domenica 27 febbraio 2011

Dati AGCom gennaio 2011

Logo dell'AGCom

Dopo il boom mediatico berlusconiano di dicembre, che aveva visto il Presidente del Consiglio al primo posto tra tutti i soggetti politici ed istituzionali come presenza nei telegiornali, il mese di gennaio ha costituito una sorta di ritorno a quello che si può definire uno standard ormai consolidato della struttura telegiornalistica al tempo del berlusconismo: la generica sovraesposizione mediatica del Governo a discapito di una maggioranza parlamentare ormai sempre più percepita, anche dai giornalisti, come il braccio armato del Governo in Parlamento.


Dati AGcom gennaio 2011

Ai dati AGCom relativi al mese di gennaio 2011 sono state applicate delle categorizzazioni per eseguire sia un'analisi mirata alla distribuzione dei tempi tra maggioranza, opposizione ed istituzioni, sia a quella per macroarea politica.

Dati AGCom gennaio 2011 aggregati per
Istituzioni - Maggioranza - Opposizione

Nel mese di gennaio il tempo di spettanza istituzionale, rispettando un trend ormai consolidato, è stato ovunque superiore al 33% previsto dalla par condicio assestandosi ovunque oltre il 45% e spesso - tutti i telegiornali tranne TG2, TG3, TGLa7 e Rainews - oltre il 50%. È altresì da rilevare come il 77% circa del tempo istituzionale sia stato occupato dal Presidente del Consiglio (38% del tempo istituzionale, 19% del tempo complessivo) e Governo (39% del tempo istituzionale, 19% del tempo complessivo), a rimarcare come sia in realtà il potere esecutivo il vero protagonista della scena mediatica italiana.

A risentire maggiormente dello straripare del Governo è naturalmente la maggioranza parlamentare, ridotta a gennaio ad un risultato inferiore al 21%. È naturalmente il PdL a dominare lo spazio mediatico della maggioranza, mentre alla Lega ed ai partiti minori non restano che le briciole.

Anche l'opposizione risulta penalizzata in termini di presenza televisiva, anche se, con un valore di poco inferiore al 29%, il divario con quanto previsto dalla par condicio si riduce a circa quattro punti percentuale, ovvero circa 13 ore spalmate nello spazio del mese e tra tutti i telegiornali campionati dall'AGCom.

All'interno dell'opposizione lo spazio maggiore è dedicato al PD, che raggiunge una quota assoluta di pochissimo inferiore al PdL. Avendo tuttavia a disposizione l'opposizione uno spazio più ampio di quello destinato alla maggioranza, il PD pesa nell'opposizione molto meno di quanto il PdL faccia nella maggioranza (51,55% contro il 73,23% del PdL). Pur avendo a disposizione uno spazio maggiore, quindi la frammentazione di voci con cui parla l'opposizione contribuisce a renderne meno efficace il messaggio, confermando ancora una volta la superiorità berlusconiana nell'utilizzo dei mass media a scopo politico.
È inoltre da rilevare come lo spazio complessivo destinato all'opposizione sia in realtà mal distribuito nei telegiornali: solo sul TG3 e su Rainews infatti l'opposizione supera il 30%, e solo su queste due emittenti l'opposizione risulta essere sopra la media. Il dato conferma un'altra importante peculiarità della comunicazione televisiva italiana, ovvero l'esistenza di emittenti pesantemente polarizzate: tuttavia, mentre nelle emittenti schierate a favore del governo le percentuali raggiunte dall'esecutivo toccano livelli imbarazzanti (oltre il 60-70%), in quelle generalmente considerate ostili alla compagine berlusconiana le percentuali risultano essere molto più equilibrate.


Dati AGCom gennaio 2011 aggregati per
area politico-culturale


La prevalenza delle forze di opposizione su quelle di maggioranza a livello di spazio mediatico potrebbe far pensare ad una netta preponderanza del centrosinistra sul centrodestra. In realtà, come si evince dal grafico, questa situazione non è rispettata, ed il centrosinistra risulta essere lo spazio politico prevalente soltanto per alcuni decimali, e solo perché nell'analisi effettuata la Lega Nord viene conteggiata come partito di destra e non di centrodestra. Se si eseguisse un confronto sommando destra e centrodestra da un lato e sinistra e centrosinistra dall'altro, le formazioni conservatrici risulterebbero predominanti in Italia di una decina di punti percentuali.
In realtà in Italia non è più possibile parlare di logica bipolare: la scissione tra la sinitra cosiddetta radicale e quella cosiddetta riformista; la separazione, più valoriale che politica, tra destra e centrodestra; l'esistenza di un centro cattolico e soprattutto l'esistenza di un'opposizione interna allo stesso centrodestra obbligano a condurre analisi più elaborate.

Tra i telegiornali più significativi, con un totale di informazione mensile superiore alle due ore, quello che dà maggiore spazio al centrodestra nel suo complesso risulta essere il TGLa7 di Mentana, con oltre il 55% dello spazio totale. Se è vero che questa testata è anche quella che offre lo spazio maggiore alla formazione finiana (oltre il 5%), il 17% offerto dal PdL è tra i valori più alti di tutto il panorama telegiornalistico italiano del mese di gennaio.
Al contrario è l'emittente all-news della RAI, Rainews, ad offire il maggior spazio al centrosinistra, con il 45% del totale, ed è il Partito Democratico ad essere la formazione privilegiata da tale emittente, scalzando quindi il TG3, dove pure il centrosinistra raggiunge il 40%, come roccaforte mediatica delle forze progressiste.

A livello di aderenza dei TG alle norme della par condicio i migliori risultati sono stati raggiunti nel mese da TG3, TGLa7 e TG2: in tutte e tre queste testate lo spazio istituzionale è stato racchiuso tra il 45% ed il 48% del totale, la maggioranza tra il 23% ed il 26% e l'opposizione tra il 27% ed il 31%. I valori sono ben lontani dalle prescrizioni della legge, ma sono quanto di meglio l'informazione italiana sia riuscita a fare in tale senso nel mese di gennaio 2011.
Il fatto che nella mentalità comune due di queste testate siano considerate antiberlusconiane e antigovernative è purtroppo una prova di come decenni di uso sconsiderato del mezzo televisivo abbiano portato a percepire come parziali e schierati i telegiornali, almeno quantitativamente, più vicini all'equità che il nostro sistema di informazione riesce a sfornare.

giovedì 24 febbraio 2011

Il Giurì blocca lo spot del Forum Nucleare

Enrico Testa, presidente del Forum Nucleare Italiano

Alla fine, lo decreta anche l'autorità competente.
Da mesi il mondo di internet si era scagliato contro lo spot promosso dal Forum Nucleare Italiano, con analisi dettagliate sulla forma ed il contenuto dello spot - anche su questo blog - e parodie più o meno azzeccate di stampo espressamente antinuclearista, accusato di condurre una vera e propria campagna a favore dell'energia nucleare e della costruzione di centrali atomiche sul suolo italiano.

È stato lo stesso IAP, Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria, a sollevare la questione attraverso il proprio Comitato di Controllo, ed in data 18 febbraio 2011 il Giurì ha decretato l'irregolarità dello spot. In particolare la sentenza afferma:

Il Giurì, esaminati gli atti e sentite le parti, dichiara che la pubblicità contestata non è conforme all'art. 2 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, letto ed applicato alla luce delle "Norme preliminari e generali" e integrato dal disposto dell'art. 46, e ne ordina la cessazione nei sensi di cui in motivazione.

Sebbene le motivazioni specifiche della sentenza debbano ancora essere depositate, dall'analisi degli articoli chiamati in causa è possibile avanzare ipotesi fondate sulle cause che hanno condotto lo IAP a censurare lo spot.
L'articolo 2 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale afferma:

Art. 2 – Comunicazione commerciale ingannevole
La comunicazione commerciale deve evitare ogni dichiarazione o rappresentazione che sia tale da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto, il prezzo, la gratuità, le condizioni di vendita, la diffusione, l'identità delle persone rappresentate, i premi o riconoscimenti.
Nel valutare l'ingannevolezza della comunicazione commerciale si assume come parametro il consumatore medio del gruppo di riferimento.

L'articolo 46 recita invece:

Art. 46 – Appelli al pubblico
È soggetto alle norme del presente Codice qualunque messaggio volto a sensibilizzare il pubblico su temi di interesse sociale, anche specifici, o che sollecita, direttamente o indirettamente, il volontario apporto di contribuzioni di qualsiasi natura, finalizzate al raggiungimento di obiettivi di carattere sociale.
Tali messaggi devono riportare l'identità dell'autore e del beneficiario della richiesta, nonché l'obiettivo sociale che si intende raggiungere.
I promotori di detti messaggi possono esprimere liberamente le proprie opinioni sul tema trattato, ma deve risultare chiaramente che trattasi di opinioni dei medesimi promotori e non di fatti accertati.
Per contro i messaggi non devono:
1. sfruttare indebitamente la miseria umana nuocendo alla dignità della persona, né ricorrere a richiami scioccanti tali da ingenerare ingiustificatamente allarmismi, sentimenti di paura o di grave turbamento;
2. colpevolizzare o addossare responsabilità a coloro che non intendano aderire all'appello;
3. presentare in modo esagerato il grado o la natura del problema sociale per il quale l'appello viene rivolto;
4. sovrastimare lo specifico o potenziale valore del contributo all'iniziativa;
5. sollecitare i minori ad offerte di denaro.
Le presenti disposizioni si applicano anche alla comunicazione commerciale che contenga riferimenti a cause sociali.

Lo spot, questo è il messaggio che passa dalla valutazione del Giurì, è ingannevole.
Ed è ingannevole, visti gli articoli citati, perché induce in errore l'ascoltatore, possiamo presumere omissioni, ambiguità ed esagerazioni nella presentazione delle posizioni in campo. In particolare, dalle analisi del messaggio pubblicitario presenti in rete, i punti incriminati paiono essere:
  • Tali messaggi devono riportare l'identità dell'autore e del beneficiario della richiesta, nonché l'obiettivo sociale che si intende raggiungere.
  • I promotori di detti messaggi possono esprimere liberamente le proprie opinioni sul tema trattato, ma deve risultare chiaramente che trattasi di opinioni dei medesimi promotori e non di fatti accertati.

Se dallo spot emerge ad esempio il Forum Nucleare Italiano come autore e destinatario del messaggio, la conoscenza degli sponsor del forum stesso ne cambia in maniera radicale la percezione. Inoltre molte delle frasi che accompagnano le mosse, e che rappresentano le posizioni dei contendenti, vengono proposte in modo da apparire come domande e risposte di un dialogo invece che semplici opinioni a confronto, suscitando l'impressione fasulla che il nuclearista risponda ai dubbi dello scettico. Il Forum Nucleare Italiano ha così commentato la notizia:

Il Forum Nucleare Italiano, riservandosi ogni più approfondita valutazione, informa che il suo spot televisivo è stato giudicato dal Giurì dell'Autodisciplina Pubblicitaria corretto ma non conforme all'art. 2 nella parte in cui il messaggio "non comunica al telespettatore gli obiettivi sociali che l'associazione inserzionista intende raggiungere". Il Forum ribadisce che l'obiettivo della campagna di comunicazione, di cui lo spot fa parte, è quello di contribuire alla ripresa del dibattito sul nucleare in Italia dopo decenni di silenzio e fornire argomentazioni che possono aiutare tutti ad acquisire una posizione più consapevole, sia essa "pro" o "contro", su questo importante tema. Per questo è stata utilizzata come idea base una partita a scacchi: una modalità semplice e comprensibile da tutti per rappresentare due diverse visioni che si affrontano, una favorevole al nucleare e l'altra contraria. Ogni pedina mossa sullo scacchiere corrisponde a un pensiero sul nucleare. Bianchi e neri, favorevoli e contrari si affrontano con legittimi interrogativi. Alla fine si scopre che il giocatore sta giocando una partita contro se stesso e i propri dubbi. Il concetto portante era quindi richiamare l'attenzione sul fatto che l'unico modo per dissipare i dubbi è quello di farsi un'opinione fondata su basi solide e informate. Il Forum rileva che, nel rispetto dell'autonomia decisionale del Giurì, il Jury d'Ethique Publicitaire di Bruxelles aveva invece giudicato corretto lo spot diffuso dal Forum nucleare belga, che è esattamente analogo a quello trasmesso in Italia, con la stessa struttura anche se attraverso un'idea creativa diversa. Anche lo spot belga si articolava con l'esposizione dubitativa delle ragioni pro e contro l'energia nucleare e rinviava al suo sito Internet nella schermata finale.

Il Forum Nucleare Italiano, in realtà, elude la questione: non è l'idea della partita a scacchi, o il mesaggio descritto a parole, ad essere parziale.
Sono le modalità con cui tale messaggio è presentato a suscitare nel telespettatore l'idea che il nucleare sia una soluzione positiva in uno spot dichiaramente prefissato a suscitare un dibattito sull'energia atomica senza tentare di propagandare per una delle parti in causa.
La descrizione dello spot presente nel comunicato del Forum non è aderebte all'effetto finale del messaggio pubblicitario: come la rete aveva già sviscerato, e come il Giurì ha stabilito, la sequenza delle scene, la grafica ed i testi dello spot trasmettono al telespettatore un messaggio differente da quello che il Forum ha ribadito nel suo medesimo comunicato.

E infatti il Forum Nucleare getta veramente la maschera in un secondo comunicato:

Una nuova versione dello spot del Forum Nucleare che tiene conto dei rilievi mossi dal Comitato dell'Autodisciplina Pubblicitaria sarà inserita domani sul sito internet www.forumnucleare.it. A seguito della pronuncia dell'Istituto, il Forum ha infatti deciso di modificare il filmato inserendo un chiaro riferimento alla propria posizione pro-nucleare chiedendo contestualmente un parere preventivo all’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria.
Poiché il Giurì non ha contestato i contenuti e la sostanza della nostra comunicazione - come invece i nostri detrattori hanno strumentalmente cercato di far credere - lo spot è rimasto identico a quello trasmesso ma contiene in questa versione l’affermazione "Noi siamo favorevoli," a cui si aggiunge una domanda rivolta allo spettatore: "E tu?". Sottolineiamo che il mancato riferimento alla posizione pro nucleare del Forum non era stata inserita nella precedente versione perché era nostra intenzione essere equilibrati, dando pari dignità alle due posizioni: favorevoli e contrarie.
L'idea di modificare lo spot per cercare di rispondere a quanto sollevato dal Giurì rientra nell’ottica di trasparenza e chiarezza che contraddistinguono il modo di operare del Forum e all’obiettivo di far riprendere dibattito sul nucleare in Italia dopo decenni di silenzio e fornire argomentazioni che possono aiutare tutti ad acquisire una posizione più consapevole, sia essa 'pro' o 'contro', su questo tema.

Con le sue stesse parole, il Forum Nucleare Italiano si dichiara filonucleare, ed ammette che lo spot rispecchiava la reale posizione del forum, dando verità alle voci che vedevano nel messaggio pubblicitario un inganno verso i telespettatori, a cui la posizione nuclearista veniva mostrata istintivamente come positiva e ragionevole in un contesto solo apparentemente neutrale e super partes.
Giustizia è stata fatta.

lunedì 21 febbraio 2011

Da Amburgo un segnale alla Merkel

Olaf Scholz (SPD), nuovo sindaco di Amburgo

Dalla sera del 20 febbraio 2011 Amburgo è tornata in mano alla sinistra dopo dieci anni di governo di centrodestra.
Se l'esito di queste elezioni era in fondo scontato, previsto da tutti i sondaggi dopo il crollo della coalizione nero-verde che reggeva la città, le proporzioni della vittoria della SPD e della contestuale sconfitta della CDU sono tali da non potersi non propagare come uno tsunami per tutto il lungo anno elettorale tedesco che vedrà altri sei lander impegnati nel rinnovo della loro amministrazione.

Esiti delle elezioni amministrative 2011 nel land di Amburgo

Distribuzione dei voti alle elezioni amministrative 2011
nel land di Amburgo

Come mostrano la tabella riepilogativa ed il relativo grafico, comprensiva di prime e seconde preferenze, la CDU crolla di oltre venti punti percentuale, attestandosi poco al di sotto del 22%, il peggior risultato dal dopoguerra.
Sicuramente buona parte della debàcle elettorale del partito di Angela Merkel deriva da fattori locali: la CDU aveva saputo trovare le chiavi del cuore degli amburghesi candidando Ole von Beust, gay dichiarato, appartenente all'ala riformista del partito e per questo dotato di un profilo progressista in grado di attrarre parte dell'elettorato di una SPD in forte crisi di identità dopo l'era Schröder, vista dal popolo di sinistra come troppo ondivaga e conservatrice. Il risultato contraddittorio della consultazione del 2008, l'abbandono della coalizione da parte dei Grünen e soprattutto la sostituzione di von Beust con il conservatore di ferro Ahlhaus sono state le concause che hanno portato al crollo del partito a queste elezioni amministrative.
Se tuttavia i fattori locali possono aver accentuato le dimensioni della sconfitta, la CDU paga pegno anche per cause di livello nazionale, legate sia al partito sia al governo federale.
Il forte periodo di espansione della CDU degli ultimi anni si è tramutato, in qualche modo, in un logoramento della sua identità. Nel tentativo di conquistare consenso e conseguire maggiori vittorie elettorali, il partito ha via via diversificato la propria offerta. La CDU di Amburgo, come causa e conseguenza delle sue vittorie, è diventata qualcosa di molto diverso dalla CDU del Baden-Württemberg, ad esempio. Proprio questo eccessivo adattamento all'umore dell'elettorato locale, in uno Stato federale ma fortemente identitario come la Germania, ha messo in risalto le contraddizioni interne al partito, causando un'inevitabile e fisiologica perdita di fiducia da parte dell'elettorato meno fidelizzato.
Il voto è ovviamente anche un avvertimento alla Merkel, e indirettamente all'intera Unione Europea: sebbene la locomotiva tedesca abbia ricominciato a macinare incrementi del PIL a livelli impensabili per le altre economie europee, con inflazione e disoccupazione sotto controllo, la popolazione tedesca ha mal sopportato la politica estera del governo federale in campo europeo, giudicando negativo l'approccio della Merkel alla crisi greca, crisi in cui la Germania si è assunta i maggiori oneri finanziari senza però essere stata in grado di imporre agli altri stati della UE i controlli e le sanzioni necessari per evitare il ripetersi indiscriminato di simili situazioni.
Sicuramente il governo non potrà ignorare questo importante segnale, e se il voto di Amburgo venisse confermato, in esito e proporzioni, dalle consultazioni successive, la politica tedesca per la gestione della crisi irlandese e portoghese potrebbe avere brusche sterzate, con ripercussioni su tutti i Paesi dell'Unione.

Se il partito della Merkel piange, sicuramente il suo alleato, la FDP, può permettersi quantomeno di sorridere. Dopo una lunga assenza dal Parlamento regionale, infatti, la FDP supera la soglia del 5%, sorpassa la Linke e racimola ben nove seggi. Il fatto che parte dei voti in fuga dalla CDU abbiano trovato casa nella FDP rappresenta bene il fallimento della locale politica di alleanze nero-verdi, la voglia di cristallizzare nella loro forma "naturale" le coalizioni di governo e in generale un desiderio di rinnovamento contro una CDU che non ha saputo fare altro che riproporre un sindaco che da principio si sapeva essere sgradito.

Proprio i verdi, i Grünen, si possono considerare gli altri sconfitti della tornata elettorale. Sebbene in grado di ottenere un buon 11%, in incremento di quasi due punti rispetto al 2008, il risultato è tutto sommato modesto rispetto al 15% di cui erano accreditati negli ultimi sondaggi: come nel caso della CDU, anche l'elettorato verde ha mal sopportato la scelta del partito di allearsi con un rivale storico a livello nazionale. A complicare le cose si aggiunge per il partito ecologica la grande vittoria della SPD, in grado di sfiorare la maggioranza assoluta dei consensi e di conseguire la maggioranza assoluta dei seggi: anche se con ogni probabilità il governo del land sarà una coalizione rosso-verde, è evidente che il potere di contrattazione dei Grünen è fortemente ridotto rispetto alla precedente composizione del Parlamento regionale.

Il trionfo della SPD è senza dubbio l'altro grande tema chiave delle elezioni del 20 febbraio. Un successo, il maggiore come portata dal 1982, non spiegabile semplicemente nei termini di una disaffezione alla CDU: la quantità di voti ottenuta dalla SPD, unita alla scelta di un candidato, Olaf Scholz, politicamente figlio di Schröder, sono la prova che gli elettori di Amburgo hanno realmente voltato pagina, riabilitando la sinistra riformista e la sua politica dopo averle condannate un decennio fa. La conquista della maggioranza assoluta dei seggi ridisegna anche il rapporto dentro al centrosinistra tedesco, al cui interno la leadership pareva essere sempre più in bilico, con i Grünen che si facevano pericolosamente vicini agli alleati storici.

Il successo della SPD risalta ancora di più se si tiene conto che la Linke, il partito di estrema sinistra alla sua seconda presenza alle elezioni amburghesi, è stata in grado di conquistare la medesima percentuale di voti delle precedenti consultazioni. Se per la Linke questo risultato può essere considerato oggettivamente soddisfacente, spicca come lo straripamento della SPD non sia stato in grado di scalfire questo zoccolo duro di elettori, il che fa lievitare lo schieramento progressista, preso nel suo complesso, oltre il 65%.

Una menzione particolare, infine, per il giovane partito Piraten, in grado di passare dallo 0,2% del 2008 al 2,1% del 2011, risultando il primo partito tra gli esclusi dal Parlamento regionale ed una forza che difficilmente in futuro i partiti maggiori potranno ignorare.

L'affluenza, infine, ha fatto registrare un calo tutto sommato moderato rispetto al 2008, passando dal 63% al 57%. Proprio questo dato può essere considerato il più allarmante per la coalizione della Merkel: la sconfitta amburghese non può essere giustificata solo in termini di rifugio nell'astensionismo. Un crollo di 20 punti percentuale implica necessariamente una fuga verso altri partiti, complicando in maniera molto seria le necessarie operazioni di recupero che la CDU dovrà mettere in atto per presentarsi ai prossimi appuntamenti elettorali senza subire altre sconfitte di analoghe proporzioni.

Composizione del Parlamento regionale di Amburgo
dopo le elezioni amministrative 2011

Come si vede dall'immagine, il Parlamento regionale è in mano alla SPD, che ha conquistato 62 seggi. La maggioranza assoluta raggiunta dalla formazione di centrosinistra, tuttavia, è risicata (appena un seggio), quindi in realtà la soluzione più probabile è comunque una coalizione rosso-verde.
In realtà, dietro questa scelta, vi sarebbero anche calcoli politico-elettorali importanti: seppupre in questa tornata elettorale siano apparsi in affanno, i Grünen restano un partito chiave in molti lander quali Bremen o il Baden-Württemberg, e incrinare i rapporti tra le due forze di centrosinistra, per di più in presenza di programmi elettorali abbastanza compatibili, in nome di un'autosufficienza neppure così solida, sarebbe un puro suicidio politico.

Trend elettorale in Sachsen-Ahnalt (dati Infratest Dimap)

Da non sottovalutare, infine, gli effetti sul Bundesrat: come conseguenza di queste elezioni tre elementi, di colpo, passano dalla maggioranza all'opposizione, riducendo la maggioranza pro-governo federale da 34 elementi a 31, in virtù di una maggioranza assoluta di 35. Al contrario gli elementi contrari al governo salgono a 24, mentre i neutrali restano 17. Il prossimo appuntamento è il 20 marzo, con le elezioni in Sachsen-Anhalt, un land da quattro parlamentari nel Bundesrat. Qui governa una coalizione CDU/SPD, cosa che posizione il land tra i neutrali.
Gli ultimi sondaggi della Infratest Dimap, risalenti a gennaio 2011, mostrano la CDU come primo partito tallonata dalla Linke; a distanza la SPD, mentre Grünen e FDP lottano per superare la soglia di sbarramento. La conventio ad excludendum nei confronti della Linke, unita al fatto che, essendo la sinistra estrema al di sopra della SPD come preferenze, avrebbe il diritto ad esprimere il governatore in un'eventuale coalizione rossa, rendono quasi certa la riedizione dell'alleanza CDU/SPD.
Alla SPD spetterà il difficile compito di capire se per i Tedeschi la Linke è ormai sdoganata ed è considerabile alla stregua di tutti gli altri partiti, oppure se il suo abbraccio in Sassonia rischia di strangolare le ambizioni del partito di Gabriel.

sabato 19 febbraio 2011

C'è immunità e immunità

Prima pagina de L'Indipendente del 30 aprile 1993

Nel corso del Consiglio dei Ministri n° 127 del 28 febbraio 2011 il Governo ha approvato all'unanimità la relazione del Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, sulla riforma costituzionale della giustizia, da definirsi in un CdM straordinario successivo ma presentata nelle linee guida generali.

Tra le proposte al vaglio dell'Esecutivo è prepotentemente tornato in voga, sospinto dalle recenti vicende di cronaca giudiziaria che hanno coinvolto il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il tema dell'immunità parlamentare, ed in particolare il ritorno dell'immunità parlamentare alla forma prevista nella Costituzione prima del 1993.

L'articolo 68 della Carta, infatti, è stato riformato dalla Legge Costituzionale 3 del 29 ottobre 1993, a seguito delle vere e proprie sollevazioni popolari avutesi nella prima parte di quell'anno dopo che il Parlamento aveva tentato di bloccare le indagini su Bettino Craxi da parte della magistratura.
In un gioco di corsi e ricorsi storici, molti dei protagonisti della politica contemporanea erano lì, in quei mesi, ad approvare a furor di popolo una riforma costituzionale in tempi record. C'era Giorgio Napolitano, Presidente della Camera, a scandire i lavori; c'era Pierferdinando Casini come relatore della riforma; c'erano D'Alema, Fini, Veltroni; e c'erano anche membri dell'attuale maggioranza di governo come Maroni, Bossi, La Russa, Gasparri.
Con maggioranze bulgare alla Camera e al Senato la legge passò spedita al vaglio della doppia lettura, l'articolo 68 della Costituzione cambiò e l'immunità parlamentare non fu più la stessa.

Il concetto di immunità parlamentare è presente nell'ordinamento giuridico di pressoché tutte le moderne democrazie, e tenta di conciliare l'obbligatorietà dell'azione penale, pilastro fondante del principio fondamentale dell'eguaglianza dinanzi alla legge, con l'indipendenza del potere politico da quello giudiziario e la tutela della libertà di espressione dei rappresentanti del popolo.
Tra le varie tipologie di immunità, quella parlamentare si contraddistingueva per essere assoluta, ovvero indipendente dal reato commesso; extrafunzionale, riguardando solo la durata della carica; e processuale, in quanto non si nega lo stato di reato dell'eventuale crimine commesso dal parlamentare, ma solo la possibilità da parte dello Stato di esercitare il proprio diritto di coercizione.

L'articolo 68 della Costituzione, così come concepito dai padri costituenti, recitava infatti:

I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a procedimento penale; né può essere arrestato, o altrimenti privato della libertà personale, o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l'ordine di cattura.
Eguale autorizzazione è richiesta per trarre in arresto o mantenere in detenzione un membro del Parlamento in esecuzione di una sentenza anche irrevocabile.

Il primo comma, che di per sé pare già costituire una forma totale di immunità, pur limitata all'azione parlamentare, avrebbe in realtà una funzione importantissima di tutela dell'eletto: un parlamentare non può subire gli effetti penali di una sua decisione in Aula. Quale parlamentare voterebbe, ad esempio, una missione internazionale nelle aree di guerra del mondo se sapesse di poter essere accusato per omicidio dai parenti delle eventuali vittime? Questa forma di immunità, anche se ovviamente passibile di degenerazioni (se alzare i limiti di legge di sostanze tossiche incrementa l'insorgenza di tumori, il parlamentare non è perseguibile per la sua decisione), è quindi necessaria per far sì che i rappresentanti dello Stato possano prendere le migliori decisioni senza preoccuparsi degli effetti sul piano personale. Questo aspetto dell'immunità viene chiamato "insindacabilità", e ricopre l'intera attività parlamentare anche dopo la cessazione dalla carica.

Il secondo ed il terzo comma si occupano invece dell'immunità parlamentare vera e propria, quella processuale. Salvo il caso della flagranza di reato, un parlamentare non poteva essere imputato, perquisito o arrestato a meno di un'autorizzazione votata dalla Camera di appartenenza.
L'autorizzazione a procedere di fatto però consentiva un'estensione arbitraria del diritto all'insindacabilità, dal momento che il Parlamento negli anni arrivò ad abusare di questa opportunità, rifiutando sistematicamente le autorizzazioni a procedere tacciandole come interferenze del potere giudiziario in quello legislativo.

Questo fino alla rivolta popolare seguita allo scoppio di Mani Pulite e all'enormità del rifiuto opposto dalla Camera alle istanze della magistratura nel caso di Bettino Craxi.

La versione attuale dell'articolo 68 della Costituzione, valida dal 1993, afferma invece:

I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.
Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazione, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.

Come si evince dal primo comma, il diritto all'insindacabilità è stato addirittura rafforzato dalla modifica: il passaggio da "non possono essere perseguiti" a "non possono essere chiamati a rispondere" di fatto generalizza ed estende la guarentigia di cui godono i parlamentari, laddove la prima formulazione poteva essere interpretata come una restrizione all'area prettamente penalistica.

Le vere modifiche all'articolo si trovano però al secondo ed al terzo comma. L'immunità processuale, come si può vedere, non è stata soppressa, ma edulcorata. Scompare la formula "nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a procedimento penale", quindi attualmente i parlamentari possono essere sottoposti a processo anche senza autorizzazione della Camera di appartenenza, ma tali autorizzazioni permangono per molte attività accessorie vitali in fase di raccolta prove come perquisizioni o intercettazioni.

In realtà, è importante osservare come tramite legge ordinaria alcune parti dell'immunità parlamentare siano state via via ricostituite nel tempo: l'esempio forse più significativo è il Decreto Legge 535 dell'8 settembre 1994 - poi decaduto - toglieva al giudice, per metterlo nelle mani delle Camere, il potere di stabilire quali fatti ricadessero o meno sotto l'ombrello dell'insindacabilità, lasciando al potere giudiziario solo la possibilità di sollevare un conflitto di attribuzioni alla Consulta.
Altrettanto importante, nel febbraio 1996, fu l'estensione della necessità dell'autorizzazione a procedere anche per l'utilizzo in sede processuale delle intercettazioni indirette, ovvero delle parole dei parlamentari emerse casualmente durante le inercettazioni di altre utenze.

Malgrado questo, la modifica principale all'articolo 68 della Costituzione regge: un parlamentare è oggi processabile in maniera analoga a quella di un qualsiasi altro cittadino.
Ed è proprio questo punto che il Governo vuole cambiare, per tornare al passato. Per impedire che un parlamentare, purché coperto da una solida maggioranza in Aula, possa essere processato per tutta la durata della sua vita politica.

Un ritorno al passato incomprensibile sotto il profilo della necessità giuridica, una riforma inutile in un Paese dove le priorità, restando in tema di giustizia, dovrebbero essere invece la durata dei processi unita alla certezza della sentenza e dell'applicazione della pena.
Ma sempre più le necessità e le priorità dell'Italia sono diventate coincidenti con quelle del cittadino Silvio Berlusconi, e le scadenze che attendono il premier nel 2011 (processi Mills, Mediatrade e Rubygate) lasciano pochi dubbi su quale possa essere il reale fuoco che anima la furia riformatrice del Governo.

mercoledì 16 febbraio 2011

Parlamento bloccato

Palazzo Montecitorio, sede della Camera dei Deputati

La recente separazione tra Fini e Berlusconi, unita alla progressiva riduzione del divario tra maggioranza ed opposizione alla Camera dei Deputati fino ad arrivare al sostanziale pareggio attuale, è alla base di meccanismi che esulano dalla semplice sopravvivenza del Governo e anzi impattano sulla vita quotidiana dell'Italia e degli Italiani.

Grazie ai dati reperibili su Normattiva è stato possibile individuare tutti gli atti legislativi promulgati nel corso della XVI legislatura, comprendendo con essi:
  • Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri
  • Decreti del Presidente della Repubblica
  • Decreti Legge
  • Decreti Legislativi
  • Leggi
Da questa analisi restano fuori quindi soltanto i decreti ministeriali.

Promulgazione degli atti legislativi,
con dettaglio delle leggi, nella XVI Legislatura

Come si vede dall'andamento della serie "Atti Legislativi", il mese di gennaio 2011, con i suoi tre provvedimenti approvati e con il pesantissimo calo rispetto ai mesi precedenti, consente una nuova preoccupante lettura degli eventi politici successivi alla votazione di fiducia del 14 dicembre.
Esaurita l'ordalia dei decreti di fine anno, infatti, il Parlamento si è trovato di fatto paralizzato, incapace di legiferare e di portare a conclusione gli iter legislativi necessari per l'approvazione degli atti. Se poi, invece degli atti legislativi nel complesso, si esaminano le leggi, ovvero lo strumento parlamentare per eccellenza, si vede come la crisi della capacità produttiva delle Aule sia iniziata in realtà molto prima, visto che è da dicembre 2009 che non si raggiunge quota dieci e che comunque il divario tra le leggi e gli atti totali è andato progressivamente incrementandosi nel corso della legislatura.
Questi dati consentono di stigmatizzare con chiarezza l'attività parlamentare: un mero supporto alle decisioni governative fino a che esisteva una maggioranza solida, ed ora l'impasse più totale.

Composizione dell'attività legislativa (2008)

Composizione dell'attività legislativa (2009)

Composizione dell'attività legislativa (2010)

Dall'esame dei grafici che mostrano l'evoluzione temporale dei lavori del Parlamento, si vede infatti come nel 2010 i decreti legislativi abbiano scalzato le leggi come tipologia di documento approvato.
L'iter di un decreto legislativo è però molto diverso da quello di una legge: il Parlamento, infatti, si limita a verificare in Commissione l'aderenza del testo del decreto a quanto previsto dalla legge delega "contenitore", delegando di fatto l'attività legislativa al Governo.
Il prepotente incremento dell'uso dei decreti legislativi è la maggiore espressione del rapporto di subordinazione instauratosi tra Parlamento e Governo nel corso della XVI Legislatura.

Confronto mensile sull'approvazione delle leggi
nella XVI legislatura

Se, come visto, il numero totale di testi approvati dal Parlamento è sceso negli ultimi mesi, e se la percentuale delle leggi è a sua volta calata rispetto al totale, se può solo dedurre che le leggi siano fortemente diminuite nel 2010 rispetto agli anni precedenti.
Il fenomeno può in effetti essere percepito comparando l'approvazione delle leggi su base mensile.
Come mostra il grafico, a partire da luglio 2010, ovvero dai primi screzi tra Berlusconi e Fini, l'attività legislativa del Parlamento ha iniziato progressivamente a scendere sotto i livelli degli anni precedenti, a riprova della sopraggiunta incapacità del potere legislativo di legiferare in maniera autonoma dalle proposte derivanti dal Governo.

L'attività parlamentare si è dunque ridotta alla mera certificazione dell'esistenza di una maggioranza in grado di sostenere il Governo, ma dai dati emerge innegabilmente l'inesistenza di una maggioranza in grado di lavorare per il Paese. La paralisi che dalla seconda metà del 2010 ha iniziato a colpire il Parlamento, culminata nell'inattività pressoché totale di gennaio 2011 (e in quella veramente totale di questa prima metà di febbraio) è il sintomo della malattia istituzionale che divora il Paese, del tifo da stadio a cui preme sapere solo se Berlusconi ha i numeri o meno per restare in sella senza interrogarsi sulla reale capacità di riformare l'Italia che il Parlamento potrebbe esprimere e non sta esprimendo.

domenica 13 febbraio 2011

Professionisti della politica (Parte I)

Beppe Pisanu (PdL)

Uno dei refrain più comuni della proposta politica berlusconiana è la contrapposizione tra "vecchio" e "nuovo", il vecchio dei politici di professione e dei loro giochi di palazzo ed il nuovo costituito dalla figura dell'imprenditore prestato alla politica, e come tale interessato solo al bene del Paese e all'interesse comune.

Se il confronto può andare bene nell'ottica, tanto cara a Berlusconi, della personalizzazione dello scontro politico, la sua applicazione in un'analisi comparata tra centrosinistra e centrodestra, o meglio ancora tra maggioranza ed opposizione, mostra invece risultati molto diversi.
Se si osserva infatti la composizione delle Camere, è possibie stabilire con estrema precisione l'anzianità politica dei parlamentari che le compongono, e stimare con efficacia la portata del rinnovamento della classe dirigente apportata da ciascuno schieramento nel corso degli anni. In questo primo articolo verrà preso in considerazione il Senato della Repubblica, con composizione e dati aggiornati al 11/02/2011.

Grazie ai dati reperibili su Open Parlamento è stato possibile individuare, per ciascun senatore, il numero di giorni in cui ha servito come parlamentare in una delle due Camere e la data di primo ingresso. I due valori non sono necessariamente correlati in quanto per molti senatori sono stati riscontrati dei buchi, in corrispondenza di tornate elettorali in cui non sono stati eletti o in cui non si sono presentati.

I dieci senatori con il maggior numero di giorni
in veste di parlamentare (dati al 11/02/2011)

Esaminando la prima tabella, in cui sono riportati i dieci senatori con il maggior numero di giorni passati da parlamentare, si nota già da subito una netta prevalenza di membri del PdL: ben sette senatori sui dieci con più esperienza parlamentare appartengono infatti a questo schieramento, lasciando un elemento ciascuno a PD, FLI - un parlamentare comunque eletto nel 2008 nelle liste del PdL - e UDC-SVP. Il PdL è inoltre il solo partito a presentare senatori che hanno superato la soglia ideologica dei 10.000 giorni di permanenza in Parlamento, e lo fa con ben quattro elementi.

I dieci senatori con la minore data di
primo ingresso in Parlamento (dati al 11/02/2011)

La situazione muta, anche se non in maniera radicale, se invece del numero di giorni di carica parlamentare si osserva la data di primo ingresso: in questo caso la presenza del PdL cala a cinque elementi, il PD sale a tre, mentre restano ad uno UDC-SVP e Misto - un parlamentare però eletto nel 2008 nelle fila del PD. Sono ben sei, equamentre distribuiti tra PD e PdL, i senatori entrati per la prima volta in Parlamento prima del 1980.

Analisi dei giorni di presenza in Parlamento (dato al 11/02/2011)
Aggregato per gruppo parlamentare

Entrando nel dettaglio dei gruppi parlamentari, la presenza media dei tempi di permanenza conferma pienamente come sia il PdL la formazione con il valore più alto, oltre i 3.500 giorni. Seguono UDC-SVP, FLI, Misto, PD, Lega e IDV.

Analisi del gruppo parlamentare PdL (dati al 11/02/2011)

Malgrado il PdL, grazie alla schiacciante vittoria elettorale del 2008, abbia potuto condurre in Parlamento un maggior numero di rappresentanti rispetto alla XV Legislatura, questo non si è tradotto in un vero ringiovanimento della sua classe politica: solo 39 senatori su un gruppo parlamentare di 134 elementi sono infatti entrati per la prima volta in parlamento nel 2008.

Analisi del gruppo parlamentare FLI (dati al 11/02/2011)

Il fatto che FLI abbia valori medi e massimi inferiori a quelli del PdL è un ulteriore indice della difficoltà di rinnovamento che incontra il partito berlusconiano: ribaltando il refrain dei professionisti della politica, FLI è la dimostrazione dell'irrequietezza che scuote, nel centrodestra, proprio quelle persone con esperienza parlamentare minore.

Analisi del gruppo parlamentare PD (dati al 11/02/2011)

Malgrado la sconfitta elettorale del centrosinistra nel 2008, la semplificazione del panorama politico si è tradotta per il PD in un incremento di seggi. Rispetto al PdL questo si è però tradotto in un vero innesto di nuove leve: ben 34 senatori su 110 sono stati eletti per la prima volta nel 2008, un numero non spiegabile con il solo incremento del numero di seggi, limitato alla decina.

Analisi del gruppo parlamentare IdV (dati al 11/02/2011)

Analisi del gruppo parlamentare Lega (dati al 11/02/2011)

L'Italia dei Valori e la Lega Nord hanno vissuto tra il 2006 ed il 2008 una fase di forte espansione. Dai grafici traspare per entrambi i partiti una classe dirigente mediamente molto giovane, ma, contrariamente al PD, non ha in questo caso senso parlare di rinnovamento. Se si osserva nel dettaglio la composizione dei gruppi parlamentari si vede come la forte prevalenza di senatori al primo mandato sia in realtà dovuta all'incremento di seggi a disposizione di queste formazioni: i vecchi non se ne sono andati, non hanno lasciato spazio; semplicemente le elevate percentuali ottenute dai due partiti hanno permesso che essi venissero affiancati da folte schiere di nuovi eletti.

Analisi del gruppo parlamentare UDC-SVP (dati al 11/02/2011)

Il gruppo UDC-SVP si presenta forse come il più anomalo: se per gli altri si vede infatti una struttura piramidale più o meno marcata, con un base ampia di senatori alla prima elezione e un assottigliarsi dei valori via via che si passa a parlamentari in carica da più tempo, in questo caso, complici le scarse dimensioni del gruppo, questo andamento a scalare non appare in maniera evidente, e la media dei tempi di permanenza in Parlamento viene di conseguenza sbalzata verso l'alto.

Analisi del gruppo parlamentare Misto (dati al 11/02/2011)

Il gruppo misto, naturalmente, non corrisponde ad un vero e proprio partito, ma consente di tracciare l'identikit di coloro che, successivamente alle elezioni politiche del 2008, si sono rivelati insoddisfatti di tutte le formazioni partitiche. La composizione di questo gruppo non vede in realtà una prevalenza di senatori alla prima elezione, lasciando trasparire l'impressione che l'uscita dalle rispettive formazioni di partenza fosse dettata più da calcolo politico che da motivazioni ideologiche.

Analisi dei giorni di presenza in Parlamento (dato al 11/02/2011)
Aggregato per regione

Esaminando lo spaccato per regioni, si notano alcuni casi particolari, in cui il tempo medio di permanenza in Parlamento supera i 3.000 giorni: Calabria, Emilia Romagna, Puglia, Sardegna (dove addirittura si superano i 4.000), Sicilia, Umbria e Veneto. In realtà solo in Calabria, dove la deviazione standard non raggiunge i 2.000 giorni, si può parlare di una classe dirigente veramente vecchia. Negli altri casi emerge invece una situazione diversa, in cui ad uno o più parlamentari storici si affiancano germogli di rinnovamento.

Analisi dei giorni di presenza in Parlamento (dato al 11/02/2011)
Aggregato per regione / gruppo parlamentare

Particolarmente significativa a questo proposito è la tabella che per ciascuna regione ripropone lo spaccato dei gruppi parlamentari, ed è opportuno esaminare nel dettaglio in questo senso alcune delle regioni evidenziate poco sopra.
In Emilia Romagna spiccano i valori di Lega e IdV, che confermano la situazione di falso rinnovamento - in realtà espansione politica - vissuta da queste due formazioni. Colpisce poi il fatto che sia il PdL e non il PD ad avere il valore medio, minimo e massimo più alto: il PdL non ha portato in questa regione nessun nuovo eletto, e anzi continua ad affidarsi ad un sistema di potere di minoranza ormai senescente. Questo fattore è indice dell'incapacità della formazione berlusconiana di costruire una vera alternativa al centrosinistra in questa regione storicamente rossa. Dal canto suo il PD, con tempo medio che è circa la metà di quello del PdL, riesce a sfruttare in maniera accettabile la fidelizzazione dell'elettorato emiliano affiancando a figure storiche come Anna Finocchiaro una serie di new entry.
La differenza di comportamento tra PD e PdL emerge in maniera ancora più violenta se si esamina una regione tradizionalmente di destra come la Sicilia. Anche se qui è il PD a non essere riuscito a condurre in Senato alcun nuovo parlamentare, si vede come l'anzianità di servizio media dei senatori di questa formazione sia nettamente più bassa di quella che si legge alla riga del PdL, che pure può contare in questa regione su un numero quasi doppio di eletti. Anche dove domina dal punto di vista elettorale, quindi, il PdL non sembra in grado di fornire un adeguato rinnovamento della propria classe dirigente.
Esaminando invece la regione a maggiore trazione leghista, il Veneto, si vede in maniera eloquente l'efficienza del Carroccio. PD, PdL e Lega hanno potuto contare tutti su sette senatori eletti, ma tl'anzianità media di servizio passa dai 2.312,29 giorni della Lega ai 3.406,00 del PD ai 3.670,00 del PdL. Se per la Lega il basso valore può essere spiegato con la forte espansione elettorale (da tre a sette eletti), è evidente come sia il PD sia il PdL siano in forte difficoltà in questa regione, proponendo una classe dirigente con un'anzianità di servizio prossima (PD) o addirittura superiore (PdL) ai dieci anni.

Analisi dei giorni di presenza in Parlamento (dato al 11/02/2011)
Aggregato per sesso

Un'ultima tipologia di analisi riguarda infine il sesso. Se desta preoccupazione il fatto che le donne siano solo 58 su 315 - circa il 18,5% - ancora più preoocupazione deve destare il fatto che l'anzianità media di servizio delle senatrici sia solo cinquecento giorni più bassa di quella dei colleghi di sesso maschile.
Il dato che emerge è infatti che le ultime due tornate elettorali, 2006 e 2008, non siano state in grado di fornire un adeguato rinnovamento alla composizione femminile del Senato, che trova in figure ormai storiche come la Finocchiaro, la Bonino o la Poli Bortone ancora i suoi punti di riferimento.

Analisi dei giorni di presenza in Parlamento (dato al 11/02/2011)
Aggregato per gruppo parlamentare / sesso

Osservando lo spaccato per sesso legato ai singoli gruppi si vede come la questione delle quote rosa sia l'unica dove il PdL riesce, sia pure in modo forse controverso, a sopravanzare il PD: se è vero che il gruppo femminile del PdL è composto da soli 11 elementi su 134, a fronte dei 33 su 110 della compagine di Bersani, è anche vero che l'anzianità di servizio media per le senatrici berlusconiane sia di meno di 2.000 giorni, a fronte degli oltre 2.500 di quelle del PD. L'impressione che se ne ricava è che il PdL abbia fatto i conti molto più tardi con la questione femminile ma che, correndo ai ripari, abbia superato invece un Partito Democratico troppo adagiato sugli allori, che ha in qualche modo interrotto il trend positivo degli anni precedenti.

Nell'attesa di eseguire la medesima analisi per la Camera dei Deputati, i risultati offerti dal Senato smentiscono quindi seccamente la costruzione - ormai si può dire solo propagandistica - berlusconiana sullo scontro tra "vecchio" e "nuovo": il PdL è il partito che colleziona i senatori da più tempo presenti in Parlamento, che ha il tempo medio di anzianità parlamentare più alto e che a livello regionale sembra meno di tutti capace di introdurre un rinnovamento; inoltre i dissidenti finiani paiono appartenere mediamente alla fascia più "giovane" degli eletti PdL, introducendo un nuovo ostacolo al futuro del partito berlusconiano, che solo a livello di presenza femminile in aula pare fornire risultati incoraggianti.

mercoledì 9 febbraio 2011

Amburgo si prepara al voto

Christoph Ahlhaus (CDU), primo cittadino di Amburgo

Il 20 febbraio 2011 in Germania si aprirà ufficialmente la lunga tornata elettorale del 2011. Sono ben sette le regioni, o per meglio dire i lander, che saranno coinvolti nelle operazioni di voto:
  • Città Stato di Amburgo (20 febbraio 2011) - Presidente uscente Christoph Ahlhaus (CDU) - governo monocolore CDU dopo l'uscita dei Grünen dalla coalizione
  • Sassonia-Anhalt (20 marzo 2011) - Presidente uscente Wolfgang Böhmer (CDU) - governo di coalizione CDU/SPD
  • Baden-Wüttemberg (27 marzo 2011) - Presidente uscente Stefan Mappus (CDU) - governo monocolore CDU
  • Renania-Palatinato (27 marzo 2011) - Presidente uscente Kurt Beck (SPD) - governo monocolore SPD
  • Città Stato di Brema (22 maggio 2011) - Presidente uscente Jens Böhrnsen (SPD) - Governo di coalizione SPD/Grünen
  • Mecleburgo-Pomerania Anteriore (4 settembre 2011) - Presidente uscene Erwing Sellering (SPD) - governo di coalizione SPD/CDU
  • Città Stato di Berlino (18 settembre 2011) - Presidente uscente Klaus Wowereit (SPD) - governo di coalizione SPD/Linke

Nel dettaglio, tre cariche sono appannaggio della CDU e quatro della SPD, ed osservando le composizioni delle coalizioni di governo si vede come la CDU sia presente solo quattro volte, contro le cinque della SPD e l'unica dei Grünen e della Linke.
Le elezioni paiono quindi mettere maggiormente in pericolo le poltrone appannaggio del centrosinistra (SPD, Grünen, Linke) che quelle del centrodestra (CDU), che si troverebbe quindi a giocare all'attacco; in realtà i sondaggi più recenti vedono ovunque la coalizione di Angela Merkel in ritirata rispetto ai risultati conseguiti alle precedenti consultazioni elettorali: dopo aver perso la maggioranza del Bundesrat dopo la tornata elettorale del 2010 in Nord Reno-Westfalia, ora rischia di veder appesantito il proprio passivo e soprattutto di subire una storica disfatta della roccaforte conservatrice del Baden-Wüttemberg, un'ipotesi che metterebbe a dura prova la stessa sopravvivenza del governo federale.

Il primo appuntamento elettorale, tuttavia, è Amburgo.
Città tradizionalmente di sinistra, governata dalla SPD ininterrottamente dal 1957 al 2001, proprio in quella tornata elettorale ha visto l'elezione dell'esponente CDU Ole von Beust, a capo di una coalizione che vedeva, oltre alla CDU, anche FDP e la lista locale Offensive. Al successivo appuntamento la CDU, con un balzo in avanti di 21 punti percentuali, completava uno storico sorpasso sulla SPD consentendo a von Beust la formazione di un governo monocolore, mentre le controverse elezioni 2008 hanno visto, caso unico in tutta la Germania, la formazione di una coalizione CDU/Grünen. Proprio la rottura tra questi due partiti, con le conseguenti dimissioni di von Beust e la formazione di un governo di minoranza capitanato da Ahlhaus, hanno portato alla crisi sfociata nelle elezioni anticipate previste questo 20 febbraio.

Con quasi 1,8 milioni di abitanti (più del 2% dell'intera popolazio tedesca), Amburgo è la seconda città della Germania per dimensioni dopo Berlino.
All'interno dei confini municipali si produce circa il 3% del PIL dello Stato. Soprattutto, con i suoi tre delegati, ha un peso che vale circa il 4% del Bundesrat, il Senato Federale tedesco.
Queste elezioni possono essere considerate, facendo ovviamente le debite proporzioni e ricordando la doppia valenza di Amburgo di città e land, come un misto tra le elezioni comunali di Milano e quelle di una regione delle dimensioni della Liguria o della Calabria.

Trend elettorale nel land di Amburgo a febbraio 2011
(Infratest Dimap)

Il trend di febbraio individuato dalla Infratest Dimap vede la SPD attestarsi ad un altissimo 46%, mentre la CDU crollerebbe addirittura al 25% e la FDP rischierebbe addirittura di non eleggere rappresentanti al Consiglio Regionale.

Coalizioni di governo preferite dagli elettori
di Amburgo a febbraio 2011 (Infratest Dimap)

Malgrado simili percentuali possano consentire la costruzione di un monocolore SPD, la popolazione amburghese, come mostrano i rilevamenti, si vede più favorevole ad un governo SPD/Grünen, a riprova del crescente favore che il partito più ecologista dello scacchiere tedesco incontra nell'elettorato progressista.

Composizione del Bundesrat a febbraio 2011

Da non sottovalutare infine gli effetti a livello nazionale sul Bundesrat: attualmente, infatti, vi sono sette lander, per un totale di 34 consiglieri, schierati con il governo, cinque espressamente di opposizione (21 consiglieri) e quattro considerati neutrali (14 consiglieri), ovvero espressione di lander governati da partiti che appaiono sia alla maggioranza sia all'opposizione del governo nazionale. I consiglieri di quest'ultima tipologia di lander generalmente si astengono alle votazioni; questo fa sì che i voti favorevoli al governo di Angela Merkel siano al momento uno in meno della maggioranza assoluta.
Amburgo al momento è un land conteggiato nelle file della maggioranza, con tre consiglieri tutti appartenenti alla CDU. Il ribaltamento di fronte portato da una vittoria SPD o SPD/Grünen farebbe scendere a 31 i consiglieri in quota Merkel e salire a 24 quelli apertamente opposti, rendendo la vita ancora più difficile per un governo federale più che mai in crisi di popolarità.

domenica 6 febbraio 2011

Dicembre 2010: dominio mediatico berlusconiano

Bianca Berlinguer, direttore del TG3

Dicembre 2010 è stato il mese della tentata spallata al Governo Berlusconi IV, spallata respinta con la votazione di fiducia del giorno 14 che ha visto prevalere la maggioranza di centrodestra per 314 a 311 contro le opposizioni unite di destra e di sinistra.
Questo evento, unito alla battaglia mediatica precedente e alle considerazioni successive al voto, ha pesantamente condizionato i telegiornali del mese, che, come mostrano i dati AGCom, hanno dato spazio ad un solo protagonista: il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. A questo link sono raccolti i dati in formato .xls.

Dati AGCom dicembre 2010 aggregati per
Istituzioni - Maggioranza - Opposizione

Già dal primo grafico, che mette a confronto il tempo dedicato a maggioranza, opposizione ed istituzioni, si nota una netta preponderanza di queste ultime rispetto a quanto previsto dalle regole della par condicio, che vorrebbero il tempo politico dei telegiornali ripartito equamente tra le macrocategorie. In particolare, la media di tempo dedicata alle istituzioni è stata intorno al 50%, compresa tra il 40% di MTV ed il 78% del TGCom.
Non è tuttavia l'opposizione a fare le spese dell'eccessivo tempo dedicato alle istituzioni: i partiti che si oppongono al governo ottengono infatti il 34% circa del tempo televisivo (spaziando dal 16% del TGCom al 41% del TG3).
Si tratta invece della maggioranza parlamentare ad essere sacrificata ad un misero 15% medio, disegnando perfettamente la situazione politica del mese di dicembre ed in generale uno spaccato abbastanza adeguato alla II Repubblica: la compagine parlamentare di centrodestra, quando è maggioranza, smette di essere organo legislativo, per ridursi a mero esecutore della volontà del Governo, disegnando quindi una contrapposizione non già tra compagini parlamentari, quanto piuttosto tra il potere esecutivo e l'opposizione alle Camere.

Gli eventi politici succedutisi nel mese di dicembre hanno visto quindi il predominio mediatico costante degli enti istituzionali, e tra questi è stato il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ad avere il ruolo più rilevante. Tra tutti i TG presi in esame Berlusconi ha avuto a disposizione oltre 36 ore tra tempo di parola e tempo di notizia, a fronte delle 22 appannaggio del resto dell'esecutivo, delle 20 del Partito Democratico e delle quasi 17 del Popolo della Libertà.

Dati AGCom dicembre 2010 confronto
Presidente del Consiglio, Governo, principali partiti

Il Presidente del Consiglio il maggiore spazio mediatico di tutto il mondo politico, uno spazio più che doppio rispetto a quello del partito nel quale milita e ben maggiore dell'intera maggioranza che lo sostiene. Uno spazio di nove punti percentuali superiore rispetto alla somma di tutti gli altri Ministri del Governo, di dieci punti percentuali superiore al maggiore partito di opposizione, di cinque punti percentuali superiore all'intero centrosinistra.

Proprio in questi numeri risiede infatti la strategia politica del Cavaliere, la personalizzazione della politica che ha visto nel voto di fiducia del 14 dicembre un referendum su di lui e non sul governo in generale, da combattere di persona e, dopo la vittoria, da celebrare altrettanto di persona. La risalita nei sondaggi avuta dal PdL dopo il 14 dicembre è sostanzialmente, quindi, una risalita avuta dalla figura di Berlusconi.

Dati AGCom dicembre 2010 aggregati per
area socio-culturale

Osservando infine il grafico per suddivisione in macroaree politiche, si può vedere ancora una volta l'impatto dello spostamento dell'asse mediatico dal conflitto centrodestra-centrosinistra a quello Berlusconi-centrosinistra.
Il centrodestra scende ai valori più bassi da giugno 2010, mentre il centrosinistra si trova posizionato a quelli più alti da agosto 2010. È tuttavia da rilevare che, proprio per l'interscambiabilità tra il centrodestra e Berlusconi, la deviazione standard legata al centrodestra è nettamente più alta di quella riferita alla controparte.
Contrariamente a quanto si sarebbe quindi potuto pensare, il fenomeno FLI non è ancora stato pienamente assorbito dalle televisioni, e ricondotto all'alveo del centrodestra, di governo o di opposizione: il calo a livello di coalizione ha impattato infatti solo il PdL, lasciando invece la formazione di Fini su valori sì bassi, ma in ogni caso all'interno della forchetta di rappresentanza mediatica dei mesi scorsi.

Valutando infine la qualità dei telegiornali, emerge in realtà come la riduzione dello spazio dedicato al centrodestra abbia equilibrato la suddivisione dell'informazione rispetto alle macroaree politiche (deviazione standard inferiore al punto percentuale), mentre la preponderanza televisiva di Berlusconi abbia invece pesantemente degradato la valutazione nella classificazione tra istituzioni, maggioranza e opposizioni. Il telegiornale che meglio di tutti ha saputo equilibrare l'informazione nel mese di dicembre si è rivelato il TG3 di Bianca Berlinguer, seguito da MTVFlash e dal TG2. Le peggiori prestazioni, come di consueto, sono invece appannaggio del TGCom, di Studio Aperto e del TG4. Spicca infine il pessimo risultato ottenuto dal TG1 di Minzolini, ormai da troppi mesi la più sbilanciata delle testate RAI.

giovedì 3 febbraio 2011

Il nuovo volto di Berlusconi

Logo dei Promotori della Libertà

In data 28 gennaio 2011 Berlusconi ha inviato un videomessaggio ai Promotori della Libertà, il terzo in circa due settimane.
Quest'ultimo comunicato si pone ad un livello tuttavia ben differente rispetto ai precedenti. Mentre infatti in passato l'oggetto dei comunicati del Presidente del Consiglio erano principalmente i magistrati di Milano, per vie delle inchieste che lo vedono coinvolto, in quest'ultima uscita la discussione appare maggiormente orientata all'aspetto politico, avallando le ipotesi che vedono Berlusconi all'alba di una nuova, forse definitiva, campagna elettorale.

La scelta del mezzo è chiara: il videomessaggio non si presta alle domande, non offre contradditorio, e al tempo stesso consente di creare uno scenario artificioso mirato, in cui ogni elemento del contesto diventa parte del messaggio. Lo strumento consente di esaltare il carisma dell'oratore più che la sua capacità dialettica, e in questo costituisce il mezzo ideale di comunicazione per Berlusconi.

Nel caso specifico, sono immediate le analogie sceniche con il messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica, ancora fresco nella memoria di molti Italiani. La scrivania, la bandiera, la postura, e non ultimo il poco tempo passato dal comunicato di Napolitano contribuiscono a generare un senso di affinità tra i due personaggi. Naturalmente non si tratta di un caso, ma di uno studio ben preciso volto a costruire l'ennesima identità del personaggio Berlusconi, quella dello statista che rivendica i suoi successi politici. Già dall'immagine è possibile tentare di capire in che modo il Cavaliere potrebbe tentare di condurre le sue future battaglie elettorali: impossibilitato a presentarsi come "il nuovo" nell'agone politico, tenterà invece di apparire come "l'usato garantito", come un navigato servitore dello Stato i cui successi passati diventano la chiave per domandare ancora una volta la fiducia dei cittadini.
Al tempo stesso è bene ricordare che i recenti scandali legati al cosiddetto "Ruby-gate" hanno profondamente scosso l'immagine del Cavaliere, soprattutto presso l'elettorato cattolico; anche da questo punto di vista un ambiente asettico preparato ad arte, un discorso proclamato in un ambiente chiuso, non soggetto alle interruzioni ed alle intemperanze del pubblico, e soprattutto un mezzo di comunicazione che consente infinite ripetizioni fino al confezionamento di un prodotto finito, scevro da quelle gaffe che spesso caratterizzano le apparizioni in pubblico del Presidente del Consiglio e che in altre occasioni avrebbero potuto suscitare simpatia, sono tutti fattori che giocano a favore del rinnovamento e della contemporanea restaurazione - cambiare tutto per non cambiare nulla - dell'immagine e della figura del Berlusconi uomo come del Berlusconi politico.

Tag cloud del videomessaggio di Silvio Berlusconi

La strutturazione del tag cloud ricavato da file rielaborato del testo del discorso conferma e enfatizza quanto la presentazione formale del video lasciava intuire: si tratta di un messaggio eminentemente politico. Le parole predominanti sono "politica" e "riforme", uniti a quel verbo "fare" che costituisce la base di uno dei principali leit-motiv della propaganda berlusconiana: il "governo del fare". Se (fare) politica e (fare) riforme costituiscono il messaggio, nel discorso di Berlusconi sono altrettanto evidenti il mittente ed il destinatario: le parole "stato", "italiani" e "paese", che compaiono a più riprese in tutto l'intervento, costituiscono l'inequivocabile ricevente della politica e delle riforme, mentre "governo" e "ministri" ne sono i fautori.
Le parole del Cavaliere, anche avulse dalle frasi a cui fanno riferimento, martellano quindi incessantemente l'ascoltatore con un semplice ed efficace concetto: "noi abbiamo fatto e facciamo le riforme per voi."
Il nuovo pudore berlusconiano, il senso istituzionale che il Presidente del Consiglio intende trasmettere come contrappunto all'idea che trapela di lui dalle intercettazioni telefoniche del "Ruby-gate", si mostra anche nella scelta di far predominare il "noi" sull'"io". Berlusconi decide di usare ma non di abusare della propria figura personale, consapevole del fatto che proprio tale figura non è in questo momento spendibile sul mercato elettorale ed è anzi oggetto di restyling.

Il flusso del discorso è in realtà relativamente semplice: una prima fase in cui si rimarca il diritto a governare del centrodestra e le vittorie parlamentari che hanno riaffermato tale diritto, seguita da una panoramica delle principali azioni svolte dal governo e da una chiusa dominata dagli attacchi ai magistrati e dalla promessa di una riforma della giustizia. L'impatto emotivo è palese.
Citare la vittoria elettorale, la coerenza con il mandato ricevuto dagli elettori e al tempo stesso tacciare coloro che hanno lasciato la maggioranza - i finiani - come traditori serve non tanto a legittimare la posizione di Berlusconi, ma a definire chi sono i "buoni" e chi i "cattivi". Berlusconi è legittimato a governare, Fini ha tradito il mandato degli elettori, l'opposizione tenta di rovesciare con l'aiuto della magistratura politicizzata il governo eletto dal popolo: questa serie di concetti, semplici nell'espressione e proprio per questo semplici da fissare nella mente di un pubblico già comunque amico, suscitano nell'ascoltatore la percezione di trovarsi nella squadra giusta, la squadra che ha ragione.
Il termine squadra, che evoca la trasformazione della battaglia politica in tifo e che nelle prime battute del videomessaggio è solo un prodotto dell'intuito, appare in maniera molto più esplicita nella rievocazione delle ultime votazione parlamentari vinte dalla maggioranza. Berlusconi parla di un sette a zero, un punteggio calcisticamente - e pensare al calcio viene spontaneo, vista la popolarità di questo sport in Italia e visto che l'oratore è presidente della squadra attualmmente in cima al campionato - pesantissimo; la squadra dei buoni è anche la squadra vincente. Quale appeal migliore? Quale modo migliore di presentarsi? Il refrain dell'amore che vince sempre sull'odio trova qui piena e completa applicazione.

Un altro refrain, la politica del fare contrapposta ai giochi di palazzo, è l'introduzione della seconda parte del discorso, in cui Berlusconi rivendica i successi dell'esecutivo: riforma dell'università, Banca del Sud, sostegno alle piccole e medie imprese, allineamento dell'età pensionabile tra uomini e donne, detassazione degli straordinari e stabilità finanziaria sono i punti che il premier rivendica come successi del governo, assieme naturalmente al progetto - in corso - del federalismo. E proprio questi successi servono, nell'economia del discorso, a introdurre l'attacco finale alla magistratura e alle cause che lo vedono coinvolto. Berlusconi si scaglia contro le intromissioni nella sua vita privata e le intercettazioni, e rivendica il diritto ad esser giudicato dinanzi al Tribunale dei Ministri e a riformare la giustizia.
L'impatto emotivo, nuovamente, è assicurato: dinanzi alla lista delle opere del governo non è difficile immaginare i magistrati come degli ostacoli alla realizzazione dell'opera riformatrice portata avanti dal centrodestra. E al tempo stesso è evidente l'immagine di un Berlusconi interamente rinnovato, non più la novità sulla scena politica ma un governante che elenca i suoi successi per chiedere ancora una volta la fiducia del popolo.

L'immagine costruita dal Cavaliere è emotivamente molto efficace perché sicuramente è facile percepirla come vera: i punti elencati dal premier come successi dell'esecutivo sono verificabili; il diritto al governo conferito dal popolo alla coalizione di centrodestra è indiscutibile, così come è innegabile che Berluscconi non abbia avuto condanne a suo carico e che la sua maggioranza sia stata in grado di reggere ogni tentativo di spallata fino a qui messo in atto.
Solo indagando con una certa profondità si riescono a vedere le crepe nella costruzione berlusconiana.

Le vittorie ottenute dal centrodestra in Parlamento nel corso delle ultime votazioni chiave, a ben riflettere, si possono interpretare in maniera ben differente dalla visione trionfalistica proposta da Berlusconi. All'insediamento della Camera dei Deputati, dopo le elezioni politiche del 2008, la coalizione di centrodestra a sostegno del governo contava su 335 elementi tra PdL e Lega - oltre ad alcuni elementi del Gruppo Misto - su una maggioranza assoluta di 316. La votazione di fiducia del 14 dicembre 2010 si è conclusa con un risicato 314 a 311, una vittoria per soli tre voti e senza maggioranza assoluta. Se non mente Berlusconi a dire di aver incassato solo vittorie nei voti chiave per la sopravvivenza dell'esecutivo, i numeri hanno però confermato una progressiva erosione della maggioranza che ormai si trova costretta a giocare quasi alla pari con l'opposizione in ogni votazione. Ciò rende mediaticamente ogni votazione più interessante ed offre quindi maggior risalto alle vittorie parlamentari del centrodestra, ma si tratta davvero della celebrazione di esiti che, con i numeri di inizio legislatura, avrebbero dovuto essere più che scontati. Berlusconi esalta vittorie risicate quando le vittorie schiaccianti avrebbero dovuto essere l'ordinaria amministrazione.

Colpiscono in seconda battuta le frasi di Berlusconi

Sia chiaro che io non ho alcun timore di farmi giudicare.

Davanti ai magistrati non sono mai fuggito, e la montagna di fango delle accuse più grottesche e inverosimili in 17 anni di persecuzione giudiziaria non ha partorito nemmeno un topolino: i mille magistrati che si sono occupati ossessivamente di me e della mia vita non hanno trovato uno straccio di prova che abbia retto all'esame dei tribunali.

Se si esamina la storia giudiziaria di Berlusconi, tuttavia, si vede come degli oltre venti procedimenti che lo hanno visto o che lo vedono implicato non per tutti vi sia stata un'assoluzione nel merito.
In particolare il processo sul Lodo Mondadori, il processo All Iberian 1 ed il processo Lentini sono terminati in prescrizione, mentre il processo per falsa testimonianza sulla P2 ha risentito dell'amnistia concessa con il Decreto del Presidente della Repubblica 75/1990. L'imputazione per frode fiscale per l'acquisto dei terreni di Macherio è stata amnistiata a seguito del condono fiscale sancito dalla Legge 413/1991. Vi sono poi le imputazioni per frode fiscale dei processi All Iberian 2 e SME-Ariosto 2, terminate con assoluzioni poiché il fatto, a seguito della Legge Delega 366/2001 e del conseguente Decreto Legislativo 61/2002, non costituisce più reato.
Questo campionario, unito a norme che limitano la condannabilità degli imputati varante durante i governi Berlusconi, tra cui spicca la Legge 251/2005 che accorcia i tempi di prescrizione, stride in maniera eclatante con le affermazioni del premier.

Risulta poi curiosa la disponibilità del Presidente del Consiglio di farsi giudicare dal Tribunale dei Ministri. Come si evince dalla Legge Costituzionale 1/1989 il Tribunale dei Ministri è l'organo di giudizio competente per gli atti commessi dai Ministri della Repubblica svolti nell'esercizio delle loro funzioni. Non solo risulterebbe abbastanza ridicolo pensare che le feste di Arcore e l'eventuale favoreggiamento alla prostituzione minorile (la concussione potrebbe essere un altro discorso) siano reati commessi da Berlusconi nella sua veste di Presidente del Consiglio, ma in quella frase si svela un Berlusconi in contraddizione con sé stesso. Se i reati devono essere giudicati dal Tribunale dei Ministri, e quindi sono stati commessi da un Ministro della Repubblica nell'esercizio delle sue funzioni, non ha senso parlare di violazione della privacy di un privato cittadino.
È quindi evidente che la frase di Berlusconi è unicamente uno specchietto per le allodole, l'evocazione di una situazione impossibile per mostrare una disponibilità inesistente.

Altrettanto interessanti sono le affermazioni che esulano dal piano giudiziario e riguardano quello politico. L'appellativo "traditori" per Fini ed i suoi si inseriesce in un solco tipico del pensiero berlusconiano che vede le elezioni politiche come scontri tra candidati alla Presidenza del Consiglio. In realtà il popolo italiano elegge un Parlamento, dalla cui maggioranza verrà poi espresso un Governo nominato formalmente dal Presidente della Repubblica. Inoltre, l'articolo 67 della Costituzione recita:

Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.

Questo significa che ogni parlamentare è libero di agire secondo coscienza: così come ad esempio a Mastella e Dini sono stati liberi di lasciare il centrosinistra provocando nel 2008 la caduta del Governo Prodi II, allo stesso modo gli esponenti di FLI non avevano vincoli legali con la coalizione di centrodestra o con la figura di Berlusconi. La definizione di traditori non è pertanto applicabile a livello formale, e non lo è nei confronti dell'elettorato di centrodestra a meno di non riassumere il programma, i valori e l'esistenza stessa della coalizione nel pensiero e nelle opere di Silvio Berlusconi e nella volontà di non mandare al governo la sinistra.

Il discorso di Berlusconi mescola quindi in maniera sapiente verità, esagerazione e pura finzione, preannunciandosi in tutto e per tutto come un discorso di campagna elettorale - significativo il passaggio sulla tassa patrimoniale - realizzato tuttavia da un punto di vista diametralmente opposto al Berlusconi di un tempo.
La contrapposizione tra "il nuovo" e "la vecchia politica" perde terreno nel discorso, per l'inevitabile avanzare dell'età anagrafica e politica del premier, mentre trovano sempre più spazio le rivendicazioni dei successi governativi, veri o presunti, ottenuti dalla squadra berlusconiana. Una giravolta completa rispetto al passato, che tuttavia ha le carte in regola per diventare l'ennesima vincente trasformazione del personaggio Berlusconi.
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