lunedì 31 ottobre 2011

Ecco cosa Berlusconi ha promesso alla UE

Angela Merkel e Nicolas Sarkozy

Mercoledì 26 ottobre il Governo della Repubblica Italiana ha fatto pervenire a Bruxelles, alle istituzioni europee, una lettera di intenti relativa alle riforme in tema di sviluppo e contenimento della spesa pubblica che il nostro Paese intende mettere in campo per ritrovare quella fiducia dei mercati necessaria per bloccare gli attacchi speculativi di cui siamo ripetutamente vittima ormai da diverso tempo.

L'esigenza della lettera nasce in prima battuta dal continuo rinvio della presentazione delle misure in tema di sviluppo economico, previste per la metà del mese di ottobre ma non ancora presentate in Consiglio dei Ministri né tantomeno al Parlamento.
I leader delle principali economie dell'area Euro, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, hanno letteralmente imposto un ultimatum al Governo fissando appunto nella giornata di mercoledì 26 la data ultima per la definizione delle misure per la crescita, in una conferenza stampa passata tuttavia agli onori della cronaca per lo sketch sull fiducia che l'Europa ripone nel Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.




La semplice risposta delle autorità italiane sotto forma di lettera di intenti ha dimostrato una volta di più le difficoltà politiche del governo e della maggioranza di arrivare a formulazioni chiare e concrete delle necessarie misure in tema di sviluppo, mantenendo l'agitazione dei mercati e contribuendo al mancato abbassamento dello spread nel confronto con i bund tedeschi.

Spread di Belgio, Francia, Irlanda, Italia e Spagna
(settembre - ottobre 2011)

La particolare scelta del tipo di documento di inviare alla UE permette tuttavia di avere un documento di tipo programmatico da parte del Governo che consente di delineare quali dovrebbero essere le scelte politiche dell'esecutivo nella restante parte della legislatura, oltre ad un confronto con le dichiarazioni e le leggi messe in campo in passato.

La lettera è strutturata in un preambolo e quattro punti chiave piuttosto strutturati, ben suddivisi per argomenti chiave; si nota una maggiore organizzazione e chiarezza rispetto ad altri documento di matrice berlusconiana, probabilmente a causa sia del destinatario (i tecnici della UE anziché i parlamentari italiani o i simpatizzanti del PdL) sia a causa del fatto che il testo è stato pensato per essere letto e non per essere ascoltato.

L'introduzione offre una sorta di contestualizzazione delle ragioni per cui sarà necessario introdurre le misure sullo sviluppo, fornendo da un lato le indicazioni dei saldi delle manovre fino a qui approvate, e dall'altro evidenziando quasi in tono di autodifesa come i nostri problemi economici non siano nuovi, ma siano sempre gli stessi calati in un contesto differente.
Una simile puntualizzazione, tuttavia, è da rimarcare in quanto costitusce solo il primo dei passaggi in cui Berlusconi ed il Governo cercano di evitare qualsiasi responsabilità nella gestione dell'economia italiana negli anni della crisi internazionale: precisare che il nostro modello economico non era e non è adatto a sopportare una crisi economica della portata di quella attuale non è infatti rilevante ai fini delle riforme da mettere in atto, ma mette l'attuale esecutivo in una linea di continuità ed equivalenza con i precedenti, paradossalmente cancellando le responsabiltà dovute all'aver prima negato e minimizzato la crisi, e poi annunciato trionfalmente la ripresa della nostra economia senza che i dati suffragassero simili percezioni.
Al tempo stesso suona piuttosto vuota la rivendicazione di una crescita del debito rispetto al PIL migliore di quella degli altri Stati: la situazione italiana è talmente vicina al punto di rottura da rendere anche minimi peggioramenti molto più critici rispetto a peggiormamenti molto più grandi da parte degli altri Paesi.

La prima parte della lettera, intitolata "I fondamentali dell'economia", illustra l'andamento di alcuni indicatori economici del Paese allo scopo di confrontarli con quelli degli altri Paesi d'Europa.
L'apertura è assolutamente roboante:

Il Governo italiano ha risanato i conti pubblici e conseguirà l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013.

Il semplice dettaglio delle affermazioni successive mitiga tuttavia questa affermazione: gli indicatori presi in considerazione sono PIL e relativo rapporto deficit/PIL, per i quali vengono presentare prospettive ottimistiche per il futuro - e correzioni sui dati del passato - senza riferirle alla nostra situazione attuale; inoltre vengono offerti dettagli spot relativi al nostro bilancio, indicando come informazione chiave la riduzione del rapporto debito/PIL a partire dal 2012.
L'idea che emerge da questi passaggi della lettera è quella di un Paese già avviato sulla via del risanamento, e questo psicologicamente lascia passare come messaggio l'idea che il Governo consideri quasi inutili le riforme che ci chiede l'Europa. Di nuovo, più che una rivendicazione del proprio operato, una mancata assunzione di responsabilità per quanto verrà approvato nei prossimi mesi.

La seconda parte della lettera, dal titolo "Creare condizioni strutturali favorevoli alla crescita", è il cuore del documento (sei pagine su nove nella versione linkata) e riguarda proprio le riforme che il Governo si impegna a intraprendere dinanzi all'Europa per stimolare l'economia del Paese. Il capitolo si compone di un preambolo in cui vengono calendarizzati alcuni generici interventi di liberalizzazione della concorrenza e semplificazione normativa, nonché di riforma del mercato del lavoro, senza tuttavia entrare nel dettaglio, almeno in questo passaggio, delle modifiche da intraprendere.
Allo stesso modo viene affrontato il tema del dualismo nord-sud, dove viene dettagliato un flusso gestionale per l'utilizzo dei fondi europei ma solo un passaggio molto generico al loro effettivo impiego.
È nella parte successiva di questo secondo capitolo della lettera che trova spazio il capitolo di maggiore dettaglio dei programmi del Governo, strutturati in un elenco di nove punti:
  • promozione e valorizzazione del capitale umano
  • efficientamento del mercato del lavoro
  • apertura dei mercati in chiave concorrenziale
  • sostegno all’imprenditorialità e all’innovazione
  • semplificazione normativa e amministrativa
  • modernizzazione della pubblica amministrazione
  • efficientamento e snellimento dell’amministrazione della giustizia
  • accelerazione della realizzazione delle infrastrutture ed edilizia
  • riforma dell’architettura costituzionale dello Stato
La lettera assegna molto spazio al dettaglio e alla spiegazione di questi punti, tuttavia, ad una lettura più approfondita, ci si rende conto di come buona parte del testo sia relativo a linee-guida di altissimo livello e al dettaglio dei provvedimenti già messi in atto dall'esecutivo. I provvedimenti concreti che il Governo intende mettere in campo nel prossimo futuro possono quindi essere riepilogati nel seguente elenco.
  • Si propone una liberalizzazione della gestione delle rette universitarie unita ad una maggiore dipendenza dei finanziamenti statali sulla base dei parametri ANVUR; si tratta, specie nella prima parte, di una riforma da sempre nel cuore della destra italiana, è tuttavia da rimarcare che difficilmente avrà impatti immediati nel fronteggiare la crisi economica in cui versiamo
  • In tema di occupazione vi sono riferimenti generici a misure di incentivo all'assunzione femminile e giovanile nelle aree del sud, senza che però il Governo esprima misure in grado di creare lavoro; riprendendo un tema forse più caro alla sinistra, l'esecutivo pare intenda varare misure di stampo puramente assistenzialista
  • In tema di liberalizzazioni e concorrenza le uniche nuove misure di cui si parla sono quelle volte a favorire la concorrenza nel settore automobilistico (carburanti e assicurazioni), oltre ad un potenziamento delle autorità competenti in materia di concorrenza.
  • A supporto delle imprese il Governo intende introdurre una fiscalità di vantaggio per le ricapitalizzazioni e più semplici sistemi di certificazione del debito.
  • Lo snellimento della pubblica amministrazione verrà ottenuto con strumenti di cassa integrazione, riduzione del salario e del personale e progressivo affidamento a consulenze esterne.
  • Defiscalizzazione per le imprese private che parteciperanno alla realizzazione di infrastrutture di utilità pubblica e utilizzo dei beni dello Stato come garanzia allo scopo di agevolare i mutui per le giovani coppie.
  • Infine, una serie di riforme costituzionali volte a snellire l'architettura dello Stato, con riduzione del numero di parlamentari, abolizione delle province, introduzione del vincolo di bilancio in Costituzione e riforma dell'art. 41
L'elenco fornito dal Governo appare tuttavia lacunoso da un punto di vista fondamentale: indipendentemente dalla bontà e dall'auspicabilità delle proposte, non spiega in che modo saranno reperite le risorse necessarie per le riforme onerose, e non spiega il razionale per cui quelle a costo zero non sono ancora state messe in atto.

Il terzo capitolo è intitolato "Una finanza pubblica sostenibile" e affronta il dettaglio delle voci di spesa dello Stato su cui il Governo intende agire per portare in attivo il bilancio del Paese e aggredire il debito pubblico.
Il capitolo è strutturato in paragrafi tematici, dedicati rispettivamente alle pensioni, alle dismissioni, al debito nel suo complesso, al costo degli apparati istituzionali, al pareggio di bilancio, oltre ad un capitolo conclusivo generico.
In realtà, come nel capitolo precedente, il grosso della lettera riguarda più un dettaglio dell'operato del Governo nei mesi passati che la descrizione degli interventi da intraprendere in futuro; così è soprattutto per il tema più caldo di questo periodo, quello previdenziale. Il veto della Lega Nord a ulteriori ritocchi al sistema pensionistico ha fatto sì che il paragrafo dedicato alle pensioni altro non sia che la spiegazione dettagliata delle riforme fino a questo momento varate, senza alcun impegno per il futuro.
Più corposo è invece il piano di dismissioni, che comporterà la vendita di immobili di proprietà statale allo scopo di eliminare ridondanze e favorire un uso più efficiente delle risorse, e un piano di privatizzazione forzata delle proprietà degli enti locali. Se da un lato si tratta di un modo per fare cassa ed eliminare gli sprechi, dall'altro una vendita forzata rischia di trasformarsi in una svendita dei beni pubblici, in cui lo stato di fatto cede a poco prezzo dei pezzi magari pregiati ai privati, i veri vincitori nello scambio.
Nei paragrafi successivi, oltre a ribadire l'impegno per la semplificazione dell'architettura istituzionale dello Stato, spicca solo il passaggio conclusivo, in cui il Governo si impegna a prendere qualsiasi misura, anche non dettagliata nella lettera, allo scopo di tenere sotto controllo i conti pubblici.

Il paragrafo conclusivo, "Conclusioni", costituisce unicamente una chiosa finale, in cui non si fa che ribadire quanto il problema non sia nazionale ma sovranazionale, evitando una volta di più le necessarie ammissioni di responsabilità da parte del Governo.

La lettera, in ultima analisi e al di fuori delle dichiarazioni di circostanza pronunciate per calmierare i mercati finanziari, si presenta piuttosto povera di proposte concrete e incapace di dettagliare le modalità della loro messa in atto. L'esecutivo italiano sceglie una volta di più la tecnica della dilazione temporale - già nell'uso stesso di una lettera di intenti - e della negazione del problema strutturale che attanaglia il Paese - nella riproposizione parossistica delle riforme già messe in atto, quasi la scarsa fiducia nell'Italia fosse dovuta alla mancata conoscenza dell'operato del Governo.
Le istituzioni europee hanno accolto la lettera con calore, come era lecito aspettarsi, ma dietro i commenti di approvazione sono già arrivate le prime sollecitazioni a tradurre in realtà gli intenti del comunicato.
Ancora più di prima, il Governo Berlusconi si ritrova ad essere un osservato speciale di Bruxelles.

venerdì 28 ottobre 2011

Le murder ballad di Bruno Vespa

Lo studio di Porta a Porta

Il XXI secolo si è aperto come il secolo della paura. Che si tratti di guerra e terrorismo o di semplici delitti di paese, i temi di cronaca nera hanno via via scalato la scena mediatica entrando prepotentemente nelle case e nella mente di persone sempre più smarrite e spaventate.
Politici con pochi scrupoli hanno scelto di fondare la propria carriera vivendo quasi di rendita sul controllo e sulla manipolazione della paura della popolazione e del conseguente bisogno di sicurezza e protezione, ergendosi di volta in volta a paladini della sicurezza, a guardiani dei confini nazionali, a moralizzatori dei costumi e della società... e così facendo avviando percorsi di evoluzione sociale spesso sorprendenti e inaspettati persino da coloro che li hanno messi in moto.

Ben oltre la pura attualità politica un aspetto sicuramente degno di attenzione è il rapporto che i media stanno via via instaurando con il crimine, in particolare con il crimine violento e in un ultima istanza con l'omicidio.
Impazzano ormai da anni - e sono sempre al top degli ascolti - serie televisive incentrate su squadre investigative ipertecnologizzate, in grado, con gli strumenti della scienza e della tecnica, di venire a capo con successo di qualsiasi omicidio. I laboratori di serie come CSI o NCIS sono diventati simboli quasi totemici del nostro bisogno di sicurezza, luoghi virtuali in cui riporre fiducia per esorcizzare le nostre paure.




Anche i format televisivi di attualità si sono gettati nella mischia con un approccio al tema naturalmente diverso nella forma ma sostanzialmente similare in contenuto e obiettivo. I famigerati plastici delle case di Cogne o Avetrana nelle puntate di Porta a Porta dedicate ai relativi casi di omicidio possono facilmente e sbrigativamente etichettati come trash televisivo e derubricati quasi a maldestri episodi di comicità involontaria costruiti sulle spalle di tragedie familiari, ma si possono in realtà collocare in un approccio di comunicazione sociale che non è errato ascrivere ad una visione scientista e falsamente rassicurante della criminologia.
Nelle ricostruzioni di Bruno Vespa così come nei dialoghi dei profiler di Criminal Minds emerge il bisogno compulsivo di spiegare e comprendere l'omicidio e l'omicida, un bisogno che, di volta in volta, acuisce in forma paranoica i nostri sospetti verso determinate persone, atteggiamenti o comportamenti, o piuttosto ci adagia nella convinzione che l'assassino, il "mostro", è diverso, è deviato, che una simile esperienza non potrà capitare a noi, oppure ancora ci apre una finestra su moventi e motivazioni allo scopo di purificare le nostre piccole atrocità quotidiane. Condannare, perdonare, o semplicemente comprendere.

Quali sono tuttavia le conseguenze di un simile atteggiamento? Se i tentativi di Vespa appaiono patetici e al limite del ridicolo - come dimenticare ai tempi del delitto di Avetrana la battuta ricorrente, "A quando il plastico da Vespa?" - persino le costruzioni più riuscite non riescono e non vogliono essere socialmente e umanamente soddisfacenti.
Da un punto di vista prettamente politico scenari ambigui come appunto i programmi da prima serata sono il giusto alimento per le masse: provano a chiarire chiacchierando intorno al nulla, tentano di rassicurare senza eliminare l'inquietudine, proiettano l'immagine di una società in procinto di svelare la formula magica del crimine lasciando invariabilmente, al momento di spegnere la televisione, solo informazioni frammentarie, confuse e condizionate a loro volta dagli umori dell'opinione pubblica.
La ricerca del movente del delitto è da sempre stato degli elementi più importanti di un'indagine e di un processo, vista la rilevanza penale riconosciuta alle cause che hanno portato all'atto omicida. Dal punto di vista antropologico la ricerca del movente serve piuttosto a inquadrare l'azione delittuosa in un contesto spiegabile con le consuete regole della convivenza civile, ad applicare il ragionamento dell'assassino in un sistema di valori conoscibile e comprensibile, pure se deviato e non condivisibile. Apprezzabile da questo punto di vista il Darkly Dreaming Dexter di Lindsay e la serie TV che ne è stata derivata.
Eppure la ricerca del movente si è dimostrata spesso incapace di spiegare l'atto dell'omicidio, circoscrivendo l'imprevedibile, l'inconoscibile e sostanzialmente l'inaccettabile per l'uomo cosiddetto civile al concetto di raptus ed analoghi (lettura imprescindibile sul tema sono gli atti del convegno Il raptus, un'assenza che ne nasconde molte altre del 9 giugno 2001). Diventa quindi sempre più rilevante il movente del movente, del corredo genetico, ambientale e comportamentale che ha scatenato le cause non già dell'omicidio, quanto della predisposizione all'omicidio. Una macabra derivazione, di Lombroso, a cui si è arrivati dopo aver constatato l'incapacità, fermandosi al livello precedente, di comprendere i meccanismi secondo cui si muovono le menti criminali e derivante da una ricerca forsennata di sezionare e classificare le sfumature del Male, quasi fosse possibile istituire regole - biologiche o comportamentali - seguendo le quali vivremmo in un mondo perfetto di pace e concordia.

Se dalla televisione modi meno scientifici e forse più romantici di affrontare l'omicidio e la morte sono ormai scomparsi, se nei libri prevale ormai la corrente mainstream relegando a pochi appassionati - magari di poesia - visioni alternative, la musica continua invece a riproporre, in speciale modo nel genere inestinguibile delle murder ballads, un approccio differente da quello televisivo ma per certi aspetti altrettanto ficcante.
Tutti i grandi della musica cantautorale, ad un certo punto della loro carriera, hanno sentito il bisogno ad un certo punto di confrontarsi con il tema del delitto: Dylan, Hendrix, Gabriel, Young, Springsteen, Cave, Cash, Lanegan sono solo alcuni dei nomi più famosi che hanno legato la loro carriera anche a questi cupi viaggi negli abissi dell'animo umano.
Attraverso la musica, l'umanità ha sempre sentito il bisogno di raccontare la morte, accanto ad altri temi eterni come l'amore o la protesta sociale, ed in particolare la morte violenta. Assassini reali, le cui imprese sono state documentate dalla cronaca del tempo come il killer clown John Wayne Gacy Junior degli anni '70, indietro fino al taxista Lee Shelton della fine del XIX secolo per risalire ai tempi della Guerra di Secessione con il veterano Thomas Dula, sono diventati protagonisti dapprima di ballate tradizionali e popolari, per poi essere portati all'attenzione del grande pubblico dal crooner di turno.

Proprio in questa tipologia di murder ballad, quelle tratte dai ritagli di cronaca nera, si può affrontare in maniera più completa il paragone con l'approccio televisivo.

He'd kill ten thousand people
With a sleight of his hand
Running far, running fast to the dead
He took off all their clothes for them
He put a cloth on their lips
Quiet hands, quiet kiss on the mouth
1

And in my best behavior
I am really just like him
Look beneath the floor boards
For the secrets I have hid
1

"God bless your children and I'll take care of your wife
You stole my John B. now I'm bound to take your life."
All about that John B. Stetson hat
2

Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, la musica non risparmia molto all'ascoltatore: la murder ballad pare invece proprio costruita secondo un canone ben preciso - pur con doverose variazioni sul tema - che consente la massimizzazione dell'esperienza percettiva nel fruitore.
Il racconto è spesso fatto in prima persona da parte dell'assassino, e raramente l'atto stesso dell'omicidio viene omesso dalla narrazione diretta; a seconda del messaggio che l'autore intende inviare, sono contenute le fasi di avvicinamento e adescamento della vittima, quanto piuttosto i momenti immediatamente successivi all'uccisione. A volte, in un richiamo alle favole dell'antichità classica, la morale dell'autore chiude la canzone.
La scelta della prima persona consente l'esplorazione dell'animo dell'assassino, ed in questo la scelta non appare difforme nel suo scopo ultimo da quella dei vari plastici di Porta a Porta. Le azioni e sentimenti dell'omicida vengono descritti in maniera esplicita, così come lo sono, nei momenti successivi alla morte della vittima, le reazioni di appagamento, colpa, rimpianto, paura. Una discesa infernale nella psicologia criminale che nulla ha da invidiare a quelle dei profiler delle serie televisive.

Ma la musica canta di temi universali, ed il genere delle murder ballad ha saputo crescere ben oltre le pagine di cronaca per coronare l'ambizione di cantare l'essenza del delitto, creando scenari mirati con finalità quasi didascaliche, catturando l'ascoltatore con costruzioni artefatte volte a mettere in evidenza quella che Hannah Arendt definiva la banalità del male.
Corpi bruciati (Westfall, Okkervil River, 2002), strangolamenti, coltellate, fucilate (Omie Wise, Banks Of The Ohio, Little Sadie, riconducibili al filone della musica popolare e portate al successo da più interpreti), le murder ballad espongono un campionario di brutalità senza alcuna censura o addolcimento: la crudezza della narrazione anzi non fa che acuire il senso di straniamento dell'ascoltatore.

When I killed her it was so easy
That I wanted to kill her again
I got down on both of my knees
She ain't coming back again
3

It's in my hair
There's blood in the sink
I can't calm down, I can't think
I keep calling
There's blood in the trunk
I can't calm down
Pick up!
4

I've been waiting for this
I have been waiting for this
All you people in TV land
I will wake up your empty shells
Peak-time viewing blown in a flash
As I burn into your memory cells
'Cos I'm alive
5

Non si può infine non citare quello che forse è il maestro indiscusso del genere, l'australiano Nick Cave, che alle murder ballad ha dedicato anche un concept album. La sua opera simbolo è indubbiamente Where the wild roses grow, canzone che riassume ed esalta tutti i tratti salienti delle canzoni dedicate alla morte e all'omicidio: lo sfondo passionale del delitto, la crudezza del movente (And I kissed her goodbye, said: "All beauty must die") raccontato dalla bocca dell'omicidio, le lente strofe di avvicinamento al momento culminante della morte della donna amata. La canzone si snoda come duetto, raccontando attraverso la voce di Cave il punto di vista dell'assassino e tramite Kylie Minogue quello della vittima; il video stesso non fa che enfatizzare ogni scena e contribuire al messaggio ultimo della canzone, a partire dalle mani insanguinate di Cave nella scena di apertura e dal serpente d'acqua che striscia sul "cadavere" della Minogue, simbolo di profanazione per di più dalla chiara allusione sessuale.

Questa breve carrellata sul vastissimo mondo delle murder ballad evidenzia ad un tempo le analogie con la presentazione televisiva degli omicidi, validando le pretese di poter confrontare i due mezzi espressivi, e le differenze che invece consentono di poter analizzare l'evoluzione dell'approccio al tema.
Tanto nella forma canzone quanto nello spettacolo televisivo di prima serata domina l'aspetto scenografico, enfatizzato in un caso da testi volutamente crudi e provocatori e costruzioni musicali al servizio del messaggio veicolato dal testo, e nell'altro tramite i dibattiti e i gadget del caso come i famigerati plastici di Bruno Vespa. Considerando inoltre il genere delle murder ballad come un - pur inorganico - unico insieme, non si può non notare un aspetto quasi didascalico nel raccontare pressoché ogni tipologia di omicidio concepibile e concepita dalla mente umana; l'analogia con la varietà di casi polizieschi delle serie TV è evidente, sia pure nella differenza di intenti che caratterizza i due generi espressivi. Una serie TV nasce infatti per intrattenere, ed una canzone deriva invece da un'urgenza espressiva, eppure da un lato la continua ricerca di situazioni nuove e inriganti per non perdere audience e dall'altro i continui input forniti da fatti di cronaca e in generale dall'ispirazione degli autori hanno nel tempo prodotto ampie e necessariamente similari collezioni di situazioni e personaggi legati al mondo degli omicidi.

Naturalmente non mancano le differenze legate al mezzo espressivo. L'immedesimazione offerta da una narrazione in prima persona dal punto di vista dell'assassino non ha eguali nel mondo televisivo, in cui l'elemento visuale consente sempre di separare l'immagine del narratore/protagonista da quella dell'antagonista. Nella visione di una serie TV i gesti dell'assassino possono essere affrontati, capiti, giudicati, ma sono compiuti da un elemento "altro" rispetto al narratore, e quindi l'aspetto interpretativo assume massima visibilità. Nella canzone questo fattore è invece sfumato fino a scomparire; eventi e sensazioni riportate dai cantautori sono interpretazioni dei reali sentimenti di un killer al pari di quanto appare in televisione, ma la privazione dell'elemento visivo unita alla narrazione in prima persona costruisce uno scenario emotivamente credibile, di grande impatto nello spettatore.
Altrettanto importante è l'assenza dalla musica di aspetti consolatori: nelle puntate delle serie televisive il colpevole viene invariabilmente catturato o messo nell'impossibilità di nuocere alla società, mentre nei salotti televisivi impazzano saluti alle vittime come se semplicemente fossero altrove, finalmente felici e in pace. Nella musica non si vede nulla di tutto questo, non sappiamo - non dalla canzone - la fine che farà l'assassino, veniamo a volte a conoscenza solo del suo tormento interiore e dei sentimenti che via via lo animano dopo aver ucciso la vittima di turno. La limitatezza temporale della canzone - pochi minuti - porta l'autore ad eliminare le parti meno pregne di significato, e non c'è quindi spazio per l'arrivo della cavalleria, per la cattura del colpevole ed il ristabilimento dell'ordine sociale. Solo per il dramma psicologico dell'omicidio.

Ma è proprio nei temi trattati che si colgono le maggiori differenze tra musica e televisione, che vengono evidenziate le differenti finalità dei due mezzi espressivi. La canzone tenta di colpire l'ascoltatore con la brutalità del delitto o la banalità del movente, ma non pretende di arrivare a comprendere il gesto dell'omicidio; narra la morte violenta come fosse parte dell'ordine naturale della vita allo scopo di suscitare emozioni forti, di rigetto, di annichilimento, in chi ascolta. Non pretende di assimilare l'omicida o di comprenderne gli istinti. Cantare l'omicidio come fosse normale serve solo a farne risaltare l'anormalità.
Programmi strutturati alla maniera di Porta a Porta sortiscono l'effetto inverso. Partendo da una claque e da un parterre di ospiti addomesticati a celebrare l'omicidio come fosse una messa, ciascuno con i propri paramenti e la propria parte da recitare, tentano di sviscerarne l'essenza arrivando tuttavia solo a banalizzarla. L'esibizione continua e spudorata in diretta TV di accuse, difese, moventi e perizie arriva a intorpidire quei sentimenti di allarme e ripudio che al contrario le parole delle canzoni innalzano ed esaltano, lasciando il telespettatore solo a interrogarsi su questioni di bassa lega facendogli perdere di vista ciò che è realmente importante.

Si potrebbe ritenere che questa discrasia di obiettivi tra musica e televisione sia insita nel mezzo di comunicazione stesso: la musica è giusto che crei dei manifesti, ma il compito di un programma di approfondimento dovrebbe essere proprio quello di andare al di là dell'immagine e capire i retroscena anche degli eventi più terribili.
Se i risultati sono questi, è però evidente che vi debba essere un problema. Ma poiché non sarebbe per nulla auspicabile un mondo senza profiler o criminologi, che tanti delitti hanno risolto e tanti di più con le loro abilità e le loro specializzazioni riescono a prevenirne, il problema deve risiedere proprio nella modalità di esposizione mediatica. Ed in particolare, nella continua ricorsa all'audience che si realizza nella messa in mostra del privato, nella confusione di visioni frammentarie che lasciano allo spettatore un quadro incompleto e confuso, nei toni forzatamente alti di dibattiti tra persone poco competenti, nelle scenografie ad effetto. Una trasmissione di psicologia criminale di stile minimalista alla guisa di Report sicuramente farebbe molta più chiarezza nella mente dei cittadini rispetto ad un qualsiasi Porta a Porta, ma non avrebbe lo stesso successo e nemmeno la medesima sponsorizzazione dal mondo della politica.
Perché molte, troppe responsabilità, dirette e indirette, ricadono proprio sulla politica, da scelte economiche che costringono la TV pubblica ad un progressivo abbassamento del livello delle trasmissioni per ritagliarsi audience, a precisi indirizzi politici che vogliono una cittadinanza confusa, addormentata ma soprattutto spaventata. Che abbia da discutere il giorno dopo su temi di second'ordine ma che non sia sicura nel vivere la propria vita.

E allora, per ricordare cosa sia la morte, per rendersi conto di quanto futili possano essere i motivi per uccidere, per ricordarci cosa è giusto e sbagliato, meglio accendere un computer, aprire YouTube e lasciarsi catturare dalla voce cavernosa di Nick Cave nel suo valzer mortale con Kylie Minogue...






1: Sufjan Stevens - John Wayne Gacy, Jr. - 2005
2: Bob Dylan - Stack-A-Lee - 1993
3: Okkervil River - Westfall - 2002
4: Wilco - Bull Black Nova - 2009
5: Peter Gabriel - Family Snapshot - 1980

mercoledì 26 ottobre 2011

Dati AGCom settembre 2011

Logo dell'AGCom

Il mese di settembre segna il rientro alla normalità quotidiana dopo il periodo vacanziero agostano, caratterizzato da un forte spostamento a sinistra dell'asse telegiornalistico del Paese. Le statistiche AGCom di settembre sono quindi particolarmente significative sia per comprendere se quanto riscontrato il mese precedente poteva o meno essere l'avvio di una nuova tendenza, sia per mostrare come i telegiornali italiani si sono posti dinanzi ad un mese scottante dal punto di vista politico-economico.

I grandi temi di settembre sono stati l'approvazione della legge finanziaria e le possibilità di tenuta dell'esecutivo, coperti da un totale di 186 ore di informazione politica; un valore di poco sopra la media dei primi nove mesi del 2011, mentre il mese fa totalizzare il quinto valore - il mediano - in termini di tempo dedicato alla politica nei telegiornali. Malgrado il valore non sia particolarmente basso, e pur tenendo conto che il mese ha solo 30 giorni, la sensazione è che si tratti di un valore troppo basso considerata l'importanza vitale dell'agenda politica del mese.

Dati AGCom settembre 2011

Già dalla tabella dei dati grezzi si possono notare forti inversioni di tendenza rispetto al mese scorso: le forze di centrosinistra ed in generale di opposizione scendono dai picchi raggiunti ad agosto a valori paragonabili a quelli dei mesi precedenti, dimostrando una volta di più l'anomalia del mese più vacanziero dell'anno in termini di informazione telegiornalistica. È in particolare il Partito Democratico - anche a causa dell'assenza di novità sul caso Penati? - a risentire in maniera più corposa del nuovo-vecchio corso di informazione, mentre il PdL risulta essere la forza politica più avvantaggiata.
L'immagine del commissariamento del Governo lanciata più volte da diversi quotidiani di area progressista trova un parziale riscontro anche dal punto di vista mediatico: mentre il Presidente del Consiglio resta stabile ed il Governo appare in netto calo, sale la percentuale di spazio dedicata al Presidente della Repubblica e raggiunge percentuali record il minutaggio dell'Unione Europa, lasciando quindi forti indizi su chi detti al momento l'agenda politica del Paese.

Dati AGCom settembre 2011 aggregati per
Istituzioni - Maggioranza - Opposizione

Dati AGCom 2011 aggregati per
Istituzioni - Maggioranza - Opposizione

L'istogramma dello spaccato per telegiornale del mese di settembre, e la tabella che evidenzia l'andamento storico nel corso dell'anno, mostrano in maniera molto chiara il netto disequilibrio tra le componenti istituzionali, di maggioranza e di opposizione. Rispetto al mese di agosto le istituzioni mantengono la loro quota, anche se al loro interno si assiste come accennato ad un incremento dell'importanza di Presidente della Repubblica ed UE rispetto al Governo.
I veri travasi di tempo politico sono tra maggioranza ed opposizione: se ad agosto il rapporto era 24% a 30%, a settembre entrambe le macrocategorie si stabilizzano attorno al 27%. Di fatto, anche se si assiste quindi ad un deterioramento della quota di opposizione, lo scenario descritto è tutt'altro che favorevole - mediaticamente parlando - alle forze governative: a fronte di un incremento dei partiti politici di maggioranza infatti si assiste ad un'erosione delle quote di Presidente del Consiglio e Governo all'interno del blocco istituzionale, erosione ben maggiore del guadagno ottenuto dal PdL.

I telegiornali che hanno offerto maggiore spazio alle istituzioni sono stati Studio Aperto e RaiNews24; i più generosi con le forze politiche di maggioranza si sono dimostrati TG4 e MTVFlash mentre le forze di opposizione hanno avuto sponda su Rainews e TG2.

Dati AGCom settembre 2011 aggregati per
area politico-culturale

Dati AGCom 2011 aggregati per
area politico-culturale

Eliminando dal conteggio i tempi istituzionali e concentrandosi invece solo sullo spazio offerto ai partiti, lo scenario appare maggiormente positivo per le aree di centrodestra. Come si vede in pressoché tutti i TG (tranne Rainews) il centrodestra è predominante, compensando abbondantemente il calo della Lega Nord.
Prosegue la lenta risalita delle forze centriste, a seguito delle varie dichiarazioni di noti esponenti del mondo cattolico e del mondo dell'imprenditoria riguardo il destino dell'attuale Terzo Polo.
In forte calo invece il centrosinistra, che dopo i fasti del mese precedente torna su percentuali più simili a quelle ottenute nella prima metà dell'anno.

Il centrodestra ha letteralmente dominato su TG4 e MTVFlash, laddove la Lega Nord ed in generale le forze di destra hanno avuto maggiore spazio su Rainews24 e, ancora, MTVFlash. Le forze centriste hanno avuto il maggiore spazio su TG2 e SkyTG24, mentre il centrosinistra ha toccato i propri massimi su TG5 e Rainews. Da menzionare inoltre la sinistra radicale, come sempre ai margini del dibattito politico e che solo su Rainews è riuscita a superare il punto percentuale di partecipazione.

Dati AGCom 2011 aggregati per mese

Entrando nel dettaglio dei singoli enti politici si notano un forte calo del PD (-5% su agosto) ed un analogo incremento del PdL, che costituiscono l'ossatura delle mutate proporzioni tra maggioranza ed opposizione. Le altre forze politiche in effetti presentano andamenti tutto sommato stabili: si assiste in verità ad un lieve calo della Lega e - complice la riproposizione di Fini nell'agone politico - una altrettanto lieve ripresa di FLI. SEL torna sopra al punto percentuale, mentre per tutti gli altri partiti gli spostamenti da agosto si valutano nell'ordine dei decimi.
Proprio l'"anomalia" che riguarda solo il PD lascia intendere che il calo di tale partito nello spazio telegiornalistico del Paese sia almeno in parte dovuto alla mancanza di nuove informazioni sul caso Penati.

Confrontando infine i vari telegiornali dal punto di vista dell'aderenza alle norme della par condicio, emerge l'ottimo risultato di Rainews e TG3, mentre le emittenti più squilibrate sono Studio Aperto e TG4. Nuovamente appare in tutta evidenza l'anomalia informativa italiana: testate come TG3 e TG4 vengono generalmente appaiate da un'accusa di faziosità verso rispettivamente opposizione e maggioranza, eppure uno è tra i telegiornali più ligi alle norme di legge, mentre l'altro è tra quelli che più vi si scostano. Ciò che l'opinione pubblica percepisce come telegiornale equo è quindi in realtà un TG già di per sé spostato verso destra, e questa sarà una delle ferite del berlusconismo più difficili da curare. È in ogni caso da rimarcare il fatto che le analisi permesse dai dati AGCom sono unicamente di tipo quantitativo, e non possono per loro natura racchiudere completamente concetti come la faziosità che necessiterebbero di opportune indagini dal punto di vista qualitativo.

Il mese di settembre, in ultima analisi, mostra da un lato come agosto e l'impennata del centrosinistra fosse un episodio dovuto alle peculiarità del mese, e dall'altro evidenzia come i nuovi, veri protagonisti della scena politica siano sempre meno da ricercare tra il Presidente del Consiglio ed i suoi Ministri, e di quanto si stiano affacciando a ruoli di primissimo piano Quirinale, Unione Europea ed in generale il mondo istituzionale, finanziario e sociale del Paese.

giovedì 20 ottobre 2011

Sarà sfida Sarkozy - Hollande

François Hollande (PS)

Domenica 16 ottobre si è svolto il secondo turno delle elezioni primarie del Parti Socialiste, che avrebbe determinato, tra François Hollande e Martine Aubry, il candidato designato all'Eliseo della principale formazione di centrosinistra dello scacchiere politico transalpino, lo sfidante di Nicolas Sarkozy alle elezioni del maggio 2012.

Il primo turno si era chiuso con Hollande in prima posizione, poco sotto al 39%, seguito dalla Aubry al 30%. La sorpresa Montebourg aveva poi totalizzato il 17% delle preferenze, la Royal il 7%, Valls il 6% e chiudeva il radicale Baylet sotto al punto percentuale.
Il risultato del primo turno aveva sollevato molti interrogativi sull'esito del ballottaggio: il risultato relativamente basso di Hollande, ed in particolare il vantaggio sulla Aubry inferiore alle attese, parevano essere forieri di sorprese al secondo turno. Anche il sorprendente risultato di Montebourg ed il contestuale calo della Royal parevano indici di una inaspettata rimonta della combattiva Aubry nella tornata del 16 ottobre.

Così non è stato.
Nello spazio tra il primo ed il secondo turno Hollande è riuscito ad assicurarsi senza alcun problema il sostegno del moderato Valls e di Ségolène Royal, intrecciando forse in questo secondo caso vita politica e vita privata. Più ostico si è rivelato Montebourg: figura di forte rottura all'interno del PS, propugnatore di tesi audaci di neoprotezionismo a livello europeo e partecipazione statale forzata nelle banche, politicamente si trovava ad essere più vicino alla Aubry che a Hollande. Agendo probabilmente per calcolo politico, non volendo schierarsi apertamente per un candidato così diverso da lui ma nemmeno appoggiare quello dato per perdente, non ha fornito il proprio endorsement né a Hollande né alla Aubry, dichiarando però che il proprio voto personale sarebbe andato al primo.

Privata così di appoggi politici tra gli altri candidati, la Aubry è stata costretta a puntare su una campagna interamente all'attacco, tentando di presentare Hollande ed il suo programma come eccessivamente moderati e incapaci di allontanare la Francia dalla linea politica di Sarkozy.

Entrambi i candidati hanno quindi tentato di mobilitare i militanti ed i simpatizzanti sul territorio, attingendo a due bacini sostanzialmente differenti: Hollande nelle zone rurali, la Francia centrale e meridionale; la Aubry le grandi città, il "suo" Nord-Pas de Calais, l'elettorato femminile e gli immigrati, tema sul quale si è spesa più volte.
Con due candidati così differenti, erano letteralmente in gioco due differenti visioni della Francia, quasi si trattasse di un'elezione reale e non di un appuntamento all'interno dello stesso partito: pur concordando infatti negli obiettivi principali, Hollande e la Aubry mostravano idee e approcci molto differenti per la loro realizzazione.
La Aubry era per un piano di uscita rapida dal nucleare, Hollande per una transizione di lungo periodo.
La Aubry ha presentato piani ambiziosi e radicali dal punto di vista ambientale, fiscale e occupazionale, mostrando di puntare molto sulla cultura e sulla UE. Ha presentato un'idea di Stato coerente e gli strappi necessari per attuarla. Hollande si è mostrato invece meno idealista e più pragmatico puntando su aggiustamenti graduali del sistema esistente, e su riforme di grande impatto immediato come i tagli dei costi della politica.

La Francia ha seccamente scelto Hollande, e lo ha fatto con una partecipazione ancora superiore al primo turno, superando quota due milioni e ottocentomila votanti.

Distribuzione regionale del voto delle primarie
tra Hollande (blu) e Aubry (rosso)

Come si vede, il blu di Hollande domina incontrastato nella cartina geografica del Paese, relegando la Aubry nel proprio feudo settentrionale intorno a Lille. Non si è trattato dello scontro di differenti segmenti di società, ma di una vittoria piena di François Hollande presso tutto il popolo socialista di Francia.
Gli scenari alla vigilia delle elezioni pronosticavano una competizione più serrata, con la Aubry vincente nelle grandi aree urbane e Hollande a dilagare nelle zone rurali, ma alla fine - escluso appunto il Nord-Pas de Calais - Hollande ha fatto incetta di voti in tutte le regioni, sfiorando percentuali oltre l'80% in Limousin.
Comprendendo nel conteggio i territori d'oltremare, si può dire che sia terminata (in Mayotte non si è svolto il ballottaggio) 28 a 2 per Hollande. Solo il lungo legame tra la Aubry e Lille ha impedito che anche a nord il risultato terminasse in favore di Hollande, segno da un lato dell'apprezzamento per il lavoro della Aubry nelle zone dove è stata messa alla prova, ma dall'altro che il voto del Nord-Pas de Calais è da interpretare più come legato all'affetto per la persona che alla validità del programma politico.
Scendendo nel dettaglio dei dipartimenti, il risultato non cambia: su 135 enti Hollande trionfa in ben 129, anche se lascia alla rivale il dipartimento 75, ovvero la città di Parigi. Proprio Parigi e l'Île-de-France possono forse permettere una pur minima analisi sociale della distribuzione del voto: la Aubry infatti ha vinto di misura entro i confini cittadini, ma non è riuscita ad imporsi nei ricchi sobborghi cittadini che costituiscono l'ossatura degli altri dipartimenti della regione.
La campagna a tratti aggressiva e per certi aspetti rivoluzionaria della Aubry non è stata in grado appassionare la cosiddetta borghesia di sinistra, che anzi probabilmente è spaventata all'idea di mutamenti di uno status quo che, pur in un periodo di grave crisi economica, continua a garantire tranquillità ed un relativo benessere.

Sarà quindi Hollande, il 9 maggio 2012, il principale sfidante di Sarkozy alle presidenziali. Il primo sondaggio condotto dalla casa francese BVA a seguito delle primarie mostra un Hollande in grado di capitalizzare appieno l'entusiasmo ed il consenso generati da questi appuntamenti di ottobre, con un 39% al primo turno (+16% su Sarkozy) ed un 64% al secondo turno (+28% su Sarkozy).
Tra gli altri temi di interesse, il forte calo di Sarkozy ne metterebbe addirittura a rischio il passaggio al secondo turno: sarebbero solo quattro, infatti, i punti di vantaggio che il presidente uscente conserva su Marine Le Pen, rendendo ipotizzabili scenari - a parti invertite - simili a quelli che portarono Jospin all'uscita al primo turno e ad un voto "repubblicano" per Chirac onde scongiurare l'ascesa di Le Pen padre all'Eliseo.
Infine, i rapporti di forza tra le aree di sinistra, centro e destra, comprendendo tutti i partiti che fanno riferimento a tali macrocategorie, vede l'ala progressista oltre la maggioranza assoluta, al 51%, contro il 42% della destra ed il 7% del centro. Una percentuale ribaltata rispetto a luglio, dovuta sì al ritiro della candidatura di Barloo a destra, ma anche allo scioglimento del nodo primarie a sinistra con la vittoria del candidato più in grado di intercettare il voto moderato.

La sinistra francese inizierà quindi la campagna elettorale con i favori del pronostico, affrontando una tornata elettorale che può solo riuscire a perdere per propria incompetenza o per litigiosità interna: saranno determinanti a questo punto gli accordi tra i socialisti e gli altri partiti dell'area di centrosinistra, a partire dagli ecologisti. Maggio si sta avvicinando in fretta.

martedì 18 ottobre 2011

In Molise vince ancora Iorio

Angelo Michele Iorio (PdL)

Alla fine i Molisani scelgono Iorio per la terza volta, ma a differenza del 2006 Palazzo Moffa non è finito nelle mani del centrodestra senza colpo ferire: questa tornata elettorale resterà infatti negli annali della storia politica della regione per le forti incertezze che hanno via via ritardato la proclamazione definitiva del vincitore ben oltre le due del mattino.

Iorio, il candidato che ha voluto togliere il nome di Berlusconi dai manifesti elettorali malgrado sia forse quello che tra i Presidenti di Regione condivide più tratti in comune con il Cavaliere - pluriinquisito, accusato di una gestione familistica e personalistica della cosa pubblica - è riuscito a imporsi con un vantaggio di appena 1.500 voti su Frattura, il transfugo di Forza Italia approdato al centrosinistra e vincitore delle primarie.
Il MoVimento 5 Stelle con una grandissima prova di forza entra in consiglio regionale, mentre del tutto marginale si è rivelata la candidatura a destra di Mancini.

Il primo dato degno di considerazione è l'affluenza, in calo di circa il 5% rispetto al 2006 in linea con il trend discendente già riscontrato nel 2010 per la tornata principale delle regionali.
Si incrementa invece sensibilmente il numero di schede nulle, che passa da 6.000 a 8.000, indice - oltre che della complicatezza del sistema di voto - della nascita di un astensionismo attivo e arrabbiato, in forte cerca di visibilità.

Confronto del voto in Molise
Regionali 2006 - Regionali 2011

Provocatoriamente il MoVimento 5 Stelle si è autoproclamato vincitore morale della competizione molisana, avendo guadagnato l'accesso al terzo consiglio regionale dopo Emilia Romagna e Piemonte; guardando i dati, si può in effetti vedere come le coalizioni principali abbiano in realtà ben pochi motivi per gioire.

La coalizione berlusconiana, che rispetto al 2006 perde La Destra e strappa l'Udeur al centrosinistra, vede annullarsi quasi completamente il vantaggio del 2006: i partiti di centrodestra passano da 105.000 voti a 101.000 voti, che diventano 95.000 se si esclude dal computo l'Udeur di Mastella. Una perdita secca di 10.000 preferenze a fronte di un calo dei votanti di 14.000 unità. Sono oltre 23.000 i voti persi dal PdL rispetto alla somma di FI e AN del 2006; pur contando come FLI non abbia dato espressamente un sostegno a Iorio e anzi abbia inserito alcuni suoi uomini nelle liste di Frattura, il colpo per la formazione berlusconiana è notevole. Nell'UdC non paga la scelta di appoggiare Berlusconi: il partito di Casini lascia sul campo quasi un terzo dei voti ed oltre il 3%, diventando la terza forza della coalizione dopo il PdL e la lista civica Progetto Molise. Fortemente penalizzato anche l'Udeur, che perde circa il 40% dei propri voti.
In termini assoluti i partiti di centrodestra arrivano a totalizzare il 56% delle preferenze, quindi addirittura in aumento rispetto al 2006. Questo dato mostra l'abisso tra il candidato e la coalizione di centrodestra: Iorio totalizza appena il 47% delle preferenze, racimolando 89.000 preferenze. 12.000 in meno dei partiti che lo sostengono. Un disgiunto di proporzioni colossali, che ha messo in discussione una vittoria altrimenti scontata e che mostra, al di là del risultato finale, un'insofferenza verso la figura di Iorio - e con ogni probabilità verso la sua rete di potere - che il centrodestra avrebbe dovuto prendere maggiormente in considerazione.

Se il centrodestra si consola con la pur risuicata vittoria, il centrosinistra esce dalla competizione con le ossa rotte, con tante note negative e ben pochi punti fermi da cui ripartire. Le liste si attestano ad appena il 41%, il 6% in meno del 2006 e staccate del 14% dal centrodestra: un vero abisso. Nessun partito supera il 10%, ed in particolare è pessima la prestazione del PD che lascia sul campo quasi 30.000 voti rispetto al 2006. L'unico partito che pare tenere nella coalizione progressista è l'Italia dei Valori, che riesce anche ad incrementare il proprio risultato percentuale. Piuttosto deludente SEL, sotto al 4% e più che doppiato dall'ApI di Rutelli, vero voto-rifugio per gli ex democristiani non di stampo berlusconiano.
L'unica nota positiva per la coalizione progressista è il risultato del candidato, che ha ottenuto un risultato molto più alto dei partiti in suo sostegno e che ha rischiato di strappare un'improbabile vittoria. Con quasi 88.000 voti Frattura è infatti riuscito a totalizzare oltre 14.000 preferenze in più della propria coalizione, un risultato assolutamente lusinghiero che non fa che porre in luce ancora migliore l'istituto delle primarie e mette assolutamente a tacere i mal di pancia levati dagli ambienti più di sinistra della coalizione sull'opportunità di candidare un transfugo di Forza Italia: i voti complessivi del M5S sono stati di molto inferiori al solo valore aggiunto di Frattura alla sua coalizione.

È tuttavia innegabile che parte del successo dei grillini, ed in particolare del loro candidato Federico, è dovuto proprio al fatto che la candidatura di Frattura esponeva il centrosinistra al mantra dell'uguaglianza tra le due coalizioni principali. Con quasi il 6% delle preferenze il MoVimento entra in consiglio regionale e realizza un grande successo a livello di lista.

Del tutto marginale, infine, la candidatura dell'esponente de La Destra Giovancarmine Mancini.

Distribuzione geografica del voto
Regionali 2006 - Regionali 2011
Provincia di Campobasso

Distribuzione geografica del voto
Regionali 2006 - Regionali 2011
Provincia di Isernia

Se si osserva la distribuzione geografica del voto, applicata sui voti ai candidati, non si osserva un generico spostamento verso sinistra rispetto al 2006; in realtà vi sono situazioni, in special modo nei piccoli comuni Iorio riesce a prevalere anche in casi in cui era uscito sconfitto nella precedente tornata, o a incrementare il proprio vantaggio dove già aveva vinto. La provincia di Isernia si rivela ancora una volta la chiave di volta della vittoria di Iorio, anche a prezzo di alcune sconfitte inaspettate come Venafro.
Frattura, dal canto suo, ha spopolato nelle grandi città, riducendo i danni a Isernia e vincendo nettamente a Campobasso, Termoli e Venafro. Altra grande riserva di voti per il candidato del centrosinistra si è rivelata il Basso Molise, ovvero i comuni della zona adriatica.
Il MoVimento, infine, ottiene le sue migliori prestazioni nelle grandi città, seguendo una linea vicina al dato nazionale.

Confronto del voto nelle province del Molise
Regionali 2006 - Regionali 2011

A livello provinciale la regione appare divisa in due: Campobasso con il centrosinistra e Isernia con il centrodestra. Nella provincia del capoluogo regionale Frattura vince per tre lunghezze su Iorio, frutto dei voti di Campobasso e cintura e dell'area costiera. Le liste di centrosinistra si attestano tuttavia undici punti sotto quelle di centrodestra, dissipando completamente il vantaggio di cinque anni prima. La provincia si è anche dimostrata, probabilmente a causa della maggiore urbanizzazione, anche il terreno più fertile per il MoVimento 5 Stelle.
A Isernia situazione ribaltata: Iorio conduce nettamente, con nove punti di vantaggio su Frattura, e proprio in questo distacco così ampio è maturata la riconferma per il candidato di centrodestra malgrado Isernia sia una provincia nettamente più piccola di Campobasso.

Le elezioni molisane hanno messo in forte evidenza i limiti sia del centrodestra - incapace di sfuggire ad una personalità ormai troppo ingombrante, che da valore aggiunto si è trasformata in fardello e ha messo a rischio una vittoria scontata - sia del centrosinistra - in forte peggioramento in termini di liste, incapace di proporsi come forza di governo.
I numeri in questo caso hanno premiato il centrodestra, ma è importante osservare come la struttura delle coalizioni non era in queste elezioni analoga allo scenario nazionale: scorporando l'UdC dal centrodestra e l'ApI dal centrosinistra (ipotizzando che le liste civiche restino nella coalizione di partenza) si avrebbero le liste di centrodestra al 46%, quelle di centrosinistra al 37% ed un centro forte di oltre il 12%. Considerata inoltre la forte dipendenza personale introdotta dai candidati ed immaginandone una analoga in caso di elezioni politiche, è possibile ritenere il Molise una regione - pur tendente a destra - in cui entrambe le coalizioni principali possono lottare per la vittoria.

venerdì 14 ottobre 2011

Dati Terna 2010: analisi geografica

Macroregioni italiane

Dopo una panoramica generale sui dati Terna 2010 relativi alla produzione ed al consumo di energia elettrica in Italia, in questo articolo verranno esaminati i dettagli a livello regionale, aggregando i dati a livello di macroaree, sfruttando le suddivizione zonale del Paese prevista per le elezioni europee: nord-ovest (Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Liguria), nord-est (Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna), centro (Toscana, Umbria, Marche, Lazio), sud (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria) e isole (Sicilia, Sardegna).

Bilancio energetico per macroarea geografica


Il nord-ovest del Paese corrisponde al 19,23% della superficie nazionale, ma racchiude all'interno dei propri confini oltre il 26% della popolazione italiana; si tratta della sola zona con rapporto percentuale significativamente maggiore di uno tra popolazione e superficie, essenzialmente a causa dei quasi dieci milioni di abitanti della Lombardia.
Quest'area consuma inoltre il 31% dell'energia del Paese producendone invece solo il 29%, ponendosi di gran lunga come la macroarea più vorace d'Italia in questa particolare classifica. Nuovamente è la Lombardia, che da sola costituisce il 20% del passivo energetico nazionale, a ritrovarsi letteralmente fuori scala rispetto a tutte le altre regioni. Il deficit energetico dell'area è situato intorno ai -21 TWh, e anche in questo caso è la regione lombarda (-22 TWh) a presentare le carenze maggiori.

Composizione della produzione energetica del Nord Ovest

Dal punto di vista della composizione energetica, il Nord Ovest mostra una dipendenza dal termoelettrico inferiore alla media nazionale, ma compensata unicamente dalla forte e radicata presenza di centrali idroelettriche in tutte le regioni - meno la Liguria - che compongono la zona.
Solare ed eolico appaiono letteralmente ai primordi, con percentuali inferiori al punto percentuale, anche se il primo è in rapido sviluppo nella zona negli ultimi anni. In termini percentuali, il Piemonte si mostra capofila nel fotovoltaico, seguito dalla Lombardia, mentre è la Liguria a primeggiare nell'eolico, seguita dal Piemonte.

La circoscrizione nord-est occupa poco meno del 21% della superficie del Paese, un dato abbastanza in linea con la percentuale di popolazione che vive nelle regioni che la compongono, appena al di sopra del 19%. Solo il Veneto mostra un rapporto maggiore di uno tra percentuale di popolazione e di superficie, mentre il Trentino appare essere la regione meno densamente popolata.
A livello energetico quest'area consuma il 23% del fabbisogno energetico nazionale, producendo invece il 21% dell'energia prodotta all'interno dei nostri confini. Il nord-est si presenta in deficit di quasi 17 TWh, un valore che, sia pure più contenuto di quello del nord ovest, è il risultato di un trend peggiorativo nel corso degli anni, in particolare in Veneto (-15 TWh a fronte del +5 TWh del 1998).

Composizione della produzione energetica del Nord Est

Grazie soprattutto alla capacità dei bacini idrici del Trentino, il nord-est si configura la regione con la minima dipendenza da termoelettrico e al contempo con la massima capacità percentuale di idroelettrico, rilevante in tutte le regioni dell'area con la sola eccezione dell'Emilia Romagna. Si tratta anche dell'area italiana con il minimo sviluppo di energia eolica (Emilia capofila nell'energia prodotta da questa fonte), mentre Veneto e Trentino sono i capofila del fotovoltaico, in rapida ascesa verso il punto percentuale di composizione energetica.

L'Italia centrale è forse l'area più equilibrata dal punto di vista di rapporto popolazione/superficie, dal momento che la zona occupa il 19% della superficie nazionale e ospita nei propri confini il 20% della popolazione. Il Lazio è la sola regione con rapporto maggiore di uno, specialmente a causa dell'area della capitale.
Dal punto di vista energetico viene prodotto nel centro il 13% dell'energia nazionale, a fronte di un 18% in termini di consumi. Particolarmente grave è il bilancio del Lazio, che in un progressivo andamento discendente è arrivato ad avere un deficit di oltre 10 TWh. Caso unico nella penisola, la zona centro è la sola del Paese in cui tutte le singole regioni che la compongono presentano bilancio energetico negativo, ed il relativo bilancio globale, che si assesta a -21 TWh, è il peggiore d'Italia.

Composizione della produzione energetica del Centro

La composizione energetica dell'Italia centrale è decisamente peculiare rispetto al resto della penisola: assume infatti particolare rilevanza l'energia geotermica prodotta in Toscana, pari al 13% della produzione della macroarea. Questa fonte consente di mantenere la dipendenza da termoelettrico al 72% complessivo malgrado il forte calo dell'idroelettrico (appena il 13%) dovuto al passaggio dalla catena alpina a quella appenninica.
Rispetto alle due circoscrizioni settentrionali cresce la rilevanza di eolico e solare, con un'equa distribuzione delle fonti nelle quattro regioni: Marche e Umbria sono capofila nello sfruttamento dell'energia del sole, mentre Toscana e Lazio sono le regioni leader nella produzione di energia dal vento.

Quasi 13 TWh è lo straordinario surplus dell'Italia meridionale, il risultato migliore dello stivale trainato da Puglia (+ 15 TWh) e Calabria (+5 TWh). Pur con il deficit più grave della regione, sono da segnalare anche gli sforzi della Campania, il cui deficit è passato dai 15 TWh del 2006 agli 8 TWh del 2010. La zona più grande d'Italia - 24% della superficie nazionale - anche se non la più popolosa - 23% della popolazione - presenta dati notevoli anche guardando i dati di produzione e consumo: a fronte infatti di un consumo che è pari al 17% di quello nazionale, la macroregione produce ben il 24% dell'energia complessiva del Paese.

Composizione della produzione energetica del Sud

La dipendenza del sud dal termoelettrico supera l'80%, mentre la quota di idroelettrico si riduce appena al 9%: il regime appenninico dei corsi d'acqua, unito all'assenza di un geotermico solido come in Toscana, mostra tutti i limiti del sistema produttivo energetico del Paese, costretto a dipendere in maniera rilevante da carbone e petrolio.
Eppure il sud è anche la vera culla delle fonti alternative: qui infatti l'eolico raggiunge l'8% complessivo, con punte del 21% in Basilicata; a livello di energia prodotta, è però la Puglia a potersi considerare la regione capofila della zona. L'altro grande primato della puglia, questa volta a livello italiano, è quello relativo al fotovoltaico: la regione governata da Vendola è di gran lunga la prima d'Italia in termini di produzione di watt di origine fotovoltaica, con uno sviluppo imponente (+400%) proprio tra il 2009 ed il 2010.

La circoscrizione isole, infine, è la più piccola del Paese sia in termini di superficie (16%) che di popolazione (11%). È anche la zona con il rapporto popolazione/superficie minore. Anche in questa macroregione il bilancio energetico è positivo, ma con un extra di circa 2 TWh si pone poco al di sopra della linea di indipendenza energetica. Dopo un lungo periodo in cui era la Sicilia a produrre il surplus maggiore, nel 2010 è stata la Sardegna a subentrare al comando di questa particolare classifica. All'opposto della zona centro, qui tutte le regioni che compongono la macroarea hanno bilancio energetico positivo.

Composizione della produzione energetica delle Isole

In termini di composizione energetica della zona isole, emerge un drammatico calo delle fonti idroelettriche (3%) con contestuale incremento della dipendenza da termoelettrico tradizionale (87%). Le fonti alternative, eolico e solare, sono entrambe ben sviluppate rispetto alla media nazionale, in particolare l'eolico che vede la Sicilia primeggiare addiritta a livello italiano con oltre 2 TWh prodotti nel 2010.

Lo spaccato energetico dell'Italia mostra tuttavia un Paese ancora fortemente dipendente da fonti convenzionali: a livello nazionale, eolico, solare e geotermico incidono per appena il 5% sulla produzione totale. L'idroelettrico, se da un lato consente di limitare la nostra dipendenza da gas, carbone e petrolio, è tuttavia una fonte troppo delicata per poter essere considerata rinnovabile a tutti gli effetti: i tre quarti dell'energia idroelettrica nazionale sono prodotti nel nord del Paese, grazie al cospicuo apporto di acqua dei fiumi che nascono dai ghiacciai alpini. Ma i ghiacciai che coronano le vette delle Alpi sono letteralmente in via di estinzione, a ritmi di scioglimento molto rapidi che in un futuro nemmeno troppo lontano trasformeranno i vari Po, Ticino, Sesia, Adige in fiumi a regime appenninico, con portate minori e incostanti. La produzione di energia idroelettrica del nord avrà quindi rendimenti molto più bassi degli attuali, acuendo il nostro deficit energetico e al tempo stesso rendendoci ancora più dipendenti da fonti tradizionali. Solo un rapido affidamento alle fonti rinnovabili, sole, vento, maree e geotermico, potrà evitare importanti problemi alla nostra bolletta energetica nazionale già in un futuro a medio termine.

martedì 11 ottobre 2011

In Francia le primarie vanno al ballottaggio

François Hollande e Martine Aubry

Le primarie del PS francese tenutesi lo scorso weekend hanno avuto l'esito atteso, concretizzando il ballottaggio tra il favorito Hollande e la sfidante Aubry che si terrà domenica 16 ottobre.
Eppure sono state molte le sorprese che queste consultazioni - le prime del loro genere nel Paese transalpino - hanno riservato per i vertici del partito, ed i segnali che i socialisti sono stati chiamati a cogliere ed interpretare per non dissipare il patrimonio di partecipazione ed entusiasmo generato da questa ampia consultazione popolare.

Confronto PS-PD
europee 2009 e primarie 2009 (PD) e 2011 (PS)

La partecipazione, almeno vista dall'Italia, è stata alta ma non altissima: i due milioni e mezzo di persone che si sono recati alle urne sono molti di più delle prudenziali stime previste dal PS, ma sicuramente molti meno del bacino potenziale di oltre sei milioni di elettori individuato dalle principali case sondaggistiche.
Entrando nel confronto diretto tra PD italiano e PS francese, si possono mettere in relazione le primarie PD del 2009 - che dovevano però eleggere solo il segretario del partito, e non un candidato per le elezioni politiche - con queste primarie del PS del 2011 utilizzando come metro di paragone comune le elezioni europee tenutesi nel giugno del 2009.
Se in termini assoluti di partecipazione il PS raccoglie circa 600.000 unità in meno del PD, se si rapporta tale risultato alla partecipazione alle europee 2009 lo scenario muta drasticamente: i socialiti francesi chiamano alle primarie circa il 90% degli elettori che li avevano scelti nel 2009, il PD appena il 40%.
In realtà questo confronto deve essere tarato sul diverso appeal delle consultazioni europee nei due Stati e nel lasso di tempo intercorso nel caso francese, tempo che ha visto i sondaggi diventare via via più favorevoli per i socialisti; in generale si può quindi considerare pienamente soddisfacente il tasso di affluenza raggiunto.

Risultati delle primarie del PS

A livello di risultati vi sono state grosse sorprese rispetto a quanto preventivato dai sondaggi, sebbene tutti i principali commentatori avevano indovinato nel pronosticare un ballottaggio Hollande-Aubry. Ben magra consolazione, visto che praticamente ogni altro aspetto è stato smentito dalle urne.
Hollande chiude in testa il primo turno, ma non supera la soglia psicologica del 40% pur sfiorandola, a fronte di sondaggi che lo davano anche al 42% o più. Consegue ottimi risultati nelle città di media dimensione, ma non sfonda nei grandi centri e nell'ambiente rurale. Con il suo milione di voti, ne conserva comunque circa 300.000 di vantaggio sulla diretta concorrente Martine Aubry, ferma al 30,5%; un vantaggio senza alcun dubbio rassicuramente, ma ampiamente inferiore alle attese che vedevano la forbice tra i due contendenti superiore ai dieci punti percentuale. La Aubry mostra uno spaccato geografico di preferenze più consono al bacino elettorale della sinistra, forte nelle grandi città ed in particolare nei quartieri popolari.

È però dietro le due posizioni di testa che si è consumata la vera sorpresa di queste consultazioni. I sondaggi davano infatti in maniera unanime la Royal, con percentuali che si potevano spingere dal 12% al 17%.
E invece Ségolène Royal è stata letteralmente surclassata dal giovanissimo Arnaud Montebourg, il candidato espressamente più radicale e anti-sistema della rosa. Montebourg ha saputo cavalcare la crisi finanziaria e i timori sulla tenuta economica della Francia con un programma fortemente statalista basato sull'ingresso dello Stato nei CdA bancari e misure protezionistiche volte a difendere l'economia francese - ed in seconda battuta europea - dalla concorrenza cinese. Pescando proprio nel bacino elettorale della Royal il giovane avvocato della Loira è arrivato a racimolare quasi quattrocentocinquantamila preferenze, un bacino elettorale enorme in vista del ballottaggio. Dal punto di vista geografico Montebourg ha fatto incetta di voti nei dipartimenti della regione di origine, ed in generale ha mantenuto un andamento piuttosto costante da zona a zona, intercettando però voti nelle fasce giovanili della popolazione ed in generale nei movimenti di protesta della società civile.
Nessuna sorpresa, infine, dalle ultime due candidature, quella di Valls e quella del radicale Baylet, che hanno chiuso la classifica dei risultati delle primarie.

Negli scenari prospettati dalle principali case sondaggistiche l'ago della bilancia sarebbe stata Ségolène Royal, politicamente più vicina a Hollande che alla Aubry. Il forte ridimensionamento della ex candidata all'Eliseo ha però sparigliato le carte in tavola, aprendo scenari completamente nuovi: la somma dei voti di Hollande e Royal non è infatti in grado di superare il 50% dei partecipanti al primo turno delle primarie, e quindi un appoggio della Royal al suo ex compagno non sarebbe per questi una garanzia di vittoria.
Gli occhi degli analisi si sono quindi spostati su Montebourg e sul suo mezzo milione di voti: un suo appoggio a Hollande chiuderebbe la competizione da ogni punto di vista, mentre un sostegno alla Aubry, pur non potendo dare certezze matematiche, farebbe pendere verso di lei la bilancia dei ballottaggi. E Montebourg pare proprio determinato a capitalizzare al massimo la propria golden share sulle primarie: dopo aver attaccato entrambi i contendenti e la loro politica, ha messo sul tavolo - tramite il portavoce Mandon - quattro richieste chiave in base alle quali darà indicazione di voto ai propri sostenitori.

Il tenore delle richieste (Sesta Repubblica, capitalismo cooperativo, protezionismo a livello europeo, controllo statale delle banche) rischia di essere tuttavia un boomerang per i due sfidanti al ballottaggio, e ripropone la forte tensione che si manifesta ad ogni appuntamento del genere: il voto partecipato e militante delle primarie tende a far emergere gli esponenti più estremi, laddove nelle elezioni reali nei sistemi bipolari è invece chi sa interpretare meglio le posizioni del centro ad aggiudicarsi la partita.

La rincorsa ai voti di Montebourg potrebbe quindi avere l'effetto di appiattire Hollande e Aubry verso sinistra, erodendone i consensi al centro e aprendo spiragli alla riconferma di Sarkozy alle presidenziali dell'anno prossimo. I due contendenti al ballottaggio dovranno dimostrare di essere in grado di intercettare il bisogno di sinistra evidenziato dai voti a Montebourg, facendo proprie le sue istanze programmatiche, senza che questo venga percepito come una minaccia dall'elettorato moderato; da questo punto di vista, ben più importante del volto del vincitore di domenica prossima sarà quindi il modo tramite cui tale vittoria sarà conseguita.

sabato 8 ottobre 2011

Molise, candidati a confronto

Stemma del Molise


Dopo l'ordalia amministrativa e referendaria della primavera di quest'anno, le elezioni in Molise possono sembrare un evento di secondo piano, anche tenendo conto del fatto che l'intera regione ha una popolazione inferiore alla sola città di Bologna. Tuttavia il peculiare momento in cui si vengono a trovare queste votazioni - nel pieno della crisi finanziaria del Paese, a cavallo tra l'approvazione finanziaria e quella del piano di sviluppo, con un Governo che pare dilaniato da mille correnti contrapposte - le rende un importante indice di gradimento dell'esecutivo in questo particolare frangente.
Malgrado infatti la presenza di candidati in grado di calamitare forti consensi personali ed una tradizione che vede il voto di opinione minoritario nelle regioni meridionali, sono in molti a ritenere che da queste elezioni si potranno cogliere segnali importanti sulla tenuta dell'Esecutivo.
Il Molise è una regione a forte trazione conservatrice, e la vittoria del centrodestra non pare particolarmente in dubbio nemmeno in questo appuntamento del 2011. Una pur improbabile sconfitta o comunque un risultato al di sotto di quello ottenuto nel 2006 sarebbero però visti come un segnale al Governo, segnale ancora più importante in quanto proveniente da un territorio fortemente di centrodestra.

I candidati che si sfidano in questa tornata 2011 sono quattro, sostenuti da un totale di sedici liste. Nel 2006 i candidati erano soltanto due, con sempre sedici liste complessive in loro sostegno. Rispetto all'esperienza squisitamente bipolare delle scorse elezioni, a questo appuntamento parteciperà anche il MoVimento 5 Stelle mentre La Destra si è tirata fuori dalla coalizione berlusconiana presentando un proprio candidato.

Angelo Michele Iorio
Angelo Michele Iorio, classe 1948, è l'attuale Presidente della regione, candidato alla poltrona per la terza volta dopo le elezioni del 2011 e del 2006, in cui si è imposto con oltre il 54%. Politico di lungo corso - è stato sia senatore che deputato nella sua carriera - è attualmente indagato nell'ambito di due distinti filoni di inchiesta per azioni legate proprio alla sua carica di Presidente del Molise.
Iorio non ha un proprio sito internet, né appaiono siti o blog specifici per la sua candidatura.
Il suo programma è stato presentato in conferenza stampa il 24 settembre ed è incentrato sostanzialmente sulla riduzione della spesa pubblica e l'occupazione giovanile.
Le liste in suo sostegno sono: Popolo della Libertà, Unione di Centro, Alleanza di Centro, Progetto Molise, Grande Sud, Molise Civile e Udeur.

Giovancarmine Mancini
La lista numero due è quella di Giovancarmine - detto Giancarmine - Mancini, espressione de La Destra che ha deciso di correre da sola togliendo il proprio supporto a Iorio. Avvocato, classe 1964, Mancini viene da una lunga esperienza politica che lo ha portato ad essere vicesindaco di Isernia e consigliere provinciale.
La sua campagna elettorale si rifà ai valori della destra sociale, ed è caratterizzata dal tentativo di intercettare i voti del centrodestra mostrando Iorio come un "traditore" di Berlusconi.
Il suo sito si presenta piuttosto ricco dal punto di vista dei contenuti multimediali e del volantinaggio, e dotato di una ricca rassegna stampa, ma non contiene alcun riferimento a temi programmatici.

Antonio Federico
Classe 1980, il candidato del MoVimento 5 Stelle Antonio Federico è il più giovane della competizione, seguendo una tradizione propria del partito ispirato dal comico Grillo. Laureato in ingegneria industriale e impegnato nel sociale, Federico rilancia i temi da sempre cari al MoVimento: tagli dei costi della politica, ambiente, istruzione e informazione.
Sempre nel solco delle scelte del MoVimento, Federico non ha un sito personale, ma tutte le informazioni sulla sua biografia, sulla sua candidatura e sul programma che intende portare avanti sono disponibili sul sito www.molise5stelle.it, dove sono riportate nel dettaglio le proposte programmatiche, con tanto di elenco dei principali provvedimenti da intraprendere, e le biografie di tutti i candidati ai posti del consiglio regionale.

Paolo di Laura Frattura
Il quarto candidato ed ultimo è Paolo di Laura Frattura, il vincitore delle primarie del centrosinistra esule di Forza Italia. Originario di Campobasso, classe '62, è laureato in architettura ed è stato presidente della Camera di Commercio di Campobasso. È sostenuto da sette liste: Partito Democratico, Italia dei Valori, Federazione della Sinistra, Sinistra Ecologia Libertà, Partito Socialista Italiano, Alleanza per l'Italia e Costruire Democrazia.
Il suo blog personale contiene tutte le informazioni relative alla campagna elettorale, compreso il programma dove tra le principali proposte si leggono l'apertura della sanità ai privati, l'integrazione delle facoltà di medicina con le strutture ospedaliere, la ristrutturazione della rete ferroviaria, la lotta all'evasione fiscale, incentivi alla raccolta differenziata ed il taglio dei costi della politica.

Malgrado la presenza di nuove forze in campo rispetto al 2006 lo scontro si giocherà in tutto e per tutto tra centrodestra e centrosinistra, con le forze conservatrici - che rispetto ad altre regioni italiane qui hanno incassato l'appoggio dell'Udeur proveniente dalla coalizione avversa e mantenuto l'UdC - nettamente avvantaggiate.
Ma saranno le proporzioni della probabile vittoria di Iorio a determinare se queste elezioni potranno essere viste dal centrodestra come una rivincita sulle amministrative di primavera oppure se il progressivo distacco delle forze berlusconiane dal Paese sta continuando a crescere.

mercoledì 5 ottobre 2011

Dati Terna 2010: presentazione generale

Logo della Terna

Da alcuni giorni sono disponibili sul sito Terna, nella pagina dei dati statistici, le informazioni relative all'utilizzo dell'energia elettrica nel Paese nell'anno 2010; particolarmente interessanti, nella rassegna offerta dal sito, sono le informazioni relative ai dati di consumo e produzione su base regionale, che consentono di esprimere considerazioni sulla politica delle amministrazioni locali in termini di attuazione dei piani energetici nazionali.

I dati riepilogativi, comprensivi di serie storica dal 1997 ad oggi, sono disponibili a questo link.

Il primo elemento che emerge, come era scontato aspettarsi, è che l'Italia è un Paese importatore di energia. Il nostro deficit nel 2010 è stato di circa 44 GWh, più del 13% del consumo nazionale complessivo, mostrando un andamento costante negli anni.

Bilancio energetico percentuale
Italie e macrozone

Andando però a dare evidenza dei bilanci energetici delle macrozone del Paese emerge che un tale andamento costante a livello nazionale nasconde profonde evoluzioni a livello regionale, all'interno delle quali è possibile individuare alcuni temi portanti:
  • l'Italia meridionale, le isole da sempre ed il sud negli ultimi anni, è la fonte energetica del Paese almeno in termini relativi; entrambe queste macrozone sono producono ben più di quanto consumino
  • il centro Italia è passato da zona a sostanziale pareggio energetico a zona di profondo deficit
  • nord-ovest e nord-est viaggiano appaiate intorno al 20% di deficit, la prima zona con una tendenza in risalita, la seconda stazionaria dopo una brusca discesa negli anni precedenti
Dal grafico emerge quindi prepotentemente l'idea del Mezzogiorno come motore energetico del Paese, un'immagine spesso trascurata e dimenticata da chi si lancia in confronti avventati tra le regioni italiane.

Bilancio energetico 2010 su base regionale

Lo spaccato per regioni mostra in maniera ancora più evidente la disparità tra nord e sud del Paese: in particolare, considerando le regioni principali - sopra i quattro milioni di abitanti - si vede come solo Puglia e Sicilia siano al di sopra della parità energetica, mentre l'Emilia Romagna, pur avendo un bilancio energetico negativo, è l'unica altra regione ad essere sopra la media nazionale.
Particolarmente grave è poi la situazione del Veneto, che deve importare quasi il 60% dell'energia utilizzata, e di Campania e Lazio, dove questa percentuale si aggira intorno al 40%.
Se al posto del bilancio relativo si considera quello assoluto, la maglia nera spetta invece alla Lombardia, con un deficit energetico di oltre 22 GWh, seguita da Veneto (-18 GWh) e Lazio (-10 GWh). La Puglia produce un surplus energetico di oltre 15 GWh mentre quello della Sicilia è inferiore al GWh.

Composizione della produzione energetica 2010
Italia e macrozone

Se si passa ad esaminare la composizione dell'energia prodotta in Italia si vede come il nostro Paese dipenda in maniera massiccia da quello che Terna definisce nel suo resoconto "termoelettrico tradizionale". Il 76% dell'energia nazionale, pari a oltre 220.000 GWh, deriva infatti da questa fonte. Questo netto predominio è valido per tutte le macrozone del Paese (range 69%-82%, deviazione standard inferiore al 10% del valore medio) e diventa ancora più marcato nell'Italia meridionale, dove è meno rilevante l'apporto dell'energia idroelettrica.
Proprio l'idroelettrica è la seconda fonte energetica nazionale, con il 18,50% di quota pari a poco meno di 54 GWh. Dal momento che l'approvigionamento di energia da fonte idroelettrica si basa sulla presenza e disponibilità di acqua sotto forma di fiumi e laghi, la quantità di energia prodotta risente in maniera significativa delle peculiarità geografiche e climatologiche delle varie macrozone. Si vede infatti come la produzione idroelettrica pesi dal 3% delle isole al 30% del nord-est, mostrando una varianza pari al 70% del valore medio. Questa dipendenza, unita all'importanza delle fonti idroelettriche per l'approvigionamento energetico del Paese, non fa che rendere ancora più acuti i problemi climatici legati al progressivo scioglimento dei ghiacciai alpini, che rischia di dimezzare la fornitura di energia da fonte idroelettrica nel Paese.
Il geotermico pesa, con i suoi 5.000 GWh, per meno del 2% sulla produzione complessiva di energia elettrica, e proviene nella sua totalità dall'Italia centrale ed in particolare dalla Toscana. Lo sfruttamento dell'energia geotermica è chiaramente sottoposto ad un ambiente naturale predisposto, e sono in fase preliminare gli studi per aprire un secondo polo geotermico in Campania, nella zona dei Campi Flegrei.
Hanno avuto infine grande slancio negli ultimi anni l'eolico ed il fotovoltaico, temi cari ai movimenti ambientalisti. Le due fonti di energia presentano tuttavia sviluppi storici piuttosto differenti.
Il solare fotovoltaico pesa, con i suoi 1.877 GWh, per poco più dello 0,5% sul totale nazionale, ma tra il 2009 ed il 2010 ha mostrato un incremento elevatissimo, pari al 178%. La produzione di energia fotovoltaica è abbastana omogeneo in tutto il territorio italiano, toccando al sud e al nord-est i suoi picchi in termini di produzione. In generale il nostro Paese si è approcciato tardi all'energia solare, divenuta una fonte energetica a liveli significativi solo a partire dal 2007-2008. Al nord si tratta ancora però lo più di installazioni private, mentre al sud hanno finalmente preso vita le prime centrali fotovoltaiche.
Crescita importante, del 40% circa, anche per il settore eolico, che passa da 6.000 a 9.000 GWh arrivando a superare il 3% della produzione nazionale. In questo caso si vedono però nettissime differenze tra le varie aree italiane, con una varianza che arriva al 132% del valore medio. Nell'Italia meridionale - sud e isole - si produce infatti il 98% dell'energia eolica del Paese, con Sicilia e Puglia al top con oltre 2.000 GWh a testa. Le altre zone del Paese pagano, più che un'orografia inadeguata, un imperdonabile ritardo nell'adottare questo mezzo di produzione: se si prende come limite la soglia dei 10 GWh, si vede come nel 1997 il sud fosse già dieci volte tale valore, mentre le isole lo hanno varcato nel 1999, il centro nel 2004, il nord-ovest nel 2007 ed il nord-est nel 2009. Né le regioni del nord paiono aver fatto tesoro dell'esperienza maturata nell'Italia meridionale, dal momento che i tassi di crescita attuali delle aree settentrionali del Paese sono gli stessi - quando non più bassi - di quelli delle aree del sud negli anni pionieristici dell'eolico.

Cartogrammi della produzione energetica 2010
idroelettrica - termoelettrica - fotovoltaica - eolica

I cartogrammi, ottenuti tramite Scape Toad, mostrano i rapporti tra le regioni italiane in termini di produzione di energia. Escludendo la fonte geotermica, appannaggio della sola Toscana, le regioni italiane che hanno equilibrato meglio le proprie fonti energetiche rispetto alla quota complessivamente prodotta sono Basilicata, Abruzzo e Umbria. Si tratta comunque di regioni piccole, in cui le quote di termoelettrico non sono particolarmente elevate e pertanto gli sforzi compiuti in termini di eolico e fotovoltaico appaiono da subito più rilevanti.

Nei prossimi articoli verranno analizzate le singole aree geografiche del Paese, offrendo un dettaglio di livello regionale alla politica energetica del Paese.
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