martedì 30 luglio 2013

Nasce il comitato bolognese per Civati

Giuseppe Civati (PD)

Il 24 luglio 2013 al Circolo PD Murri di Bologna si è tenuto un incontro di sostegno alla candidatura alla segreteria del partito di Giuseppe Civati; malgrado i tempi piuttosto stretti - le mail di invito sono state spedite solo pochi giorni prima - e la data prettamente estiva l'incontro ha avuto un notevole successo in termini di partecipazione, con la saletta del circolo stracolma di persone costrette anche a stare in piedi, relegate ai margini della stanza se non addirittura nei corridoi antistanti.

L'incontro si è strutturato attraverso una presentazione della candidatura di Civati, tenuta da alcuni esponenti delle istituzioni tra cui il consigliere regionale Antonio Mumolo, autore di un applauditissimo intervento, e personalità particolarmente in vista della politica locale come Salvo Tesoriero, da anni collaboratore di Civati, o come Elly Schlein di OccupyPD; dopo gli interventi degli organizzatori è seguito un dibattito in cui i partecipanti hanno potuto prendere la parola ed esporre alla platea, organizzatori compresi, le loro considerazioni.

La composizione del pubblico è stata piuttosto eterogenea, anche se era predominante la componente di coloro che al Congresso del 2009 appoggiarono la Mozione Marino; non mancavano tuttavia persone che in quella stessa occasione espressero la propria preferenza per Bersani o addirittura che si sono avvicinate - o riavvicinate - al PD proprio in virtù della candidatura di Civati.
Il denominatore comune tra i partecipanti, naturalmente, è la profonda insofferenza per le attuali politiche tenute dal PD, sia in riferimento agli eventi che portarono alla rielezione di Napolitano alla Presidenza della Repubblica, sia al modo in cui il PD subisce quotidianamente l'agenda politica del PdL, mostrandosi incapace, malgrado la maggioranza numerica di cui in teoria dispone, di imporsi dal punto di vista propositivo e di programma.

L'incontro, naturalmente, era finalizzato a costituire una sorta di primo contatto di un futuro comitato, o per meglio dire di una futura task force che nel territorio bolognese dovrebbe svolgere attività di propaganda elettorale a favore di Civati al momento della definizione delle regole del congresso.
Per questa ragione non vi è stata una vera e propria presentazione della figura di Pippo Civati, data per scontata dalla maggior parte degli organizzatori e dei presenti ma che forse ha penalizzato coloro che si sono recati all'incontro mossi da semplice curiosità ma senza avere un'idea chiara del candidato in sé.

Per la stessa ragione, nell'incontro non si è parlato in dettaglio né della visione politica di Civati - che costituirà l'ossatura della sua mozione - né di ruoli, modi e tempi in cui dovrebbe costituirsi e muoversi il comitato in suo appoggio, né, infine, di quali tecniche adottare nell'approccio al potenziale elettorato delle primarie; non essendo in effetti ancora definite con precisione le regole del congresso, sarebbe stato impossibile muoversi in tal senso, ma questa limitazione ha giocoforza ridotto gli argomenti di discussione, che in massima parte si sono limitati a valutazioni della figura di Civati in relazione all'attuale situazione politica generale e agli altri candidati, in particolare all'ovvia e ingombrante figura di Matteo Renzi.
Il Sindaco di Firenze, infatti, è l'unico possibile candidato le cui proposte si andrebbero parzialmente a sovrapporre a quelle di Civati, in special modo in termini di rinnovamento interno del partito, ed è innegabile che la sua eventuale candidatura alla segreteria del partito avrebbe impatti dirimenti sull'esito dell'elezione a tale ruolo.
Proprio in rapporto a Renzi è stata fermamente espressa la volontà di Civati di non trasformarsi in un brand, di non intendere cioè la politica nel senso leaderistico che ha contraddistinto la Seconda Repubblica, quanto piuttosto, in una visione più simile a quella del M5S delle origini, di farsi portavoce delle istanze del popolo del centrosinistra, attraverso ad esempio la piena attuazione di quelle forme di consultazione interna che già lo statuto del PD prevede.

Altro tema caldo dell'incontro è stata la legittimazione della candidatura di Civati a segretario del Partito Democratico rispetto non tanto alle sue posizioni quanto al suo comportamento: pur essendo infatti largamente condivise dalla platea, le idee di Civati ed i suoi voti in aula sono spesso andati in direzione contraria rispetto a quanto richiesto dal gruppo del PD in Parlamento.
Se, infatti, costituzionalmente il mandato parlamentare non deve essere soggetto a vincoli, men che meno di partito, è però vero che la reale percezione della compagine PD in aula è quella di un immenso gruppo misto, dove coesistono sotto la stessa bandiera gruppi politici di natura ed estrazione profondamente diversa. Proprio questa eterogeneità risulta attualmente essere la principale debolezza del gruppo PD in Parlamento, e Civati, con le proprie scelte di voto, contribuisce anch'egli a questa anarchia.
Se non è in grado di accettare una decisione presa dalla maggioranza del suo gruppo parlamentare, con quale credibilità può proporsi a segretario? Con che legittimità potrà pretendere ascolto e disciplina come segretario se lui stesso è stato il primo a non offrirla?
Contrariamente a quanto si può pensare, il tema ha suscitato notevole interesse all'incontro, segno evidente di come l'elettorato democratico non abbia assolutamente il mito dell'uomo solo al comando nel proprio DNA, e creda piuttosto fermamente al dogma della legge al di sopra dell'uomo.
Ma da questa impasse, almeno nell'opinione dei promotori dell'incontro, la candidatura di Civati esce in realtà rafforzata più che indebolita, in virtù dell'obbedienza ad un patto più alto e più importante del vincolo di partito, ovvero il patto stretto con l'elettorato a momento delle primarie: il gruppo parlamentare PD, infatti, non è - per la maggior parte - un insieme di nominati, quanto piuttosto un insieme di eletti dal popolo di centrosinistra. E proprio in virtù di questo Civati sente il dovere di rispondere agli elettori prima ancora che agli organi dirigenti del PD, in special modo in un momento in cui il partito pare impegnato più che altro a distruggere uno ad uno, con ferrea determinazione, tutti i patti stretti con gli elettori durante la campagna elettorale.

Proprio da queste basi ripartiranno i successivi incontri, in cui il programma di Civati verrà raccontato, analizzato e magari anche criticato ed emendato in alcuni passaggi, in cui si decideranno le strategie comunicative e le fasce di elettorato verso cui orientare i propri sforzi: la ricerca di un PD migliore, leale ed inclusivo verso il proprio popolo.
A ben pensarci, una rivoluzione non da poco.

martedì 23 luglio 2013

Dati AGCom marzo 2013

Logo dell'AGCom

Il mese più significativo per la determinazione dell'attuale assetto politico del Paese è stato con ogni proabilità marzo 2013, caratterizzato da una lunga fase di incertezza dettata dalle lunghe trattative per la formazione del Governo e dall'elezione del Presidente della Repubblica ormai incombente.

L'analisi dei dati AGCom di marzo 2013, reperibili a questo link, sono quindi particolarmente significativi per comprendere in che modo i media hanno trattato questa delicatissima fase politica, ed in particolare il modo in cui, attraverso spazi più o meno ampi dedicati a questa o quella formazione, possono a loro volta aver influenzato la formazione dell'esecutivo Letta.

Dati AGCom marzo 2013

Dati AGCom 2013 aggregati per mese

Le ore di informazione politica nel mese di marzo 2013 sono state 445, un valore di per sé molto alto ma ad esempio notevolmente più basso delle 478 del mese di gennaio, quando infuriava la campagna elettorale, dato di per sé indice della smisurata attenzione che i telegiornali nostrani riservano alle bagarre elettorali rispetto ai momenti forse più tecnici ma non per questo meno convulsi dei passaggi istituzionali più delicati.
Rispetto ai mesi precedenti si assiste ad un vero e proprio cambio di paradigma. Così come il risultato elettorale ha sancito l'assenza di un vincitore chiaro mostrando invece tre poli più o meno equivalenti, allo stesso modo le televisioni hanno ripartito il loro tempo tra questi tre poli, a tutto scapito delle forze minori.
In particolare è Scelta Civica la prima vittima illustre di questo mutamento, ed il partito di Monti - che tutti si attendevano fosse l'ago della bilancia della futura coalizione di governo ed invece è diventato irrilevante passa dal 18% al 3% nel volgere di un solo mese. Analoga sorte, anche se il punto di partenza era nettamente inferiore, tocca a Rivoluzione Civile e alle altre formazioni minori, lasciando la scena a centrosinistra (ed in primo luogo il PD), centrodestra (con il PdL in testa) e M5S.
Anche nell'analisi di questi tre partiti, tuttavia, si notano profondi mutamenti rispetto ai mesi precedenti. Pur in assenza di una vittoria chiara, la maggioranza relativa dei seggi conquistata dal PD lo ha reso protagonista indiscusso del mese di marzo (25% del tempo complessivo con 111 ore dedicate), e la scelta di Bersani di approcciare il MoVimento 5 Stelle ha reso la formazione grillina la seconda forza televisiva con il 22% del tempo totale e 99 ore dedicate. Solo terzo il PdL, un dato di enorme valenza se si pensa che erano anni che la formazione berlusconiana era costantemente, mese dopo mese con l'eccezione degli assolati mesi di agosto, il primo partito della televisione italiana.
Coerente invece con i dati dei mesi precedenti il dato delle formazioni minori delle coalizioni principali: Lega Nord, SEL, UdC e FLI continuano la loro progressiva discesa verso l'irrilevanza mediatica, complice anche il pessimo risultato elettorale conseguito.

Dati AGCom marzo 2013 aggregati per
area politico-culturale

Dati AGCom 2013 aggregati per
area politico-culturale

La scomparsa pressoché totale della coalizione centrista (dal 22% al 4%), di quella di Ingroia e delle formazioni minori ha concessi margini di crescita enormi per il centrosinistra (+9%) e soprattutto per il M5S, che da febbraio a marzo registra un incredibile +19%.
Quanto al centrodestra, evidenzia un leggero ulteriore calo che lo porta al 30% complessivo, circa 5 punti percentuale dietro al centrosinistra e avanti al M5S di appena un soffio.

Passando al dettaglio dei singoli telegiornali, emerge come il centrodestra abbia i propri picchi di predominio su Studio Aperto e TG4. Il centro montiano spicca invece su TG1 e TG2 mentre il centrosinsitra di Bersani ha i propri massimi su Rainews e SkyTG24. Il MoVimento 5 Stelle, infine, ottiene le proprie migliori prestazioni su TGCOM e SkyTG24, replicando il mese di febbraio.
Il centrodestra sopravanza il centrosinistra su TG1, TG2, TG4, TG5 e Studio Aperto, mentre la formazione di Bersani è maggioritaria in tutti gli altri telegiornali; il M5S è ovunque terza coalizione ad eccezione di TGCOM e SkyTG24, dove sorpassa il centrodestra e si configura come seconda forza mediatica.

Dati AGCom marzo 2013 aggregati per
Istituzioni-Maggioranza-Opposizione

Dati AGCom 2013 aggregati per
Istituzioni-Maggioranza-Opposizione

Esaminando la distribuzione del tempo politico in termini di opposizione, maggioranza e opposizione, non stupisce in primo luogo il forte incremento del tempo dedicato a quest'ultima, in virtù del forte aumento avuto dal MoVimento 5 Stelle in questo mese.
Al tempo stesso, tuttavia, ritorna prepotentemente in scena Giorgio Napolitano, che nell'ottica di guidare il processo di formazione del nuovo Governo - o per lo meno i tentativi abortiti di Bersani in merito - consegna una considerevole fetta di tempo anche alle istituzioni.
In ottica generale, si tratta del mese più equilibrato da questo punto di vista sicuramente di tutto il 2013, e con ogni probabilità dal momento della formazione del Governo Monti.

Il mese di marzo mostra, per una volta, un comportamento in ultima analisi logico e prevedibile da parte delle testate giornalistiche, che in media si concentrano maggiormente sulle forze politiche coinvolte, nel bene e nel male, nella formazione del nuovo governo.

martedì 16 luglio 2013

Considerazioni sulla proposta Mucchetti

Massimo Mucchetti (PD)

Su un PD già profondamente provato dalle vicende politiche degli ultimi mesi - dalla formazione del Governo all'elezione del Presidente della Repubblica, dai rospi inghiottiti in temi di politica economica fino alla vergognosa decisione di bloccare i lavori del Parlamento mezza giornata, per non parlare dello scandalo kazako - la proposta di legge S.853 presentata in data 12 luglio a firma di Massimo Mucchetti e sostenuta da altri ventiquattro senatori tutti democratici ha gettato letteralmente benzina sul fuoco.
La proposta, volta a rivedere la Legge 60/1953 ed il Decreto del Presidente della Repubblica 361/1957 in termini di condizioni di eleggibilità dei parlamentari, è stata vista come un regalo, l'ennesimo, del Partito Democratico a Berlusconi. Beppe Grillo dal suo blog ed Il Fatto Quotidiano, primi tra tutti, non hanno esitato ad andare all'attacco del PD, definito il fedele cagnolino di Berlusconi, il partito che regala al Cavaliere un ulteriore anno di permanenza in politica.

Già, perché la proposta Mucchetti, stando a quanto riportano tali fonti, trasformerebbe l'ineleggibilità in incompatibilità, dando un anno di tempo a Berlusconi per scegliere tra le sue aziende ed il suo seggio, un ulteriore anno di conflitto di interessi, un ulteriore anno di vita politica e mediatica in cui il Cavaliere potrebbe tentare qualche ulteriore colpo per sparigliare le carte.

Una lettura più attenta della proposta, tuttavia, rivela alcuni dettagli nascosti.

La proposta di legge Mucchetti va ad abrogare in primo luogo l'articolo 10 del Decreto del Presidente della Repubblica 361/1957, ovvero la parte della legge che recita:
Non sono eleggibili inoltre:
1) coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta;
2) i rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di interessi, quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato;
3) i consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente l'opera loro alle persone, società e imprese di cui ai nn. 1 e 2, vincolate allo Stato nei modi di cui sopra.
Dalla ineleggibilità sono esclusi i dirigenti di cooperative e di consorzi di cooperative, iscritte regolarmente nei registri di Prefettura.
Quindi rimuove sostanzialmente una serie di cause che comportano l'ineleggibilità di un cittadino.
Successivamente, la proposta di legge va ad aggiungere un articolo di legge alla Legge 60/1953, che invece tratta i casi di incompatibilità tra cariche aziendali e cariche pubbliche.
Non si tratta tuttavia di un pedissequo copia-incolla, come sbandiera chi sostiene che il PD intenda semplicemente trasformare l'ineleggibilità in incompatibilità; la proposta Mucchini infatti recita:
1. Dopo l'articolo 2 della legge 15 febbraio 1953, n. 60, è inserito il seguente:
«Art. 2-bis. -- 1. Anche fuori dei casi previsti dall'articolo 2 e ferma restando l'applicazione del medesimo articolo, i membri del Parlamento non possono avere, nelle imprese che siano in rapporti con amministrazioni pubbliche, interessi rilevanti determinati da una delle seguenti condizioni:
a) la qualità di rappresentante legale, amministratore o dirigente di imprese costituite in qualsiasi forma, anche a partecipazione pubblica:
1) quando si tratta di imprese che hanno rapporti contrattuali o negoziali di qualsiasi natura con una pubblica amministrazione, il rapporto comporta l'obbligo di adempimenti specifici o l'osservanza di prescrizioni normative a tutela di un interesse pubblico e l'impresa ha un volume d'affari di almeno 100 milioni annui, ovvero pari almeno al 3 per cento del volume d'affari complessivo nel mercato di riferimento in ambito nazionale;
2) quando si tratta di imprese che operano nelle attività economiche regolate in base a titoli di concessione, licenza d'uso o comunque in base a titoli della stessa o di analoga natura, rilasciati o conferiti da un'amministrazione pubblica statale, da istituzioni o enti pubblici nazionali ovvero da una regione o da una provincia autonoma;
b) il controllo, anche per interposta persona, ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, o dell'articolo 23, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, nelle imprese di cui alla lettera a);
c) la prestazione d'opera a favore delle imprese di cui alla lettera a), per consulenze a carattere continuativo della durata complessiva di almeno ventiquattro mesi.
2. Ai sensi del comma 1, lettera b), si ha interposizione di persona quando nelle condizioni indicate è il coniuge, il convivente di fatto, un parente fino al quarto grado, un affine fino al secondo grado.
3. L'istruttoria preliminare sui casi di cui al comma 1 è affidata all'Autorità garante della concorrenza e del mercato. A tal fine, ricevuta dal Presidente della Camera di appartenenza la dichiarazione personale concernente le condizioni di cui al comma 1, resa dall'eletto alla stessa Presidenza nel termine di dieci giorni dalla proclamazione, l'Autorità compie, nei trenta giorni successivi, ogni adempimento necessario, anche con i poteri di cui all'articolo 10 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, in quanto compatibili. La dichiarazione dell'eletto è comunicata alle Camere in seduta pubblica dai rispettivi Presidenti. In esito ai propri accertamenti, l'Autorità trasmette una relazione al Presidente della Camera interessata, per gli adempimenti della Giunta competente ai sensi dell'articolo 8.
4. Quando una condizione di incompatibilità prevista dal presente articolo è accertata dalla Giunta competente ai sensi dell'articolo 8, che vi provvede entro i trenta giorni successivi alla trasmissione della relazione di cui al comma 3, il membro del Parlamento, ricevutane comunicazione dalla Giunta, può, entro i trenta giorni successivi, rimuovere la causa di incompatibilità mediante rinuncia idonea alla cessazione della condizione medesima.
5. Si ha rinuncia, nei casi di controllo da partecipazione proprietaria previsti dalle disposizioni di cui al comma 1, lettera b), quando l'interessato conferisce un mandato irrevocabile per la vendita delle proprie quote di partecipazione rilevanti ai sensi delle stesse disposizioni. Il mandato è valido, per gli effetti di cui al presente comma:
a) se vincolato al termine di trecentosessantacinque giorni;
b) se conferito a persona o ente nei cui riguardi il membro del Parlamento interessato non è in alcuna delle condizioni di cui al comma 1;
c) se diretto a vendere a persone o enti che non hanno, neanche per interposta persona ai sensi del comma 2, rapporti contrattuali, di partecipazione azionaria o di natura professionale con il membro del Parlamento interessato;
d) se non è diretto a vendere al coniuge, al convivente di fatto, ai parenti fino al quarto grado, agli affini fino al secondo grado dello stesso membro del Parlamento.
6. Conferito il mandato a vendere, il mandatario ha la piena responsabilità, propria ed esclusiva, concernente i rapporti giuridici connessi alle quote di partecipazione in vendita.
7. La rinuncia è comunicata, per il tramite del Presidente della Camera di appartenenza, alla competente Giunta delle elezioni dal membro del Parlamento interessato, che ne fornisce idonea documentazione entro trenta giorni dalla comunicazione della Giunta, di cui al comma 4.
8. Gli adempimenti di rinuncia sono immediatamente comunicati dalla Giunta competente all'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Entro quindici giorni dalla comunicazione, l'Autorità accerta se l'adempimento è conforme alle prescrizioni di cui ai commi 4 e 5. In caso negativo, indica all'interessato le misure necessarie per assicurare la conformità e i termini di adempimento, non superiori a trenta giorni. L'Autorità comunica immediatamente l'esito dell'accertamento al Presidente della Camera di appartenenza, per il seguito di competenza della Giunta, ai sensi dell'articolo 8».
In primo luogo, emerge chiaramente come la platea di azione della legge sia molto più vasta: essa infatti non si applica solo ai titolari di concessioni governative, ma anche agli azionisti e ai beneficiari indiretti di tali concessioni. L'aggiramento del DPR 361/1957 utilizzato da Berlusconi in quanto "mero proprietario di Mediaset" non sarebbe quindi più applicabile.
Addirittura, ai sensi di questa legge ricadrebbero nelle casistiche previste dalla legge tutti i membri della famiglia Berlusconi.

Per regolarizzare la propria posizione, il potenziale deputato o senatore dovrebbe o rinunciare alla carica, oppure disfarsi delle proprietà o quote di partecipazione in società concessionarie dello Stato. Anche qui, si nota, la formula utilizzata è particolarmente severa, in quanto non viene utilizzata la formula del blind trust, comune in molte legislazioni europee, ma viene al contrario imposta una vera e propria vendita, con severe limitazioni sui possibili beneficiari: non deve essere una persona che a sua volta ricadrebbe in situazioni di incompatibilità, non deve essere rivolta ad un parente, e non deve essere rivolta verso persona o ente con cui il deputato o senatore si trova in rapporti economici.
Qualora la vendita non vada a buon fine, sopravviene la decadenza dalla carica pubblica in maniera automatica.
Una formulazione piuttosto seria e rigorosa, che affronta questo particolare caso di conflitto di interesse in maniera alquanto decisa.

Un ulteriore elemento di questa legge è la sua applicazione immediata, quindi con valore retroattivo alle elezioni politiche appena trascorse.

Da cosa derivano, quindi, le contestazioni rivolte alla proposta Mucchetti, in primo luogo dal M5S?
L'ineleggibilità viene commutata in incompatibilità, ecco il pomo dlla discordia.
L'ineleggibilità prevede l'impossibilità per chiunque si trovi - a votazione della giunta della camera di appartenenza - in tale situazione di prendere il proprio posto in Parlamento, con cessazione immediata della carica. Chi, sapendo di trovarsi in una situazione di ineleggibilità, desidera candidarsi, deve intervenire per sanare la propria posizione prima della data delle elezioni.
L'incompatibilità, invece, ammette una possibilità di scelta, che consiste nella rinuncia alla carica o nel sanamento della situazione di incompatibilità, e prevede, in entrambi i casi, un intervallo temporale di margine. In particolare, la proposta Mucchetti calendarizza in questo modo il processo:
  • Entro 10 giorni dalla proclamazione degli eletti ogni parlamentare comunica al Presidente del proprio ramo del Parlamento una dichiarazione personale riguardante la propria situazione riguardo i criteri di incompatibilità.
  • I Presidenti delle Camere comunicano all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che provvede eventualmente ad aprire un'istrutturia per verificare la situazione dell'eletto. Questo passaggio ha una durata di trenta giorni, al termine dei quali ogni condizione di potenziale incompatibilità viene comunicata ai Presidenti delle Camere che inoltrano la relazione alla Giunta di competenza.
  • Entro ulteriori trenta giorni la Giunta delibera sulle condizioni di incompatibilità.
  • Qualora la Giunta deliberi in tal senso, ne fa comunicazione all'eletto, il quale può
  • Caso di rinuncia del seggio:
    • Rinunciare entro ulteriori trenta giorni al proprio seggio.
  • Caso di vendita delle quote:
    • Disporre entro ulteriori trenta giorni la vendita delle proprie quote di partecipazione nelle società generanti l'incompatibilità, secondo le regole esposte in precedenza.
    • Entro ulteriori quindici giorni l'Autorità garante della concorrenza e del mercato stabilisce se tali azioni possano sanare le condizioni di incompatibilità, e in caso negativo ha a dispoisizione trenta ulteriori giorni per comunicare all'interessato le ulteriori azioni correttive.
    • Qualora entro un anno dall'effettivo inizio delle operazioni di vendita non si sia giunti ad alcun risultato, l'eletto è obbligato alle dimissioni.
Occorre tuttavia osservare come il termine di un anno, indicato a tutti gli effetti come misura del regalo del PD a Berlusconi, sia in realtà solo il termine estremo, valido solo qualora il Cavaliere scelga di restare in politica e rinunciare a Mediaset e la vendita della stessa non vada a buon fine. In tutti gli altri casi il tempo sarebbe più breve, fino a ridursi a trenta giorni nell'ipotesi più estrema nell'altro senso.
Quello che in ogni caso potrebbe essere visto come un regalo in termini di tempo, si traduce in una maggior severità nell'atto della vendita di Mediaset, che come descritto non potrebbe passare di mano all'interno della cerchia dei fedelissimi di Berlusconi né inserita in un blind trust, ma dovrebbe invece essere oggetto di un vero e proprio passaggio di proprietà.

A ciò si potrebbe obiettare che mentre sotto l'egida dell'ineleggibilità Berlusconi sarebbe costretto alle dimissioni, attraverso l'incompatibilità il Cavaliere avrebbe la possibilità di scegliere tra la carica politica ed il controllo delle sue aziende, ovvero gli si darebbe una prerogativa di scelta che prima non possedeva.
Questo, tuttavia, è da considerarsi vero solo se si considera Berlusconi effettivamente ineleggibile secondo la legge attuale, ovvero la formulazione vigente del DPR 361/1957; la norma del 1957 è per forza di cose inadeguata ad esprimere pienamente le sfumature della società attuale, e pertanto l'eleggibilità di Berlusconi è in qualche modo all'interno di una terra di confine che a seconda dell'interpretazione della norma più o meno letterale può far passare il Cavaliere dall'una all'altra condizione.
In un articolo su La Repubblica apparso in data 4 luglio 2013 con il titolo Le anime nobili dei trasmutanti, Franco Cordero ricorda come la Legge 223/1990 ponga un accento tra il formale titolare di concessioni statali ed il beneficiario reale di tali concessioni.
Anche le sentenze relative al processo Mediaset si basano sull'assunto che il reale beneficiario delle concessioni televisive fosse Silvio Berlusconi.
Pesano tuttavia in questa difficile valutazione anche i precedenti: dal 1994 in poi, con maggioranze di qualsiasi colore, l'interpretazione della norma è stata letterale, consentendo a Berlusconi di conservare il proprio seggio dopo l'elezione. Che ciò sia avvenuto per accondiscendenza del centrosinistra nelle occasioni in cui questi era maggioranza è evidente, ma resta il fatto che per cinque elezioni di fila Berlusconi è stato considerato eleggibile.
Né d'altra parte bisogna dimenticare l'episodio delle elezioni regionali del Lazio 2010, quando fu proprio l'interpretazione letterale del regolamento ad escludere la lista del PdL dalla competizione elettorale poi comunque vinta da Renata Polverini.
All'epoca i giornali progressisti reggevano la teoria della verità formale che si fa sostanziale contro il decreto interpretativo frettolosamente varato dal Governo Berlusconi IV per rimediare al pasticcio di Milione, quindi una legge che chiarifichi formalmente le situazioni critiche, si applichi retroattivamente, giustifichi un esito del voto della Giunta differente da quello delle passate legislature e imponga formule di risoluzione del conflitto di interessi anche piuttosto severe in che modo potrebbe essere un regalo a Berlusconi?
Il solo passaggio dall'ineleggibilità (obbligo di dimissioni) all'incompatibilità (scelta tra dimissioni e vendita delle aziende) di certo non giustifica il bombardamento mediatico a cui è stata sottoposta la proposta del Partito Democratico, e lascia invece porte aperte sul modo in cui alcuni influencer della carta stampata e del web pieghino in qualche modo ad esigenze di pancia ciò che dovrebbe essere oggetto di un'analisi più critica e ponderata.

Inoltre non si deve dimenticare che affinché il Cavaliere sia giudicato secondo la proposta Mucchetti questa deve essere approvata in legge, e per di più in tempi terribilmente rapidi.
Salvo cataclismi, quindi, Berlusconi dovrà essere dichiarato eleggibile o meno secondo la vigente normativa, e in caso di risposta affermativa subire poi l'eventuale sentenza della Cassazione prevista per il 30 luglio che ne metterebbe nuovamente a rischio la permanenza in Parlamento.
Il cosiddetto soccorso rosso, se - come probabile - ci sarà, prenderà quindi strade ben diverse da quella della proposta Mucchetti, che si configura invece come un tentativo perfettibile ma interessante di legge sul conflitto di interessi in ambito radiotelevisivo.

lunedì 8 luglio 2013

La sfida di Pippo Civati

Giuseppe Civati (PD)

In occasione della chiusura del Politicamp di Reggio Emilia, Pippo Civati, esponente del PD già da tempo conosciuto nel mondo del web ma ultimamente salito alla ribalta mediatica a causa delle sue posizioni critiche e intransigenti in occasione della rielezione di Napolitano e della formazione del governo di larghe intese che ha visto coinvolti PD, PdL e SC.
L'intenzione di Civati di candidarsi alla segreteria è già nota da tempo, e già da alcuni mesi dalle pagine del suo blog era possibile iscriversi e dare la propria adesione a sostenere la candidatura del deputato lombardo; la formalizzazione dei giorni scorsi, tuttavia, segna un vero e proprio salto di qualità nelle intenzione di Civati, ufficializzando la sua posizione e segnandolo una volta per tutte come candidato alla successione di Guglielmo Epifani.

Malgrado questa ufficializzazione, lo scenario precongressuale democratico rimane piuttosto oscuro, e in una simile situazione diventa difficile capire quali possano essere le reali speranze di Civati di vincere questa sfida delicatissima.
Se infatti paiono ormai certe le candidature di Gianni Cuperlo, fedelissimo di Massimo D'Alema, e Stefano Fassina, bersaniano, i due veri nomi che possono sconvolgere il panorama delle future primarie sono quelli di Enrico Letta e Matteo Renzi: il primo sta progressivamente conquistando popolarità, malgrado un'azione di governo non particolarmente incisiva, il secondo anche ruffianamente ritarda sempre di più la propria candidatura anche per creare maggiore suspance intorno al proprio nome e guadagnarne in tal modo in termini di visibilità e notorietà.

Rispetto a tali nomi, tuttavia, si vede chiaramente come Civati si ponga in maniera del tutto differente e si rivolga ad un elettorato tutto sommato differente rispetto ai suoi concorrenti potenziali o reali.
Cuperlo, se non altro per la sua associazione a Massimo D'Alema, appare come l'erede designato dell'apparato del partito; Fassina, pur proveniente dai Giovani Turchi, pare incapace di far presa sull'ala sinistra del partito; Letta si prefigura in qualche modo come il garante delle riforme a piccoli passi, il mediatore, capace di tenere insieme le diverse anime del partito; Renzi, infine, che in caso di candidatura sarebbe il grande favorito, è abbigliato della sua consueta veste di rottamatore, ma con proposte politiche di stampo liberista.
Le prerogative politiche e partitiche di cui si fa portavoce Civati - da un lato formazione, ambiente e lavoro, e dall'altro trasparenza e scalabilità - nonché i suoi richiami al popolo delle primarie, a Prodi, a Rodotà e a SEL, lo rendono quindi il naturale riferimento di quegli elettori che a marzo ed aprile hanno vissuto il più grande incubo della propria vita politica, con un PD così frantumato da rinnegare persino il proprio padre fondatore e costretto ad accettare il governo con il PdL da una posizione di deboleza malgrado l'enorme vantaggio numerico in termini di seggi.

In quei giorni i movimenti di piazza riuscirono ad accendere il partito bloccando di fatto l'elezione al Quirinale di Franco Marini e dando veramente l'idea di un partito in mano ai suoi militanti e simpatizzanti. Oggi Civati si ripropone di proseguire quel cammino, sia in termini di posizioni politiche propriamente dette - particolarmente efficaci in questo senso i riferimenti ad una vendetta verso chi ha tradito Prodi e non ha nemmeno voluto prendere in considerazione Rodotà - sia in termini di partecipazione della base; sono da ricordare in questo senso iniziative passate di Civati, a partire dal tentativo di applicare le norme dello statuto del partito sull'utilizzo dei referendum interni allo scopo di vincolare l'azione della dirigenza e degli eletti.

La scommessa di Civati è quindi quella di portare il PD su posizioni più prettamente di sinistra sul piano politico e più simili al M5S in termini di organizzazione interna della struttura, senza rinunciare alla forma-partito propriamente detta ma favorendo la democrazia liquida attraverso l'uso di strumenti di consulazione interna e di coinvolgimento dei militanti.

Ma quanto sono realistiche le ambizioni di Civati alla segreteria del PD?
Sicuramente molto dipenderà dalle intenzioni di Matteo Renzi, ma è tuttavia innegabile come gli ostacoli per il deputato lombardo siano molti, e tendano a tradursi in un suo progressivo isolamento dal punto di vista soprattutto mediatico.
Sebbene nel PD nulla di fatto sia cambiato rispetto ad aprile, le polemiche che solo pochi mesi fa straziavano la base paiono in qualche modo sedate, addormentate.
In un periodo in cui la politica pare in qualche modo in stanca, in cui il PD è riuscito comunque ad ottenere un risultato lusinghiero, in cui, insomma, le aspettative di chi sognava uno scardinamento dall'interno del PD appaiono più che mai deluse, diventa fin troppo facile far passare le posizioni di Civati come oltranziste, dettate da norme puramente di principio e disancorate dall'attualità politica. Gli stessi - peraltro frequenti - strali contro i "101 traditori" o contro il governo di larghe intese vengono facilmente trasformati in tentativi periodici di agitare le acque allo scopo di crearsi una qualche visibilità per scopi personali.
La posizione di Civati in questi termini risulta in qualche modo depauperata: addormentata l'esigenza stringente di avere un PD profondamente rinnovato, diventa semplice derubricare Pippo come un carrierista tra tanti, che di tanto in tanto rispolvera temi a lui cari per crearsi il proprio angolino di immagine e strizzare l'occhio ad una fetta di elettorato.

Il processo cloroformico a cui pare sottoposta sin da subito la candidatura del deputato lombardo, sembra essere agli occhi degli osservatori più smaliziati proprio la prova principale della sua forza intrinseca, del successo che le parole di Civati già riscuotono - e potrebbero riscuotere in misura maggiore se adeguatamente contestualizzate e diffuse - e quindi delle potenzialità della sua candidatura alla segreteria.
Chi oggi sostiene le grandi intese con il centrodestra o quantomeno la perpetuazione delle linee di potere all'interno del PD ha tutto l'interesse non tanto a combattere le posizioni di Civati, quanto a farle sprofondare nell'indifferenza.

Sarà quindi durissima per Pippo riuscire a imporsi in questa difficile competizione, e così come accadde con Marino nel 2009 è probabile che il peso della rete venga alla fine ridimensionato nel conteggio dei voti reali; se tuttavia Civati riuscirà veramente a convincere il popolo dei delusi del centrosinistra, quelli che si sono rifugiati nell'astensione o hanno dato il voto al M5S, se veramente riuscirà ad essere quel "cane da riporto" come lo ha vergognosamente ma forse anche improvvidamente chiamato Grillo, allora la storia della sinistra italiana portebbe intraprendere una nuova, inattesa, strada.
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