venerdì 31 agosto 2012

SDE, verso la casa del futuro

Logo del Solar Decathlon Europe

Mentre si sforbiciano gli incentivi alle fonti rinnovabili - smettendo da un lato di drogare il libero mercato ma dall'altro rinunciando a indirizzare lo sviluppo tecnologico ed energetico del Paese verso le energie alternative ai combustibili fossili - appare quasi una delle classiche contraddizioni all'italiana la partecipazione di una delegazione del nostro Paese alla seconda edizione del Solar Decathlon Europe di Madrid, la cui fase conclusiva avrà luogo dal 14 al 30 di settembre.

Nato nel 2002 sotto l'egida del Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti, il Solar Decathlon è una sorta di torneo che vede sfidarsi team di ricerca impegnati nella realizzazione di abitazioni al tempo stesso belle e sostenibili, grazie all'utilizzo e allo sfruttamento dell'energia solare. Dopo la prima edizione del 2002, il Solar Decathlon è stato ripetuto nel 2005 e da quella data si tiene regolarmente ogni due anni.
Nel 2007, da una collaborazione tra il governo USA e quello spagnolo, è nato Solar Decathlon Europe, che si ripropone i medesimi obiettivi su scala europea pur essendo comunque aperto a delegazioni di ogni parte del mondo.
La prima edizione si è tenuta nel 2010 e, con la seconda in corso in questo 2012, si andrà a creare un'alternanza con l'edizione americana tale da garantire uno svolgimento generale a livello annuale.

L'edizione del 2010 ha visto partecipare ben diciassette delegazioni provenienti da sette nazioni, e si è conclusa con la vittoria di misura del progetto Lumenhaus del Virginia Polytechnic Institute & State University sul progetto tedesco Ikaros_Bavaria.

Classifica SDE 2010

Specifiche del progetto Lumenhaus

Valutazione del progetto Lumenhaus

Come riportano le schede tecniche del progetto vincitore, si tratta di una competizione estremamente articolata, con valutazioni dettagliate che tengono conto di una molteplicità di fattori destinati a riprodurre il più fedelmente possibile da un lato la vivibilità ed il pregio architettonico della costruzione, e dall'altro la sostenibilità energetica.
Il Solar Decathlon Europe, quindi, si propone l'ambizioso obiettivo di fissare i parametri tecnici e al tempo stesso qualitativi dell'abitabilità sostenibile del futuro, cercando di promuovere e premiare progetti in grado di calare i grandi temi energetici e ambientali nel vivere quotidiano superando quell'insidioso confine che separa il mondo prettamente scientifico e sperimentale da quello del sentire comune.

La ferrea volontà di perseguire un simile obiettivo è evidenziata sin dalla strutturazione della giuria, suddivisa in sei ambiti di valutazione:
  • Architecture
  • Engineering and Construction
  • Energy Efficiency
  • Communication and Social Awareness
  • Industrialization and Market Viability
  • Sustainability
Altrettanto articolata sarà la struttura delle competizioni, allo scopo di coprire il più possibile tutti gli aspetti della qualità della vita quotidiana in una casa del futuro. Saranno dieci, come suggerisce il Decathlon del nome della sfida, le prove che le abitazioni dovranno affrontare:
  • Architecture, competizione a votazione della giuria, basata su design, confort e funzionalità degli spazi
  • Engineering and Construction, competizione a votazione della giuria, che valuterà le capacità costruttive dei vari team
  • Energy Efficiency, competizione a votazione della giuria, orientata sulla capacità degli ambienti e delle strutture abitative nella soddisfazione dei bisogni degli abitanti con il minor dispendio possibile di energia
  • Electrical Energy Balance, competizione basata sui parametri tecnici della casa, è incentrata sulle capacità di autosussistenza energetica della casa
  • Comfort Conditions, competizione basata sui parametri tecnici della casa, valuterà la capacità dell'abitazione di mantenere condizioni ambientali all'interno della soglia di vivibilità
  • Functioning of the house, competizione basata sui parametri tecnici della casa, riguarda la possibilità di espletare nella casa le normali attività del vivere quotidiano
  • Communication and Raising Social Awareness, competizione a votazione della giuria, riguarda la capacità del team di pubblicizzaree rendere accattivante il progetto lungo tutte le fasi della realizzazione
  • Industrialization and Market Viability, competizione a votazione della giuria, concerne le possibilità di industrializzazione del progetto
  • Innovation, competizione a votazione della giuria, valuta le soluzioni innovative presenti nei progetti
  • Sustainability, competizione a votazione della giuria, riguarda l'impatto ambientale della casa lungo tutte le fasi di progettazione
La candidatura italiana farà parte di una platea di venti proposte (+18% sul 2010) provenienti da tredici nazioni (+86% sul 2010), Brasile, Cina, Danimarca, Egitto, Francia, Germania, Giappone, Italia, Portogallo, Regno Unito, Romania, Spagna, Ungheria, e parteciperà con il progetto MED in Italy, che ruota intorno all'idea di una casa adatta al clima mediterraneo, in grado quindi di sfruttare le peculiarità naturali di tale area per trarre dall'ambiente circostante la propria energia.

Banner del progetto MED in Italy

Il sito del progetto italiano è dotato di un'amplia area progettuale, che mostra l'elevato background scientifico e tecnologico dietro la partecipazione del nostro Paese alla competizione.

Oltre naturalmente al patriottismo che spinge a tifare per MED in Italy, è indubbiamente una buona notizia che il nostro Paese sia in grado di competere ai massimi livelli con le principali potenze mondiali su un tema così sensibile e delicato come quello della sostenibilità energetica e ambientale delle abitazioni.
Per un Paese fortemente importatore di energia, si tratta di un settore chiave dell'intera economia nazionale: che un'équipe sia stata in grado di pensare, progettare e costruire abitazioni di questo genere, tanto più inserite in un contesto in cui la facilità di realizzazione su scala industriale e l'estetica hanno una parte rilevante, è una notizia che non può che far riflettere.
Forse, prima di trivellare le Isole Tremiti per avere qualche kilowattora di energia in più, sarebbe necessario dare maggior spazio a progetti come questo, e consumare parecchi kilwattora in meno...

martedì 28 agosto 2012

Dati AGCom luglio 2012

Logo dell'AGCom

Il mese di luglio, caratterizzato politicamente dai grandi temi della crisi internazionale e dall'acutizzarsi del differenziale tra buoni del tesoro italiani e tedeschi, ha mostrato dal punto di vista televisivo una certa continuità con gli andamenti già individuati nel corso del mese precedente.
Durante il mese, come evidenziano i dati AGCom relativi al periodo in analisi, i telegiornali italiani hanno dedicato alla politica poco meno di 280 ore di informazione, secondo valore per numero di ore da quando, a marzo, sono stati ampliati i canali sottoposti a indagine da parte dell'Autorità. Il dato è pressoché identico a quello fatto registrare a giugno, sebbene si sia passati da un mese post-elettorale ad uno di politica ordinaria; risulta arduo pensare ad una mera sostituzione di argomenti che lasci invariati i totali temporali, mentre guadagna ulteriore credito l'evidenza di un mondo mediatico sempre più staccato rispetto alla realtà del Paese.

Dati AGCom luglio 2012

Prosegue la polarizzazione del tempo televisivo attorno a pochi, selezionati e consueti attori, con un movimento di accentramento che tende a privilegiare le grandi formazioni (PD e PdL) a discapito di tutti gli altri e, nel campo delle istituzioni, il Presidente del Consiglio Mario Monti e il Governo.
Proprio il premier è infatti il principale riferimento televisivo della politica italiana, con il 20% complessivo, seguito a breve distanza dal PdL che con il 19,17% raggiunge il secondo valore da inizio anno e sicuramente un livello in linea con quelli dell'epoca Berlusconi. A debita distanza seguono il Governo, in una tendenza di calo ormai trimestrale, ed il PD, invece in crescita dopo i valori piuttosto bassi dei mesi precedenti.
Tra le altre formazioni spiccano Lega Nord, Italia dei Valori e MoVimento 5 Stelle: tutte le forze di opposizione intransigente al Governo godono di un momento di favore da parte della televisione, mentre SEL al contrario appare in forte calo.
Stabile invece l'UdC.

Dati AGCom luglio 2012 aggregati per
Istituzioni - Maggioranza - Opposizione

Dati AGCom 2012 aggregati per
Istituzioni - Maggioranza - Opposizione

Esaminando lo spaccato della ripartizione temporale tra istituzioni, maggioranza e opposizione per reti televisive e per mese, si nota per la prima volta nel 2012 un aumento contemporaneo di maggioranza e opposizione, ovvero della componente prettamente politica, rispetto al mese precedente: le istituzioni, al netto del mese di aprile caratterizzato dallo scandalo leghista, toccano il loro minimo annuale.
Che questo avvenga in un periodo segnato dalle incertezze economiche - ovvero proprio il motivo principale della presenza di Monti a Palazzo Chigi - evidenzia il giro di boa in cui si sta trovando la politica italiana, l'attimo di passaggio di testimone verso la campagna elettorale per le elezioni politiche 2013. Sarà interessante capire se e come questa tendenza verrà confermata nei prossimi mesi.

Esaminando i dati suddivisi per testata, si nota come le istituzioni siano state rappresentate principalmente da TG1 e TG5, la maggioranza da Studio Aperto e Rep30TV, mentre l'opposizione ha trovato sponda soprattutto su MTVFlash e TGLa7. Viene confermata la tendenza emersa nel mese precedente riguardante lo spazio relativamente ampio offerto dalle reti di Telecom Italia alla formazione grillina, il MoVimento 5 Stelle.

Dati AGCom luglio 2012 aggregati per
area politico-culturale

Dati AGCom 2012 aggregati per
area politico-culturale

Esaminando invece i dati aggregati per area politica, l'unico dettaglio degno di nota rispetto al mese precedente è il netto ridimensionamento delle componenti extra-partitiche, che consente una crescita di tutte le forze politicamente inquadrate.
In particolare è la destra leghista ad approfittare del fenomeno, con una crescita assoluta del 4% ed una relativa (al netto delle componenti extra-partitiche) comunque superiore al 3%. Saldo positivo anche per il centro moderato di Casini, mentre centrodestra e centrosinistra, pur crescendo in termini generali, sono le aree maggiormente penalizzate dalla redistribuzione del tempo conteggiato sotto la voce "altro".
Il mese presenta comunque solo aggiustamenti di minore entità, lasciando inalterati i rapporti di forza emersi nei mesi precedenti; mediaticamente, quindi, il rodaggio dei motori per la campagna elettorale delle politiche 2013 si è rivelato sostanzialmente uniforme per tutte le aree politiche, senza che qualcuna abbia preso il sopravvento in maniera definita sulle altre.

Osservando i dati ripartiti per telegiornale, RepTV30 e TGCOM24 si confermano i più attenti alle vicende della destra leghista; il centrodestra berlusconiano trova invece massimo spazio su Studio Aperto e TGCOM, mentre il centro moderato su TG2 e TG1. Il centrosinistra ha le sue roccaforti su RepTV30 e Rainews, mentre l'estrema sinistra, da tempo ai margini della vita politica televisiva del Paese, racimola decimi di punto percentuale prevalentemente su TG1 e TG3.

Dati AGCom 2012 aggregati per mese

Erano molte le attese legate all'avvicendamento del consiglio di amministrazione della RAI, ma dal punto di vista della distribuzione temporale si notano effetti realmente minimali, spiegabili con le consuete fluttuazioni di attenzione verso l'una o l'altra parte politica senza che vi sia nulla ad indicare un reale mutamento di rotta dalle politiche mediatiche seguite durante il governo di Berlusconi.
Con ogni probabilità agosto sarà un mese altrettanto interlocutorio, e pertanto bisognerà attendere i dati di settembre per capire se veramente il primo atto di Monti in tema di televisione pubblica sarà in grado di produrre effetti positivi in termini di aderenza alla par condicio.

giovedì 9 agosto 2012

Schwazer, la FIDAL e i media

Alex Schwazer

La notizia della positività all'eritropoietina del marciatore Alex Schwazer, uomo di punta dell'atletica italiana e pressoché unica speranza di medaglia per la nostra compagine olimpica di atletica leggera, ha lasciato via via sconvolto, incredulo, amareggiato e infine arrabbiato un intero Paese, che nell'atleta sudtirolese riponeva le proprie speranze e nella persona nutriva un mix di simpatia e fiducia nato da una condotta sempre limpida, una vita tutto sommato lontana dai riflettori e in generale un aspetto e un savoir faire istintivamente accattivanti.

Nelle violente critiche giunte su Schwazer quando la voce ha trovato le sue conferme nell'ammissione stessa dell'atleta c'è quindi un forte senso di tradimento - forse più delle aspettative di successo che dello spirito sportivo - che tende a veicolare il giudizio dell'opinione pubblica in modo forse un po' troppo frettoloso.
Il caso, tuttavia, è molto complesso, presenta radici profonde sia psicologiche sia sportive e persino sociali, e sarebbe ingiusto liquidare il tutto al disegno antisportivo e criminale di un singolo o di un ristretto gruppo di persone.
Riaffiora nei differenti approcci al caso Schwazer, in maniera solo apparentemente singolare, la dicotomia destra-sinistra, fornendo un primo spunto di analisi sociale della vicenda. Chi predilige un approccio "di destra", infatti, evidenzia le responsabilità individuali dell'atleta e la libera scelta da questi compiuta di avvalersi di sostanze dopanti; chi invece si pone alla questione "da sinistra" tende a far risaltare le responsabilità del contorno, dell'ambiente circostante in cui si è trovata immersa la persona. Inutile dire che la prima visione, in genere, tende a esprimere condanne, la seconda, al contrario, attenuanti.

Una corretta analisi dei fatti, tuttavia, non può prescindere dall'uno e dall'altro aspetto, ed il peso delle due componenti non può che essere valutato in relazione al caso specifico, evitando partigianerie e preconcetti di fondo.
Lo stesso Schwazer, in data 8 agosto, ha convocato una conferenza stampa all'hotel Sheraton Four Points di Bolzano e in un'ora si è offerto alle domande dei media, aprendosi ai cronisti e indirettamente a tutto il Paese in una maniera forse fino a quel momento sconosciuta nel mondo sportivo e del doping, fatto di atleti pronti a negare le proprie responsabilità fino - e oltre - all'indifendibile.



Dalle parole di Schwazer e dall'inchiesta ufficiale è stato possibile ricostruire non solo la cronologia degli eventi, ma anche - seppure quanto affermato dall'atleta debba ora passare al vaglio degli inquirenti - le persone coinvolte e le motivazioni del marciatore altoatesino, svelando un quadro di solitudine e fragilità che non può non indurre a riflessioni sul ruolo e sull'operato delle società di atletica nel Paese e più ancora della federazione nazionale di atletica leggera.

Dopo i controlli di routine di metà luglio, Schwazer ha affermato di aver iniziato a prendere l'EPO, prima di essere smascherato da un controllo a sorpresa indetto dalla WADA il 30 luglio, nell'ambito dell'inchiesta aperta dalla procura di Padova sul controverso medico Ferrari, già coinvolto nello scandalo doping di Lance Armstrong.
A seguito dell'ammissione del marciatore altoatesino il CONI ha provveduto a prendere repentinamente le distanze dall'atleta, secondo le parole di Petrucci "meglio una medaglia in meno che una medaglia dopata", parole senza alcun dubbio condivisibili ma un po' vuote se si pensa al ruolo nullo avuto dallo sport italiano nella prevenzione del caso di doping di Schwazer, al fatto che l'irregolarità fosse emersa a seguito di un controllo internazionale e non interno e infine all'assenza di alternative valide per il CONI se non cacciarsi in un vicolo cieco difendendo l'indifendibile.
Nel corso della sua conferenza stampa Schwazer ricostruisce un quadro complesso, mettendosi in qualche modo a nudo dinanzi alle telecamere e fornendo un quadro che, seppure incompleto e a volte contradditorio tanto nella ricostruzione degli eventi quanto nell'introspezione psicologica.
Secondo la ricostruzione dell'atleta, Schwazer avrebbe comprato l'EPO da solo, ordinandola via internet e recandosi in Turchia per acquistarla, diverso tempo prima di farne uso. Non sembra, quindi, essere stato un gesto istintivo e impulsivo, quanto piuttosto un procedere meditato, anche se indubbiamente molto sofferto.
Schwazer ammette anche i legami con il chiacchieratissimo dottor Ferrari, sostenendo però di essersi recato da lui unicamente per il suo ruolo di preparatore atletico per le corse di endurance e non per procurarsi l'EPO. Si tratta di un'affermazione che lascia in effetti scettici, in quanto la nomea di Ferrari rende difficile credere che un atleta possa contattarlo per un ruolo da semplice preparatore atletico, e che sembra che il controllo a sorpresa della WADA sia stato spinto proprio dalle frequentazioni di Schwazer con il dottore.

L'atleta non si sottrae tuttavia nemmeno alle difficilissime domande sul perché abbia scelto di intraprendere una simile strada, disegnando un quadro ricco di inquietudini e di ombre che non può che stupire e far riflettere il telespettatore e lo sportivo medio, e apre finestre interessanti sul mondo dell'atletica italiana; non è da trascurare il fatto che Schwazer sia riuscito - pur in un clima molto pacato, in cui sapeva di essere lui il primo e principale colpevole - a indirizzare alcune serie stoccate tanto al mondo della federazione quanto ai media, che dovrebbero essere seriamente prese in considerazione e che dovrebbero far riflettere il mondo dello sport italiano per le possibili implicazioni.
Schwazer svela un rapporto conflittuale con la marcia, ha rivelato di essere arrivato a odiare il suo sport e di approcciarsi con difficoltà agli allenamenti, dimostrando quasi il passaggio in un periodo di depressione, sebbene dal punto di vista sportivo i risultati da Pechino in poi non siano stati poi così negativi.
Al tempo stesso ha mostrato una profonda fragilità psicologica in termini di resistenza alla pressione dei media, una pressione che se da un lato si fa sentire in momenti piuttosto rari solo in occasione degli appuntamenti più importanti, è dall'altro molto intensa in simili momenti, e soprattutto senza alcuna pietà in caso di fallimmento - inteso come mancato piazzamento - in tali appuntamenti. Fallimento inteso sia come l'arrivare alle gare importanti in pessimo stato di forma, ma anche il ritiro per infortuni, malattie, i mille contrattempi che possono mandare a monte una gara e che il grande pubblico difficilmente potrebbe capire, preso com'è dalla crudele semplificazione del risultato e della medaglia. Molto emblematico il passaggio, a questo proposito, in cui una giornalista afferma che un atleta con la carriera di Schwazer avrebbe anche potuto arrivare decimo a Londra, ed il marciatore, molto lucidamente, risponde, "Lei crede?"
L'esempio del flop del nuoto italiano e della pioggia di critiche piovuta soprattutto su Federica Pellegrini è in effetti il simbolo del cinismo con cui l'informazione italiana tratta i cosiddetti sport minori, dimenticati fino a mondiali, europei o olimpiadi... ma in quel momento la conquista della medaglia diventa l'obiettivo minimo, sotto al quale si parla di fallimento. Una situazione difficile da sopportare per chiunque, ed evidentemente per Schwazer più di altri.
Uno sport che è arrivato ad odiare ma nel quale aveva bisogno di eccellere: quale strada migliore a questo punto del doping? Schwazer, sollecitato dai giornalisti, ha anche parlato di come è arrivato a contattare Ferrari a causa dell'assenza di alternative valide. Un duro colpo per la federazione di atletica, tacciata di non avere allenatori degni di questo nome nella specialità in cui schiera il suo atleta di punta, che si accontenta di raccogliere quanto le società sportive, soprattutto militari, riescono a seminare, che lascia agli atleti l'onere di trovarsi allenatori, preparatori e medici, che ha dimostrato di essere completamente ignara della condizione psicofisica dell'atleta su cui più di ogni altro puntava in questo appuntamento olimpico.

Alex Schwazer è il primo e principale responsabile della sua scelta di darsi al doping, e per questa sua decisione dovrà pagare le giuste sanzioni in termini di giustizia sportiva e di rapporto con il pubblico. Tuttavia limitarsi a questo ragionamento significa guardare una sola faccia della medaglia, e bisogna invece esaminare ogni aspetto della questione: quanto è stato lasciato solo Schwazer? In che modo l'Italia ha curato e difeso questo atleta - chiamiamolo anche investimento in termini di popolarità e risultati - nel momento del bisogno?
La domanda di fondo è la seguente: se Alex Schwazer fosse stato seguito da un team adeguato, si sarebbe rivolto al doping? Probabilmmente no. Come il marciatore dovrà ora iniziare una nuova vita - possibilmente lontano dai riflettori - la federazione di atletica ha il preciso dovere di prendere atto delle proprie gravissime mancanze e adoperarsi affinché, tramite strutture e personale adeguato, casi del genere non possano ripetersi.
Né si può dire che i media siano esenti da responsabilità: essere atleti significa combattere tensioni e pressioni intensissime sui campi di gara, in special modo per quegli sport che hanno già poca visibilità e per i quali la gratificazione del pubblico si manifesta una volta all'anno o poco più; aggiungere a tutto questo vere e proprie campagne denigratorie in occasione di prestazioni al di sotto delle aspettative, oppure imbastire sequenze di articoli sull'"ultima speranza" dell'atletica caricando ulteriormente di aspettative persone già provate, forse farà vendere di più, ma rischia di distruggere una psiche di per sé fragile. E in una nazione in cui i bravi sportivi sono luminose eccezioni all'interno di un sistema inefficiente, non se ne sente proprio il bisogno.

venerdì 3 agosto 2012

Equilibri politici e corsa allo spazio

Il Curiosity

Dopo i grandi fasti degli anni '50 e '60, la corsa allo spazio è progressivamente uscita dalle priorità dell'umanità, per una serie di fattori concomitanti che passano dalla fine della Guerra Fredda negli anni '90 all'attuale crisi economica che vincola gli Stati a politiche particolarmente parsimoniose.
Eppure la ricerca di nuovi habitat è sempre stata una costante della storia dell'uomo, e per quanto le ricerche di stili di vita all'insegna della sostenibilità siano diventate a loro volta una necessità impellente della vita moderna, la finitezza delle riserve del pianeta unita al continuo incremento della popolazione mondiale rende necessaria una ricerca di ambienti vitali più estesi di quelli conosciuti, ed è innegabile che la reale frontiera in termini di spazio e risorse - relegando alla fantascienza le profondità della Terra e gli abissi marini - sia lo spazio.

In un periodo in cui a fare notizia paiono più che altro essere i record delle indomabili sonde del Programma Voyager, in grado di regalare incredibili informazioni sullo spazio immediatamente oltre i confini del sistema solare, torna invece alla ribalta l'esplorazione di Marte, il Pianeta Rosso, nell'ambito della missione Mars Science Laboratory: la sonda arriverà infatti sulla superficie marziana il 6 agosto 2012, per la precisione nel Cratere Gale, e da lì partirà l'esplorazione del rover, già battezzato Curiosity.
Si tratta della più ambiziosa delle missioni di esplorazione del Pianeta Rosso finora effettuate, considerati sia le dimensioni del veicolo (tre volte più pesante e due volte più largo dei precedenti Spirit e Pathfinder), sia la strumentazione scientifica a bordo: tre telecamere, una dedicata alla fase dell'atterraggio, una per le immagini microscopiche ed una spettrografica, un vaporizzatore di rocce con analizzatore di spettro, un analizzatore PIXE, un analizzatore di minerali, uno di gas, un rivelatore di idrogeno e diversi strumenti metereologici sono infatti gli organi di senso di Curiosity, il cui scopo principale riguarda proprio stabilire con certezza le condizioni di abitabilità di Marte, passata e presente, in funzione diretta di una valutazione di sostenibilità di una missione umana sul pianeta.
Le sessioni di esperimenti dedicate alla metereologia marziana e al ciclo dell'acqua e dell'anidride carbonica hanno infatti un nesso veramente immediato con la possibilità di installazioni umane sul pianeta.

Sebbene tutte le missioni spaziali orientate a Marte sotto l'egida del Mars Exploration Program siano in realtà parte di un unicum il cui fine ideale è la colonizzazione umana del pianeta, è forse la prima volta che viene calcato così tanto l'accento sugli studi di fattibilità di una spedizione umana: il programma spaziale dedicato al quarto pianeta del sistema solare sta quindi oltrepassando la fase di mero studio per entrare nell'ottica di un approccio più concreto e tangibile.

Tornando a parlare di conquista umana dello spazio, tuttavia, è impossibile non tenere in conto le necessarie valutazioni politiche del processo, valutazioni che devono necessariamente tenere conto tanto degli attuali equilibri geopolitici quanto delle proiezioni future sull'evoluzione sociale della popolazione umana nel tempo che ancora ci separa da un reale utilizzo delle risorse marziane.
In effetti, parlare di sfruttamento più e prima che di colonizzazione è corretto, in quanto è semplice ipotizzare che, ben prima che una porzione sufficiente del pianeta possa essere resa abitabile per l'uomo, vi saranno missioni, in toto o parzialmente robotizzate, a scopo estrattivo e minerario. Se da un lato questo può far scemare l'entusiasmo dei sognatori più romantici, dall'altro avvicina sensibilmente il momento in cui la fantascienza si potrà trasformare in realtà, costringendo al tempo stesso gli Stati a fare i conti con un radicale mutamento degli scenari commerciali e conseguentemente dei rispettivi rapporti di forza.

Il predominio politico del futuro passa naturalmente dal predominio tecnologico nel presente, e parlare di predominio pur in una situazione di sostanziale pace e stabilità mondiale non è errato se si pensa che già il mondo attuale si basa su rapporti di forza che pur non sfociando apertamente in conflitti armati sono in tutto e per tutto delle guerre.
In assenza di una governance mondiale in grado di regolare e redistribuire eventuali risorse extra-planetarie, solo chi sarà in grado di aprire, mantenere e rendere economicamente appetibili le vie di approvigionamento sarà in grado di regolare l'afflusso e l'immissione di nuove risorse sui mercati mondiali, candidandosi automaticamente, considerata l'entità delle cifre in gioco, come nuovo o rinnovato leader del pianeta.

Gli Stati Uniti, in questo senso, sono sicuramente all'avanguardia, potendo contare su una tradizione di esplorazione spaziale estremamente solida e possedendo - attraverso la NASA - la leadership fattuale su pressoché ogni missione spaziale.
La Russia, dal canto suo, può contare su un background ancora più solido di quello statunitense, ma la dissoluzione dell'Unione Sovietica ed il relativo caos del periodo successivo hanno drasticamente ridimensionato le credenziali russe nella corsa allo spazio, in questo momento relegando l'ex-colosso di Mosca a ruoli piuttosto marginali e di supporto. Non è tuttavia da escludersi un ritorno sulla scena in grande stile: la Russia è un paese in ripresa, in una fase di relativa espansione interna, ed il ritardo rispetto ad altre potenze emergenti può essere facilmente colmato grazie al vasto know-how retaggio dell'epoca comunista.
Spostando lo sguardo proprio verso i Paesi emergenti, Cina in primis ma anche India e Brasile, si nota in effetti un certo gap rispetto agli USA di fatto maggiore di quanto i tassi di crescita e sviluppo interni lascerebbero intuire. Da un lato, naturalmente, la posizione consolidata degli Stati Uniti al vertice del mondo tecnologico tende di per sé a smorzare - in termini di brevetti già occupati, per fare un esempio - qualsiasi tentativo di colmare il divario; dall'altro, ed è forse un fattore più importante ancora, lo sviluppo interno di questi Stati assorbe le loro energie ad un punto tale da rendere per il momento semplicemente poco interessante una corsa allo spazio in piena regola. In particolare è la Cina che pare aver preso una strada completamente differente di controllo delle risorse, una strada forse più rapida - l'acquisizione di sterminate distese in Africa colme di ricchezze naturali, il controllo di vie commerciali di mare e di terra - ma che potrebbe a lungo termie rivelarsi non altrettanto lungimirante.
E l'Europa? Attraverso l'ESA, il nostro continente è sicuramente in primo piano dal punto di vista scientifico, e anche da quello tecnologico l'apporto offerto dagli Stati Europei è sicuramente di primissimo livello. Ciò che tuttavia manca all'Europa, la grande mancanza della UE in grado di riflettersi persino su questo ambito all'apparenza così marginale, è una governance in grado di offrire stabilità e prospettive a lungo termine in una corsa allo spazio con tutti i crismi. L'alleanza, pur naturale, con la NASA pone l'Europa in una sorta di sudditanza - reale e psicologica - che la relega ad un semplice ruolo di spalla, di appendice della superpotenza d'oltreatlantico, incapace di portare avanti un proprio programma, di quell'organizzazione e di quella lungimiranza necessarie per presentarsi come concorrente credibile e accreditato.

Il futuro del pianeta non si gioca solo nel board della BCE o nella manipolazione dello spread: a medio e lungo termine l'apertura di vie di approvigionamento extraplanetarie - di cui le risorse minerarie marziane sono solo l'esempio più concreto, ma a cui si potrebbero aggiungere in futuro l'acqua dolce estratta dalle comete o l'energia solare convertita in elettricità direttamente nell'orbita terrestre - costituirà una vera e propria cesura nella storia stessa dell'uomo. Riuscirà la vecchia Europa a trovare quell'unità di intenti necessaria a vivere quel momento decisivo da protagonista?
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