lunedì 30 maggio 2011

Ballottaggi, tutti i risultati

Logo delle elezioni amministrative 2011

Dopo i risultati del primo turno, Città Democratica presenta nuovamente la tabella riepilogativa delle votazioni, questa volta con i risultati dei ballottaggi.
La tabella verrà aggiornata via via che dal Ministero dell'Interno arriveranno tutti i risultati definitivi dello spoglio dei voti.
Si ricorda che a Ragusa si svolge invece il primo turno elettorale.


ProvinciaAbitantiAmm. uscenteEuropee 2009Amm. entranteMaggioranza
Reggio Calabria566.975CSXCDXCDXCDX
Pavia548.241CDXCDXCSXCDX
Mantova410.231CSXCDXCSXCSX
Macerata324.188CDXCDXCSXCSX
Trieste236.650CSXCDXCSXCSX
Vercelli180.163CDXCDXCDXCDX



ComuneAbitantiAmm. uscenteEuropee 2009Amm. entranteMaggioranza
Milano1.321.113CDXCDXCSXCSX
Napoli959.597CSXCDXCSXCDX
Trieste205.593CDXCDXCSXCSX
Cagliari156.560CDXCSXCSXCSX
Rimini143.321CSXCDXCSXCSX
Novara105.024CDXCDXCSXCDX
Grosseto82.284CSXCSXCSXCSX
Varese81.583CDXCDXCDXCDX
Ragusa73.723CDXCDXCDXCDX
Cosenza70.171CSXCDXCDXCDX
Crotone61.781CSXCDXCSXCSX
Rovigo52.458CSXCDXCDXCDX
Pordenone51.630CSXCDXCSXCSX
Iglesias27.514CSXCSXCDXCDX

sabato 28 maggio 2011

Voti a 5 stelle: i casi di Ravenna e Trieste

Logo del MoVimento 5 Stelle

La vera sorpresa delle elezioni amministrative 2011 è stata senza dubbio l'avanzata del MoVimento 5 Stelle. Quasi il 10% a Bologna, il 5% a Torino, il 3% a Milano ma soprattutto risultati lusinghieri anche al di fuori delle grandi città - più informatizzate e quindi considerate più sensibili all'appeal della giovane formazione politica - sono indiscutibilmente segnali della forte attrazione che ormai esercita questo partito.

Sono fiorite delle vere e proprie leggende metropolitane su un simile successo elettorale già dopo le amministrative del 2010: voto di protesta, voti rubati alla sinistra, Grillo che lavora per Berlusconi, e chi più ne ha più ne metta. Questa tornata elettorale consente tuttavia di affrontare la questione in maniera più approfondita e rigorosa: il MoVimento 5 Stelle, da sempre contrario alle province intese come istituzione territoriale prevista dallo Stato, ha deciso di non candidare i suoi esponenti per questo tipo di elezione, correndo unicamente per le comunali.
Sono stati quindi scelti due Comuni sulla base dei seguenti requisiti:
  • si è votato sia per le provinciali che per le comunali
  • il MoVimento 5 stelle ha ottenuto buoni risultati alle comunali, onde evidenziare la dispersione del voto a cinque stelle dal Comune alla Provincia rispetto ad altri flussi
  • il numero di abitanti è superiore a 100.000
  • un Comune aveva un'amministrazione uscente di centrosinistra ed uno di centrodestra
La scelta è caduta su Ravenna, come esempio di città governata dal centrosinistra, e Trieste, comune storicamente di destra.

Confronto del voto a Trieste
Comunali 2011 - Provinciali 2011

Le elezioni triestine si prestano in maniera particolare all'analisi a causa dell'omogeneità tra le candidature espresse per le comunali e per le provinciali, dovute anche alla piccola dimensione della provincia: solo il MoVimento 5 Stelle, tra le formazioni principali, ha partecipato ad una sola tipologia di consultazione. Il tema dominante delle consultazioni è stato lo spezzettamento delle candidature legate all'area conservatrice e centrista, con ben tre esponenti legati al centrodestra e due appoggiati dal Terzo Polo. Di contrappunto il centrosinistra si è presentato unito, riuscendo a concludere in vantaggio il primo turno in entrambe le elezioni pur senza raggiungere la maggiorana assoluta dei voti.
Il primo dettaglio che si riscontra è il numero totale di votanti pressoché identico tra le due tipologie di votazione, con differenze inferiori al mezzo punto percentuale.
Nelle elezioni provinciali tutte le aree politiche - ad eccezione delle liste minori a causa dell'assenza di alcune civiche - risultano in avanzamento rispetto alle comunali, grazie alla dispersione del voto del MoVimento 5 Stelle. In particolare il centrodestra nel suo complesso mostra un +2,95%, il centro un +0,80% ed il centrosinistra addirittura un +6,34%. In termini assoluti si ha invece un -1.479 per il centrodestra, +594 per il Terzo Polo e +4.877 per il centrosinistra. Questo andamento difforme tra le due metodologie di conteggio si spiega introducendo nel computo le schede non valide, che passano da 3.478 a 6.323 facendo segnare un +2.845. Infine, la diminuzione del numero dei votanti deve essere considerata come un incremento dell'area del non voto di ulteriori 452 unità portandola ad una variazione complessiva di +3.297.

Per semplicità di calcolo si può stimare che chiunque abbia votato un candidato alle comunali abbia confermato la sua preferenza per le provinciali, ovvero ricondurre tutte le variazioni al centrodestra, al MoVimento 5 Stelle e alle liste minori. I grillini costituiscono secondo questo modello circa il 70% delle sorgenti di voto. Le destinazioni del voto sono invece il centro (7% del totale), il centrosinistra (56%) e l'astensione o annullamento della scheda (37%).
La prima conclusione che si può trarre è che gli esponenti del MoVimento 5 Stelle che votano il partito in modo esclusivo sono una minoranza: anche senza indagare sulle condizioni più probabili dei flussi di voto è evidente che più di metà del voto a 5 stelle si sparpaglia su altre formazioni qualora i grillini non siano in lista.
In seconda battuta è evidente che il centrosinistra è l'area politica che maggiormente beneficia dell'assenza del MoVimento, confermando il luogo comune che vede nella sinistra l'area maggiormente colpita dalla concorrenza dei grillini.

Scendendo nel dettaglio dei partiti lo scenario cambia: anche se compiere indagini adeguate non è possibile a causa dei fisiologici movimenti tra liste legati ai candidati e al fatto che tra comunali e vi sono liste differenti pur a schieramenti invariati, è possibile individuare quali sono i partiti che alle provinciali vanno decisamente meglio: la Lista Civica Dipiazza (+1.806), la Lega Nord (+1.233), la Federazione della Sinistra (+1.397), Sinistra Ecologia Libertà (+1.003) ma soprattutto l'Italia dei Valori (+3.311). Con l'eccezione della Lista Dipiazza, che però compensa lo svuotamento dell'altra civica Un'altra Trieste, il profilo dei partiti che guadagnano voti alle provinciali è chiarissimo: sono tutte formazioni di protesta, di destra o di sinistra.
Con ogni probabilità sono quindi queste formazioni a soffrire in maniera particolare l'affermazione del MoVimento 5 Stelle: proprio come moto protesta è nato infatti il movimento grillino, e come tale riesce a raccogliere con maggiore facilità gli elettori di altri partiti affini. In particolare è la formazione dipietrista a risultare maggiormente penalizzata dal flusso di voti, risultando al tempo stesso usurata come movimento di protesta e non sufficientemente radicata da assurgere al ruolo di partito di massa. SEL, FES e Lega paiono soffrire in maniera analoga tra loro il successo del MoVimento, evidenziando che se a livello di coalizione è naturalmente il centrosinistra a doversi guardare maggiormente dal MoVimento, a livello di partito anche la Lega Nord appare affannata dall'appoggio ad un alleato sempre più lontano dallo spirito originario con cui era nato e si era affermato il partito di Bossi.

Confronto del voto a Ravenna
Comunali 2011 - Provinciali 2011

Rispetto a Trieste, l'analisi delle elezioni di Ravenna appare meno immediata, a causa della presenza di due candidature riconducibili al Terzo Polo alle provinciali contro una sola delle comunali, e della presenza di una forte lista civica unicamente alle consultazioni comunali.
Fortunatamente le aree relative al Terzo Polo e alle civiche sono, nel caso ravennate, sostanzialmente sovrapponibili, permettendo comunque lo svolgimento dell'analisi.

Come nel caso di Trieste il numero di votanti tra comunali e provinciali è pressoché identico, con una differenza di soli 172 voti.
Considerando, come premesso, Terzo Polo e liste civiche come un'unica entità (che per semplicità verrà definita come "Altro"), si vede come nel passaggio tra comunali e provinciali sia il centrodestra che il centrosinistra incrementino i propri voti, rispettivamente facendo segnare +3.947 e +4.823. Al contrario la categoria "Altro" accusa un calo complessivo di 1.916 preferenze.
Infine, aumentano anche le schede nulle, di 1.426 unità, che con le 172 di differenza nel numero totale di voti portano l'incremento dell'area del non voto ad un +1.598.

Ponendosi nella stessa modellizzazione prevista per Trieste, il flusso complessivo di voto vede come sorgenti il MoVimento 5 Stelle (82% del totale) e altro (18% del totale) e come destinazioni centrodestra (38%), centrosinistra (47%) e non voto (15%). Similmente con quanto ricavato per Trieste, e anzi in maniera ancora più accentuata, solo una piccola parte degli elettori del MoVimento 5 Stelle si rifugia nel non voto quando la propria formazione non è presente alle elezioni. La restante parte si divide in maniera quasi equa tra centrodestra e centrosinistra, con una prevalenza di quest'ultima area politica che probabilmente si deve accentuare scorporando i voti civici e del Terzo Polo da quelli strettamente derivanti dal MoVimento.

Entrando nell'ottica dei singoli partiti, è possibile identificare nuovamente le formazioni maggiormente avvantaggiate dall'assenza dei grillini alle provinciali: Lega Nord (+2.296), Popolo della Libertà (1.119), Sinistra Ecologia Libertà (+1.688) e Italia dei Valori (+2.553).
Raggruppando i partiti a livello di coalizioni viene confermata la prevalenza del centrosinistra sul centrodestra in termini di distribuzione del voto a 5 stelle, e rispetto a Trieste è confermata la presenza di formazioni tipicamente di protesta; stupisce da questo punto di vista la presenza del PdL tra le formazioni che incrementano maggiormente il proprio appeal alle provinciali, ma la presenza di fonti di spostamento del voto legate al Terzo Polo possono spiegare in maniera soddisfacente il risultato.

Le esperienze di Trieste e Ravenna consentono quindi di comprendere in maniera efficace il comportamento degli elettori del MoVimento 5 Stelle; in particolare, il comportamento omogeneo tra le due città - così diverse tra loro - suggerisce che i risultati ottenuti abbiano valenza a livello nazionale.
Il luogo comune che vede gli elettori del MoVimento come persone tornate alla politica proprio grazie alla formazione grillina - e quindi non disposte a votare altre formazioni - risulta vero solo in parte, per di più minoritaria. In entrambi i casi studiati solo una minima parte dei flussi di voto conduce verso l'astensione o l'annullamento della scheda.
Anche l'altro grande luogo comune, ovvero i voti rubati alla sinistra risulta vero solo parzialmente, sia pure in questo caso si tratti di una quota minoritaria: anche il centrodestra infatti risulta interessato dai flussi di voto legati al MoVimento 5 Stelle, in particolare la Lega Nord.
E proprio l'identikit dei partiti consente di tracciare il profilo dell'elettore del MoVimento: Lega Nord e Italia dei Valori nascono come movimenti di protesta e fanno della protesta forse il mezzo principale della propria proposta e comunicazione politica. Dal canto suo Sinistra Ecologia Libertà, pur muovendosi su binari più moderati da questo punto di vista, è generalmente percepito come una sorta di opposizione e di alternativa alla gerarchia strutturata del Partito Democratico. Sono quindi partiti di alternativa e di protesta quelli da cui il MoVimento 5 Stelle trae in misura maggiore il proprio consenso, e le motazioni diventano a questo punto abbastanza chiare: i partiti che fondano il proprio consenso sulla protesta rischiano un rapido usuramento quando non riescono a concretizzare le proprie proposte e a rinnovare la propria visione nei cuori del proprio elettorato. Voti tanto facili da conquistare, quanto difficili da mantenere.
Da questo punto di vista il MoVimento 5 Stelle è riuscito nell'impresa - quasi improponibile in un'Italia congelata in blocchi contrapposti - di attrarre voti sia da sinistra che da destra, a conferma dell'ultimo luogo comune sul partito: la sua estraneità ai consueti schemi della politica italiana.

giovedì 26 maggio 2011

Da Brema un altro schiaffo alla Merkel

Jens Böhrnsen (SPD), riconfermato primo cittadino di Brema

Come ormai ovunque in Europa, anche le elezioni tenutesi a Bremen nella giornata di domenica 22 maggio 2011 per il rinnovo dell'amministrazione della città-stato sono state particolarmente punitive nei confronti delle forze di governo nazionale. L'esito dell'appuntamento elettorale era di per sé scontato, in quanto Bremen è da sempre considerata una delle maggiori roccaforti socialdemocratiche della Germania, ma l'entità della vittoria della coalizione di centrosinistra costituisce un nuovo, importante messaggio di sfiducia per il governo federale di Berlino.

Esiti delle elezioni amministrative 2011 nel land di Bremen

Distribuzione dei voti alle elezioni amministrative 2011
nel land di Bremen

Il primo dato che emerge dall'analisi del voto è la progressiva disaffezione della città per la politica, un elemento spesso conseguente alla stabilità amministrativa che nel land dura ormai da oltre mezzo secolo. Malgrado l'apertura del voto anche ai giovani di sedici e diciassette anni, l'affluenza si è rivelata in calo rispetto al 2007, passando dal 57,5% al 56,5% e toccando un nuovo minimo storico. Non vi è stato l'exploit del voto giovanile come ci si aspettava, ma non vi è stata nemmeno la risalita dell'affluenza registrata negli appuntamenti precedenti.

I risultati del voto, al contrario, mostrano una tendenza comune rispetto ai precedenti appuntamenti elettorali tedeschi di questo 2011: le forze di centrodestra al governo a Berlino arretrano, quelle di centrosinistra all'opposizione avanzano.
L'alleanza conservatrice CDU - FDP perde quasi il 9% dei consensi; in particolare la CDU, il partito di Angela Merkel, arretra di oltre cinque punti percentuali galleggiando intorno ad un modesto 20%, lasciandosi sopravanzare dai Grünen e finendo quindi terza forza nella regione. Peggio ancora fanno i liberali della FDP: sebbene il loro calo sia contenuto ai tre punti percentuale, finiscono al di sotto della soglia del 5% e restano fuori dal parlamento regionale. In termini di seggi, la perdita secca per la coalizione di governo è di 8 seggi, -3 per la CDU e -5 per la FDP.
Bilancio positivo invece per le forze di centrosinistra, che nel loro complesso si attestano ad oltre il 65% - conteggiando anche la Linke - con un +5% sul 2007. In realtà, scendendo nel dettaglio dei singoli partiti, la SPD si mostra in moderata risalita, poco meno di due punti percentuali, e sono quindi gli ecologisti a godere di gran parte dell'avanzamento della coalizione. I Grünen diventano secondo partito del land con oltre il 22% dei voti e 21 seggi, 7 in più rispetto alla precedente tornata elettorale.
La Linke, come già in altri lander, soffre la concorrenza dei Grünen, ma resiste qualche decimo percentuale sopra la soglia minima per entrare nel parlamento regionale, mostrando una flessione di poco meno di tre punti percentuale.
Da menzionare, infine, la lista civica BIW, che malgrado si sia attestata sotto il 4% riesce a mandare in parlamento un proprio esponente grazie al particolare sistema di voto della cittadina costiera di Bremenhaven.

Composizione del parlamento regionale di Bremen
dopo le elezioni amministrative 2011

Del tutto scontata la formazione del nuovo parlamento, che consisterà essenzialmente nella riconferma della coalizione rosso-verde guidata dal presidente uscente Jens Böhrnsen. Le formazioni di governo escono tuttavia nettamente rafforzate dalla competizione elettorale: se nel precedente mandato infatti i rosso-verdi controllavano il 55% dei seggi, oggi tale percentuale è salita fino a sfiorare il 70% dell'aula. Una maggioranza bulgara che consentirà alla roccaforte socialdemocratica altri quattro anni di governo senza scossoni.
Ben più interessante è il rapporto di forza interno al centrosinistra tra SPD e Grünen: a conti fatti, sono gli ecologisti in effetti i veri vincitori della tornata elettorale. L'avanzata generale del centrosinistra ha consentito ad entrambi i partiti di incrementare le dimensioni delle proprie delegazioni al parlamento generale, ma mentre la SPD guadagna 5 seggi, i Grünen aumentano di 7 unità la propria formazione. In sostanza, mentre nel 2007 la coalizione si poteva considerare per il 70% rossa e per il 30% verde, oggi le percentuali aggiornate diventano 63% e 37%.

L'ennesima riprova che i Grünen sono ormai da considerarsi un vero e proprio partito di massa, dopo la consacrazione di marzo nel Baden-Württemberg che ha permesso agli ecologisti per la prima volta nella loro storia di esprimere un presidente di regione.
Al momento l'alleanza tra verdi e socialdemocratici sembra solida, ma in molti ambienti vicini alla Merkel si parla apertamente di una replica su scala nazionale dell'alleanza nero-verde che ha retto Hamburg per un decennio. Seppure confortata dai numeri attuali, questa opzione è al momento pura fantapolitica, e gli elettori hanno già mostrato di non gradirla, punendo in maniera severa CDU e Grünen nell'unico land, appunto Hamburg, in cui i due partiti si erano alleati. Di fronte ad una FDP sempre più in difficoltà ed un Bundesrat in cui le forze di opposizione sono vicine alla maggioranza assoluta dei seggi questa potrebbe essere l'unica mossa ormai rimasta in mano ad Angela Merkel.

martedì 24 maggio 2011

Torino, analisi del voto

Il nuovo Sindaco di Torino Piero Fassino

Torino non cambia bandiera, e resta in mano al centrosinistra. Malgrado un candidato sindaco da molti considerato poco appetibile, esponente della vecchia guardia postcomunista del Partito Democratico, il capoluogo piemontese riesce a confermarsi la vera roccaforte progressista del nord del Paese, a maggior ragione se si guarda alle dimensioni completamente inaspettate del risultato.

In molti, nei giorni immediatamente precedenti alle elezioni, avrebbero scommesso sul ballottaggio o su una vittoria risicata del centrosinistra, e invece Piero Fassino, ultimo segretario dei DS, è diventato sindaco di Torino con un secco 56,66%, una percentuale notevolissima anche se lontana dai fasti bulgari del suo predecessore Sergio Chiamparino.
Proprio l'eredità di Chiamparino è probabilmente la chiave di volta del successo del centrosinistra nella città sabauda, nonché il principale parametro di valutazione nel confronto tra le elezioni appena svoltesi e quelle del 2006.

Confronto del voto a Torino
Comunali 2006 - Comunali 2011

Il primo dato eclatante è quello dell'affluenza. Rispetto al 2006 il calo dei voti validi è stato molto modesto, un calo limitato a meno di 12.000 unità. Da contrappunto a questo dato è il numero dei voti validi relativi alle liste, in incremento rispetto a cinque anni fa di circa 7.000 unità, come espressione di una maggiore politicizzazione del voto ed un minore appeal dei candidati.

Proprio l'effetto-candidato è un altro tema importante. Tutti e quattro i candidati principali hanno fatto peggio delle coalizioni in loro sostegno, naturalmente ciascuno in misura diversa. Coppola, ad esempio, ha ottenuto solo lo 0,14% in meno della propria coalizione, mentre Fassino si è assestato quasi due punti percentuale al di sotto delle liste in suo appoggio. Per Fassino è poi impietoso il paragone con il suo popolarissimo predecessore: l'ultimo segretario DS porta infatti un valore aggiunto di meno di 30.000 voti alla sua coalizione, contro gli oltre 60.000 racimolati da Chiamparino.
Quest'ultimo era al secondo mandato, ben conosciuto ed apprezzato dalla popolazione, e nel 2006 si votava per di più poco dopo il trionfale evento olimpico, ma è indubbio che Fassino abbia pagato il suo essere un politico di lungo corso e parte del gruppo dirigente del Partito Democratico.
Anche il proliferare dei candidati minori ha contribuito a drenare consensi dalle forze principali: se nel 2006 i candidati al di fuori dei due schieramenti principali avevano ottenuto appena il 3,96%, nel 2011 i candidati al di fuori dei quattro schieramenti principali sono riusciti ad arrivare al 6,20%.

Scendendo nel dettaglio dei risultati delle liste, si nota come sia il centrodestra che il centrosinistra siano in calo rispetto al 2006: quello che però stupisce maggiormente è che il calo sia pressoché identico per le due coalizioni. Il biennio 2005-2006 è stato probabilmente l'apice massimo toccato dal centrosinistra in tempi recenti in termini di popolarità e consenso, ed è stato seguito da anni decisamente bui culminati nell'appuntamento elettorale del 2009. A Torino vediamo invece come le due principali coalizioni mostrino un andamento del tutto analogo, restando sui medesimi rapporti di forza del 2006. Approfondendo ulteriormente il dato si nota poi come entrambe le coalizioni siano state in qualche modo rimaneggiate rispetto alle precedenti consultazioni: il centrodestra apre alla destra estrema di Storace e perde l'UdC; il centrosinistra invece viene limato in termini di composizione su entrambi gli estremi, sia verso il centro - uscita dell'UDEUR - sia verso sinistra - uscita di Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Verdi e Radicali.
Ancora più che i risultati degli schieramenti possono quindi essere interessanti i dati relativi ai singoli partiti: la sorpresa più grande è che il PdL in cinque anni ha perso più voti del PD: -16.466 consensi per la formazione berlusconiana rispetto alla somma di Forza Italia e Alleanza Nazionale, -14.053 per i Democratici rispetto all'Ulivo; rispetto anche alle Europee 2009 ed alle Regionali 2010 è indubbio che un tale risultato sia senza dubbio da considerarsi molto lusinghiero per il partito di Bersani.
Le forze minori appaiono tutte invece in crescita rispetto al 2006: oltre all'IdV e alla Lega Nord - che però sono in calo rispetto al 2010 - spicca il risultato dei Moderati, seconda forza del centrosinistra e indubbiamente una formazione ormai ben radicata nel panorama politico torinese.
Tra i nuovi partiti spiccano senza dubbio in positivo SEL ed il M5S, entrambi in grado di superare i 20.000 voti, mentre FLI apre il proprio debutto elettorale con una vera e propria disfatta, fermandosi sotto le 6.000 preferenze.
In sofferenza infine anche l'UdC che rispetto al 2006 dimezza i propri consensi pagando presumibilmente il distacco dal centrodestra ed il richiamo al voto utile lanciato da entrambi i candidati principali.

Confronto del voto nei quartieri di Torino
Comunali 2006 - Comunali 2011

Scendendo nel dettaglio dei singoli quartieri si vede chiaramente come il centrodestra perda molti punti nelle circoscrizioni in cui era storicamente più forte, la I (-6,86%) e la VIII (-8,67%). Indubbiamente anche a Torino, come ad esempio a Milano, l'estremizzazione della campagna elettorale condotta dalla coalizione berlusconiana ha alienato le simpatie di parte dell'elettorato moderato, che si è rivolto al Terzo Polo - che proprio in queste due circoscrizioni ottiene i migliori risultati in senso assoluto - quando non addirittura al centrosinistra - che nelle due circoscrizioni indicate raggiunge le migliori performance in termini di tenuta rispetto al 2006.

Anche il centrosinistra appare in difficoltà in alcune sue roccaforti storiche: se le circoscrizioni II e X si mostrano tutto sommato fedeli alla coalizione, i cali accusati nella III e nella VI sono importanti, nell'ordine della decina di punti percentuale.
Nel caso della circoscrizione VI la tenuta del centrodestra fa pensare, oltre che ad un astensionismo mirato contro il centrosinistra, ad un saccheggio dei voti della coalizione da parte del Terzo Polo e del Movimento 5 Stelle, oltre che dei candidati minori di sinistra.
La circoscrizione III si presenta invece piuttosto atipica, in quanto qui entrambe le coalizioni perdono terreno, lasciano in totale il 17% circa in mano alle forze minori.
Questo andamento consente di inquadrare meglio il flusso di voti tra le aree politiche per quanto riguarda lo schieramento di centrosinistra, e cozza apertamente con l'idea comune dei ceti operai passati a destra, ed in particolar modo alla Lega Nord. Almeno per quanto riguarda Torino, infatti, le maggiori insoddisfazioni per il centrosinistra non vengono dall'area di Mirafiori quanto piuttosto dai quartieri della cosiddetta borghesia di sinistra, intellettuale, ben informata e poco militante.

Il risultato ottenuto consente al centrosinistra di sorridere e a Piero Fassino di governare con tranquillità, con 24 seggi (escluso quello del sindaco) in mano alla maggioranza in suo sostegno sui 40 totali. Di questi 24 ben 16 sono in mano al PD, 4 vanno ai Moderati, 2 a SEL e 2 all'IdV. I restanti 16 sono invece suddivisi tra le varie opposizioni: il Terzo Polo conquista due seggi, uno per Musy ed uno in quota UdC in quanto miglior forza della coalizione; due seggi vanno anche al M5S, mentre al centrodestra spettano 11 seggi, 9 al PdL (compreso Coppola) e due alla Lega. Infine, sarebbe entrato in Consiglio Comunale anche Domenico Coppola, il civico di destra che con una sapiente sfilza di liste civetta era riuscito a superare la soglia del 3%, se un ictus improvviso non lo avesse fulminato pochi giorni dopo il suo importante risultato politico. Sarà quindi il numero due della sua coalizione, Denis Martucci, a sedere in Sala Rossa.

Il compito che aspetta Fassino è senza dubbio arduo. Torino, grazie a Sergio Chiamparino, ha conosciuto momenti di buongoverno e motivi di orgoglio che le mancavano da lunghi anni, vivendo un decennio di rinnovamento e rilancio sociale ed economico costellato da grandi eventi come i Giochi Olimpici o la festa per il centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia. La città è tuttavia un cantiere ancora in opera: la linea 1 della metropolitana è lungi dall'essere un progetto finito, e già si parla della linea 2; l'interramento del tracciato ferroviario e la nuova stazione di Porta Susa sono in pieno svolgimento, così come l'opera di riqualificazione dei quartieri periferici a partire dalla Borgata Vittoria ed il lungo Dora. Abbastanza per permettere alla stella di Fassino di risplendere quanto quella del suo predecessore e perpetuare la tradizione della buona amministrazione di sinistra sotto la Mole. Ma abbastanza anche, se l'ultimo segretario DS non saprà dimostrarsi all'altezza, per dissipare completamente l'eredità di Sergio Chiamparino.

venerdì 20 maggio 2011

Brema, la Germania torna alle urne

Jens Böhrnsen (SPD), primo cittadino di Brema

Mentre ancora divampano i fuochi delle elezioni amministrative in Italia, la Germania ritorna al voto per la quarta volta nel 2011, per le elezioni amministrative nel land di Bremen.
Le precedenti consultazioni hanno visto ovunque sconfitta la coalizione nero-gialla che governa a Berlino: la SPD si impone ad Hamburg con la maggioranza assoluta dei seggi; in Sachsen-Anhalt solo una sinistra divisa in due ha permesso il mantenimento della Große Koalition; nel doppio turno in Rheinland-Pfalz ed in Baden-Württemberg si consuma invece una storica disfatta per la coalizione di Angela Merkel, che perde il controllo di una regione da sempre democristiana.

Sarà difficile che la città-stato di Bremen, possa modificare il trend ostile al governo federale. La città è considerata una vera roccaforte socialdemocratica, retta ininterrottamente dalla SPD dal secondo dopoguerra.
Il presidente uscente è Jens Böhrnsen (SPD), alla guida della città con una coalizione rosso-verde. Il land si posiziona quindi tra le regioni ostili al governo nel Bundesrat nazionale, a cui contribuisce con tre elementi. Con poco meno di 700.000 abitanti si tratta della regione più piccola della Germania.

Le ultime elezioni, tenutesi nel 2007, hanno visto imporsi la SPD con il 36,8%; staccata nettamente la CDU, che racimola appena il 25,7%, ed i Grünen con il 16,4%. Completano il quadro dell'attuale Parlamento regionale la FPD con l'8,4% e la Linke con il 6,0%. Il governo è composto da una coalizione rosso-verde guidata dal socialdemocratico Jens Böhrnsen.

Intenzioni di voto a Brema maggio 2011
(Dati infratest Dimap)

Come mostrano i sondaggi della Infratest Dimap relativi al trend del mese di maggio, il land è saldamente in mano alle forze progressiste, ed il risultato praticamente scontato è la riedizione della coalizione rosso-verde già alla guida della città-stato.
Il dettaglio dei numeri è però ancora più impietoso con la coalizione conservatrice giallo-nera: la CDU, il partito di Angela Merkel, viene dato in calo netto di oltre 5 punti percentuali, attestandosi ad un poco onorevole 20% che la renderebbe terza forza nella regione. Più contenuto ma decisamente più impattante il -3% dei liberali del FDP, che li porterebbe sotto la soglia del 5% e quindi al di fuori del parlamento regionale.

Stabile la SPD, che dopo i continui cali delle precedenti consultazioni pare aver trovato un proprio equilibrio intorno al 36%. Eclatante invece la performance dei Grünen, che vengono dati in forte ascesa di oltre otto punti percentuali e, cosa ancora più importante, ai due terzi del valore della SPD: se queste proporzioni dovesser essere confermate nelle urne, i Grünen peserebbero per il 40% nella coalizione rosso-verde che andrebbe al governo del land. Non il risultato eccezionale del Baden-Württemberg, ma un avanzamento assolutamente degno di nota per il partito ecologista tedesco.

Confronto tra i candidati (SPD - CDU)

Confronto tra i candidati (SPD - Grünen)

Anche il confronto tra i candidati si mostra abbastanza impietoso. La preferenza per il borgomastro uscente Böhrnsen è schiacciante contro qualsiasi avversario. In particolare il raffronto tra Böhrnsen e la Linner, esponente dei Grünen, è significativo per mostrare come, malgrado la crescente simpatia per gli ecologisti in Germania, sono ancora in pochi a ritenere che il partito abbia una sufficiente cultura di governo per guidare una squadra. Solo esponenti di lungo corso come Winfried Kretschmann, il nuovo presidente del Baden-Württemberg, sono riusciti a colmare in maniera completa questo handicap che vede ancora i Grünen più simili ai movimenti di protesta del XX secolo che ad un vero e proprio partito.

Composizione del Bundesrat

Non ci si aspettano quindi grandi novità per quanto riguarda il Bundesrat: Bremen è in mano al centrosinistra e con ogni probabilità non regalerà i propri seggi alla coalizione di governo, che resta forza minoritaria nell'Aula con soli 25 seggi, contro i 30 in mano all'opposizione ed i 14 neutrali dovuti a coalizioni di governo regionali composte da partiti che a Berlino sono invece rivali.

mercoledì 18 maggio 2011

Bologna, analisi del voto

Il nuovo Sindaco di Bologna Virginio Merola

Bologna, città d'avanguardia politica. Bologna, città laboratorio. Bologna apparentemente normale, in mano al centrosinistra al primo turno, eppure lo stesso Bologna ricca di novità e colpi di scena.

Virginio Merola, vincitore annunciato della contesa elettorale, ha vinto davvero. Ha vinto dopo uno spoglio tiratissimo, veleggiando a lungo sulla fila dei decimi al di sopra della maggioranza assoluta prima di stabilizzarsi sul 50,4% finale che ha risparmiato alla città l'onere del ballottaggio e ha contribuito a rendere ancora più dolce la lunga maratona elettorale per il centrosinistra italiano in questo primo turno delle elezioni amministrative.

Confronto del voto a Bologna
Comunali 2009 - Comunali 2011

Il centrosinistra vittorioso a Bologna al primo turno non dovrebbe essere una notizia, eppure in qualche modo è forse il dato più eclatante della tornata elettorale cittadina: malgrado Sergio Cofferati, malgrado Flavio Delbono, malgrado la padanizzazione dell'Emilia tanto annunciata dalla Lega Nord e malgrado l'ascesa del MoVimento 5 Stelle il capoluogo emiliano dona ancora una volta in modo netto la propria fiducia a quella coalizione che l'ha guidata per tanto e tanto tempo. Una prova di fedeltà che ha quasi dell'incredibile.

I numeri del voto mostrano una contrazione dei partecipanti, in linea con l'andamento nazionale o poco peggio. I voti validi sono stati alla fine 210.185, contro i 226.976 delle precedenti comunali.
La tabella mostra i risultati dei principali candidati e delle liste a loro sostegno - oltre ad una sezione riepilogativa per le liste minori - mettendo a confronto i risultati del 2009 con quelli del 2011.

Proprio a partire da questi numeri è possibile cogliere i punti salienti della tornata elettorale.

Il centrodestra sopravvive grazie all'appeal di un candidato in grado di aumentare del 3% i consensi della propria area: Manes Bernardini porta in dote alla propria coalizione oltre 12.000 voti: di gran lunga il migliore dal punto di vista dell'effetto-candidato sia in termini assoluti che relativi. Il giovane candidato leghista supera, pur di poco, la soglia del 30%, in ascesa rispetto al suo predecessore Alfredo Cazzola, e questo malgrado le liste in suo sostegno si fermino al 27,3% contro il 28,7% di due anni fa.
Non deve ingannare l'aumento percentuale del PdL, che passa dal 15,5% al 16,6%: nel 2009 la pessima - persino per Bologna - performance del partito di Berlusconi poteva essere spiegata con l'esistenza di una lista civica in grado di racimolare quasi il 10%; quest'anno non ci sono scuse. Il Popolo della Libertà sotto le Torri non riesce più ad arrivare nemmeno al 20%.
La Lega Nord, trainata dal suo candidato, avanza, sfonda la soglia psicologica della doppia cifra e si assesta al 10,72%. Aumenta i propri voti in termini percentuali ed in termini assoluti, e per questa ragione può sicuramente considerarsi soddisfatta, eppure rispetto a sondaggi trionfalistici che la vedevano attorno al 15% ed anche semplicemente rispetto alle regionali 2010 è sicuramente un risultato in chiaroscuro, al di sotto delle aspettative.
Le liste del centrodestra perdono in termini assoluti quasi 10.000 voti rispetto al 2009, e circa l'1,4% in termini relativi. Solo l'ottimo risultato personale di Bernardini riesce a trasformare questi numeri in un -2.300 assoluto ed un +1,3% relativo.

Il più grande sconfitto della tornata elettorale è in ogni caso Stefano Aldrovandi, il civico appoggiato - per certi versi suo malgrado - dal Terzo Polo, che dimezza sostanzialmente i risultati ottenuti da Guazzaloca due anni prima.
La lista civica Stefano Aldrovandi sindaco raccoglie meno di 9.000 voti, contro gli oltre 26.000 della lista di Guazzaloca nel 2009. Un'emorragia di oltre 17.000 preferenze che si traduce in un -7,5%. Tenendo conto dell'effetto candidato il raffronto diventa ancora più impietoso: -18.000 e -7,6%.

Dagli sconfitti ai vincenti. Il MoVimento 5 Stelle incassa l'ennesima crescita sia in termini relativi che assoluti, e rispetto alla sua versione embrionale di due anni fa triplica consensi e percentuali. Di suo Bugani ci mette quei centesimi percentuali necessari per assestare il risultato finale sul 9,50% netto. Bologna, ma in generale l'Emilia, si rivela una volta di più terreno fertile per il MoVimento, che si propone di fatto come terza forza politica sotto le Torri ed entra a Palazzo d'Accursio con due, forse tre consiglieri. Bologna, appunto, laboratorio politico d'Italia.

Infine il centrosinistra. Rispetto al 2009 sia il candidato sia la coalizione mostrano avanzamenti; in particolare Merola, rispetto a Delbono, è stato in grado di superare la fatidica soglia del 50%. Inoltre, se si esclude il MoVimento 5 Stelle, il centrosinistra si conferma la coalizione migliore anche in termini di voti assoluti, con il calo minore rispetto alle precedenti amministrative.
Terminare qui l'analisi sarebbe però un grave errore. In primo luogo si nota come Virginio Merola, malgrado la schiacciante vittoria alle primarie, sia stato un candidato nettamente più debole rispetto alla coalizione in suo sostegno, in misura ancora maggiore del suo precedessore: Delbono finì un punto sotto la sua coalizione, Merola quasi quattro. Uno spread molto alto, che mostra come le candidature scelte dal centrosinistra bolognese siano - almeno a livello di percezione - candidature d'apparato, in cui l'apporto personale è minimo: chi ha votato Merola ha votato in realtà centrosinistra, laddove per Bernardini si è verificato l'effetto opposto.
Scendendo nel dettaglio dei partiti, la risalita del centrosinistra porta un solo nome: Amelia Frascaroli. Tutte le liste del centrosinistra presenti anche nel 2009 sono risultate in calo, Partito Democratico in primis. La somma di IdV, PD e della lista civica Sinistra per Bologna si sarebbe fermate al 43,43% contro il 46,52% del 2009. È la lista della Frascaroli, forte dei suoi 20.000 voti, a mettere il definitivo segno positivo nel bilancio della coalizione. Il segnale è chiaro: l'egemonia del centrosinistra a Bologna è lungi dall'essere in crisi, ma è invece in crisi l'egemonia del PD, che si difende con onore ma appare in continua erosione rispetto ai risultati degli anni precedenti. Prova ne sia nuova la composizione del Consiglio comunale: con 18 (Merola compreso) seggi su 36, il Partito Democratico da solo non ha il controllo del consiglio.

Confronto del voto nei quartieri di Bologna
Comunali 2009 - Comunali 2011

L'analisi dei quartieri bolognesi evidenzia alcuni highlights molto significativi.

Rispetto al 2009 la coalizione di centrosinistra avanza in tutti i quartieri, mentre Merola è in calo rispetto al suo predecessore a Borgo Panigale, Reno e Savena, alcuni dei quartieri più rossi della città. Il dato è emblematico: il centrosinistra avanza nettamente nei quartieri dove storicamente è stato più debole. E anche questo fenomeno porta il nome di Amelia Frascaroli. Se si confrontano infatti i dati della coalizione e quelli della lista Frascaroli si vede che il centrosinistra va meglio dove la Frascaroli ottiene risultati migliori: addirittura a Saragozza il la coalizione riesce ad incrementare i propri consensi rispetto al 2009 non solo in termini percentuali, ma anche come numero assoluto di preferenze. Non sarebbe del tutto errato dire che Merola ha vinto le elezioni proprio in quel quartiere storicamente ostile.

Il centrosinistra non riesce a fare cappotto nei quartieri. Malgrado nel quartiere più conservatore di Santo Stefano il centrosinistra prevalga sul centrodestra di circa 6 punti percentuale, l'effetto traino di Bernardini è tale che alla fine è proprio il leghista ad imporsi sul rivale di circa un punto, a riprova dello scarso appeal di Merola al di fuori della militanza di partito.

Navile, il popolosissimo quartiere settentrionale vero bacino di voti della coalizione, punisce seccamente il PD, con un -3% netto, e al contrario è il quartiere dove il MoVimento 5 Stelle ottiene le sue prestazioni migliori. In realtà nel quartiere incrementa anche il centrosinistra nel suo complesso, ancora grazie alla lista della Frascaroli. La crescita contemporanea sia del MoVimento che del centrosinistra mostra come vi siano ancora margini di convivenza per le due forze a Bologna, ed evidenzia una volta di più l'importanza di una civica gradita come la Frascaroli nella coalizione. È tuttavia evidente come la partita per il futuro politico della città partirà proprio da questo quartiere, e vedrà - con il centrodestra a quanto pare fuori gioco nella città - proprio centrosinistra e MoVimento come protagonisti.

In ultimo, come segno della ritirata del PD, il dato di Borgo Panigale. I democratici ottengono il 49,71%, scendendo al di sotto della maggioranza assoluta nell'ultimo quartiere dove la conservavano ancora. Oggi il dato può permettersi di passare inosservato, ma se il PD non saprà reagire a questa tendenza incorporando al proprio interno la voglia di novità del panorama politico progressista, queste elezioni 2011 verranno segnate dai politologi del futuro come l'inizio della fine di un modello di centrosinistra egemone per due generazioni.

Le elezioni 2011 sono state in ultima analisi in primo luogo un atto di forza del centrosinistra, uno scatto di orgoglio e di fedeltà da parte della città che consegna a Merola la vittoria al primo turno malgrado le ultime amministrazioni non esattamente brillanti e malgrado il PD lasci comunque qualcosa sul campo.
Ma sono state anche i semi della politica del futuro, un futuro che vede il MoVimento 5 Stelle stabilmente presente nei consigli comunali, un futuro in cui le loro istanze non potranno essere ignorate ed il cui elettorato non potrà essere ricondotto unicamente al voto di protesta. L'affinità programmatica tra il centrosinistra ed il MoVimento lascia presagire uno spostamento piuttosto fluido di voti tra i due schieramenti; la direzione, almeno per quanto riguarda Bologna, spetta all'amministrazione Merola stabilirla, con la qualità del suo governo.

lunedì 16 maggio 2011

Elezioni amministrative 2011, risultati definitivi




Mentre impazzano gli exit poll e si susseguono le proiezioni, sono ormai iniziati gli spogli dei voti.
In questo post verrà aggiornata la tabella reperibile al precedente intervento, via via che arriveranno i risultati definitivi da Comuni e Province.
Inoltre, per ciascun ente, verranno riportati risultati dei principali partiti.

Provincia Abitanti Amm. uscente Europee 2009 Amm. entrante Maggioranza
Treviso 883.840 CDX CDX CDX CDX
Reggio Calabria 566.975 CSX CDX Ballottaggio CDX
Pavia 548.241 CDX CDX Ballottaggio CDX
Mantova 410.231 CSX CDX Ballottaggio CSX
Lucca 393.363 CSX CDX CSX CSX
Ravenna 391.275 CSX CSX CSX CSX
Macerata 324.188 CDX CDX Ballottaggio CSX
Campobasso 237.387 CSX CSX CDX CDX
Trieste 236.650 CSX CDX Ballottaggio CSX
Vercelli 180.163 CDX CDX Ballottaggio CDX
Gorizia 142.441 CSX CSX CSX CSX


Comune Abitanti Amm. uscente Europee 2009 Amm. entrante Maggioranza
Milano 1.321.113 CDX CDX Ballottaggio CSX
Napoli 959.597 CSX CDX Ballottaggio CDX
Torino 907.686 CSX CSX CSX CSX
Bologna 381.860 CSX CSX CSX CSX
Trieste 205.593 CDX CDX Ballottaggio CSX
Reggio Calabria 186.482 CDX CDX CDX CDX
Ravenna 159.345 CSX CSX CSX CSX
Cagliari 156.560 CDX CSX Ballottaggio CSX
Rimini 143.321 CSX CDX Ballottaggio CSX
Salerno 139.074 CSX CDX CSX CSX
Latina 119.667 CDX CDX CDX CDX
Novara 105.024 CDX CDX Ballottaggio CDX
Arezzo 100.140 CSX CDX CSX CSX
Barletta 94.442 CSX CDX CSX CSX
Catanzaro 93.192 CSX CDX CDX CDX
Grosseto 82.284 CSX CSX Ballottaggio CSX
Varese 81.583 CDX CDX Ballottaggio CDX
Caserta 78.782 CSX CDX CDX CDX
Ragusa 73.723 CDX CDX - -
Cosenza 70.171 CSX CDX Ballottaggio CDX
Savona 62.525 CSX CSX CSX CSX
Benevento 62.177 CSX CDX CSX CSX
Crotone 61.781 CSX CDX Ballottaggio CSX
Olbia 56.520 CDX CSX CSX CSX
Siena 54.526 CSX CSX CSX CSX
Rovigo 52.458 CSX CDX Ballottaggio CDX
Pordenone 51.630 CSX CDX Ballottaggio CSX
Fermo 37.876 CDX CDX CSX CSX
Carbonia 29.788 CSX CSX CSX CSX
Iglesias 27.514 CSX CSX Ballottaggio CDX
Villacidro 14.463 CDX CSX CSX CSX

sabato 14 maggio 2011

Amministrative 2011, la griglia di partenza

Elezioni amministrative 2011

Manca veramente poco alle elezioni amministrative 2011, un appuntamento elettorale che si preannuncia quantomai incerto ed affascinante.
Se tuttavia c'è qualcosa di cui si può essere sicuri - a meno di improbabili batoste epocali di un qualche schieramento - è che tutti, non appena resi noti i risultati definitivi, si dichiareranno vincitori.

Il modo forse più corretto per capire chi, alla chiusura delle operazioni di voto, avrà il diritto di fregiarsi del titolo di è il raffronto a livello di abitanti tra i comuni e le province che rinnoveranno le proprie amministrazioni, fotografando la situazione relativa all'amministrazione uscente e quella relativa alle ultime consultazioni elettorali tenutesi a scala nazionale, le Europee 2009 e mettendole a confronto con le elezioni 2011.
La presenza contemporanea di precedenti amministrative ed Europee 2009 non vuole impostare un confronto puntuale tra questi due valori, confronto che non è e non può certamente essere perfetto, in quanto l'appeal suscitato dalle elezioni continentali è sicuramente diverso da quello esercitato dalle amministrative, sono differenti i confini delle coalizioni e vi è un diverso peso dei partiti nazionali rispetto alle liste civiche. Tuttavia i due valori presi singolarmente diventano molto importanti da confrontare con i futuri esiti delle consultazioni attuali. Il raffronto con le Europee è in particolare abbastanza utile al primo turno, quando si potrà definire da subito lo schieramento maggioritario nel Comune o nella Provincia prima dell'avvento delle logiche del secondo turno. Quello con le precedenti amministrative serve invece naturalmente a valutare i cambi di casacca dopo gli eventuali turni di ballottaggio. La scelta di utilizzare un rilevamento elettorale intermedio tra le precedenti amministrative e le attuali è utile anche per fornire - sia pure con le imprecisioni di cui sopra - un'indicazione di massima sullo spostamento degli elettori negli ultimi anni.
Le tabella che seguono presentano quindi per ciascuno dei trentun comuni capoluogo e delle undici province chiamate al voto l'indicazione dello schieramento in carica, di quello che ha prevalso nel 2009 e le indicazioni relative al numero di abitanti.


ProvinciaAbitantiUscenteEuropee 2009
Treviso883.840CentrodestraCentrodestra
Reggio Calabria566.975CentrosinistraCentrodestra
Pavia548.241CentrodestraCentrodestra
Mantova410.231CentrosinistraCentrodestra
Lucca393.363CentrosinistraCentrodestra
Ravenna391.275CentrosinistraCentrosinistra
Macerata324.188CentrodestraCentrodestra
Campobasso237.387CentrosinistraCentrosinistra
Trieste236.650CentrosinistraCentrodestra
Vercelli180.163CentrodestraCentrodestra
Gorizia142.441CentrosinistraCentrosinistra


Per quanto riguarda le province sette su undici risultano in mano al centrosinistra, per un totale di 2.378.322 abitanti, mentre quattro sono governate dal centrodestra, per 1.936.432 abitanti.
Nel 2009, a seguito delle consultazioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, la coalizione di centrodestra risultava maggioritaria in otto province su undici (3.543.651 abitanti) lasciandone solo tre al centrosinistra (771.103 abitanti).


ComuneAbitantiUscenteEuropee 2009
Milano1.321.113CentrodestraCentrodestra
Napoli959.597CentrosinistraCentrodestra
Torino907.686CentrosinistraCentrosinistra
Bologna381.860CentrosinistraCentrosinistra
Trieste205.593CentrodestraCentrodestra
Reggio Calabria186.482CentrodestraCentrodestra
Ravenna159.345CentrosinistraCentrosinistra
Cagliari156.560CentrodestraCentrosinistra
Rimini143.321CentrosinistraCentrodestra
Salerno139.074CentrosinistraCentrodestra
Latina119.667CentrodestraCentrodestra
Novara105.024CentrodestraCentrodestra
Arezzo100.140CentrosinistraCentrodestra
Barletta94.442CentrosinistraCentrodestra
Catanzaro93.192CentrosinistraCentrodestra
Grosseto82.284CentrosinistraCentrosinistra
Varese81.583CentrodestraCentrodestra
Caserta78.782CentrosinistraCentrodestra
Ragusa73.723CentrodestraCentrodestra
Cosenza70.171CentrosinistraCentrodestra
Savona62.525CentrosinistraCentrosinistra
Benevento62.177CentrosinistraCentrodestra
Crotone61.781CentrosinistraCentrodestra
Olbia56.520CentrodestraCentrosinsitra
Siena54.526CentrosinistraCentrosinistra
Rovigo52.458CentrosinistraCentrodestra
Pordenone51.630CentrosinistraCentrodestra
Fermo37.876CentrodestraCentrodestra
Carbonia29.788CentrosinistraCentrosinistra
Iglesias27.514CentrosinistraCentrosinistra
Villacidro14.463CentrodestraCentrosinistra


Dei trentun comuni capoluogo in cui si terranno le consultazioni, venti hanno un'amministrazione uscente di centrosinistra (3.612.293 abitanti), ed undici di centrodestra (2.358.604 abiranti).
Alle elezioni europee si notava tuttavia un violento avanzamento del centrodestra, che diventava maggioranza, ribaltando esattamente le numeriche, in venti comuni (4.037.826 abitanti) lasciandone solo undici al centrosinistra (1.933.071 abitanti).

Non appena disponibili i risultati ufficiali del primo turno le tabelle verranno arricchite con l'informazione della coalizione di maggioranza ed eventualmente del colore dell'amministrazione entrante, in modo da comprendere sia in termini puramente numerici sia in termini di popolazione se il centrodestra sta continuando la sua cavalcata trionfale per il controllo del Paese oppure se il centrosinistra sarà riuscito ad invertire la tendenza, quantificando anche la portata dei trend sulla base dei parametri utilizzati.

venerdì 13 maggio 2011

Milano, candidati a confronto

Palazzo Marino, sede del Comune di Milano

L'insistenza con cui la campagna elettorale meneghina viene portata alla ribalta nazionale - in special modo dal Presidente del Consiglio - rende la sifda per la conquista di Palazzo Marino sicuramente il test più importante della tornata amministrativa del 2011.
Oltre ad essere la seconda città più popolosa d'Italia, nonché la prima tra quelle chiamate al voto, Milano costituisce il cuore del potere berlusconiano, la Milano da bere di concezione craxiana apertamente contrapposta a Roma - e con essa alla Torino della FIAT e degli Agnelli.
Ininterrottamente in mano al centrodestra per tutta la II Repubblica, è indubbio che un suo passaggio a sinistra non potrebbe essere privo di conseguenze, ed avrebbe impatti ben maggiori della conquista della Provincia da parte di Penati nel 2004: il Comune è senza dubbio un'istituzione con visibilità decisamente maggiore rispetto alla Provincia, ed il ruolo del Sidaco di una città così importante lo rende una figura di primo piano sul territorio nazionale.

Saranno nove i candidati alla carica di Sindaco, per un totale di ventinove liste in campo. Rispetto alle precedenti consultazioni, tenutesi nel 2006, entrambi i valori risultano in calo (-1 per i sindaci, -5 per le liste), a dimostrazione di una pur lieve semplificazione generale del quadro politico.

Fabrizio Montuori
(PCL)
Il primo candidato sulla scheda elettorale è Fabrizio Montuori, sostenuto dal Partito Comunista dei Lavoratori. La sua candidatura si può considerare l'erede di quella della Lista Comunista di Pietro Vangeli del 2006, che portò a casa meno di 400 voti. Il programma di Montuori, classe 1977 e fuoriuscito dal PRC nel 2006, è reperibile sul suo blog e si articola sui temi del lavoro, dei servizi sociali, del territorio e dei trasporti; un particolare capitolo è dedicato alla gestione dell'Expo 2015.

Elisabetta Fatuzzo
(PP)
Segue nella scheda l'avvocato vercellese Elisabetta Fatuzzo, del Partito Pensionati, già in Consiglio Regionale nonché figlia del più illustre Carlo Fatuzzo, fondatore del partito. Non esiste un sito o un blog espressamente dedicato alla campagna elettorale della Fatuzzo o al suo programma, la maggiore fonte di informazioni al riguardo risulta essere il sito del partito. La corsa solitaria del Partito Pensionati può essere vista come un indebolimento del centrosinistra rispetto al 2006, quando questa formazione sosteneva il candidato ufficiale dell'Unione Bruno Ferrante.

Letizia Moratti
(PdL)
Ben 12 le liste a sostegno del sindaco uscente, il candidato del centrodestra Letizia Moratti: Popolari di Italia Domani, Lega Nord, La Destra, Progetto Milano, Nuovo PSI, Pensioni & Lavoro, Milano al Centro, Unione Italiana, Giovani per l'Expo, Il Popolo della Libertà, Io Amo Milano, e l'Alleanza di Centro. Letizia Moratti, classe 1949, è chiamata a replicare alla vittoria al primo turno del 2006, quando si impose con il 51,9% dei voti (circa due punti in meno della coalizione che la sosteneva). L'anima della campagna elettorale, per la quale è stata spesa la mastodontica cifra di dodici milioni di euro, è sul web il sito, dove il Sindaco mostra, oltre alle consuete news, la lista delle cose fatte - lasciando quindi al cittadino la possibilità di verificarne la veridicità - nei cinque anni del suo mandato. Il programma si pone in continuità con l'amministrazione che sta per concludersi, ed è articolato su sicurezza, ambiente, servizi sociali, scuola, cultura e mobilità.

Manfredi Palmeri
Il Terzo Polo, con le liste di UDC e la civica Nuovo Polo, sostiene il quarto candidato, Manfredi Palmeri, classe '74. UDC e FLI nel 2006 correvano con il centrodestra, pertanto i voti di Palmeri saranno generalmente voti sottratti a Letizia Moratti. Tecnicamente la maggiore offerta elettorale potrebbe consentire anche spostamenti da sinistra, ma a Milano, molto più che in altre città, avrà buon gioco il tema del voto utile, che tenderà a stritolare le ambizioni del giovane candidato centristra. Il sito costituisce il cuore della campagna elettorale di Palmeri, articolata in un programma di 16 punti che spaziano dalle infrastrutture all'ambiente, dalla sicurezza alla tecnologia, dal federalismo alla competitività economica.

Giuliano Pisapia
Quinto candidato è l'avvocato Giuliano Pisapia, espressione del centrosinistra e legato a SEL in particolare, riuscito ad importi alle elezioni primarie contro l'uomo forte del PD Stefano Boeri. Le liste in sostegno di Pisapia sono otto: Sinistra Ecologia Libertà, Lista Civica Milly Moratti, Partito Democratico, Italia dei Valori, Lista Bonino Pannella, Verdi, Sinistra per Pisapia e Milano Civica. Pisapia è chiamato ad un compito che si preannuncia tanto ambizioso quanto arduo: vincere a Milano, strappare Milano al centrodestra, alla Moratti ed in ultima analisi a Berlusconi. Già il raggiungimento del ballottaggio sarebbe comunque un risultato storico, dopo il buon 47% raggiunto da Ferrante al primo turno cinque anni fa. Come per tutti i candidati maggiori, anche Pisapia ha aperto un sito per sostenere la sua candidatura - alle primarie prima e a Palazzo Marino dopo. Il programma è articolato su scuola, lavoro, ambiente, diritti civili, trasparenza e tecnologia, con una sezione interamente dedicata all'Expo 2015.

Marco Mantovani
(FN)
Marco Mantovani è il candidato numero sei, espressione della destra estrema di Forza Nuova. Mantovani succede alla candidatura di Saibene del 2006, che raccolse poco meno di 700 voti. Non esiste un vero e proprio sito dedicato alla candidatura, che si appoggia invece sul blog della locale sezione di Forza Nuova. Mantovani è recentemente salito agli onori della cronaca per essere stato indagato, assieme ad altri nove esponenti del suo partito per lesioni, violenza privata aggravata, porto di strumenti atti ad offendere e danneggiamento a seguito di episodi di violenza commessi contro esponenti di un altro movimento di estrema destra, Casa Pound.

Giancarlo
Pagliarini
Giancarlo Pagliarini per il Federalismo e Lega Padana: liste dal vago sapore di civetta per Giancarlo Pagliarini, il candidato numero sette sulla scheda elettorale. Ex ministro del Governo Berlusconi I, ex parlamentare, classe 1942, Pagliarini si presenta come indipendente di destra dopo aver lasciato la Lega Nord a seguito del Congresso del partito tenutosi nel 2007. Sul suo sito si trovano le filosofie politiche che animano la candidatura di Pagliarini, mentre è il sito della Lega Padana ad ospitare il programma elettorale, in realtà più indicazioni di metodo che di merito, incentrato su trasparenza politica e partecipazione popolare al governo cittadino. Pagliarini probabilmente occuperà lo spazio che nel 2006 fu di Pagliuzzi - che raccolse poco meno di 1.200 preferenze - con la possibilità, visti i suoi trascorsi di politico a livello nazionale, di limare qualcosa a destra alla Moratti.

Carla De Albertis
Penultimo è la civica Carla De Albertis, sostenuta dalla lista La Tua Milano. Di estrazione ex-AN, la De Albertis affida la sua campagna elettorale ad un sito che contiene, oltre alla sua presentazione personale ed il diario elettorale, i riferimenti al programma, incentrato sulla lotta alle infiltrazioni delle grandi organizzazioni criminali del Sud, ai clandestini, alla preservazione della "milanesità" contro il multiculturalismo, alla trasparenza e alla partecipazione.

Mattia Calise
(M5S)
Chiude la scheda Mattia Calise, giovane candidato del MoVimento 5 Stelle. Giovanissimo, viene accreditato dai principali sondaggi di percentuali ragguardevoli, sia di voti in fuga da altri partiti specialmente di sinistra, sia di astenuti richiamati alle urne dal fascino del MoVimento. Proprio quest'ultimo fattore di allargamento della platea di votanti potrebbe essere determinante nell'abbassare il risultato percentuale della favoritissima Letizia Moratti, costringendola eventualmente al turno di ballottaggio. Facebook e naturalmente il blog di Grillo sono le piattaforme multimediali predilette per la campagna elettorale; proprio nel blog si trova anche il programma elettorale, concentrato sulla lotta alla "Casta", sulla trasparenza, sulla sostenibilità ambientale, sulla mobilità e sulla salute.

Contrariamente a sfide molto più aperte a causa della divisione di uno dei due schieramenti principali - Napoli, Trieste, Latina - o per l'effettiva forza di formazioni alternative - Bologna - è evidente che a Milano lo scontro sarà bipolare, tra centrodestra e centrosinistra, tra Moratti e Pisapia. Questa semplificazione dello scenario è tuttavia solo apparente, perché rende l'esito della consultazione molto sensibile a fenomeni di voto non spontaneo a cui faranno riferimento gli appelli al voto utile o al voto disgiunto.
Quel che è certo è che mai come quest'anno la roccaforte berlusconiana pare in pericolo; l'attenzione quasi ossessiva che il premier sta dedicando alla sfida meneghina e l'inasprimento dei toni della campagna elettorale è la spia evidente del nervosismo che serpeggia negli ambienti del centrodestra. Il ballottaggio, anche se non tutti gli istituti di sondaggi concordano, appare un'eventualità non impossibile, e se veramente si arrivasse al secondo turno diventerebbe veramente difficile prevedere il destino della seconda città d'Italia.

martedì 10 maggio 2011

Scorie radioattive. Che fare? (Parte II)

Un fotogramma della sigla di THE SIMPSONS

Come descritto nella Parte I del dossier legato allo smaltimento dei rifiuti radioattivi, nel mondo attualmente vi sono poco meno di 200.000 tonnellate di scorie nucleari, a cui se ne aggiungono - all'attuale ritmo di produzione, che tende a diminuire per via della maggiore efficienza delle centrali e contemporaneamente a crescere per la costruzione di nuovi impianti - oltre 6.500 ogni anno.

Il problema del trattamento e dello stoccaggio delle scorie nucleari è quindi quantomai attuale, e deve essere affrontato in maniera appropriata per non lasciare una pesante eredità alle generazioni future.

Il problema può essere così sintetizzato: come gestire degli elementi fortemente tossici e radioattivi in modo che non possano cadere nelle mani di organizzazioni terroristiche e non contaminino la biosfera per tempi dell'ordine del milione di anni, per di più in maniera economicamente sostenibile?

Le possibili soluzioni, tentate o anche solo prese in esame, sono sostanzialmente riconducibili a tre filoni principali: immagazzinare il materiale nella biosfera, isolandolo da essa tramite barriere ingegneristiche o naturali; ritrattare il materiale in maniera da diminuirne la pericolosità; allontanare il materiale dalla biosfera.
Ciascuna soluzione ha i suoi pro ed i suoi contro, ma nessuna, al giorno d'oggi, è ancora riuscita a soddisfare tutti i requisiti necessari per essere uniformemente adottata dalla comunità internazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi.

Il primo problema con cui bisogna confrontarsi al momento dello stoccaggio delle scorie radioattive è quello del calore: per i primi sei mesi le scorie radioattive sono talmente calde da necessitare apposite piscine di raffreddamento. Successivamente il materiale può essere maneggiato, ma il calore costituisce una caratteristica rilevante delle scorie per circa un secolo. Ogni modalità di stoccaggio, tecnologica o geologica, deve tenere quindi conto di questo fattore.
Uscite dalla piscina di raffreddamento, le scorie subiscono un processo di vetrificazione - per le scorie di origine militare si iniziano ad utilizzare i primi prototipi di roccia sintetica. La massa così ottenuta viene poi inserita, ancora fusa, dentro cilindri di acciaio inossidabile, a loro volta poi sigillati. In questa forma le scorie radioattive risultano ermeticamente separate dalla biosfera, a meno che forze esterne quali attentati o terremoti distruggano gli involucri, per tempi dell'ordine delle migliaia di anni. Se una tale cifra è sufficiente per uranio e plutonio, risulta invece del tutto inadeguata per gli elementi transuranici. Di fatto nessuna opera ingegneristica umana ha speranze di poter sopravvivere per un milione di anni.
La ricerca di depositi geologici diventa quindi essenziale. Diversi Stati si sono cimentati in una simile impresa: la Finlandia di fatto è l'unico Paese al mondo dove è in corso, sia pure tra mille polemiche, la costruzione di un deposito geologico, presso Olkiluoto. Svezia, Canada e Svizzera sono in fase avanzata di sperimentazione, rispettivamente presso formazioni di granito e di argilla.
Sezione della miniera di Asse
Gli USA, dopo un travagliato percorso ventennale, hanno invece posto la parola fine al progetto di deposito tufaceo di Yucca Mountain, restando di fatto senza progetti sullo smaltimento delle scorie nucleari.
La Germania ha tentato più volte di trovare depositi sicuri, almeno per le scorie meno pericolose, ma senza successo. Particolarmente famoso è il caso della miniera di potassa di Asse, che avrebbe dovuto essere geologicamente isolata per migliaia di anni ed in cui iniziarono a verificarsi le prime infiltrazioni di acqua dopo soli quindici anni dall'utilizzo, con la necessità di una costosa e continua manutenzione e con il recente pericolo aggiunto di crolli della volta della miniera e conseguente dispersione del materiale.
Gli sconvolgimenti della crosta terrestre sono tali da rendere estremamente complessa, da ogni punto di vista, l'individuazione di punti della crosta terrestre che possano essere considerabili come isolati per centinaia di migliaia di anni. Solo pensando al territorio italiano, nell'ultimo milione di anni sono stati vissuti episodi glaciali di notevole intensità, con l'avanzata dei ghiacciai alpini fino alle porte della Pianura Padana ed il sucessivo ritiro; il mare si è abbassato fino a 140 metri rispetto al livello attuale per poi risollevarsi nuovamente; le spinte della placca africana hanno fatto ruotare ampi settori dell'Italia peninsulare fino a 25°; l'attività vulcanica e quella erosivo-sedimentaria hanno apportato anch'esse numerose modificazioni alla struttura stessa della nostra penisola. Quale ambiente può dare garanzie di isolamento per un milione di anni?

Se la pericolosità delle scorie è la radioattività, allora trasformarle in elementi non radioattivi - magari sfruttando l'energia prodotta nel caso di elementi fissili - dovrebbe essere la soluzione ideale per eliminare una volta per tutte il problema.
Il riprocessamento consiste nella separazione, per via chimica, dei materiali che compongono il combustibile esausto, parte del quale risulta essere riutilizzabile per nuove fissioni nucleari. Le tipologie e le quantità di materiali riprocessabili dipendono dalla tecnologia a disposizione nelle nuove centrali.
Il riprocessamento è un procedimento estremamente oneroso dal punto di vista economico, oltre che pericoloso; molti Paesi, tra cui gli USA, hanno deciso di non riprocessare le scorie delle proprie centrali.
Attraverso il riprocessamento è possibile gestire gli isotopi dell'uranio presenti nelle scorie già con le normali centrali nucleari. Tali elementi però sono anche i meno problematici a livello di immagazzinamento, in quanto i loro tempi di decadimento, pur lunghi, sono decisamente irrisori rispetto a quelli degli elementi transuranici.
Questi ultimi hanno inoltre l'ulteriore problema di non essere, in genere, fissili, e quindi di poter essere spaccati in altri elementi - dalla radioattività più bassa e con tempi di dimezzamenti inferiori - solo da particelle ad alta energia, come quelle emesse da un ciclotrone. Tale soluzione diventa però estremamente onerosa sia da punto di vista economico che da quello energetico, diventando di fatto inattuabile.
È attualmente in fase di studio un sistema che accoppia fusione deuterio-trizio e fissione in modo da generare tramite la prima neutroni ad altissima energia in grado di provocare la fissione: in questo caso anche gli elementi transuranici potrebbero essere utilizzati; se tale tecnologia riuscirà a superare gli attuali problemi tecnologici - quanto costa un ciclotrone ad alta intensità? Quanti protoni accelerati colpiscono nuclei pesanti e quanti perdono la loro energia con altri processi? - allora si avrà realmente a disposizione una maniera di trattazione delle scorie nucleari più pericolose. L'altra faccia della medaglia è che un simile impianto, almeno allo stato attuale delle conoscenze, renderà l'energia nucleare una fonte estremamente costosa e sicuramente sconveniente rispetto alle fonti rinnovabili o al gas naturale.

L'allontanamento delle scorie radioattive dalla biosfera può essere fatto in due direzioni: nello spazio, magari direttamente nel Sole, o verso l'interno della Terra.
L'invio di un razzo verso il Sole nasconde tuttavia due gravi problematiche: la prima è naturalmente il costo. Il vettore Ariane 5, dell'ESA, ha un costo per lancio di circa 120 milioni di dollari, circa 100 milioni di euro, e può trasportare un carico netto inferiore alle 10 tonnellate - nella versione più capiente del razzo - in orbita geostazionaria. Non è irragionevole pensare che per arrivare fino al Sole, o ad una posizione nello spazio in cui scaricare le scorie in maniera tale che la forza di gravità le porti al Sole, la quantità di carico debba essere ulteriormente ridotta.
Ipotizzando per semplicità di calcolo 6,5 tonnellate, questo significa 1.000 lanci all'anno (100 miliardi di euro) per smaltire le scorie prodotte nell'anno stesso, e altri 30.000 lanci circa (3.000 miliardi di euro) per azzerare il residuo pregresso.
Ovviamente una soluzione del genere non è praticabile dal punto di vista economico, e vi sono anche ragionevoli dubbi sulla sicurezza. L'Ariane 5, come si legge nelle specifiche tecniche del vettore, ha una percentuale di affidabilità del 98% circa. Questo significa che con mille lanci all'anno ragionevolmente una ventina andranno male, liberando mediamente 130 tonnellate di scorie altamente radioattive nell'atmosfera ogni anno.
Questo equivale alla liberazione di bombe sporche come nessuna organizzazione terroristica potrebbe mai fare, e già dopo il terzo lancio fallito lo stesso patrimonio genetico dell'umanità si potrebbe considerare irrimediabilmente compromesso.
Seppellire le scorie radioattive nelle profondità della Terra porta immediatamente a chiedersi in quale punto. Lo spessore della crosta terrestre spazia dai 5 km della crosta oceanica ai 35 di quella continentale, e la crosta è una barriera che deve essere superata se si vogliono evitare contatti con la biosfera. L'ipotesi di utilizzare i vulcani deve essere naturalmente scartata a priori: in primo luogo il calore non ha impatti sulla radioattività degli elementi, quindi un'eventuale immersione nel magma non risolverebbe il problema; inoltre i vulcani, come è noto, sono condotti verso la superficie della Terra, non verso l'interno. Vulcani ricolmi di scorie - e già pensare di riversare dentro i vulcani del globo oltre 6.500 tonnellate di materiale ogni anno rende facilmente comprensibile la poca praticabilità della soluzione - sarebbero a tutti gli effetti dei mortali cannoni puntati verso la biosfera, pronti ad eruttare materiale radioattivo in aggiunta alle normali deiezioni vulcaniche.
Gli unici, veri, punti di ingresso per le profondità della Terra sono le zone di subduzione, in cui una placca terrestre scivola al di sotto di un'altra fino ad immergersi nel mantello; l'esempio più conosciuto è probabilmente la costa occidentale del Sud America, con lo scontro tra la placca di Nazca e quella continentale sudamericana. Le operazioni da fare sarebbero tecnicamente molto complesse: le scorie sarebbero da sigillare nei pressi della zona di subduzione, ben al di sotto del livello del fondale marino, in contenitori sufficienti a isolarle dalla biosfera fino al raggiungimento del mantello terrestre. Oltre ai limiti tecnologici, vi è anche uno spauracchio naturale verso questa tipologia di soluzione: ai movimenti di subduzione di una placca corrisponde quasi sempre un'intensa attività vulcanica da parte della placca sovrastante, con la possibilità che parte del materiale di subduzione invece che finire nel mantello trovi una strada per la superficie. Il rischio che le scorie possano prendere questa strada è oggettivamente troppo alto per rendere anche questa strada realmente praticabile.

Non esiste, quindi, una soluzione definitiva. Non si riescono ad immagazzinare le scorie in posti sufficientemente sicuri, in termini di qualità e durata dello stoccaggio. Non si possono allontanare dalla biosfera senza correre rischi tremendi. Non si riescono a trasmutare in elementi meno pericolosi in maniera economicamente vantaggiosi.
Resta una possibilità, che non annulla le giacenze del passato ma permetterebbe quantomeno di non aggravare il problema: non produrre scorie. Il che non significa rinunciare del tutto al nucleare. I reattori al torio, se adeguatamente costruiti, sono in grado di evitare la produzione di materiali transuranici, ovvero la frazione più pericolosa delle scorie. La fusione nucleare, fredda o calda che sia, è estranea al problema dei rifiuti radioattivi. Il nucleare può essere veramente la soluzione definitiva ai problemi energetici dell'umanità, ma di certo non il nucleare di oggi, non il nucleare che si vorrebbe riportare in Italia, che al contrario assomiglia sempre di più ad una spada di Damocle sospesa sulle teste dell'intera umanità.
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