mercoledì 30 marzo 2011

Stoccarda cambia colore

Kurt Beck (SPD) e Winfried Kretschmann (Grünen)

La Lombardia in mano al centrosinistra, per di più con un Presidente espressione di Sinistra Ecologia Libertà.
In Italia una notizia del genere può essere solo presa come una provocazione, o al massimo come un sogno - o un incubo - chiuso in un cassetto.
In Germania, invece, è diventata realtà: il Baden-Württemberg, governato ininterrottamente dalla CDU per oltre mezzo secolo, cambia bandiera e sarà guidato per la prima volta da una coalizione progressista. La notizia, di per sé storica, assume la valenza di un vero e proprio tsunami se si guarda, all'interno di una gara tutta a sinistra, al sorpasso degli ecologisti sui socialdemocratici, ecologisti che per la prima volta nella storia della Germania potranno quindi esprimere un Presidente di regione.
Dinanzi a tale notizia passa quasi in secondo piano la riconferma di Beck (SPD) alla guida del Rheinland-Pfalz, ma in generale il rosso ed il verde che dilagano nella mappa della Germania a seguito di questa tornata elettorale fanno arretrare i confini dell'imprendibile bastione democristiano, un tempo comprendente l'intero sud dello Stato, al solo Bayern.
Entrambe le elezioni hanno confermato il trend ascendente a livello di partecipazione già registrato nelle precedenti consultazioni dell'anno, facendo registrare affluenze al di sopra della soglia psicologica del 60%. In particolare, in Baden-Württemberg l'incremento è stato di quasi tredici punti percentuale,  ed i votanti hanno raggiunto il 66%, il valore più alto dal 1996.

Esito delle elezioni amministrative 2011 nel land del Rheinland-Pfalz

Distribuzione dei voti alle elezioni amministrative 2011
nel land del Rheinland-Pfalz

Come evidenziano la tabella ed il relativo grafico, il Rheinland-Pfalz si conferma ancora una volta un land a trazione progressista, un leit-motiv che dura ormai da un ventennio. A livello di coalizioni non vi sono grossi mutamenti: il centrodestra accusa un modesto calo dell'1,31% ed il centrosinistra un altrettanto modesto incremento dell'1,44%; i travasi di voto all'interno delle coalizioni sono stati però molto significativi, e sono indicativi per lo stesso futuro politico della Germania. Dopo le batoste ad Hamburg e in Sachsen-Anhalt, la CDU vede una competizione elettorale concludersi finalmente con il segno positivo rispetto alla tornata precedente, un incremento che la porta a sfiorare il primato nella regione a livello di partito.
I veri sconfitti della tornata elettorale sono però ancora una volta i liberali della FPD, alleati storici dei democristiani, che si ritrovano al di sotto della soglia del 5% e risultano pertanto esclusi dal landtag, facendo così mancare agli alleati CDU l'importante apporto dei loro seggi. Il partito dimezza quasi i consensi rispetto al 2006, segno della profonda crisi che lo attanaglia ormai da tempo e a cui sembra incapace di reagire.

La SPD appare quantomai lontana dai fasti delle elezioni ad Hamburg del 20 febbraio, quando da sola era riuscita ad ottenere la maggioranza assoluta dei seggi: con il 35,70% perde quasi il 10% dei consensi rispetto alle precedenti elezioni, attestandosi su uno dei livelli più bassi dal dopoguerra e confermandosi primo partito del land per un soffio. Buona parte del calo socialdemocratico deriva, secondo le prime analisi pubblicate in Germania, dall'immagine del leader locale Kurt Beck, che regge il land ininterrottamente dal 1994 e la cui stella politica pare ormai in lento declino.
La SPD appare inoltre sostanzialmente vampirizzata dai Grünen, che triplicano il loro consenso rispetto al 2006 portandosi oltre il 15% e, con i loro 18 seggi, diventano determinanti per la formazione del nuovo esecutivo locale. Il disastro nucleare di Fukushima ha prepotentemente portato la politica energetica federale all'interno delle elezioni locali, trovando terreno fertile anche in una regione dove al momento non sono attive centrali atomiche e dando una spinta irresistibile alla formazione ecologista.
La Linke è l'altro grande sconfitto delle elezioni: la sinistra estrema puntava al raggiungimento della soglia del 5% per entrare nel landtag, ma si è dovuta accontentare del 3%, comunque in lieve crescita rispetto al 2006. Con ogni probabilità anche la Linke ha sofferto il momento di forma smagliante dei Grünen.

Composizione del Parlamento regionale del Rheinland-Pfalz
dopo le elezioni amministrative 2011

A livello di coalizioni il principale cambiamento nel landtag del Rheinland-Pfalz è legato alla scomparsa della FDP, e al conseguente arretramento del centrodestra: malgrado la CDU sia riuscita a conquistare tre seggi in più rispetto al 2006, la perdita secca dei dieci seggi appannaggio dei liberali comporta un passaggio da 48 a 41 seggi per le forze conservatrici.
Il centrosinistra, di conseguenza, avanza da 53 a 60 seggi, ma mentre nel 2006 la maggioranza era un monocolore rosso SPD, adesso il land sarà governato da una coalizione rosso-verde, con gli ecologisti - 18 poltrone - che arrivano a pesare per il 30% sulla totalità della coalizione.

Esito delle elezioni amministrative 2011 nel land del Baden-Württemberg

Distribuzione dei voti alle elezioni amministrative 2011
nel land del Baden-Württemberg

La tabella ed il grafico dei risultati elettorali del Baden-Württemberg esprimono pienamente la portata storica del voto di domenica 27 marzo. I record storici legati a questa elezione sono molteplici: peggiore prestazione della CDU dal 1952; peggiore prestazione della SPD e della FDP dal dopoguerra, migliore prestazione di sempre dei Grünen, prima volta dal dopoguerra che nel land si registra una maggioranza progressista, prima volta nella storia della Germania che i Grünen sorpassano a livello regionale la SPD, prima volta nella storia della Germania che i Grünen esprimeranno un Presidente di regione.

A livello di coalizioni, si è assistito un copioso travaso di voti dal centrodestra al centrosinistra, uno spostamento di circa dieci punti percentuali che, letteralmente, ha ridisegnato gli equilibri politici nel land e non solo.
Esaminando il dettaglio delle coalizioni, a destra sia la CDU che la FDP perdono circa il 5% dei consensi, attestandosi rispettivamente al 39,00% e al 5,27%. Se per i primi il primato a livello di partito nel land non è in discussione malgrado la discesa, per i secondi si è profilato il rischio di una storica esclusione dal parlamento regionale, che avrebbe trasformato la disfatta del centrodestra in una catastrofe.
A sinistra abbiamo invece una SPD in lieve calo, circa due punti percentuale, calo compensato dall'exploit dei Grünen, che raddoppiano i loro consensi. La Linke, come in Rheinland-Pfalz, manca l'obiettivo dell'ingresso nel landtag, peggiorando anche lievemente la prestazione ottenuta cinque anni fa.

Da segnalare infine le prestazioni dei Piraten, che alla prima partecipazione alle competizioni elettorali arrivano al 2% e si candidano, come ad Hamburg, ad essere tra i protagonisti della politica tedesca di domani. Il profilo del partito si delinea con chiarezza via via che si susseguono gli appuntamenti elettorali: debole nelle zone rurali, evidenzia la sua forza nelle aree dell'industria avanzata e del terziario, come appunto Hamburg o il Baden-Württemberg.

Composizione del Parlamento regionale del Baden-Württemberg
dopo le elezioni amministrative 2011

Lo spaccato del nuovo parlamento regionale denota l'impossibilità per le forze di centrodestra, CDU e FDP, di avere la maggioranza assoluta dei seggi: i due partiti, assieme, totalizzano 67 seggi su 138, al di sotto quindi della maggioranza assoluta di 69 seggi.
Dal punto di vista prettamente matematico, sono possibili varie maggioranze:
  • CDU + Grünen (96 seggi, 103 in caso di coalizione nero-verde-gialla stile Saarland)
  • CDU + SPD (95 seggi)
  • Grünen + SPD (71 seggi)

La terza ipotesi, la prima percorribile nella storia del Baden-Württemberg senza la CDU, consegnerebbe al land una maggioranza risicata, ma appare al momento la strada più probabile. Il candidato dei Grünen Winfried Kretschmann ha quindi la strada spianata per il posto di presidente della regione.
Il partito ecologista tedesco approda, con l'elezione del suo primo Ministerpräsident, alla sua maturità politica. Seppure oggettivamente favorito da una campagna elettorale incentrata su temi cari alle forze ambientaliste - l'energia atomica a seguito del disastro di Fukushima a livello globale, e la linea ferroviaria Stuttgart 21 a livello locale - il movimento ha saputo conquistare consensi al di fuori del proprio consueto bacino elettorale, erede dei movimenti degli anni '60 e '70 adiacenti alla sinistra più radicale. I Grünen hanno saputo rimescolare le carte tra destra e sinistra, tra CDU e SPD, riuscendo a parlare al ceto medio di un land tradizionalmente conservatore, sdoganando in qualche modo l'ambientalismo e l'ecosostenibilità dai confini della sinistra.
Probabilmente proprio la difficile classificazione dei temi ambientali nei consueti schemi di destra e sinistra ha reso possibile l'exploit dei Grünen: contrariamente al Rheinland-Pfalz, la SPD in termini di voti assoluti ha mantenuto la propria base elettorale senza cedere nulla agli ecologisti, che invece hanno pescato a piene mani tra gli astenuti e i delusi della politica e, fattore determinante, dal bacino elettorale della CDU.
Ormai stabilmente il terzo partito tedesco e anche senza la consacrazione di un grande risultato alle elezioni federali, i Grünen dopo questa prestazione nel Baden-Württemberg possono senza alcuna remora essere definiti un vero e proprio partito di massa, per di più dall'elevato potenziale di espansione sia a scapito degli alleati storici della SPD, sia a scapito della CDU.

Composizione del Bundesrat

Dal punto di vista delle ripercussioni a livello nazionale, ve ne sono naturalmente a due livelli.
Il primo, più legato alla mera valutazione numerica, è l'ennesima variazione della composizione del Bundesrat; il Rheinland-Pfalz contribuisce al Consiglio Federale con quattro membri, ma le elezioni 2011 risultano - stante l'attuale situazione politica - di fatto prive di impatti: il land era e resta in mano alle forze di opposizione. Di ben altro tenore, naturalmente, gli effetti provocati dal terremoto elettorale in Baden-Württemberg; il pasaggio a sinistra della regione comporta uno spostamento di sei elementi dalla forza a sostegno del governo a quella in aperta opposizione. I nuovi numeri vedono 25 membri favorevoli al governo, 30 contrari e 14 neutrali: la Merkel, dopo aver perso da tempo la maggioranza assoluta in Aula, perde anche quella relativa, vedendo così ulteriormente ridotto il proprio controllo sul Parlamento.
Il secondo livello è invece psicologico. Le elezioni ancora da tenersi in Germania nel corso del 2011 (Bremen, Mecklenburg-Vorpommern e la capitale Berlin) rischiano di veder peggiorare ulteriomente la posizione della Merkel al Bundesrat, e certamente la sconfitta della CDU in Baden-Württemberg rischia di generare una sensazione di scoramento generale in grado di compromettere l'esito dei prossimi appuntamenti per il centrodestra. Ancora più importante, la profonda crisi della del centrodestra e della FDP in particolare ha già fatto sorgere le prime voci - oltre a quelle, scontate, delle possibili dimissioni di Angela Merkel - di un possibile rimpasto di governo, con l'ingresso degli ecologisti nelle fila della maggioranza. Al momento lo scenario è pura fantapolitica, e Hamburg ha dimostrato quanto questa soluzione sia sgradita all'elettorato, ma è certo che il governo federale è più che mai debole. La situazione ricorda quella del 2005, quando il centrodestra espugnò il Nordrhein-Westfalen: all'epoca il Cancelliere Gerhard Schröder (SPD) scelse le dimissioni e le elezioni anticipate, ma chi può dire quali saranno le mosse della Merkel?

La sensazione che rimane, più di ogni altra, è comunque quella della fine di un'epoca, dell'inaridimento di un modello di governo di centrodestra comunque in grado di creare e alimentare per quasi sessanta anni una delle locomotive economiche d'Europa. E resta l'immagine di Angela Merkel, che dalla donna più potente d'Europa è diventata la donna sotto il cui cancellierato l'imprendibile bastione democristiano è infine caduto.

lunedì 28 marzo 2011

Verso le amministrative: Napoli

Il Castel Nuovo

Assieme a Torino, Bologna e Milano, Napoli è uno dei principali Comuni chiamati al voto nel maggio 2011 per il rinnovo del Sindaco e del Consiglio Comunale.

La città arriva al voto dopo una lunga esperienza di governo di centrosinistra, con il duplice mandato di Rosa Russo Iervolino, ma gli scenari politici seguiti alla caduta del Governo Prodi hanno profondamente modificato il DNA della città, consegnando in maniera molto netta le ultime competizioni elettorali al centrodestra. La nascita del Terzo Polo, tuttavia, rischia di scompigliare ancora una volta le carte in tavola, rendendo la votazione del 2011 particolarmente incerta e interessante.

Anche se ormai il quadro dei candidati, dopo il pasticcio delle primarie del centrosinistra, è ormai delineato, è importante avere un focus sull'andamento delle coalizioni nel Comune, in particolar modo per tentare di cogliere la portata della separazione del Terzo Polo dal centrodestra e le reazioni che tale divorzio porterà nelle urne.

A questo link è disponibile in formato excel un file contenente i dati riepilogativi delle elezioni tenutesi tra il 2005 ed il 2010 che hanno visto interessato il Comune di Napoli, ad eccezione delle Europee 2009 per le quali non vi era espressione diretta di un candidato e non sono pertanto assimilabili alle competizioni del 2011. Le elezioni politiche 2006 e 2008 sono state conteggiate a causa della fortissima personalizzazione di questo tipo di competizione avutasi nel corso della II Repubblica. I dati sono stati tratti dal servizio elettorale1 del Comune di Napoli.

Confronto centrodestra-centrosinistra
nel Comune di Napoli (2005-2010)

Dal grafico si vede molto chiaramente l'andamento cittadino: Napoli si presenta nel 2005 come città fortemente di centrosinistra, conservando questo status fino al 2006. Dal 2008 la situazione si inverte, il centrosinistra disperde circa venti punti percentuali ed il centrodestra cresce contestualmente di una quindicina, arrivando alla maggioranza assoluta delle preferenze cittadine.
È indubbio che la sovraesposizione mediatica della crisi dei rifiuti durante la campagna elettorale del 2008 sia stata una delle chiavi di volta del successo berlusconiano nel Comune - e in Italia; il mantenimento ed il consolidamento dei sistemi di potere, prima di centrosinistra ed ora di centrodestra, appare tuttavia non essere unicamente legato al voto di opinione.
Nel Mezzogiorno hanno un potere molto rilevante i cosiddetti signori delle tessere, i capibastone, dei veri e propri grandi elettori che muovono migliaia di voti da uno schieramento all'altro posizionandosi con questo o quel partito, e sono pertanto molto corteggiati dalle varie forze politiche indipendentemente dalla bontà delle loro proposte. A questo fenomeno si devono aggiungere le infiltrazioni della criminalità organizzata, della camorra, anch'essa desiderosa di alleati compiacenti nei palazzi del potere: la vicenda Cosentino è ancora memoria fresca nelle menti degli Italiani e dei Napoletani.

Risultati delle coalizioni nella Circoscrizione VII
rispetto alla media cittadina (2005-2010)

A questo proposito, desta particolare interesse la 7a municipalità cittadina, Miano - Secondigliano - San Pietro a Patierno: come si vede dal grafico, che mostra le differenze delle principali coalizione rispetto alla media cittadina del medesimo appuntamento elettorale, la municipalità si presenta nel 2005-2006 come favorevole al centrodestra, che qui arriva a racimolare fino al 5% in più della media, e sfavorevole di una cifra analoga per il centrosinistra.
Dal 2008 queste cifre hanno un'impennata, Miano - Secondigliano - San Pietro a Patierno diventa la roccaforte cittadina del centrodestra: qui la coalizione berlusconiana arriva ad ottenere circa il 10% in più rispetto alle prestazioni medie cittadine, diventando il quartiere dove ottiene il miglior risultato in tutto il Comune. Naturalmente il centrosinistra risulta in deficit di un'analoga percentuale.
Raffrontando questo risultato con i quartieri di altre città, il dato appare del tutto fuori norma: simili incrementi e decrementi a livello di preferenze di coalizione sono generalmente molto rari, ma ancora più raro è questo andamento slegato tra i vari quartieri; se altrove gli smottamenti verso sinistra o verso destra del corpo elettorale si presentano in maniera discretamente omogenea, in modo da lasciare inalterati i rapporti tra le circoscrizioni sia pure spostando il baricentro del risultato elettorale, a Napoli, proprio per la forza dei signori del voto, si assiste a questi fenomeni di riposizionamento come se si avesse a che fare con dieci comunità - anche se forse la parola più corretta sarebbe "feudi" - distinte anziché con dieci circoscrizioni del medesimo Comune.

Risultati ottenuti dal centrodestra
nel Comune di Napoli (2005-2010)
Cliccare per vedere l'animazione

Risultati ottenuti dal centrosinistra
nel Comune di Napoli (2005-2010)
Cliccare per vedere l'animazione

Ripartizione circoscrizioni
nel Comune di Napoli (2005-2010)

Come si evince dai cartogrammi, la città ha visto nel tempo un progressivo spostamento verso destra.
Se a sinistra è facile individuare nelle municipalità V, VI e X i bastioni che il centrodestra non è - ancora - riuscito a penetrare, la situazione è più complessa per il centrodestra. Fino al 2006 era la circoscrizione I a costituire la punta di diamante berlusconiana, ma dal 2008 tale ruolo è stato conquistato dalla circoscrizione VII, dove sono state toccate percentuali di consenso anche superiori al 60%.

Peso delle circoscrizioni
nel Comune di Napoli (2005-2010)

A riequilibrare, sia pure parzialmente, la competizione, è il peso relativo di ciascuna municipalità: i quartieri più popolosi di Napoli, infatti, corrispondono alle circoscrizioni V e VI, saldamente nelle mani del centrosinistra.
Anche se l'afflenza elettorale nel corso degli anni mostra variazioni anche significative del peso di ciascuna circoscrizione, in realtà non vi sono tratti evolutivi degni di nota. Il grafico mostra infatti un andamento a quattro livelli - circoscrizione V, circoscrizione VI, un primo gruppo di circoscrizioni popolose formato da III, IX e X, ed un secondo gruppo di circoscrizioni più piccole comprendente tutte le altre municipalità - che si ripresenta tutto sommato invariato ad ogni appuntamento elettorale.

Rapporto PD-IdV-SEL
nel Comune di Napoli (2005-2010)

Molto interessante, infine, è il peso relativo dei principali partiti all'interno delle coalizioni.
Se per il centrodestra, nel caso di Napoli, l'analisi non ha senso a causa dell'assenza della Lega Nord e della sproporzione tra il PdL ed i suoi alleati di turno, il grafico relativo al centrosinistra mostra un andamento in controtendenza rispetto a quello nazionale. Se altrove infatti la quota relativa al PD era in progressivo calo in favore di IdV e soprattutto SEL, a Napoli il PD ha toccato il punto più basso nel 2009 e nel 2010 ha riguadagnato spazio sia rispetto a Di Pietro che rispetto a Vendola. Lungi dall'essere un segnale dello stato di forma del Partito Democratico, il dato è con ogni probabilità riconducibile allo scarso appeal che il candidato alle regionali espresso dal centrosinistra, De Luca, ha avuto verso quel particolare segmento di elettori: i due schieramenti non hanno infatti avuto alcun incremento in termini di voti assoluti dalla maggiore partecipazione elettorale e dal minor numero di liste civiche.

Al netto dell'effetto-candidato, quindi, la maggioranza assoluta costruita dal centrodestra nel corso degli ultimi anni non sarà in grado di reggere lo tsunami provocato dalla nascita del Terzo Polo, specie in una città come Napoli dove Alleanza Nazionale contava tanto quanto Forza Italia. La forza delle coalizioni non sarà quindi in grado di garantire a nessuno una facile vittoria al primo turno, rendendo il ballottaggio lo scenario più probabile delle consultazioni napoletane del prossimo maggio.



1: il sito del Comune di Napoli entra a far parte delle fonti del blog

venerdì 25 marzo 2011

Il futuro di Angela Merkel passa da Stoccarda

Il Cancelliere tedesco Angela Merkel

Domenica 27 marzo sarà probabilmente il giorno più importante dell'anno elettorale tedesco, il giorno che terrà con il fiato sospeso il Cancelliere Angela Merkel ed il suo governo, il giorno in cui si terrà il doppio appuntamento amministrativo in Rheinland-Pfalz e in Baden-Württemberg.
Le prime due consultazioni, ad Hamburg il 20 febbraio e in Sachsen-Anhalt il 20 marzo, sono stati severe con il governo federale e la maggioranza nero-gialla che lo sostiene: nella città anseatica la CDU ha registrato le proprie peggiori performance dal dopoguerra, regalando la maggioranza assoluta dei seggi ai rivali storici della SPD, mentre nel land orientale solo il mancato accordo tra i socialdemocratici e l'estrema sinistra della Linke ha permesso alla CDU di restare alla guida di una Große Koalition nero-rossa.

In Rheinland-Pfalz è al comando un governo monocolore SPD, con alla guida Kurt Beck, uno degli uomini di punta del partito di Gabriel. Dopo trent'anni di incontrastato dominio democristiano, la SPD è riuscita a compiere il sorpasso nelle prime elezioni regionali della Germania unificata, nel 1991, stabilizzandosi al di sopra del 40% e mantenendo un ininterrotto dominio nel land. La CDU, che negli anni '70 era riuscita a raggiungere e superare la maggioranza assoluta dei consensi, è via via scivolata fino al 32% delle elezioni 2006.
Non da poco è anche l'importanza strategica dal land in termini economici: il Rheinland-Pfalz è il cuore della produzione vitivinicola tedesca, e la regione è anche la sede di multinazionali nel campo chimico (BASF) e farmaceutico (Boehringer Ingelheim).
Il land conta circa 4 milioni di abitanti ed un PIL di oltre 100 miliardi di euro. Partecipa al Bundesrat con quattro elementi: dal punto di vista politico il peso della regione, quindi, è paragonabile a quello della Toscana.

Il discorso è completamente differente in Baden-Württemberg. Il land è una vera e propria roccaforte della CDU, che lo governa ininterrottamente dal 1953 con percentuali di voto quasi sempre superiori al 40%. A queste percentuali sono poi da aggiungere i liberali della FDP, che sono sempre stati in grado di superare la soglia di sbarramento aggiungendo percentuali a volte a due cifre al centrodestra regionale. Lo schieramento progressista, che in questo land sudoccidentale è composto nella sua quasi totalità da SPD e Grünen, non è mai stato in grado di imporsi nella regione; negli ultimi anni una fetta consistente di elettorato si è spostata dai socialdemocratici agli ecologisti, che alle ultime consultazioni, tenutesi nel 2006, hanno pesato per circa un terzo sul totale del centrosinistra locale.
Il land è uno dei motori economici della Germania, sede di grandi multinazionali dell'industria e dei servizi come SAP, Porsche e Daimler. La regione è la terza dello Stato in termini di PIL, e la sua elevata industrializzazione la rende parte dei cosiddetti Quattro Motori per l'Europa assieme alla Lombardia (Italia), alla Cataluña (Spagna) e al Rhône-Alpes (Francia).
La regione racchiude al proprio interno poco meno di undici milioni di abitanti, terzo land tedesco in questa particolare graduatoria, ed ha un PIL di circa 480 miliardi di euro. Contribuisce con sei elementi al Bundesrat, il massimo attualmente previsto per una regione tedesca, che ne rende il peso politico pari a quello di una regione come la Sicilia.

Intenzioni di voto in Rheinland-Pfalz
(dati Infratest Dimap marzo 2011)

In Rheinland-Pfalz, come si vede dai sondaggi della Infratest Dimap aggiornati alla seconda decade di marzo, sembra molto difficile che la SPD riesca a conquistare da sola ancora una volta la maggioranza assoluta dei seggi. I socialdemocraci hanno infatti iniziato una lenta spirale discendente che li ha portati alla pari con una CDU data al contrario in stabilità, con il rischio tra l'altro di perdere il primato nel land. D'altra parte, si vede come al calo della SPD corrisponda un'analoga crescita dei Grünen, in gran forma in tutta l'area sudoccidentale della Germania. Non sembra quindi a rischio la vittoria del centrosinistra nella regione, ma è quasi scontato il passaggio da un monocolore rosso ad una coalizione rosso-verde.
Gli altri partiti appaiono invece in difficoltà: sia i liberali che la sinistra sono infatti dati al 5%, esattamente pari alla soglia di sbarramento prevista per il landtag, e non possono quindi dormire sonni tranquilli. La debolezza della FDP è un'ulteriore tegola per le già scarse speranze CDU, di cui i liberali sono alleati naturali: mentre la SPD potrà sicuramente contare sui Grünen, i democristiani rischiano, al momento della conta dei voti, di non poter sommare alla propria quota di seggi quella della FDP.

Intenzioni di voto in Baden-Württemberg
(dati Infratest Dimap marzo 2011)

I sondaggi relativi al Baden-Württemberg mostrano invece una situazione piuttosto incerta. Se non vi sono dubbi per il primato a livello di partito, le coalizioni appaiono invece molto vicine, rendendo l'elezione too close to call.
Il centrodestra (CDU + FDP) è visto dalla Infratest Dimap al 44,5%, mentre il centrosinistra (SPD + Grünen) si attesta al 46%, al momento realizzando quindi uno storico soprasso sulle forze rivali. L'outlook appare per di più positivo per le forze progressiste, che vedono la stabilità dei socialdemocratici e l'incremento degli ecologisti, e negativo per quelle conservatrici, date entrambe in calo. Infine, i liberali della FPD sono attestati appena al 5,5%, una cifra troppo poco al di sopra della soglia minima per accedere al parlamento regionale per dare sicurezza al partito e alla coalizione stessa, che rischia di perdere una quota importante di seggi per una manciata di voti.

Appeal dei candidati in Baden-Württemberg
Confronto Mappus - Kretschmann
(dati Infratest Dimap marzo 2011)

Nel land si consuma inoltre una battaglia elettorale tutta interna al centrosinistra: i Grünen sono dati dalla casa sondaggistica tedesca come primo partito della coalizione nella regione, con due punti di vantaggio sulla SPD. Il candidato ecologista, Kretschmann, appare inoltre in grado di calamitare un elevato numero di consensi, eguagliando Mappus, il candidato conservatore della CDU. Se le previsioni della Infratest Dimap saranno verificate, il Baden-Württemberg potrebbe essere il primo land tedesco ad avere un presidente dei Grünen nella storia della Germania.

Impatti politici del tema nucleare in Rheinland-Pfalz
(dati Infratest Dimap marzo 2011)

Impatti politici del tema nucleare in Baden-Württemberg
(dati Infratest Dimap marzo 2011)

Il disastro della centrale nucleare giapponese di Fukushima ha prepotentemente riportato alla ribalta il tema nucleare. I lander chiamati al voto il 27 marzo sono esposti in maniera differente sul tema. In Rheinland-Pfalz non sono attive al momento centrali, e nella storia della Germania ve ne è stata al massimo una; in Baden-Württemberg, invece, si sono succedute nel tempo otto centrali atomiche, di cui fino a sette attive contemporaneamente e quattro (Philippsburg I e II e Neckarwestheim I e II) tuttora in funzione. I sondaggi eseguiti dalla Infratest Dimap mostrano tuttavia posizioni abbastanza simili nelle due regioni, dove si legge una condanna piuttosto secca verso i partiti di governo, CDU e FDP, per come hanno gestito il tema. Ad avvantaggiarsi elettoralmente sono naturalmente i Grünen, non per nulla segnalati in rapida ascesa nei sondaggi. In effetti, la recente marcia indietro della Merkel sul nucleare può essere letta, con un certo cinismo, anche in ottica elettorale.

Composizione del Bundesrat (marzo 2011)

È indubbio che le elezioni realmente importanti, domenica prossima, saranno quelle del Baden-Württemberg. I numeri del governo federale al Bundesrat sono piuttosto risicati, potendo contare solo su 31 seggi su 69, al di sotto quindi della maggioranza assoluta che ne richiederebbe 35. 24 seggi sono invece in mano all'opposizione mentre 14 sono neutrali. I quattro seggi del Rheinland-Pfalz, in mano all'opposizione, difficilmente potranno cambiare bandiera, mentre è opportuno esaminare lo scenario di una disfatta conservatrice in Baden-Württemberg.
Il land contribuisce al Bundesrat con sei seggi. Se il governo perderà le elezioni locali, la sua compagine scenderà a soli 25 elementi, poco più di un terzo del parlamento. In caso di pareggio e quindi di Große Koalition si avrebbero 25 favorevoli alla Merkel, 24 contrari e 20 neutrali, ovvero un'Aula quasi perfettamente spaccata in tre. Peggio ancora per la Merkel sarebbe una vittoria verde-rossa nel land, che farebbe schizzare l'opposizione a 30 elementi rendendola forza di maggioranza relativa al Bundesrat.
Tutto questo, unito alla portata letteralmente storica di una vittoria della sinistra nella regione, rende le consultazioni del 27 marzo le più importanti dell'anno in Germania, e le stesse sorti della Merkel appaiono legate a doppio filo a quelle del candidato CDU in Baden-Württemberg, Stefan Mappus.

mercoledì 23 marzo 2011

In Sassonia-Anhalt resiste la CDU

Reiner Haseloff (CDU), favorito alla presidenza del Sachsen-Anhalt

Il risultato delle elezioni del 20 marzo in Sachsen-Anhalt, il secondo appuntamento del lungo anno elettorale tedesco, riconsegna il land nelle mani della CDU, ma, come spesso accade in politica, la continuità dell'esito finale arriva attraverso un mutamento abbastanza profondo degli equilibri interni della regione.

Esiti delle elezioni amministrative 2011 nel land del Sachsen-Anhalt

Distribuzione dei voti alle elezioni amministrative 2011
nel land del Sachsen-Anhalt

Come evidenziato dalla tabella e dal relativo grafico, il centrodestra tedesco si accusa una perdita complessiva di voti che va oltre i 6,5 punti percentuale; anche se la CDU il partito a soffrire di più l'emorragia di consensi, le conseguenze più pesanti sono per i liberali della FDP, che scendono al di sotto della soglia del 5% ed escono dal Parlamento regionale.

Discorso opposto per il centrosinistra: alla sostanziale stabilità della SPD, che si riconferma terza forza del land, si affianca il grande successo dei Grünen, il partito ambientalista che volta oltre il 7% e riconquista dei seggi nel landtag dopo un lungo stop che durava ormai dal 1994. Difficile dire, vista la quasi concomitanza degli eventi e l'assenza di indagini demoscopiche mirate, se le vicende giapponesi abbiano influito o meno sull'ottima prestazione del partito. Dal canto suo la SPD, sicura della propria presenza al governo del land o con la Linke o con la CDU, non ha forzato la mano in campagna elettorale (kuschelwahlkampf) limitandosi a mantenere i propri consensi.

Analizzando le ali estreme dello scacchiere politico locale, invece, appare in primo luogo la riconferma della Linke come secondo partito, sia pure in lieve calo; determinanti in tal senso le polemiche relative al legame tra Linke e comunismo scoppiate negli ultimi momenti della campagna elettorale. Ancora più importante è però il risultato conseguito dalla formazione di estrema destra NPD. Il partito neonazista, creatosi dalla fusione di più gruppuscoli estremisti, è riuscito grazie ad una costosa campagna elettorale impregnata di antieuropeismo e xenofobia a raggiungere il 4,5%, un valore che, anche se non sufficiente a permettere l'accesso al Parlamento regionale, suona come un campanello d'allarme per il centrodestra conservatore e liberale, incapace evidentemente di raccogliere sotto il proprio cappello le frange più estreme ed insoddisfatte del proprio emiciclo elettorale.

Sotto il profilo della partecipazione, le elezioni 2011 hanno segnato una forte inversione di tendenza rispetto al 2006, facendo segnare il ritorno sopra la maggioranza assoluta - 51% circa - dopo il baratro raggiunto nel 2006 con il 44%. Sono così aumentati anche i seggi a disposizione nel land, fattore che ha permesso a tutte le forze entrate nel landtag di vedere incrementata in senso assoluto la propria compagine indipendentemente dal risultato elettorale.

Composizione del Parlamento regionale del Sachsen-Anhalt
dopo le elezioni amministrative 2011

Proprio la composizione del nuovo parlamento regionale è l'indice della profonda incertezza che regna in Sachsen-Anhalt a livello elettorale: dal punto di vista prettamente matematico la maggioranza assoluta dei seggi può essere raggiunta in senso stretto - senza ridondanze - con ben tre combinazioni differenti:
  • CDU - Linke
  • CDU - SPD
  • Linke - SPD
In realtà la prima ipotesi è politicamente irrealizzabile, quindi resta la scelta tra una riedizione della Große Koalition che ha governato la regione dal 2006 ed un governo rosso-rosso. La SPD sfrutta quindi la propria posizione centrale tra i due maggiori partiti per essere sempre presente qualsiasi sia l'indirizzo del governo di coalizione.
Proprio il fatto che la Linke si sia tenuta al di sopra della SPD è tuttavia il maggior indizio sul tipo di governo che avrà luogo nel land: come da prassi in Germania, in un governo di coalizione il presidente è espressione del partito di maggioranza, quindi, in caso di accordo tra SPD e Linke, si avrebbe un presidente di estrema sinistra per la prima volta dall'unificazione dello stato tedesco.
Anche se i rapporti tra le forze progressiste tedesche sono ormai sufficientemente distesi da permettere governi di coalizione con la Linke, la SPD ha sempre rifiutato di esserne il partner di minoranza consegnandole la presidenza del governo di turno, preferendo piuttosto un analogo ruolo di subalternità rispetto alla CDU.

Nulla di fatto, quindi, per quanto concerne il Bundesrat: il prolungarsi della Große Koalition manterrà il Sachsen-Anhalt tra i lander neutrali, senza rafforzare né la maggioranza né l'opposizione.
Proprio le ripercussioni nazionali permettono di offrire un quadro più generale del quadro politico tedesco: la SPD, malgrado con una svolta a sinistra più radicale e un rapporto più stretto con la Linke potrebbe mettere in seria difficoltà il governo federale compiendo grandi balzi verso il controllo del Bundesrat, preferisce una politica più attendista e distesa verso il Cancelliere Angela Merkel.
Se da un lato questo può stupire in Italia, dove vige spesso la logica delle alleanze a tutti i costi pur di arrivare alla spallata al Governo sfiduciandolo pena l'accusa di "inciucio", non bisogna dimenticare una serie di fattori relativi alla politica e all'ordinamento tedesco che reinseriscono la scelta della SPD in un alveo di normale convenienza politica.
In primo luogo il Bundesrat, il Consiglio Federale, è diverso dal Senato della Repubblica Italiana: in Germania non vige un bicameralismo perfetto, e solo le leggi appartenenenti a determinati ambiti, definiti dalla Costituzione, necessitano del voto del Bundesrat. Per tutti gli altri, un eventuale parere negativo del Consiglio Federale può essere rovesciato se il Bundestag lo approva con una maggioranza pari o superiore. Soprattutto, il Bundesrat non partecipa alla votazione di fiducia al Governo Federale, quindi il controllo di tale Aula del Parlamento non può essere utilizzato per eventuali spallate all'esecutivo.
Inoltre lo shock provocato dall'elezione di un presidente di land della Linke rischierebbe di avere effetti controproducenti per le cinque consultazioni che ancora devono tenersi nel 2011, soprattutto nei ricchi e popolosi lander dell'ovest dove il partito di Lafontaine è ancora guardato con grande sospetto.

lunedì 21 marzo 2011

Piccoli Capezzoni crescono?

Marco Beltrandi (PD)

Durante la seduta numero 450 della Camera dei Deputati, tenutasi il 16 marzo 2011, è stata votata e respinta la Mozione 1/00580, proposta da Dario Franceschini e firmata da altri dieci deputati del Partito Democratico, che proponeva l'accorpamento dei referendum relativi al nucleare, al legittimo impedimento e alla privatizzazione dell'acqua con il primo turno della tornata elettorale di maggio, che vede coinvolte 1.310 amministrazioni comunali e 11 amministrazioni provinciali.

Secondo i firmatari dell'atto l'accorpamento avrebbe permesso all'erario di risparmiare 300 milioni di euro - una cifra enorme se si pensa ai tagli al mondo della scuola o a quello della cultura - e, motivo sottinteso ma determinante nelle motivazioni del voto in Aula, sarebbe stato uno sprone importante verso il raggiungimento del quorum.

La votazione è stata caratterizzata da molte assenze, sia tra i banchi della maggioranza che tra quelli dell'opposizione.


GruppoAssentiAssenti (%)
Futuro e Libertà per l'Italia828,57%
Gruppo Misto1254,55%
Iniziativa Responsabile724,13%
Italia dei Valori29,09%
Lega Nord Padania711,86%
Partito Democratico104,85%
Popolo della Libertà2812,28%
Unione di Centro411,32%


Il voto si è concluso con 275 pareri favorevoli, 276 contrari e nessun astenuto, provocando di un soffio la bocciatura della mozione. Se da un lato si trattava di un documento non vincolante per il Governo, è prassi che l'esecutivo tenga in debito parere il pronunciamento del Parlamento, e, in caso di approvazione, sarebbe stato un grande passo in avanti verso l'accorpamento delle scadenze elettorali.
Il fatto che ha portato la votazione agli onori della cronaca, oltre naturalmente al valore monetario coinvolto nell'operazione, è stato l'unico, determinante voto ribelle dell'Aula, quello dell'esponente radicale - eletto nelle fila del PD - Marco Beltrandi.

Accorpare le due tornate elettorali era un sotterfugio per far si che i referendum ottenessero il quorum. Io sono contrario al quorum, però finché c'è, l’abbinamento delle due date è un escamotage per raggiungerlo e ogni governo potrebbe abbinare le date per condizionare l’esito del referendum.

Con queste parole Beltrandi ha voluto motivare il proprio voto, contrario sia a quanto stabilito dal gruppo del PD, sia alla posizione espressa dagli stessi Radicali.
Un voto di principio, quindi, puramente politico e giustificato dalla stessa Costituzione che non pone vincolo di mandato ai parlamentari. Ma proprio per questa ragione le motivazioni e le scelte di Beltrandi sono a disposizione dell'elettorato, a sua volta libero di valutarle e giudicarle.
L'esponente radicale è di principio contrario al quorum nei referendum. Tuttavia, secondo la sua linea di pensiero, l'accorpamento tra amministrative e referendum sarebbe un modo sleale di favorire il raggiungimento del quorum stesso: la gente andrebbe a votare spinta alle urne dalle altre votazioni e non perché realmente desiderosa di pronunciarsi sul referendum. Favorire le manovre per il raggiungimento del quorum, inoltre significa accettarlo supinamente come parte integrante del referendum, rinunciando a metterne in discussione l'esistenza. Infine, conclude Beltrandi, il gioco degli accorpamenti potrebbe essere un'arma nelle mani del governo di turno per favorire o sfavorire l'esito della consultazione.

Il ragionamento di Beltrandi è tuttavia letteralmente zeppo di falle logiche: battersi a favore dei referendum e poi schierarsi contro un mezzo - assolutamente legale - per aumentarne le probabilità di successo solo perché quello strumento tocca un aspetto referendario che si desidera abolire di fatto è come - fatte le debite proporzioni - essere contro la moratoria sulla pena di morte perché se ne desidera l'abolizione.
Al tempo stesso non regge l'idea dell'uso strumentale delle date delle consultazioni da parte dei governi: in primo luogo è il Parlamento e non il Governo ad avere l'ultima parola in merito; secondariamente non esiste una posizione pro-referendum, una neutrale ed una contro: esiste una posizione favorevole al raggiungimento del quorum, l'accorpamento, ed una contraria, la separazione. L'uso strumentale, in un verso o nell'altro, è quindi a rigor di logica sempre presente.

Ma chi è Beltrandi? Da sempre radicale, eletto in Emilia Romagna, bolognese, classe 1969, membro della Commissione Difesa della Camera e membro della Commissione di Vigilanza RAI, di media produttività secondo Open Parlamento, si caratterizza per una percentuale del 5,45% di voti ribelli, una percentuale molto alta che lo rende il sesto membro della Camera in termini di numero assoluto di votazioni in dissenso con il proprio gruppo.
Il 9 febbraio 2010 si rese promotore del regolamento RAI sulla par condicio immediatamente fatto proprio dalla maggioranza di centrodestra che di fatto vietava - tramite una serie di condizioni quasi impossibili da soddisfare - il dibattito politico in TV nei trenta giorni immediatamente precedenti le elezioni amministrative del 2010. Il tutto, naturalmente, per motivi di scelta politica.

Finalmente sara' eliminata la licenza di arbitrio assoluto di cui i conduttori hanno goduto sino ad oggi. Le trasmissioni possono benissimo ospitare le tribune politiche, oppure possono adottare le regole delle tribune politiche, oppure occuparsi d'altro.

Per la seconda volta in due anni, quindi, Beltrandi risulta decisivo nell'appoggio al centrodestra su questioni di primaria importanza. Piccoli Capezzoni crescono?

venerdì 18 marzo 2011

Dati AGcom febbraio 2011

Logo dell'AGCom

Sul sito dell'AGCom sono stati pubblicati i dati sul pluralismo politico e istituzionale relativi al mese di febbraio 2011. Le ore totali di informazione politica sono state 201 circa, in incremento rispetto alle 188 di gennaio pur arrivando in un mese più corto di tre giorni.

Dati AGCom febbraio 2011

Se i dati di gennaio vedevano un sostanziale dualismo tra potere esecutivo ed opposizione parlamentare, sacrificando la maggioranza, febbraio non fa che acuire il fenomeno, evidenziando una situazione di subordinazione del potere legislativo a quello esecutivo ormai usuale nella vita politica italiana ma che di fatto non fa che riflettere il forte stress a cui è sottoposto l'apparato istituzionale italiano.

Dati AGCom febbraio 2011 aggregati per
Istituzioni - Maggioranza - Opposizione

Il tempo istituzionale si attesta in media al 54% circa del tempo politico complessivo, una cifra estremamente più alta del 33% previsto dalla par condicio, ovunque - MTV a parte - sopra la maggioranza assoluta del tempo e, tra i telegiornali con tempo complessivo superiore all'ora mensile, con picchi superiori al 58% su Studio Aperto, TG1 e SkyTG24.
All'interno del tempo istituzionale si nota poi una distribuzione molto diseguale tra i vari elementi componenti, con Presidente del Consiglio e Governo che da soli occupano il 42% del tempo complessivo (21% a testa) e di conseguenza quasi l'80% del tempo istituzionale, mettendo all'angolo il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Camere e l'Unione Europea.

Dal canto suo l'opposizione si attesta al 31%, un valore di soli due punti inferiore a quanto previsto dalla legge, pur se ottenuta in regime di alta varianza spaziando dal 21% del TG4 al 38% di Rainews. In particolare si nota una forte differenza tra i telegiornali RAI e quelli Mediaset, con i secondi che mostrano valori percentuali molto pià bassi dei primi.

A fare le spese della bulimia mediatica istituzionale e della tenuta del tempo di opposizione è quindi nuovamente la maggioranza, ridotta ad uno stringato 15%. Tutti Mediaset in questo caso gli estremi: si passa infatti dal 28% del TG4 all'11% di Studio Aperto.

Dati AGCom 2011 aggregati per
Istituzioni - Maggioranza - Opposizione / mese

Esaminando l'andamento di febbraio su gennaio viene proprio evidenziato il fenomeno di incremento di istituzioni ed opposizione a scapito della maggioranza, letteralmente marginalizzata nel dibattito politico ed incapace di ribadire la sovranità del Parlamento sul Governo.

Dati AGCom febbraio 2011 aggregati per
area politico-culturale

Esaminando invece il mese di febbraio per schieramento, si nota pressoché ovunque una netta predominanza del centrodestra, ancora più maracata se si considerano i valori della Lega marcati come destra.
Il centrosinistra prevale soltanto su Rainews24, SkyTG24 e Rainews, e sempre di pochi decimi, laddove il centrodestra dilaga in maniera eclatante su tutte le restanti reti toccando il 64% sul TG4 e ponendosi al di sopra della maggioranza assoluta del tempo politico - escluse quindi le istituzioni - anche nei telegiornali di La7 ed MTV.

Dati AGCom 2011 aggregati per
area politico-culturale / mese

Esaminando l'andamento aggregato di febbraio rispetto a gennaio, in questo caso emerge come i due schieramenti principali si rafforzino entrambi rispetto al centro, alle ali estreme e alle forze "altre". È altrettanto evidente come tuttavia sia il centrodestra ad avvantaggiarsi maggiormente dell'operazione, arrivando quasi alla maggioranza assoluta del tempo politico dei telegiornali.

Dati AGCom 2011 aggregati per mese

La pesante crisi del sistema bipolare in Italia viene confermata anche dal punto di vista mediatico con la crisi della maggioranza e la contestuale predominanza del centrodestra nei telegiornali: la formazione finiana Futuro e Libertà per l'Italia è infatti, tra i partiti politici principali, la sola ad aver incrementato in maniera sostanziosa il tempo ad essa dedicato. In realtà FLI si è ritrovata al centro del dibattito politico principalmente a causa delle numerose defezioni che hanno portato alla scomparsa del gruppo al Senato e al suo ridimensionamento alla Camera, con l'effetto, in ogni caso, di incrementare il tempo dedicato alla casella centrodestra/opposizione, una casella dello scacchiere politico italiano impensabile solo pochi anni fa.
La forte contrazione del tempo dedicato alla maggioranza si rispecchia nel calo percentuale di cui sono vittima PdL e Lega, al punto da rendere il PD, pur se anch'esso in calo, il primo partito in termini di evidenza mediatica. In calo anche SEL, IdV e UdC, così come, tra le istituzioni, il Presidente della Repubblica e quelli delle Camere.

Confrontando, infine, i telegiornali tra di loro, spicca l'ottimo risultato del TG4, che si dimostra il più equilibrato del mese di febbraio seguito da Rainews24 e dal TGla7. all'interno di questi TG le istituzioni spaziano dal 50% al 53%, la maggioranza dal 16% a 28% e l'opposizione dal 21% al 32%, a riprova di come l'avvicinamento ai valori prescritti dalla par condicio possa avvenire da più fronti differenti.

martedì 15 marzo 2011

Un'intervista imbarazzante

Il Ministro Mariastella Gelmini (PdL)

Il Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini (PdL), è stato ospite alla trasmissione di Rai Tre Che tempo che fa, condotta da Fabio Fazio, in data 13 marzo 2011, il giorno successivo alla grande manifestazione popolare in difesa della Costituzione e della scuola pubblica.
A questo link è disponibile il video dell'intervista.

Condotta da un Fazio - per una volta - determinato ed incalzante, l'intervista costituisce un valido strumento di comprensione sia degli strumenti comunicativi del Governo sia della politica scolastica da esso intrapresa.

Sono stati molte le tematiche affrontate durante la trasmissione, tra cui la manifestazione del giorno precedente e le parole di Berlusconi che ne erano state causa scatenante, la situazione della scuola italiana ed i tagli a cui è stata sottoposta, nonché l'annoso rapporto tra scuola pubblica e privata.

Una manifestazione assolutamente legittima ma che nasce da un presupposto sbagliato: che il governo abbia attaccato la scuola pubblica. Molti tra coloro che sono scesi in piazza mandano poi i figli alla scuola privata. Lo trovo incongruente. Non hanno fiducia nella scuola pubblica.

Così il Ministro Gelmini ha commentato la manifestazione del 12 marzo in difesa della Costituzione e della scuola pubblica.
Secondo il Ministro la manifestazione è stata una reazione ad un attacco, l'attacco del premier alla scuola pubblica, inesistente. In realtà Berlusconi, in data 26 febbraio, aveva dichiarato al Congresso dei Cristiano-Riformisti: Libertà vuol dire avere la possibilità di educare i propri figli liberamente, e liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato, dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare principi che sono il contrario di quelli dei genitori.
Al netto delle polemiche suscitate dalle parole di Berlusconi, delle posizioni dell'opposizione e del refrain del fraintendimento già il giorno successivo, la posizione del Presidente del Consiglio è, ad opinione di chi scrive, un attacco alla scuola pubblica per due motivi:
  • Berlusconi parla di "costrizione" verso la scuola pubblica, definita tra l'altro scuola di Stato, un termine generalmente utilizzato in un'accezione negativa. In realtà non esistono vincoli che impediscano la scelta, per una famiglia, di iscrivere il proprio figlio ad una scuola privata al di fuori delle considerazioni prettamente economiche. Proseguendo il ragionamento, si può intendere nelle parole di Berlusconi la volontà di rimuovere gli ostacoli verso la scelta delle scuole private. Se ciò consistesse nella semplice eliminazione delle differenze monetarie tra le due opzioni attraverso gli aiuti alle scuole private, il punto potrebbe essere liquidato come l'ennesima presa di posizione del centrodestra sul tema. In realtà tale proposito può anche essere ottenuto - ed in questa direzione paiono andare i provvedimenti del Governo - a costo zero per lo Stato peggiorando il servizio della scuola pubblica, in modo da rendere appetibili le istituzioni private anche senza utilizzare leve monetarie.
  • La scuola pubblica viene dipinta come un luogo di plagio, in cui agli studenti vengono "inculcate" ideologie politico-sociali - rivolgendosi Berlusconi ad una platea di centrodestra - di sinistra. La contrapposizione in cui vengono messe scuole pubbliche e provate è persino imbarazzante: secondo Berlusconi tutti e soli gli insegnanti delle scuole pubbliche utilizzano l'ambiente scolastico per ideologizzare i ragazzi, mentre tutti e soli gli insegnanti delle scuole private sono educatori del libero pensiero.
Neppure per eccesso di buona fede è possibile non considerare le parole del premier come un attacco alla pubblica istruzione.

Secondo il Ministro, inoltre, molti tra coloro che hanno manifestato mandano i propri figli alla scuola privata. Da questo il Ministro deduce che tali persone non hanno fiducia nella scuola pubblica, e manifestare per qualcosa verso cui non si ha fiducia è atto di incoerenza.
In realtà il procedimento logico usato dal Ministro ha molte falle, a partire dalle premesse. I "molti" a cui fa riferimento quanti sono esattamente? Che percentuale dei manifestanti? Da che fonte deriva la sua affermazione? Anche ammettendo tuttavia che "molti" tra coloro che hanno partecipato alle piazze del 12 marzo mandino i propri figli alle scuole private, il Ministro esclude dal proprio ragionamento le cause ed i desideri dei manifestanti. Mandare ai propri figli alle scuole private non significa automaticamente non desiderare una scuola pubblica di qualità: non usufruire di un servizio - la scuola come il divorzio come il testamento biologico - non implica necessariamente che quel servizio debba essere abolito o depotenziato.
Non usufruire di un servizio, inoltre, non implica necessariamente non volerlo fare. La difesa di una scuola pubblica di qualità può essere un obiettivo da perseguire anche per coloro che mandano i propri figli alle private perché, ad esempio, le condizioni del plesso scolastico statale del posto sono disastrate. Ribaltando le parole di Berlusconi, si può dire che la piazza abbia manifestato contro l'obbligo "di fatto" di scelta delle scuole private, contro l'abbandono ed il degrado che rendono in certe parti del Paese la scuola pubblica un'istituzione di serie B.

Ci sono circa 200 mila bidelli ma si spendono 600 milioni per le imprese di pulizie. Ci sono più bidelli che carabinieri per avere le scuole sporche.

Questa frase del Ministro era una rivendicazione dei tagli effettuati, legati, a suo dire, soltanto all'eliminazione degli sprechi.
Premesso che nelle istituzioni pubbliche italiane, dalla sanità alla PA passando sicuramente per la scuola, si annidano sprechi e rendite in abbondanza, e senza voler indagare la bontà dei provvedimenti messi in atto dal Governo e dalla maggioranza che lo sostiene, l'esempio scelto dalla Gelmini appare particolarmente infelice.
In Italia, secondo il sito ddei Carabinieri, ci sono 117.943 appartenenti all'Arma dislocati in circa 4.500 caserme.
Gli edifici scolastici del Paese sono invece oltre 40.000. Quanto al numero dei bidelli, secondo Francesca Puglisi, responsabile scuola della segreteria PD, si attesta sulle 130.000 unità, ed è destinato a scendere a 125.000 elementi a causa dei provvedimenti in materia scolastica del Ministro Gelmini.
Con i numeri dati dal PD, quindi, ogni edificio scolastico potrebbe attualmente contare in media su circa 3 bidelli. Prendendo invece per buoni i numeri del Ministro, i bidelli per edificio scolastico sono invece in media circa 4,5. Sono pochi, tanti, troppi?
Tra le funzioni dei bidelli, oltre alla pulizia, vi sono l'apertura e la chiusura degli edifici, il controllo degli studenti quando sono fuori dalle aule, un compito che arriva ad accompagnare i bambini in bagno, specie nelle scuole dell'infanzia e alle primarie, e a gestire i casi di malore senza obbligare gli insegnanti a lasciare sguarnite le aule.
Il ragionamento corretto da fare sarebbe stato: "date le funzioni che devono espletare i bidelli, tenendo conto del numero e delle esigenze degli studenti, e tenendo conto del numero degli edifici scolastici, il loro numero è adeguato o no?"
Tentare di dimostrarne il soprannumero utilizzando paragoni ad effetto con una categoria che non c'entra nulla suona di propaganda e, soprattutto, di pochezza di argomenti.

Tagli alla scuola ma tagli agli sprechi. Mi sentirei in colpa se avessi tagliato sulla qualità della scuola, non ho licenziato nessuno, ma abbiamo contenuto la pianta organica e liberato risorse che hanno permesso di non bloccare gli scatti di anzianità per gli insegnanti.

Ancora più del precedente paragone, questa frase del Ministro Gelmini costituisce un'orgogliosa rivendicazione del suo operato e della riforma scolastica che porta il suo nome.
Secondo il Ministro la spesa per la scuola pubblica è aumentata negli ultimi dieci anni, e, poiché il suo intervento riguarda gli sprechi, se ne deduce che tale incremento di spesa andava a riguardare prevalentemente degli sprechi. Nell'ultimo decennio prima del suo insediamento si sono succeduti, a Viale Trastevere, Berlinguer (centrosinistra) e De Mauro (centrosinistra) fino al 2001, Moratti (centrodestra) dal 2001 al 2006 e Fioroni (centrosinistra) dal 2006 al 2008. Come si vede, l'unico titolare del Ministero dell'Istruzione che ha avuto tempo e margini per una manovra di ampio respiro e consolidamento è stata Letizia Moratti, a cui, si deduce, devono essere prevalentemente rivolte le critiche della Gelmini.
La frase del Ministro mette però in chiaro due punti: la qualità della scuola non è diminuita, e non sono stati bloccati gli scatti di anzianità.
La diminuzione delle ore nei piani di studio, con conseguente diminuzione delle cattedre. L'incremento del numero minimo di studenti per classe. La soppressione degli istituti più periferici, spesso in sedi geograficamente disagiate. L'eliminazione del tempo pieno. La saturazione delle cattedre a 18 ore, che vincola fortemente le possibilità di sostituzioni e compresenze. Se questi punti non sono un degrado della qualità, che cosa intende il Ministro per qualità?
Proprio il passaggio sugli scatti di anzianità costituiscono un pericoloso scivolone del Ministro sul tema del merito e della qualità. Per sua stessa dichiarazione, i soldi recuperati dai tagli non sono stati usati per potenziare la sperimentazione sul merito scolastico, limitata geograficamente tuttora a poche decine di scuole nelle grandi città e monetariamente ad una mensilità extra contro i 7.000 euro promessi. Le risorse a disposizione sono state invece usate dal Ministro "a pioggia", ovvero per gli scatti di anzianità.
Il fatto che solo con tagli pesantissimi la scuola italiana sia riuscita a reperire le risorse per quella che dovrebbe essere l'ordinaria amministrazione della retribuzione dei docenti la dice lunga sullo stato in cui versa la pubblica istruzione, e dovrebbe a sua volta essere oggetto di analisi approfondita, ma colpisce come la Gelmini riesca a dichiarare con orgoglio atti del tutto contrari alle sue dichiarazioni e alla politica professata dal Governo di cui fa parte.

Dicono spesso che ho tagliato gli insegnanti di sostegno ma in realtà ce ne sono tremila e 500 in più rispetto al passato. Il problema è la loro distribuzione e il fatto che in alcune zone del Paese ne usufruiscono anche alunni che non ne avrebbero bisogno.

In questo passaggio molto controverso il Ministro mischia una verità sacrosanta, una mezza verità ed un'affermazione, da qualsiasi parte la si voglia guardare, assolutamente indegna.
È corretto che la carenza degli insegnanti di sostegno sia un problema acuito dalla distribuzione geografica. Come evidenziato anche da un'indagine di Tuttoscuola (abstract parte I e parte II, versione completa scaricabile da questo link), vi sono sostanziali disparità a seconda delle differenti province italiane. D'altra parte, chi parla è il Ministro dell'Istruzione, non una persona qualsiasi: compito del Ministro dovrebbe essere, individuato il problema, raccontare agli Italiani cosa sta facendo il Governo per risolverlo. In che modo il Ministro Gelmini sta tentando di porre rimedio a questo squilibrio?
In seconda battuta, la cifra - 3.500 insegnanti - a cui fa riferimento la Gelmini è riferita ai docenti di ruolo; il numero degli insegnanti di sostegno totali è invece rimasta pressoché invariata. Anche se la notizia è positiva e degna di merito, è falso affermare, affrontando il problema della copertura dei disabili, che vi siano 3.500 insegnanti di sostegno in più.
Infine, la frase relativa a coloro che usufruiscono del servizio senza averne diritto, se presa seriamente, apre un problema molto delicato. Di per sé una simile affermazione appare difficilmente credibile, e pare che anche in questo frangente al Ministro manchi la capacità di analizzare psicologicamente gli Italiani. In realtà magari di paese, avere "il figlio handicappato" è ancora motivo di vergogna, una vera e propria onta per la famiglia, ed il solo privilegio di avere l'insegnante di sostegno, se così vogliamo chiamarlo, non è certamente un contrappeso sufficiente. Sono molto più comuni i casi di genitori che al contrario rifiutano di riconoscere i propri figli come diversamente abili, con tutti gli impatti che questo produce nell'ambiente scolastico. Se, quindi, quanto ha detto il Ministro è falso, o se in generale non ha le prove per dimostrarne la veridicità, si tratta di una scusa di pessimo gusto per nascondere un fallimento politico sul tema. Se invece è vero, si ricade nel problema precedente: oltre ad aver affermato ai genitori dei ragazzi veramente disabili che i servizi a cui avrebbero diritto i loro figli sono "rubati" da persone che disabili non sono, ha anche rassicurato queste persone spiegando in che modo il Governo ha intenzione di intervenire?

La performance televisiva del Ministro si può considerare quindi imbarazzante, ed è, anche senza dare credito a teorie più o meno complottistiche volte alla distruzione pilotata della scuola pubblica, una spia palese delle difficoltà che ha il Governo nel mantenere le promesse fatte agli Italiani alla vigilia delle elezioni del 2008.

sabato 12 marzo 2011

Professionisti della politica (Parte II)

Mirko Tremaglia (FLI)

Dopo aver esaminato nel dettaglio l'anzianità politica dei senatori della XVI legislatura, il medesimo studio è stato ripetuto, sempre sfruttando i dati messi a disposizione da Open Parlamento aggiornati al 10 marzo 2011, per i membri della Camera dei Deputati.

La grande differenza di numero tra deputati e senatori, con i primi in numero doppio rispetto ai secondi, tratteggia da subito quali dovrebbero essere le fisiologiche differenze tra le due Camere.
In primo luogo perdono di importanza i valori minimi e massimi, legati più a singole personalità che ai gruppi parlamentari nel complesso; di concerto, l'incremento del numero di elementi aumenta l'importanza del valore medio e della deviazione standard come indici per misurare il grado di rinnovamento della classe dirigente che occupa l'Aula.

I dieci deputati con il maggior numero di giorni
in veste da parlamentare (dati al 10/03/2011)

Esaminando la tabella che mostra i parlamentari più longevi in termini di attività, si nota in realtà come siano sei i membri che hanno superato la soglia ideologica dei 10.000 giorni, a fronte - tenendo conto dei 30 giorni di discrepanza tra la rilevazione della Camera e quella del Senato - dei quattro del Senato. I due valori appaiono quindi in linea.
Dal punto di vista dei gruppi parlamentari si nota una certa omogeneità, con tre elementi UDC, due PD e un PdL. A questi si aggiungono due FLI - eletti nelle liste del PdL - e due appartenenti al Misto - uno eletto nelle fila dell'UDC e uno in quelle PdL.
Nella lista vi sono molti volti noti, e soprattutto due - Fini e Casini - che occupano il ruolo di leader di partito, a riprova del ruolo ancora considerevole che la generazione approdata alla politica negli anni '80 ha nel Parlamento di oggi.

I dieci deputati con la minore data di
primo ingresso in Parlamento (dati al 10/03/2011)

Se si valuta invece la data del primo ingresso in Parlamento, dove la "top ten" si allarga a dodici elementi a causa degli ex aequo, risultano essere otto i deputati entrati in Aula prima del 1980, contro i sei del Senato.
Analizzando il dato dal punto di vista dei gruppi parlamentari, si nota come la componente PD scenda ad un solo elemento, mentre restano due gli UDC - più uno ora nel Misto - e diventano quattro i membri del PdL, più due poi passati a FLI e due al Misto.
In questa seconda tabella compaiono molti nomi che non sono presenti nella prima, e che anzi mostrano valori relativamente bassi: questi dati evidenziano un fenomeno, relativamente comune in realtà nel Parlamento, che va ben oltre la mancata elezione per uno o due mandati di un particolare deputato, ma che ha invece visto il ritorno sulla scena, nelle ultime due legislature, di diversi onorevoli fuori dal Parlamento dai tempi della Prima Repubblica.

Analisi dei giorni di presenza in Parlamento (dati al 10/03/2011)
Aggregato per gruppo parlamentare

Se l'anzianità media della Camera è di circa un anno inferiore a quella del Senato, vi sono molte differenze tra le due Camere se si osserva lo spaccato dei gruppi parlamentari. È infatti in questo caso il gruppo Misto ad avere il valore medio più alto, prossimo ai 4.000 giorni, seguito da FLI, UDC, PdL, PD, Lega, IdV e, gruppo con la composizione più giovane, Responsabili.

Analisi del gruppo parlamentre PdL (dati al 10/03/2011)

Analisi del gruppo parlamentare FLI (dati al 10/03/2011)

Rispetto al Senato, la vittoria del 2008 è stata sfrutta alla Camera in maniera più proficua, con 82 parlamentari alla prima legislatura su un totale di 228; la vera differenza tra le due Aule è però situata nei parlamentari con maggiore anzianità, ed in special modo tra coloro che hanno alle spalle due legislature.
Completamente differente rispetto al Senato è invece lo spaccato di FLI: alla Camera paiono infatti essere i membri più anziani ad aver voltato le spalle alla formazione di Berlusconi, segno del progressivo distacco tra la destra storica rappresentata dal MSI e la politica perseguita dal PdL. La presenza in questa formazione di veterani della politica come Fini e Tremaglia, unita alle scarse dimensioni del gruppo, rende l'anzianità media di FLI molto alta, ma l'elevata varianza è anche indice di una discreta presenza giovanile, anche se fondata più su coloro che sono alla seconda legislatura che sulle new entry, essenziale per dare un futuro alla formazione finiana.

Analisi del gruppo parlamentare PD (dati al 10/03/2011)

Analisi del gruppo parlamentare Lega (dati al 10/03/2011)

Il Partito Democratico porta in Aula il medesimo numero di new entry del PdL, ma su un totale di gruppo inferiore di 22 unità. Questo fattore, unito all'ampia delegazione con alle spalle due legislature, è il motivo delle migliori prestazioni del PD rispetto al PdL in termini di capacità di rinnovamento generazionale.
Particolarmente interessante è però il raffronto tra PD e Lega Nord. I due partiti hanno un tempo medio molto simile (appena 50 giorni di differenza), ma i grafici mostrano un andamento molto differente. Il PD mostra l'andamento di un partito sostanzialmente stabile, con una struttura piramidale di andamento piuttosto dolce tra i vari gradini rappresentati dalle legislature. La Lega, come evidenziato anche dalla maggiore deviazione standard, mostra i segni caratteristici di un partito in forte espansione: un elevatissimo numero di giovani alla prima legislatura, ma un peso abbastanza rilevante rispetto al totale delle figure storiche. Non si può parlare quindi di ricambio generazionale e rinnovamento della classe dirigente per questa formazione, quanto piuttosto di mantenimento dei vecchi volti unito all'aggiunta di un gran numero di nuovi ingressi.

Analisi del gruppo parlamentare IdV (dati al 10/03/2011)

L'Italia dei Valori mostra un andamento analogo a quello della Lega, anche se, essendo una formazione di per sé più giovane, non evidenzia al proprio interno elementi di particolare anzianità.

Analisi del gruppo parlamentare UDC (dati al 10/03/2011)

Il partito centrista di Casini dimostra invece una forte incapacità di rinnovamento interno, come mostra lo scarso numero di esponenti entrati in Parlamento nell'ultima legislatura. Oltre al peso rilevante delle figure storiche, colpisce il peso rilevante della quota di coloro che hanno alle spalle due legislature, come se l'UDC vivesse ancora della rendita di un ricambio generazionale avvenuto in occasione delle elezioni del 2006.

Analisi del gruppo parlamentare Misto (dati al 10/03/2011)

Analisi del gruppo parlamentare Responsabili (dati al 10/03/2011)

Particolarmente interessanti sono infine i grafici relativi al gruppo Misto e a quello dei Responsabili, rispettivamente la formazione più anziana e più giovane della Camera dei Deputati.
Il Misto rappresenta tutti coloro che, per ideologia o per calcolo, si sono posti al di fuori delle consuete formazioni partitiche - assieme naturalmente agli esponenti delle minoranze linguistiche. Dall'analisi emerge che a fare questa scelta sono soprattutto gli anziani della politica, nomi storici come La Malfa o Tabacci fuoriusciti dai partiti con i quali erano stati candidati.
Al contrario il gruppo dei Responsabili è nato recentemente per coagulare in un'unica formazione i delusi di FLI e gli esponenti del Misto che volevano sostenere esplicitamente il govenro e tornare nella maggioranza senza aderire però a PdL o Lega. Il gruppo, come si vede, è molto giovane, e se da un lato possono insorgere dubbi sui reali propositi di parlamentari giovani, senza pacchetti di voti legati alla propria personalità e quindi senza garanzie certe di rielezione se dovessero contare solo sulle proprie forze, dall'altro per Berlusconi è un segnale positivo essere riuscito a raccogliere un gruppo di giovani, tra cui possono celarsi i dirigenti del domani, in suo sostegno.

Analisi dei giorni di presenza in Parlamento (dati al 10/03/2011)
Aggregato per regione

Dall'analisi regione per regione si vede come ve ne siano solamente tre - Abruzzo, Calabria e Molise - a superare la soglia psicologica del valore medio di 3.000 giorni, ma più di tutto colpisce come una regione in grado di produrre ben 99 deputati come la Lombardia abbia un valore molto prossimo a tale soglia, anche tenendo conto che due dei dieci parlamentari con maggior anzianità sono stati eletti in questa regione.

Analisi dei giorni di presenza in Parlamento (dati al 10/03/2011)
Aggregato per regione / gruppo parlamentare

Se per ciascuna regione si esamina lo spaccato dei gruppi parlamentari, è possibile osservare in dettaglio il comportamento dei partiti sul territorio. Come per il Senato, si possono prendere a titolo esemplificativo una regione a maggioranza di centrosinistra, una in cui domina il PdL ed una a trazione leghista.
In Emilia Romagna i tre principali partiti - PD, PdL e Lega - presentano valori relativamente vicini, con il PD circa 200 giorni sotto al PdL e la Lega circa 200 sotto al PD. Tutte e tre le formazioni hanno incrementato il numero di deputati (di uno PD e PdL, di due la Lega), dimostrando a conti fatti un'analoga capacità di svecchiamento della classe dirigente.
In Sicilia la situazione è completamente differente. Sebbene il PdL sia in grado di contare su una delegazione di deputati doppia rispetto al PD, doppia è anche l'anzianità parlamentare dei suoi deputati. In una regione in cui è sempre storicamente stato debole, il centrosinistra ha quindi puntato su un rinnovamento sostanzioso della propria classe dirigente, in presenza per di più di un calo di tre unità della propria delegazione di parlamentari, laddove il PdL non ha saputo approfittare della propria posizione predominante e di un incremento di quattro parlamentari per eseguire un'adeguata operazione di inserimento di nuove leve tra i propri deputati dell'isola.
In Veneto, infine, la violenta espansione della Lega ha portato ad un incremento di ben undici unità, a scapito di PD (-3) e soprattutto PdL (-5). Eppure, in questa situazione, è stato ancora il PD a portare in Parlamento i deputati con la minore anzianità, segno di come nel PdL si sia cercato principalmente di conservare l'elezione di coloro che già erano stati eletti in passato, e nella Lega ci si sia limitati invece a fare spazio alle nuove leve sfruttando i maggiori posti a disposizione, senza un vero ricambio.

Analisi dei giorni di presenza in Parlamento (dati al 10/03/2011)
Aggregato per sesso

Utilizzando infine il sesso dei deputati come elemento discriminante ai fini dell'analisi, emerge come le donne - il 21% circa del totale - abbiano un'anzianità di circa 700 giorni inferiore a quella dei colleghi maschi.

Analisi dei giorni di presenza in Parlamento (dati al 10/03/2011)
Aggregato per gruppo parlamentare / sesso

Dallo spaccato per gruppo parlamentare, conteggiando semplicemente il numero di donne presenti in ciascuna formazione spicca il valore del PD, in grado di vantare delle quote rosa intorno al 40% e di contenere da solo il 45% delle donne dell'intera Camera dei Deputati.
Analizzando per anzianità, e prendendo in esame per validità statistica solo i gruppi con una componente femminile di almeno dieci elementi (PD, PdL e Lega), emerge come sia ancora il PD a fare meglio della formazione berlusconiana, mentre il Carroccio riesce a fare meglio di entrambe sfruttando il maggior numero di posti a disposizione ottenuti nella XVI legislatura.

Alla Camera ancora più che al Senato si evidenziano quindi le differenze tra centrosinistra e centrodestra in termini di ricambio generazionale e capacità di presentazione e inserimento di nuovi parlamentari. L'unica notizia positiva per il futuro del berlusconismo come modello di destra è l'elevata anzianità dei componenti di FLI, che li presenta più come nostalgici del MSI che come forza di rinnovamento verso una nuova destra, e al contrario la bassa anzianità media dei Responsabili, un gruppo per ora unito solo dalla volontà di sostegno al governo ma che in futuro potrebbe costituire, se saprà trovare un'identità politica, una vera e propria terza gamba per la maggioranza a sostegno di Silvio Berlusconi.
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