su tutta l'Unione Monetaria ed in prima fila sulla Germania.
Il senso di frustrazione della Germania è del tutto comprensibile, e proprio per questo le uscite di alcuni esponenti politici italiani appaiono non solo fuori luogo, ma estremamente pericolose per il nostro Paese.
Credo che insisteremo perché la Bce continui la sua politica molto saggia tesa a supportare gli sforzi degli Stati come Italia e Spagna.
L'affermazione, riportata dall'agenzia di stampa Adnkronos questo 3 settembre, è del Ministro degli Esteri, Franco Frattini (PdL).
L'arroganza e la furberia dell'affermazione, pur se contornata nel discorso del Ministro da richiami ai "fatti" che il Governo avrebbe messo in campo con la manovra economica, sono del tutto evidenti, e non fanno che gettare benzina sul fuoco di coloro che vedono i PIIGS come Stati che vogliono vivere sulle spalle delle economie solide, arrivando alla lunga a contagiarle e deprimerle.
Così come i rapporti di fiducia e credibilità sono - salvo casi di attacchi speculativi - la base della stabilità in Borsa di società e Stati, allo stesso modo devono essere coltivati i rapporti tra i partner della UE. La differenza tra i casi di Italia e Spagna, con la seconda che ha recentemente superato in affidabilità la prima dopo diversi anni in cui il nostro Paese aveva uno spread inferiore a quello iberico, è eclatante: indipendentemente dai contenuti delle manovre approvate dai due Stati, i percorsi che hanno portato all'approvazione (rapida e condivisa quella spagnola, rimaneggiata mille volte quella italiana) danno adeguatamente l'idea dell'affidabilità delle compagini governative; unire, come fanno certi esponenti politici italiani, il danno alla beffa è qualcosa che non ci possiamo proprio permettere.
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