lunedì 30 settembre 2013

Lotta per Alitalia

Airbus Alitalia

Dopo la Telecom, anche il destino di Alitalia sembra ormai segnato, con la compagnia franco-olandese Air France-KLM pronta a prendere il controllo della compagnia di bandiera del Bel Paese.
I piani della compagnia transalpina sono noti: scommettere sul progressivo degrado di Alitalia per poterla acquisire a prezzo di saldo e trasformarla in una controllata regionale da utilizzare come cinghia di trasmissione per l'hub di Parigi, a quel punto unico motore per i voli intercontinentali. Questo piano di ristrutturazione comporterebbe una profonda cura dimagrante tanto per la flotta quanto per il personale di terra della compagnia italiana, che si ritroverebbe declassata nei cieli mondiali da vettore indipendente a mero vettore di servizio di un'altra compagnia.

Ed è proprio contro questo piano che il vasto e variegato azionariato italiano che controlla il portafoglio di Alitalia sta in qualche modo combattendo: il recente, combattutissimo, consiglio di amministrazione riunito per la valutazione dei conti della semestrale di cassa e dell'aumento di capitale così necessario per impedire il totale collasso della compagnia, ha visto infatti i francesi votare sistematicamente contro le proposte della dirigenza dell'azienda, proprio a partire dal piano industriale proposto dal nuovo amministratore delegato Dal Torchio.
Tale piano prevede tra l'altro un rafforzamento della compagnia proprio sulle rotte internazionali, e va quindi doppiamente contro le mire di Air France, da un lato perché potrebbe dare un po' di ossigeno alla compagnia italiana, rendendola forse un po' meno asfittica e meno svendibile, e dall'altro perché si pone in diretto contrasto con i progetti che i francesi hanno per Alitalia.

Dopo sette ore di battaglie, l'azionariato italiano ha avuto la meglio, votando per la sottoscrizione di cinquantacinque milioni di euro di inoptato ed un aumento di capitale di ulteriori cento milioni.
Se tuttavia si può dire che Air France non ha vinto questo round della sua marcia di avvicinamento al controllo - alle sue condizioni - di Alitalia, nemmeno si può dire che abbia perso: un conto, infatti, è una dichiarazioni di intenti espressa dal consiglio di amministrazione, un conto è la sua attuazione. La risoluzione ufficiale del consiglio di amministrazione consiste infatti in una verifica sulle disponibilità finanziarie di sostenere l'aumento di capitale, da concludersi il 3 ottobre, e solo se questa verifica avrà esito positivo il 14 di ottobre verrà effettivamente deliberato l'aumento di capitale.

Secondo alcune indiscrezioni, un complesso di istituzioni bancarie e assicurative è disposto a garantire da subito il valore dell'inoptato e potrebbe concedere prestiti per un totale che si aggirerebbe intorno ai trecento milioni di euro, indicativamente andando ad appianare le perdite contratte da Alitalia nei primi sei mesi dell'anno - peggior passivo da quando la compagnia ha la sua attuale struttura.
Solo con una simile iniezione di liquidità il piano industriale di Del Torchio potrà prendere il via.

Non partecipando alla ricapitalizzazione di Alitalia, Air France vedrà scendere, in caso di buon esito dell'operazione, la propria percentuale di controllo della compagnia italiana, attualmente attestata al 25%. Questo renderà più difficile per i francesi optare per una strategia di attacco frontale nella guerra per l'acquisizione della compagnia, è chiaro che si tratta solo di una dilazione.
Air France desidera mettere le mani su Alitalia, e lo vuole fare nelle condizioni più favorevoli perché sono le uniche condizioni che la compagnia francese si può permettere: se Alitalia ha infatti chiuso il primo semestre del 2013 con un passivo di 300 milioni, Air France ha visto il medesimo periodo chiudersi con un disavanzo netto di 800 milioni e una riduzione di organico di oltre tremila unità.

Air France, molto semplicemente, non può permettersi di investire troppo in Alitalia, ma questo porta alla paradossale situazione di un socio azionista di Alitalia che punta in maniera plateale e palese sulla sua disgregazione e sulla sua perdita di valore, anziché apportare le proprie competenze ed esperienze per il benessere della società.
Che Air France, entrando come socio di minoranza, avrebbe avuto l'interesse ad una svalutazione di Alitalia per acquisirla poi a prezzo di saldo era una conseguenza prevedibile e scontata. Ecco che quindi vengono una volta per tutte al pettine i nodi del cosiddetto "salvataggio dell'Alitalia" del 2008, agitato da Berlusconi come l'unica speranza per la salvezza e l'italianità della compagnia di bandiera, ma in realtà una mossa meramente politica senza alcuna visione economica o industriale, un puro gioco di natura elettorale che ha ridotto la compagnia di bandiera nella peggiore delle posizioni, né saldamente nelle mani di Air France - a quel punto interessata davvero ad un suo sviluppo pur nella nuova, ridimensionata ottica - né indipendente da pressioni delle compagnie concorrenti e dotata di un management realmente interessato a trasformarla in una società vincente.

martedì 24 settembre 2013

Primarie PD, candidati a confronto

Vignetta satirica di Bertolotti e De Pirro

La recente Assemblea Nazionale del Partito Democratico, chiamata a disegnare il congresso che verrà, ha avuto un esito ampiamente al di sotto delle aspettative di chi aspetta con ansia il momento di girare pagina in una storia di partito fino a questo momento così avara tanto di soddisfazioni elettorali e politiche, quanto di creazione di quel senso di comune appartenenza, familiarità e comunità che un vero partito dovrebbe avere come aspirazione.

L'Assemblea, se non altro, è riuscita a fissare la data delle primarie e a fare da passerella per tutti e quattro i candidati alla segreteria nazionale del partito, e anche se mancano ancora alcuni giorni per l'ufficializzazione delle candidature, è ormai possibile tracciare un identikit di coloro che si contenderanno, nell'arco dei prossimi mesi, la successione al traghettatore Gugliemo Epifani.
Quattro candidati alle primmarie, per un partito che aspira al ruolo di prima forza politica del Paese e che si propone come partito di massa e aperto al dibattito, non sono certo un'esagerazione; le elezioni primarie non sono certo un'istituzione matura in Italia, e sono asimmetricamente utilizzate solo dallo schieramento progressista del Paese - salvo i recenti esperimenti del M5S in merito - ma volgendo lo sguardo alle democrazie anglosassoni, emergono con prepotenza i dati delle primarie americane: nel 2008 le primarie democratiche videro quattordici candidati e quelle repubblicane diciassette, nel 2012 i repubblicani partirono addirittura con ventitre candidati.

Le quattro candidature ad oggi in piedi - Renzi, Cuperlo, Civati e Pittella - offrono programmi per il Paese a tratti anche parecchio differenti tra di loro, ma sono soprattutto portatori di differenti visioni dell'idea di Partito Democratico.
Il PD è ad oggi un'opera sostanzialmente incompiuta, un partito incapace di scegliere una linea politica chiara, bloccato da una miriade di correnti e interessi personali eredi delle forze che hanno contribuito a fondare il movimento o semplicemente attratti nei suoi primi vagiti dalla sua idea di apertura e scalabilità.
Un partito di questo genere, privo di una visione di fondo, difficilmente può operare per il bene del Paese, ed è pertanto necessario che i candidati alla segreteria, oltre ad offrire una proposta politica per l'Italia, siano anche in grado di disegnare un partito adeguato a supportare tale proposta, un partito che si basi sulle regole e non sulle eccezioni e dotato di una struttura, qualche che sia, volta finalmente ad uno scopo che non sia l'autoperpetuazione.

La corsa per il Congresso democratico, se vissuta in un clima di dibattito e non di scontro, e ricordando l'esempio lungimirante di Hillary Clinton e del suo appoggio incondizionato a Obama una volta perse le primarie del 2008, può e deve essere sfruttata in chiave elettorale nel 2014, anno di per sé denso di impegni con le elezioni europee ed amministrative, e con lo spettro delle elezioni politiche sempre in agguato.
Le macchine elettorali dei singoli candidati, se coordinate e messe a disposizione del PD, potranno essere una risorsa fondamentale nella riconquista di un consenso sempre più sfuggente.

Matteo Renzi (PD)
Matteo Renzi, sindaco di Firenze, è senza alcun dubbio il candidato più accreditato per la vittoria finale, con un margine anche piuttosto ampio sui suoi avversari. Sfruttando la propria posizione per certi versi estranea al PD e la macchina organizzativa delle primarie 2012 ha mantenuto un tono da campagna elettorale permanente che gli ha garantito ad oggi un'ampia rendita in termini di consenso.
Il messaggio politico di Renzi si articola su due temi: da un lato il superamento di alcuni temi propri della sinistra italiana con aperture a posizioni più liberiste, e dall'altro un fortissimo attacco all'attuale classe dirigente del PD, ribadito costanemente nel mantra della rottamazione.
Più di ogni altra cosa, Renzi incarna oggi l'immagine del personaggio vincente, ed il sogno che regala agli elettori e ai militanti del PD è quello di un partito finalmente orgoglioso delle proprie posizioni, meno disposto a cedere per amor di poltrona, capace di imporsi nelle competizioni elettorali e dettare finalmente la propria linea. Questa immagine copre ampiamente alcune lacune del suo messaggio relative all'organizzazione interna del PD, al funzionamento della macchina del partito, alla partecipazione dei militanti, alla struttura territoriale e nel web.
La posizione di grande vantaggio di Renzi, tuttavia, è al tempo stesso la sua più grande debolezza. Perdere, ma anche solo non stravincere, sarebbe oggi per lui una sconfitta: e il solo che ha qualcosa da perdere in questa competizione.
Inoltre il suo messaggio di rinnovamento, fermo sulle stesse istanze ormai da più di un anno, rischia oggi di risultare appannato: i numerosi appoggi ricevuti da elementi di spicco della dirigenza PD, gli stessi contro cui nei mesi si sono lanciati i suoi strali, e l'assenza di una presa netta di distanza da simili endorsement pesano in qualche modo sulla sostanza della sua proposta e soprattutto sulla sua percezione.
Il sito di Matteo Renzi riflette in qualche modo il suo messaggio politico: unendo proposte e operato politico si presenta più che altro come una vetrina della sua proposta: la home page, offre una slide show e più in basso una struttura a blog che mischia manifesti politici a presentazioni dei suoi risultati come sindaco di Firenze. L'interazione, per il visitatore, è lasciata alla sottoscrizione dei vari social network e all'iscrizione ad una newsletter.

Gianni Cuperlo (PD)
Fine pensatore, dotato di notevole equilibrio ma di un'ironia pungente di stampo british, con una visione molto strutturata del ruolo del partito e delle sue componenti, l'apporto di Cuperlo al congresso consiste nella riscoperta di una sinistra antropologia prima ancora che sociale.
La prova più forte della sua strategia comunicativa è il suo sito, dove appaiono in slide show una serie di dichiarazioni di intenti, anche piuttosto stringate e d'effetto, poi dettagliate attraverso rimandi specifici; il sito di Cuperlo si presenta quindi più che altro come un manifesto congressuale, corredato in forma di blog da una serie di articoli sia di approfondimento sia di narrazione.
Il punto più debole della candidatura di Cuperlo è legato da un lato alla sua apparizione piuttosto tardiva sul web, dove si è trovato a concorrere con avversari molto meglio strutturati e organizzati, e dall'altro dal fatto che i suoi temi difficilmente possono far breccia - pur se culturalmente, filosoficamente e politicamente essenziali - in un elettorato deluso e spesso rabbioso, in cui un clima esacerbato ha portato a confondere l'impegno intellettuale con l'inconsistenza del politichese.
Più di ogni altra cosa, tuttavia, Cuperlo risente del fatto di essere il volto giovane della vecchia dirigenza, troppo legato a esponenti del PD che per un verso o per l'altro ormai sono diventati oggetto di repulsione da parte della base. Sono questi sostegni scomodi che spesso spingono un potenziale votante alle primarie a cancellare il nome di Gianni Cuperlo dalla lista delle possibili scelte.

Giuseppe Civati (PD)
La campagna di Pippo Civati è forse quella meglio strutturata nel mondo del web, soprattutto su Twitter dove dimostra di non avere rivali. È di pochi giorni fa il lancio della piattaforma Morpheus, uno strumento di adesione alla campagna del deputato lombardo che si pone molto oltre il significato di newsletter e consente agli interessati di interagire indicando le proprie competenze, le proprie idee o il tempo a disposizione da dedicare alla campagna di Civati; l'iscrizione al sistema consentirà ai referenti territoriali di avere sotto controllo il numero e potenzialmente l'umore degli iscritti, consentendo di intervenire celermente in casi di disaffezione. Lo strumento sembra quanto di più simile in Italia all'uso intensivo e strutturato dei database dei militanti democratici che, messo al servizio della campagna porta a porta, consentì a Obama di portare al voto milioni di americani.
Colpisce a questo proposito l'estrema semplicità del suo sito, che nella home presenta praticamente solo un form di iscrizione; il significato simbolico di assenza di un manifesto imposto e di chiamata alla partecipazione personale è evidente, anche se una simile scelta potrebbe demotivare i simpatizzanti meno attivi.
Il suo principale punto di forza consiste nella libertà di movimento che si è ritagliato all'interno del partito, nella relativa coerenza del suo messaggio e nella sua posizione di "seconda scelta" per molti elettori che lo porrebbe a godere, in caso di approdo ad un'eventuale fase di ballottaggio, di un formidabile apporto di voti.
La sua campagna solitaria e senza sponsor è tuttavia anche il principale limite della sua candidatura: episodi come il falso annuncio del suo ritiro pubblicato da Il Corriere della Sera costituisono battute d'arresto pesanti per la sua campagna, a causa della difficoltà dimostrata a raggiungere gli elettori meno smaliziati nell'uso della rete e in generale meno attenti ai suoi movimenti e alle sue dichiarazioni.

Gianni Pittella (PD)
Gianni Pittella è forse tra i più autorevoli europarlamentari italiani, e per quanto la sua candidatura alla segreteria del PD appaia ai più come una semplice figuranza, ha oggi il merito di arricchire il dibattito congressuale di due temi focali: il Mezzogiorno del Paese, e l'Unione Europea. La sua semplice presenza gli consentirà un ruolo nella scrittura della piattaforma di qualsiasi sarà la segreteria vincente, e, per un candidato senza ambizioni politiche ma soo programmatiche, questo significa già avere ottenuto un grandissimo risultato.
La home page del suo sito è estremamente semplice, e di fatto rimanda ad una divisione tra il suo blog personale ed il suo sito, quasi una separazione tra la parte programmatica e quella politica, e si pone in questa pur banale divisione in aperta contrapposizione al metodo usato da Renzi, dove invece una parte puntella l'altra.

Chiunque si ritroverà ad essere segretario, è essenziale che il vero vincitore da questa fase congressuale sia il PD: pur nella dialettica di una lotta anche accesa, occorre che il dibattito non si trasformi mai in arena, che chi vince non umili gli sconfitti e offra loro la consapevolezza che il PD resta comunque la propria casa, e che chi perde rispetti il vincolo di leale sostegno al vincitore.
Il PD ha forse quest'ultima occasione di rinnovare la propria dirigenza e trovare finalmente una linea politica da mettere al servizio dell'Italia per spiegare con essa il motivo della propria esistenza, prima che altre forze occupino il vuoto politico che il PD non riesce a riempire e non facciano capire all'Italia che forse, tutto sommato, di un PD che non si decide ad agire da partito proprio non c'è bisogno.

mercoledì 18 settembre 2013

Dati AGCom giugno 2013

Logo dell'AGCom

Giugno 2013 è un mese a due facce: da un lato le elezioni amministrative che hanno visto importanti avvicendamenti a Roma e in molte città capoluogo del Paese, dall'altro, verso la fine del mese, lo scandalo kazako che ha visto in prima linea il nuovo Ministro degli Interni Angelino Alfano.
Come riportano i dati AGCom relativi a questo mese, le ore di informazione politica complessive sono state 374, un valore pressoché identico a quello del mese precedente, e pertanto poco adeguato ad un periodo così rilevante soprattutto dal punto di vista elettorale.

Dati AGCom giugno 2013

Dati AGCom 2013 aggregati per mese

Dall'analisi dei dati grezzi emerge un vero e proprio ritorno al passato, con il PdL saldamente primo partito ed il PD schiacciato all'angolo. Addirittura il M5S si piazza seconda forza politica in televisione arrivando quasi a pareggiare da solo l'intera coalizione di centrosinistra.
Il PdL si mantiene in realtà sui livelli del mese precedente, è invece il PD che scivola verso il silenzio televisivo con un -4% rispetto al mese precedente e più che dimezzando i livelli record del mese di aprile. È significativo come il partito che comunque ha vinto la tornata elettorale amministrativa di giugno non abbia ricavato da questo evento alcun beneficio mediatico.
Il M5S si presenta in crescita dopo i mesi precedenti di isolamento, ma nel caso della formazione grillina l'attenzione dei telegiornali si è più che altro focalizzata sul flop - rispetto alle attese - alle amministrative, quindi si tratta di un'attenzione in qualche modo non proprio gradita.

Osservando i dati grezzi a livello istituzionale, si nota una sostanziale stabilità dei dati di Enrico Letta, mentre il suo esecutivo, unica voce a superare il 20% del tempo totale, diventa immediatamente protagonista della scena telegiornalistica italiana.

Dati AGCom giugno 2013 aggregati per
area politico-culturale

Dati AGCom 2013 aggregati per
area politico-culturale

Osservando l'andamento delle coalizioni, quindi senza considerare il tempo istituzionale, si nota come i movimenti sopra evidenziati siano effettivamente amplificati: questo significa come nessuna delle forze in campo abbia sostanzialmente avuto scambi percentuali con i tempi istituzionali, ma vi siano stati veri e propri travasi di attenzione da una coalizione all'altra.

In particolare, appare evidente come sia il centrosinistra in questo caso a soffrire (-11%), a tutto vantaggio - almeno in termini numerici - del MoVimento 5 Stelle (+8%), mentre la coalizione berlusconiana rosicchia circa il 3%.
Continua la marginalità degli altri attori politici, dalla sinistra estrema scomparsa completamente dalla scena già dopo le elezioni a Monti, relegato alle percentuali della sola FLI durante la campagna elettorale.

A livello di testate emerge come i telegiornali più favorevoli al centrodestra siano stati Studio Aperto e TG5, mentre quelli maggiormente orientati verso il centrosinistra siano stati RaiNews e TG1. Infine, il M5S raccoglie maggiore visibilità su TGCOM e SkyTg24.

Dati AGCom giugno 2013 aggregati per
Istituzioni - Maggioranza - Opposizione

Dati AGCom 2013 aggregati per
Istituzioni - Maggioranza - Opposizione

Esaminando infine i dati aggregati per maggioranza, opposizione e istituzioni si nota l'effetto del travaso di attenzione dal PD al M5S nel forte incremento delle forze di opposizione e nell'altrettanto significativo calo per quelle di maggioranza, che toccano il loro minimo dell'anno battendo il valore del mese precedente.
Malgrado la riproposizione di una grande coalizione simile a quella che aveva sostenuto il Governo Monti, la presenza all'opposizione di una forza dinamica e catalizzante come il M5S rende ls distribuzione dei dati di assegnazione molto più equilibrata rispetto a quel periodo.

Anche a livello di istituzioni i valori sono molto più bassi dei Governi Monti e Berlusconi, seppure ancora troppo alti secondo quelle che dovrebbero essere le regole auree della par condicio.

A tale proposito, si nota come nel mese di giugno i telegiornali più vicini alla maggioranza parlamentare siano stati Studio Aperto e TG3 - a riprova della "strana maggioranza" che governa il Paese; l'opposizione è stata maggiormente rappresentata su TGLa7 e TGCOM mentre, infine, le istituzioni hanno trovato maggiore spazio su TG1 e TG2.

A livello generale, i TG più aderenti alle norme della par condicio per il mese di giugno si sono rivelati TGLa7 e MTVNews.

Il mese di giugno, in realtà, altro non è che un mese di transizione tra le elezioni politiche e la bomba della sentenza di condanna a Silvio Berlusconi, anche se in altri anni la presenza delle elezioni amministrative lo avrebbe reso uno dei momenti più caldi dell'anno.
Malgrado la sua apparente non-rilevanza, tuttavia, questo mese offre interessanti spunti su come la TV tratta la politica nei momenti di stanca, evidenziando una volta di più una netta preponderanza per il centrodestra.

venerdì 13 settembre 2013

Dati Terna 2012

Logo della Terna

La recente pubblicazione dei dati statistici Terna sul dettaglio della produzione e del consumo di energia elettrica per l'anno 2012 mostra uno scenario decisamente complesso, che offre spunti di analisi sia sull'andamento generale dell'economia del Paese, sia su politiche energetiche impostate a livello regionale, pur nell'ottica di un piano strategico di approvigionamento dell'energia di livello nazionale, di forte impatto economico - inteso come autosufficienza energetica - ed ecologico - inteso come diffusione delle fonti energetiche rinnovabili.

A questo link è disponibile la serie storica dei dati a partire dall'anno 1997, il primo per cui Terna ha pubblicato questa tipologia di report.

Andamento del fabbisogno energetico percentuale 1997-2012
(Italia e macroregioni)

Come si vede dal grafico, l'Italia si mantiene anche nel 2012 un paese importatore di energia, con una produzione stabile da anni tra l'85% ed il 90% del fabbisogno.
Tale andamento, tuttavia, è frutto di evoluzioni anche molto diverse tra loro tra le varie aree del paese, qui raggruppate in macroregioni.
  • Il nord-ovest è l'area del Paese più vicina, almeno negli ultimi anni, alla media nazionale. Area peggiore del Paese fino al 2004, ha saputo tra il 2003 ed il 2005 aumentare di quasi il 20% la propria produzione energetica. Il 2012 è tuttavia un anno negativo per quest'area del Paese, che per la prima volta dal 2004 scende sotto l'80% di copertura del proprio fabbisogno.
  • Il nord-est, che negli anni '90 produceva oltre il 90% dell'energia che consumava, ha subito un tracollo energetico tra il 2004 ed il 2005, a seguito del quale ha mostrato valori tendenzialmente stabili intorno al 75%.
  • Il centro, che fino al 2003 era un'area in sostanziale pareggio energetico, ha visto con l'inizio del nuovo millennio un calo di produzione enorme cpnsumarsi nell'arco di un decennio (-40% tra il 1999 ed il 2008), seguito tuttavia da incoraggianti segnali di ripresa negli ultimi anni, confermati anche nel 2012.
  • Il sud ha seguito invece uno sviluppo inverso, proponendosi negli anni come il motore energetico del Paese; pur in un contesto di flessione negli ultimi due anni, si tratta di gran lunga dell'area del Paese con il maggior suplus energetico, valutabile intorno al 120% del consumo.
  • Le isole, infine, sono l'area del Paese più costante e stabile nel tempo, da sempre in surplus energetico. È relativamente importante segnalare come il valore del 2012 sia il secondo più alto della serie storica nonché il primo dal 2002 a superare la soglia psicologica del 100%.
Il fatto che l'andamento nazionale sia incentrato su un trend tutto sommato stabile è indice di come sia in termini di volontà politica, sia in termini di potenzialità tecniche - legate a rotazioni tra gli impianti, guasti e altro - la soglia dell'85% di produzione rispetto al consumo sia espressione delle effettive possibilità produttive del Paese.
È tuttavia interessante osservare come, considerando le soglie produttive massime a livello regionale della serie storica si sarebbe ottenuta una produzione pari al 109% del fabbisogno energetico 2012, trasformando quindi il Paese in un potenziale esportatore di energia.
Non sembra quindi essere tanto un problema di fonti, quanto piuttosto uno di dispacciamento, come se l'85% del fabbisogno fosse il massimo che la rete di distribuzione può sopportare.

Il 2012 si evidenzia in ogni caso come un anno di consumi in calo, interrompendo bruscamente la crescita intrapresa tra il 2010 ed il 2011 che aveva riportato il Paese quasi ai livelli precedenti alla crisi economica.

Bilancio energetico regionale 2012

Osservando il bilancio energetico percentuale su base regionale, emerge una netta contrapposizione tra nord e sud del Paese: è infatti nel meridione che si concentrano le regioni a saldo energetico positivo, mentre al nord e al centro - con l'eccezione di Valle d'Aosta, Liguria e Trentino Alto Adige - si trovano le aree a maggior deficit.
È significativo osservare come il Friuli si mantenga ormai da anni intorno alla soglia della parità energetica, mentre è particolarmente interessante l'andamento del Piemonte, che ottiene il miglior risultato dal 1997 nonché il risultato più lusinghiero tra le regioni sopra i 4 milioni di abitanti del centro-nord dal 2006.

Composizione percentuale della produzione di energia
dettaglio per macroregioni

Dall'istogramma che mostra, a livello di macroregioni, la divisione della produzione energetica per fonti.
L'Italia si dimostra ancora una volta ancorata al termoelettrico tradizionale, anche se dal 2011 al 2012 il ricorso a questa fonte è sceso dal 75% al 72%. Perde contestualmente un punto percentuale anche l'idroelettrico (dal 16% al 15%) mentre aumentano solare (dal 3% al 6%) ed eolico (dal 3% al 5%).
Complessivamente le fonti energetiche rinnovabili - solare, eolico e geotermico - passano dal 9% al 13%.

Il termoelettrico tradizionale resta fonte ampiamente maggioritaria in tutte le zone del Paese, con un picco nelle isole e nel sud ed un minimo al nord-est; è tuttavia da osservare come proprio nelle isole il calo del ricorso al termoelettrico sia stato maggiore, segno di una dipendenza che è più facile eliminare laddove al nord si sta dimostrando molto più difficile rinunciare a questa fonte.
L'idroelettrico ha invece al nord-ovest e al nord-est i propri picchi produttivi, naturalmente legati alla presenza degli importanti corsi d'acqua alimentati dai ghiacciai alpini: in queste zone tale fonte copre il 25% della produzione, contro le percentuali ad una sola cifra del resto del Paese.
Solare ed eolico sono le uniche due fonti il cui aumento è costante nell'intero paese. Il solare, in particolare, aumenta in maniera pressoché uniforme in tutto il Paese, con un minimo dell'1,78% al nord-ovest ed un massimo del 3,80% al sud, mentre l'eolico invece mostra un andamento molto più diseguale con un minimo di incremento dello 0,01% al nord-est ed un massimo del 3,52% ancora al sud. È in effetti importante osservare come il gap tra nord e sud sia sia ormai colmato sul ricorso all'energia solare, mentre per quanto riguarda l'eolico il sud, ben lungi dall'aver raggiunto un livello di saturazione, continua a correre mentre le altre zone del Paese stentano a ingranare.
Il geotermico, infine, resta confinato alla sola Toscana con livelli di produzione pressoché invariati rispetto all'anno scorso.

Cartogrammi della produzione regionale
di energia idroelettrica - termoelettrica -
fotovoltaica - eolica

Il cartogramma, realizzato con Scape Toad, mostra in maniera evidente la distribuzione geografica della produzione di energia elettrica nelle regioni italiane.
Se la produzione di energia da fonti termoelettriche è in massima parte indipendente dal territorio e soggetta al più a ragioni economiche di trasporto della materia prima e dispacciamento dell'energia, per quanto riguarda invece l'idroelettrico, il fotovoltaico e l'eolico è possibile, da un'analisi comparata tra l'attuale produzione e la geografia del Paese, capire quali possono essere eventuali margini di miglioramento.

L'idroelettrico è ormai una tecnologia consolidata, e i picchi che si evidenziano nelle regioni alpine sono una costante di ormai ogni anno che difficilmente potrà portare a ulteriori incrementi; è anzi da attendersi nei decenni futuri un inaridimento di questa fonte energetica a causa del progressivo riscaldamento globale e dei suoi effetti sui ghiacci alpini.
Il fotovoltaico appare come una fonte energetica distribuita in maniera indicativamente uniforme in tutto il Paese, segno di un meridione del Paese in grado di rimettersi in pare colmando il gap che lo separava dal nord l'anno precedente. Gli scarsi valori di regioni come Campania, Sardegna o Calabria indicano però come vi siano ancora enormi margini di miglioramento per questa tecnologia di cui ormai non è più possibile fare a meno.
Per quanto riguarda l'eolico, invece, si può dire che poco sia cambiato rispetto all'anno precedente, con un sud che la fa letteralmente da padrone e, con la sola eccezione della Liguria, un nord ridotto ai minimi termini; anzi, il meridione del Paese incrementa e consolida il proprio vantaggio sul nord, facendo segnare in alcune regioni nuovi incrementi a due cifre sull'elettricità prodotta dal vento, laddove le regioni settentrionali faticano a fare propria questa tecnologia.

La diminuzione - ove non la cessazione - dei bonus ambientali non ha quindi arrestato la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, dimostrando come il mercato italiano sia ormai perfettamente in grado di recepire tali fonti. Sono al contrario vincoli politici, come ad esempio margini di profitto garantiti ai costruttori di centrali termiche, ad impedirne una ulteriore e maggiore diffusione.
Malgrado la crisi, o forse proprio a causa di essa, eolico e fotovoltaico stanno entrando sempre di più nel panorama energetico italiano; i dati 2013 saranno importantissimi per capire se questo trend ascendente continuerà oppure se il ridursi del business del termoelettrico avrà ripercussioni sulle modalità di approvigionamento energetico del Paese.

lunedì 9 settembre 2013

Quei sostegni ambigui per Matteo Renzi

Matteo Renzi (PD)

La candidatura ufficiale di Matteo Renzi a segretario del Partito Democratico ha avuto il paradossale effetto di chiudere una pagina della storia del PD che ancora si faticava ad aprire.
È infatti innegabile come la popolarità del sindaco di Firenze sia oggi estremamente alta, soprattutto rispetto a tutti gli altri candidati alla segreteria. Al di là delle reali posizioni politiche di Renzi, al di là persino della sua fama di rottamatore, è oggi l'immagine vincente che accompagna il giovane sindaco a spianargli la strada verso una probabile vittoria alle primarie: Renzi viene infatti percepito come l'ultimo e l'unico leader vincente, l'ultima risorsa per un elettorato che non ci sta più a perdere un appuntamento elettorale dopo l'altro.
Le ferite aperte dalla mancata vittoria elettorale di febbraio e il rospo dell'alleanza forzosa con il PdL sono ferite aperte nell'elettorato PD, ferite su cui viene versato sale ad ogni decisione impopolare, ad ogni cedimento nei confronti dell'alleato berlusconiano, ad ogni remissività, ad ogni allontanamento dal proprio programma elettorale e dalla propria ideologia.

La forza e la popolarità della candidatura di Renzi sono misurabili anche dal numero di sostegni ricevuti dall'attuale dirigenza del partito, che con una mossa tipicamente italiana cerca di ritagliarsi uno spazio all'ombra del prossimo, probabile, vincitore.
Non stupiscono quindi più di tanto i recenti endorsement che Matteo Renzi ha ricevuto da Franceschini e addirittura da Fioroni e Veltroni; non stupiscono ma di certo non possono lasciare indifferenti, se si pensa a come questi stessi personaggi - assieme ad altri che nei giorni scorsi hanno espresso il proprio appoggio al sindaco di Firenze - hanno attaccato Renzi prima, durante e dopo il periodo delle primarie per la Presidenza del Consiglio perse poi contro Pierluigi Bersani.

Conversione di massa al renzismo?
Viene difficile crederlo. Semmai salto sul carro del - quasi - sicuro vincitore. Più di una punta di veleno contengono infatti le parole di Franceschini:
Se come ha detto in questi giorni, Matteo Renzi lavorerà per innovare e unire, e non per dividere, sono pronto a votare per lui.
Come si misura l'unità del partito? In questa breve definizione si possono aprire praterie sterminate, ma non sono pochi a pensare che il messaggio in codice di Franceschini a Renzi sia un'adeguata rappresentazione della sua corrente nei futuri assetti del PD.

Poco importa che Renzi si sia schierato apertamente contro le correnti. Poco importa che Veltroni e Fioroni siano tra i dinosauri che Renzi ha apertamente dichiarato di voler portare all'estinzione. Le professioni di sostegno e fedeltà alla nuova stella del partito paiono superare di slancio le passate divisioni, le offese reciproche, anche le differenti posizioni politiche, tema che dovrebbe essere il principale in un congresso e che invece resta ampiamente staccato rispetto a valutazioni di aspetto più tattico volto alla conquista di influenza interna.

In questo gioco di rovesciamento delle parti, ecco che diventa quasi lecito pensare che i veri amici di Renzi siano tra coloro che si professano suoi avversari, Bersani e D'Alema, e che gli appoggi di Franceschini, Veltroni e Fioroni siano invece un modo per bruciare il sindaco di Firenze: non è infatti pensabile che costoro ignorino l'effetto negativo su Renzi del loro appoggio in termini di consenso popolare alle primarie, né che non vedano di aver messo lo stesso Renzi in una situazione oggettivamente complessa.
Il sindaco di Firenze si trova infatti esposto ad un bivio in cui ogni strada presenta cali di popolarità: una scelta lose-lose in cui si può solo scegliere il male minore. Renzi rinnegherà la sua verve rottamatrice accettando il sostegno ufficiale delle correnti AreaDem e popolare, esponendosi all'attacco di essere ormai assimilato a chi professava di voler combattere? Oppure proseguirà nella sua corsa solitaria contro tutto e tutti, alla conquista del PD contro lo stesso PD, ma esponendosi così all'accusa di essere un semplice distruttore, di rifiutare le offerte di pace e collaborazione e di voler trasformare il PD in un suo partito personale?

Appoggi avvelenati a Renzi, dunque, un Renzi che oggettivamente è preso di mira dal suo stesso partito in maniera del tutto sproporzionata; questo ben al di là delle divergenze politiche con chi si professa più di sinistra, perché è evidente come sia proprio la componente più di destra a lanciare questi messaggi dal valore ambiguo.
La realtà è che Renzi oggi si trova a dover lottare con una classe dirigente che combatte per la propria autoconservazione, che è disposta a sacrificare la propria ideologia, le proprie convinzioni e in ultima analisi l'elettorato di cui ha professato di farsi portavoce per sopravvivere un giorno di più. E proprio per questo per Renzi, che nel rinnovamento e grazie al rinnovamento ha tratto la propria forza, dovrebbe essere di gran lunga migliore dare la spallata finale, far crollare questi potentati di tessere e interessi occulti per tentare poi un'opera di ricostruzione da zero, dove sarà invece la dialettica politica a segnare le differenze tra candidati pur dello stesso partito.

La semplice idea della presenza di un Fioroni alle spalle di Renzi toglierebbe al sindaco di Firenze buona parte delle sue ragioni di consenso e appoggio, e ogni giorno che passa senza una presa di posizione netta in tema gli toglie una frazione di credibilità.
Il Congresso PD rischia di essere un capitolo, se non completamente aperto, forse un po' meno chiuso di quanto si potrebbe pensare.

giovedì 5 settembre 2013

Dati AGCom maggio 2013

Logo dell'AGCom

Il mese di maggio 2013, dopo le tempeste del periodo elettorale e le fasi travagliate dell'elezione del Presidente della Repubblica e della formazione del governo, è il periodo del rientro alla normalità politico-mediatica del Paese. Sono quindi di particolare importanza i dati AGCom relativi a questo momento perché identificano con certezza i nuovi assetti e posizionamenti delle reti TV, e possono quindi dare un'idea della direzione verso cui è diretto il gotha mediatico italiano.
Malgrado il governo di larghe intese, i dati sono stati aggregati seguendo le divisioni della campagna elettorale tra aree politiche, in modo da evidenziare lo stacco tra il periodo elettorale e quello successivo.

Dati AGCom maggio 2013

Dati AGCom 2013 aggregati per mese

Nel mese di maggio le ore di informazione politica si sono attestate a 377 ore, un valore che conferma l'andamento discendente dei mesi precedente, ma ancora piuttosto elevato.

Dai dati grezzi emerge come per il secondo mese consecutivo il PD sia primo partito in televisione, ma rispetto al predominio totale del mese precedente questa volta i democratici hanno un esile margine di separazione dal PdL, più per un reale calo del PD che per una vera e propria crescita della formazione berlusconiana.

L'autoisolamento imposto nel M5S e la sua estraneità all'azione di governo si riflettono sulla sua esposizione mediatica, che scende di cinque punti percentuale da aprile a maggio, ma di ben undici punti se si effettua il raffronto con il mese di marzo.

Chi si mostra invece in crescita è - come era naturale - Presidenza del Consiglio e Governo, che dopo il periodo elettorale riprendono appieno la propria attività.

In questo caso, la TV segue piuttosto fedelmente l'andamento istituzionale: PD e PdL concorrono in un governo cone elementi paritari - malgrado le differenze numeriche in Aula - lasciando ben poco spazio alle forze di opposizione.

Dati AGCom maggio 2013 aggregati per
area politico-culturale


Dati AGCom 2013 aggregati per
area politico-culturale

Anche spostando l'analisi a livello di coalizione il centrosinistra risulta prima forza in TV ma con un restringimento del divario che lo separava dal centrodestra.
Non considerando in questa tipologia di analisi il tempo dedicato alle istituzioni, è tuttavia possibile verificare come sia cambiata l'influenza delle differenti aree politiche. In questo ambito si nota come il centrosinistra, pur in calo sul mese precedente, sia comunque al suo secondo valore nell'anno 2013 e comunque a cifre nettamente superiori a quelle degli anni passati, sotto i governi Berlusconi e poi Monti. Dal canto suo il centrodestra, pur su valori molto alti se considerati nell'ambito del 2013, si attesta in realtà su cifre in calo rispetto agli anni precedenti.

La conformazione politica in realizzazione, quindi, vede un rafforzamento delle posizioni del centrosinistra rispetto al periodo pre-elettorale, sia pure in misura minore tanto rispetto alle attese della vigilia quanto rispetto ai risultati numerici effettivamente conseguiti nelle ultime elezioni politiche.

Il secondo tema portante di questo nuovo assetto politico è la scomparsa del centro inteso come schieramente intermedio tra centrodestra e centrosinistra, e la sua sostituzione con il MoVimento 5 Stelle, vero e proprio Terzo Polo della politica italiana. Viene così sancito il fallimento del progetto di Casini di ritagliarsi uno spazio intermedio tra i due poli principali, e corona invece il proprio successo Grillo con la sua scelta di presentarsi in posizione "altra" rispetto ai concetti di sinistra e destra.

A livello di singole testate si registra come il centrosinistra ottenga i suoi massimi su Rainew, TG3 e MTV News laddove il centrodestra è maggiormente in forze su Studio Aperto, TG4 e TG2. Il MoVimento 5 Stelle, infine, ha i suoi punti di forza su TGCOM, MTV News e TGLa7.

Dati AGCom maggio 2013 aggregati per
Istituzioni - Maggioranza - Opposizione

Dati AGCom 2013 aggregati per
Istituzioni - Maggioranza - Opposizione

Analizzando invece i dati a livello di maggioranza, opposizione e istituzioni emerge come atteso il balzo di queste ultime, che con un incremento di oltre il 21% diventa la prima categoria del mese. A fare le spese di questo rapido aumento sono maggioranza e opposizione in maniera quasi paritaria, con il 13% di calo per la prima ed il 9% per la seconda. In realtà, poiché le forze che compongono la maggioranza di Letta erano nettamente maggioritarie nei mesi precedenti, il 9% rubato alle forze di opposizione (M5S, SEL e Lega) pesa infinitamente di più della quota di diminuzione della maggioranza parlamentare.

Il mese di maggio evidenzia quindi il reale nuovo corso della TV al tempo delle larghe intese, dove il predominio del centrodestra che aveva caratterizzato tanto i governi Berlusconi quanto l'esecutivo Monti pare essersi interrotto in favore di un trattamento davvero paritario tra le due anime del Governo.
In realtà non bisogna però dimenticare come il PD sia a tutti gli effetti azionista di maggioranza dell'esecutivo, se non altro per la maggioranza molto ampia di cui dispone alla Camera dei Deputati; questo atteggiamento paritario, visto a fronte di una situazione parlamentare che paritaria non è, costituisce quindi l'ennesima penalizzazione verso le forze politiche progressiste, e si pone quindi non come stacco, ma in perfetta continuità con l'andamento degli anni precedenti.

Saranno i mesi successivi a dire se vi sarà veramente una svolta oppure se l'informazione telegiornalistica italiana continuerà ad essere nel suo complesso orientata a destra.
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