martedì 30 ottobre 2012

Elezioni siciliane, un'analisi del voto

Rosario Crocetta (PD)

Domenica 28 ottobre si è ufficialmente aperta con le regionali siciliane la lunga stagione di appuntamenti elettorali che culminerà - salvo brusche interruzioni di legislatura - con le elezioni politiche dell'aprile 2013. Ha vinto, come noto, Rosario Crocetta, candidato di PD e UdC, che porta per la prima volta la regione a sinistra nella storia repubblicana. Ha tuttavia vinto senza raggiungere una maggioranza autosufficiente in Consiglio, fattore che lo obbligherà ad un governo di minoranza oppure a cercare alleanze al di fuori della coalizione a suo sostegno. Questo insieme di fattori rende queste elezioni siciliane un evento di notevole complessità, che deve essere analizzato nel dettaglio.

La Sicilia, come è noto, è sempre stata una regione orientata a destra, un bacino di voti spesso determinante per il successo della DC nella Prima Repubblica e di FI e poi PdL nella Seconda.
È sicuramente passato alla storia il clamoroso 61 a 0 con cui il centrodestra si impose nel 2001, ma forse ancora più significativa fu la vittoria di Salvatore Cuffaro su Rita Borsellino nel 2006, che dimostrò come la coalizione conservatrice riuscisse ad essere maggioritaria in regione malgrado a livello nazionale il centrosinistra fosse in uno dei suoi momenti di maggior brillantezza.
Nel 2008 Raffaele Lombardo, candidato di centrodestra, prevalse con percentuali bulgare sulla candidata del centrosinistra Anna Finocchiaro, raggiungendo la maggioranza assoluta in tutte le province siciliane spaziando dal 53% di Enna, la provincia più rossa o per meglio dire meno azzurra, fino a superare il 70% a Catania.

Cartogramma delle elezioni regionali 2008

Come è noto, quattro anni sono un'eternità, quando è in gioco la politica, e queste elezioni 2012 ne sono la prova a tutti gli effetti.

Scomparso infatti il dualismo tra centrodestra e centrosinistra, sono quattro, tra i dieci candidati alla presidenza della regione, ad avere avuto le luci della ribalta, e, fino al momento dei primi exit-poll, la speranza di accedere al massimo seggio di Palazzo d'Orleans. Una situazione dunque molto incerta e fluida, in questo valido specchio della politica nazionale.

Le fratture maggiori si sono avute nel centrodestra: la vasta coalizione che nel 2008 aveva sostenuto Lombardo appare oggi divisa, con il tronco principale, formato dal PdL, impegnato con Musumeci, una frangia ribelle a sostegno di Micciché e addirittura l'UdC in coalizione con il PD a sostegno di Crocetta.
Cambiando sponda, nemmeno a sinistra è stato possibile trovare un candidato unitario: IdV e SEL hanno infatti scelto di non appoggiare Crocetta e fare una corsa in solitaria; la loro corsa è però stata compromessa dal pasticcio legato alla mancata candidatura di Fava e alla sua repentina sostituzione. L'impressione di inefficienza e disorganizzazione fornita in quel frangente, unita alla figura comunque di ripiego scelta per la corsa alla presidenza hanno inevitabilmente penalizzato la coalizione di sinistra, a favore del candidato di PD e UdC.
In questo scenario già di per sé piuttosto complesso si innesta il MoVimento 5 Stelle, che dopo il trionfale tour di Grillo nelle principali città dell'isola arrivava all'appuntamento elettorale con concrete ambizioni di governo.
Il voto di domenica 28 ottobre, tuttavia, sancisce come vincitrice assoluta l'astensione: la percentuale di affluenza, infatti, si è attestata ad un modesto 47%, circa il 19% e 800.000 elettori in meno rispetto al 2008. Si tratta di una percentuale enorme, che mostra una disaffezione dalla politica ormai a livelli patologici e induce ad una prima, fondamentale riflessione: il numero dei votanti è precipitato malgrado la presenza di forze di protesta come il MoVimento 5 Stelle e il Movimento dei Forconi; anzi, le percentuali di affluenza sono state più basse proprio nelle province occidentali, in cui i grillini hanno ottenuto le proprie prestazioni migliori.
Ciò ha implicazioni molto pesanti e lascia indendere come ormai nemmeno più Grillo, malgrado gli slogan in tal senso, sia più in grado di riavvicinare la gente comune alla politica; lo scollamento tra cittadini e istituzioni non riguarda più, ormai, i politici o la classe politica nel suo complesso, ma si estende alle stesse forme di espressione democratica. La politica, sempre di più, viene vista come il problema e non come lo strumento con cui i problemi devono essere risolti.

Confronto affluenza
elezioni regionali 2012 - elezioni regionali 2008

Risultati elezioni regionali 2012
dettaglio per provincia

Passando dall'area del non voto a quella del voto, emerge in primo luogo il successo di Rosario Crocetta, un successo che per il centro-centrosinistra appare al tempo stesso esaltante e insoddisfacente. A parte la brevissima parentesi 1998-2000, infatti, è la prima volta che un esponente dell'area progressista si ritrova alla guida dell'isola. Ha ragione Bersani a considerare storico il risultato ottenuto, ma proprio questa definizione esprime al meglio tutti i limiti del centrosinistra nella politica regionale. Crocetta, infatti, non ha ottenuto la maggioranza necessaria a governare (39 consiglieri su 90), e ora dovrà quindi scendere a patti con altre forze politiche per raggiungere la soglia dei 46 deputati necessaria alla formazione di un governo stabile. Se persino questa condizione minimale di vittoria è storica, si comprende appieno quanto la Sicilia fosse e sia ancora un territorio difficile per il centrosinistra.

Legata a doppio filo con l'anatra zoppa di Crocetta c'è la sconfitta di SEL e IdV, che hanno fatto una corsa solitaria e fallimentare: le due formazioni si fermano sotto la soglia minima della rappresentanza in consiglio regionale, facendo di fatto sparire la sinistra vera e propria da Palazzo dei Normanni. Una scelta politica tecnicamente fallimentare, intrapresa per non voler intraprendere un'alleanza con l'UdC ma che ha avuto come esito l'assenza di quella maggioranza all'ARS che il 6% della Marano avrebbe potuto portare in dote a Crocetta e soprattutto una voce di vera sinistra nella coalizione vincente, ora decisamente più sbilanciata al centro.

Il vero sconfitto della tornata elettorale è il PdL, che scende dal 48% dei tempi d'oro ad un misero 12% e perde la presidenza dell'isola. La débacle del partito di Alfano - che da agrigentino giocava persino in casa - è totale e assoluta, e non è nemmeno possibile per il centrodestra puntare il dito contro la scissione di Micciché, se si pensa che furono proprio i vertidi del PdL locale a scatenare tale profonda divisione nel centrodestra. La sconfitta è, nell'entità, senza appello.

Il candidato del MoVimento 5 Stelle, infine, ottiene un dignitoso terzo posto, dietro a Crocetta e Musumeci ma davanti a Micciché, dimostrando come questa formazione abbia ormai raggiunto un livello di consenso tale da permetterle di gareggiare alla pari con i partiti maggiori. Inoltre è da osservare come il voto disgiunto abbia abbondantemente premiato il candidato a 5 Stelle rispetto alla sua stessa formazione, segno che ormai la formazione grillina è vista non solo come movimento di protesta o di controllo, ma come reale alternativa di governo. Un segnale decisamente importante anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali.

Risultati dei principali partiti alle elezioni regionali 2012
dettaglio per provincia

Il MoVimento 5 Stelle diventa primo partito dell'isola, con poco meno del 15%, staccando il PD fermo al 13,5% e il PdL fermo a pochi decimali dal 13%. Il risultato ha sicuramente una portata rilevante guardando alla percentuale ottenuta (si stima che un 15% in Sicilia possa facilmente tramutarsi in un 20% nazionale), ma confrontare partiti che seguono differenti strategie di coalizione è quantomeno azzardato: il MoVimento 5 Stelle, come noto, corre da solo a non si appoggia a liste civiche di alcun tipo, mentre gli altri candidati maggiori avevano una pluralità di liste a loro sostegno, tra cui diverse liste civiche quando non personali, liste che naturalmente non apparirebbero alle elezioni politiche.
Leggendo quindi meramente i dati dei partiti il M5S è il primo partito siciliano, ma già conteggiando i voti della lista civica per Crocetta dividendoli tra PD e UdC renderebbe i democratici prima formazione... stilare una classifica, in tali condizioni di voto, è un esercizio di stile che ciascuna formazione potrà applicare per portare acqua al proprio mulino, senza alcun reale riscontro.

Cartogramma dei risultati di M5S, PD, PdL e UdC
alle elezioni regionali 2012 - dettaglio per provincia

Un ultimo spunto di analisi, infine, può arrivare dalla ripartizione geografica dei voti. Come emerge dal cartogramma, vi sono alcune importanti correlazioni tra i risultati dei principali partiti, che evidenziano quali siano i bacini elettorali ad oggi contrapposti.
Catania e Agrigento si confermano la provincia più a destra, e infatti sia PdL sia UdC qui raggiungono le loro prestazioni migliori. Il MoVimento 5 Stelle ottiene i suoi risultati più eclatanti a Trapani e Ragusa, mentre il PD fa il pieno di voti a Messina ed Enna.
Al tempo stesso proprio Messina e Agrigento sono le province dove il M5S fa peggio, mentre il PdL stenta a Caltanissetta e Siracusa e l'UdC a Enna e Ragusa; il PD, infine, ottiene i suoi peggiori risultati a Catania e Agrigento.
Come si vede dalle numerose province ripetute, si delinano vere e proprie sfere di influenza che delineano tutto sommato uno scenario di relativa stabilità. Appare significativo soprattutto come PdL e UdC abbiano più o meno la stessa distribuzione geografica del voto, fattore che evidenzia quanto le due forze fossero fino a poco tempo fa apparentate e la somiglianza che tuttora pervade i due elettorati.
È rilevante anche l'exploit del PD a Messina, dove supera il M5S diventanto primo partito, senza che quei valori siano nemmeno lontanamente avvicinati nelle altre province, nemmeno quelle storicamente più di sinistra come Enna e Caltanissetta.

Alla frammentazione politica corrisponde una vera e propria frammentazione geografica, e la strada di governo appare per Crocetta quantomai impervia e irta di ostacoli. Con una sola certezza: con risultati come questi, con tre/quattro poli che ormai si equivalgono, il bipolarismo è ormai morto, e nulla potrà più essere come negli ultimi venti anni.

mercoledì 24 ottobre 2012

Quale futuro per il MoVimento 5 Stelle?



Secondo diversi analisti, e anche secondo il parere di svariati esponenti politici, il MoVimento 5 Stelle non è altro che un fenomeno transitorio, che rapidamente sparirà dalla scena italiana così come vi è apparso di prepotenza pochi anni fa. Secondo altri pareri, invece, la marcia della formazione grillina sarà inarrestabile e spazzerà via i cosiddetti partiti tradizionali, rivoluzionando il modo stesso di intendere la democrazia rappresentativa.
Non è raro che nel campo dell'analisi politica ci si avventuri nella previsione sulle possibilità di sopravvivenza di questo o quel partito, ma troppo spesso si tratta di affermazioni basate sull'empirismo, su semplici sensazioni o peggio ancora si tratta di tentativi di profezia autoavverante, in cui il solo fatto di aver previsto una cosa incrementa le probabilità che quell'evento si avveri.

In realtà, attingendo a piene mani da altre discipline, anche per le scienze politiche sarebbe possibile intraprendere un cammino rigoroso e scientifico in grado di arrivare a formulare regole di validità generale sulle fasi evolutive dei partiti politici: in primo luogo la matematica, linguaggio necessario ad ogni teoria scientifica, ma sicuramente anche la biologia, con i suoi studi sull'espansione e la contrazione delle popolazioni; non si deve trascurare neppure il marketing, in quanto il percorso di un partito politico non è solo un percorso di persone, ma anche e soprattutto un percorso di idee; e infine, naturalmente, la storia, attraverso la quale ricavare empiricamente tutti quegli esempi da cui poi estrapolare i dati necessari all'individuazione e alla codifica di regole generali.

Proprio quest'ultima disciplina consente, tramite il raffronto tra le dinamiche attuale e quelle del passato, di arrivare a formulare paragoni e similitudini che anche se non corredate da un formalismo matematico che ne attesti la validità e la veridicità possono fornire interessanti indizi sullo stadio evolutivo di un partito e sulle fasi che attraverserà in futuro.
Prendendo a titolo di esempio il MoVimento 5 Stelle di cui così tanto si parla in questo momento, individuare validi metri di paragone potrebbe già consentire di formulare ipotesi più circostanziate di quanto possa offrire buona parte dei commentatori politici - e dei politici stessi.

Il partito grillino nasce come forza di protesta e di opposizione, che proclama una guerra spietata ad una Casta dominante corrotta e promette un rinnovamento dei costumi e della morale; grazie al proprio attivismo miete consensi, conquista posizioni di comando in alcune realtà locali, e nel momento attuale mostra di avere un seguito del tutto paragonabile a quello degli esponenti della Casta che si propone di combattere.
In vista di appuntamenti elettorali importantissimi a livello locale - Sicilia, Lombardia, Lazio - e soprattutto dinanzi alle elezioni politiche del 2013, sono in molti a chiedersi fino a dove potrà arrivare il cammino del MoVimento.
Un esempio storico sufficientemente ricco di analogie da poter essere utilizzato come metro di paragone è indubbiamente quello dei movimenti cristiani di richiamo alla povertà che tra il XIII e il XIV secolo fiorirono in Europa. Tacciati spesso come eretici, perseguitati dall'ordine costituito, guidati da leader carismatici, questi movimenti si proponevano, ciascuno con le proprie sfumature, di riformare quando non addirittura abbattere l'autorità della Chiesa, richiamandola ai valori di sobrietà e integrità morale propri dell'insegnamento originale di Cristo.

Una summa delle vicende di tali movimenti, che ben si presta a capirne l'evoluzione nel tempo, è offerta dalle parole che lo scrittore Umberto Eco mette in bocca a Frate Guglielmo da Baskerville nel suo capolavoro IL NOME DELLA ROSA:

"Capisco sempre di meno."
"Anch'io. Non sono buono a parlare in modo parabolico. Dimentica questa storia del fiume. Cerca piuttosto di capire come molti dei movimenti che hai nominato sono nati almeno duecento anni fa e sono già morti, altri sono recenti..."
"Ma quando si parla di eretici si nominano tutti insieme."
"È vero, ma questo è uno dei modi in cui l'eresia si diffonde e uno dei modi in cui viene distrutta."
"Non capisco di nuovo."
"Mio Dio, come è difficile. Bene. Immagina che tu sia un riformatore dei costumi e raduni alcuni compagni sulla vetta di un monte, per vivere in povertà. E dopo un poco vedi che molti vengono a te, anche da terre lontane, e ti considerano un profeta, o un nuovo apostolo, e ti seguono. Vengono davvero per te o per quello che dici?"
"Non so, lo spero. Perché altrimenti?"
"Perché hanno udito dai loro padri storie di altri riformatori, e leggende di comunità più o meno perfette, e pensano che questa sia quella e quella questa."
"Così ogni movimento eredita i figli degli altri."
"Certo, perché vi accorrono in massima parte i semplici, che non hanno sottigliezza dottrinale. Eppure i movimenti di riforma dei costumi nascono in luoghi e modi diversi e con diverse dottrine. Per esempio si confondono sovente i catari e i valdesi. Ma vi è tra essi una grande differenza. I valdesi predicavano una riforma dei costumi all'interno della chiesa, i catari predicavano una chiesa diversa, una diversa visione di Dio e della morale. I catari pensavano che il mondo fosse diviso tra le forze opposte del bene e del male, e avevano costituito una chiesa in cui si distinguevano i perfetti dai semplici credenti, e avevano i loro sacramenti e i loro riti; avevano costituito una gerarchia molto rigida, quasi quanto quella della nostra santa madre chiesa e non pensavano affatto a distruggere ogni forma di potere. Il che ti spiega perché aderirono ai catari anche uomini di comando, possidenti, feudatari. Né pensavano di riformare il mondo, perché l'opposizione tra bene e male per essi non potrà mai essere composta. I valdesi invece (e con loro gli arnaldisti o i poveri lombardi) volevano costruire un mondo diverso su un ideale di povertà, per questo accoglievano i diseredati, e vivevano in comunità del lavoro delle loro mani. I catari rifiutavano i sacramenti della chiesa, i valdesi no, rifiutavano solo la confessione auricolare."
"Ma perché allora vengono confusi e se ne parla come della stessa mala pianta?"
"Te l'ho detto, quello che li fa vivere è anche quello che li fa morire. Si arricchiscono di semplici che sono stati stimolati da altri movimenti e che credono che si tratti dello stesso moto di rivolta e di speranza; e sono distrutti dagli inquisitori che attribuiscono agli uni gli errori degli altri, e se i settatori di un movimento hanno commesso un delitto, questo delitto sarà attribuito a ciascun settatore di ciascun movimento. Gli inquisitori hanno torto secondo ragione, perché mettono insieme dottrine contrastanti; hanno ragione secondo il torto degli altri, perché come nasce un movimento, verbigratia, di arnaldisti in una città, vi convergono anche coloro che sarebbero stati o erano stati catari o valdesi altrove. Gli apostoli di fra Dolcino predicavano la distruzione fisica dei chierici e dei signori, e commisero molte violenze; i valdesi sono contrari alla violenza, e così i fraticelli. Ma sono sicuro che ai tempi di fra Dolcino convenirono nel suo gruppo molti che avevano già seguito la predicazione dei fraticelli o dei valdesi. I semplici non possono scegliersi la loro eresia, Adso, si aggrappano a chi predica nella loro terra, a chi passa per il villaggio o per la piazza. È su questo che giocano i loro nemici. Presentare agli occhi del popolo una sola eresia, che magari consigli al tempo stesso e il rifiuto del piacere sessuale e la comunione dei corpi, è buona arte predicatoria: perché mostra gli eretici un solo intrico di diaboliche contraddizioni che offendono il senso comune."
"Quindi non vi è rapporto tra essi ed è per inganno del demonio che un semplice che avrebbe voluto essere gioachimita o spirituale cade nelle mani di catari o viceversa?"
"E invece non è così. Cerchiamo di ricominciate da capo, Adso, e ti assicuro che cerco di spiegarti una cosa sulla quale neppure io credo di possedere la verità. Penso che l'errore sia di credere che prima venga l'eresia, poi i semplici che vi si danno (e vi si dannano). In verità prima viene la condizione dei semplici, poi l'eresia."
"E come?"
"Tu hai chiara la visione della costituzione del popolo di Dio. Un grande gregge, pecore buone, e pecore cattive, tenute a freno da cani mastini, i guerrieri, ovvero il potere temporale, l'imperatore e i signori, sotto la guida dei pastori, i chierici, gli interpreti della parola divina. L'immagine è piana."
"Ma non è vera. I pastori combattono coi cani perché ciascuno dei due vuole i diritti degli altri."
"È vero, ed è appunto questo che rende imprecisa la natura del gregge. Persi come sono a dilaniarsi a vicenda, cani e pastori non curano più il gregge. Una parte di esso ne rimane fuori."
"Come fuori?"
"Ai margini. Contadini, non sono contadini perché non hanno terra o quella che hanno non li nutre. Cittadini, non sono cittadini perché non appartengono né a un'arte né ad altra corporazione, sono popolo minuto, preda di ciascuno. Hai visto talora nelle campagne gruppi di lebbrosi?"
"Sì, una volta ne vidi cento insieme. Deformi, con la carne in disfacimento e tutta biancastra, sulle loro stampelle, le palpebre gonfie, gli occhi sanguinanti, non parlavano né gridavano: squittivano, come topi."
"Essi sono per il popolo cristiano gli altri, quelli che stanno ai margini del gregge. Il gregge li odia, essi odiano il gregge. Ci vorrebbero tutti morti, tutti lebbrosi come loro."
"Sì, ricordo una storia di re Tristano che doveva condannare Isotta la bella e stava facendola salire sul rogo, e vennero i lebbrosi e dissero al re che il rogo era pena da poco e che ve n'era una peggiore. E gli gridarono: dacci Isotta che appartenga a tutti noi, il male accende i nostri desideri, dalla ai tuoi lebbrosi, guarda, i nostri stracci sono incollati alle piaghe che gemono, lei che accanto a te si compiaceva delle ricche stoffe foderate di vaio e dei gioielli, quando vedrà la corte dei lebbrosi, quando dovrà entrare nei nostri tuguri e coricarsi con noi, allora riconoscerà davvero il suo peccato e rimpiangerà questo bel fuoco di rovi!"
"Vedo che per essere un novizio di san Benedetto hai delle curiose letture," motteggiò Guglielmo, e io arrossii, perché sapevo che un novizio non dovrebbe leggere romanzi d'amore, ma tra noi giovanetti circolavano al monastero di Melk e li leggevamo a lume di candela di notte. "Ma non importa," riprese Guglielmo, "hai capito cosa volevo dire. I lebbrosi esclusi vorrebbero trascinare tutti nella loro rovina. E diverranno tanto più cattivi quanto più tu li escluderai, e quanto più tu te li rappresenti come una corte di lemuri che vogliono la tua rovina, tanto più loro saranno esclusi. San Francesco capì questo, e la sua prima scelta fu di andare a vivere tra i lebbrosi. Non si cambia il popolo di Dio se non si reintegrano nel suo corpo gli emarginati."
"Ma voi parlavate di altri esclusi, non sono i lebbrosi a comporre i movimenti ereticali."
"Il gregge è come una serie di cerchi concentrici, dalle più ampie lontananze del gregge alla sua periferia immediata. I lebbrosi sono segno dell'esclusione in generale. San Francesco l'aveva capito. Non voleva solo aiutare i lebbrosi, ché la sua azione si sarebbe ridotta a un ben povero e impotente atto di carità. Voleva significare altro. Ti han raccontato della predica agli uccelli?"
"Oh sì, ho sentito questa storia bellissima e ho ammirato il santo che godeva della compagnia di quelle tenere creature di Dio," dissi con gran fervore.
"Ebbene, ti hanno raccontato una storia sbagliata, ovvero la storia che l'ordine sta oggi ricostruendo. Quando Francesco parlò al popolo della città e ai suoi magistrati e vide che quelli non lo capivano, uscì verso il cimitero e si mise a predicare a corvi e a gazze, a sparvieri, a uccelli di rapina che si cibavano di cadaveri."
"Che cosa orrenda," dissi, "non erano dunque uccelli buoni!"
"Erano uccelli da preda, uccelli esclusi, come i lebbrosi. Francesco pensava certo a quel verso dell'Apocalisse che dice: ho visto un angelo, levato nel sole, gridare con voce forte e dire a tutti gli uccelli che volavano nel sole, venite e radunatevi tutti al gran banchetto di Dio, mangiate la carne dei re, la carne dei tribuni e dei superbi, la carne dei cavalli e dei cavalieri, la carne dei liberi e degli schiavi, dei piccoli e dei grandi!"
"Dunque Francesco voleva incitare gli esclusi alla rivolta?"
"No, questo furono semmai Dolcino e i suoi. Francesco voleva richiamare gli esclusi, pronti alla rivolta, a far parte del popolo di Dio. Per ricomporre il gregge bisognava ritrovare gli esclusi. Francesco non c'è riuscito e te lo dico con molta amarezza. Per reintegrare gli esclusi doveva agire all'interno della chiesa, per agire all'interno della chiesa doveva ottenere il riconoscimento della sua regola, da cui sarebbe uscito un ordine, e un ordine, come ne uscì, avrebbe ricomposto l'immagine di un cerchio, al cui margine stanno gli esclusi. E allora capisci, ora, perché ci sono le bande dei fraticelli e dei gioachimiti, che raccolgono intorno a loro gli esclusi, ancora una volta."
"Ma non stavamo parlando di Francesco, bensì di come l'eresia sia il prodotto dei semplici e degli esclusi."
"Infatti. Parlavamo degli esclusi dal gregge delle pecore. Per secoli, mentre il papa e l'imperatore si dilaniavano nelle loro diatribe di potere, questi hanno continuato a vivere ai margini, essi i veri lebbrosi, di cui i lebbrosi sono solo la figura disposta da Dio perché noi capissimo questa mirabile parabola e dicendo «lebbrosi» capissimo «esclusi, poveri, semplici, diseredati, sradicati dalle campagne, umiliati nelle città». Non abbiamo capito, il mistero della lebbra è rimasto a ossessionarci perché non ne abbiamo riconosciuto la natura di segno. Esclusi com'erano dal gregge, tutti costoro sono stati pronti ad ascoltare, o a produrre, ogni predicazione che, richiamandosi alla parola di Cristo, in effetti mettesse sotto accusa il comportamento dei cani e dei pastori e promettesse che un giorno essi sarebbero stati puniti. Questo i potenti lo capirono sempre. La reintegrazione degli esclusi imponeva la riduzione dei loro privilegi, per questo gli esclusi che assumevano coscienza della loro esclusione andavano bollati come eretici, indipendentemente dalla loro dottrina. E costoro, dal canto loro, accecati dalla loro esclusione, non erano interessati veramente ad alcuna dottrina. L'illusione dell'eresia è questa. Ciascuno è eretico, ciascuno è ortodosso, non conta la fede che un movimento offre, conta la speranza che propone. Tutte le eresie sono bandiera di una realtà dell'esclusione. Gratta l'eresia, troverai il lebbroso. Ogni battaglia contro l'eresia vuole solamente questo: che il lebbroso rimanga tale. Quanto ai lebbrosi cosa vuoi chiedere loro? Che distinguano nel dogma trinitario o nella definizione dell'eucarestia quanto è giusto e quanto è sbagliato? Suvvia Adso, questi sono giochi per noi uomini di dottrina. I semplici hanno altri problemi. E bada, li risolvono tutti nel modo sbagliato. Per questo diventano eretici".
"Ma perché taluni li appoggiano?"
"Perché servono al loro gioco, che di rado riguarda la fede, e più spesso la conquista del potere."

Con una visione forse nichilista, Eco condanna al fallimento questi movimenti, individuando tre cause principali per motivarne la sconfitta.

La prima riguarda, indubbiamente, il potere costituito. La Chiesa ha sempre avversato i movimenti di riforma, sopprimendoli sfruttanto l'ascendente che nel periodo medievale l'autorità ecclesiastica poteva vantare sul potere politico - e quindi militare. L'esempio, narrato nel libro stesso di Eco, di Fra Dolcino è forse uno dei casi più significatici di questo fenomeno, e al potere politico propriamente detto non bisogna dimenticare di affiancare l'inquisizione.
Oggi, naturalmente, non sarebbe più possibile una persecuzione ed una eliminazione fisica degli esponenti di una corrente di pensiero, ma è possibile interpretare come autodifesa della "Casta" quelle azioni legislative volte a impedire o comunque rendere più difficile l'accesso al potere da parte di altre formazioni politiche.
Così come nel caso della persecuzione fisica, è la massa critica del movimento a determinare l'esito di questa forma di deterrente: nel caso del MoVimento 5 Stelle, le percentuali di consenso raggiunte, sia a livello locale sia a livello nazionale, mettono relativamente al sicuro la formazione grillina da un epilogo repressivo di questo genere.

La seconda delle ragioni di possibile fallimento di un movimento di riforma, spesso usata come arma nella persecuzione fisica e politica ma valida anche in sé stessa, è la compenetrazione tra i movimenti: come narra Eco, non era raro trovare dolciniani al seguito dei valdesi, catari assieme ai flagellanti, patarini assieme agli umiliati. Per i poveri, i cosiddetti "semplici", qualsiasi movimento di protesta era fonte di attrazione, e spesso i dispersi di un'eresia soppressa finivano con l'aggregarsi ad un altro movimento.
Tutto ciò forniva buon gioco agli inquisitori, in grado di presentare l'eresia come un unico mostro a più teste, in grado di proporre tutto ed il contrario di tutto; da un lato diventava più facile contrastare un movimento accusandolo di posizioni dottrinali assolutamente non sostenute ma proprie di altre correnti in cui in passato ne militavano gli esponenti, e dall'altro era più difficile per un qualsiasi movimento riformatore, così impregnato di persone delle più disparate provenienze, assumere una forma ed una direzione coerenti.
Anche oggi una situazione analoga, con i dovuti accorgimenti, è possibile. Sebbene una più efficiente diffusione dell'informazione abbia drasticamente ridotto le correnti di pensiero, i transfughi ed i camaleonti della politica sono figure tristemente numerose, e la loro semplice presenza in un partito può da un lato fungere da deterrente per i potenziali elettori, e dall'altro ne può condizionare in maniera anche rilevante l'azione politica.
Il MoVimento 5 Stelle, sotto questo aspetto, pare aver tenuto in debita considerazione le lezioni impartite dalla storia, e con un atteggiamento di chiusura piuttosto estremo è riuscito con rare eccezioni a proporre candidati sempre privi di esperienze politiche presso altri partiti.
Al tempo stesso, la dittatura di pensiero da parte della coppia Grillo / Casaleggio riesce a fornire una linea incontrastata al partito mettendolo al riparo delle inevitabili deviazioni che nuovi simpatizzanti provenienti da altre formazioni politiche tendono a imporre... si può anzi dire che il MoVimento Cinque Stelle viva in questo momento proprio il problema opposto, un problema di democrazia interna e di scarsa rappresentatività dei militanti.

L'ultimo tema sollevato da Eco è forse il più insidioso, e viene affrontato esaminando il successo avuto dal francescanesimo. Divenuto troppo potente e popolare per essere affrontato frontalmente, è stato canonizzato dalla Chiesa, incanalato in un ordine costituito. Questa sua cristallizzazione ne ha vincolato i movimenti, rendendolo meno vicino alle istanze della gente comune, con il risultato che, pur drenando parte del malcontento fino a quel momento sciolto in mille rivoli eretici, si è alla lunga dimostrato incapace di svolgere al meglio la sua funzione riformatrice, perdendosi in mille compromessi formali spesso nemmeno compresi dai semplici fedeli.
Questo, al momento, pare più di ogni altro il vero rischio per il MoVimento 5 Stelle: una istituzionalizzazione politica che ne inaridisca il percorso di rinnovamento della politica che oggi costituisce la sua ragione di essere.
Paradossalmente, è proprio la vittoria politica, la discesa dall'assolutismo di un'opposizione intransigente alla quotidianità del governo, la continua e costante mediazione da ricercare tra forze sociali contrapposte, che rischia di ingessare e far perdere al MoVimento la sua stessa ragione di essere, impedendogli di convogliare quel malcontento sociale che oggi sa intercettare così bene e frammentandolo in mille rivoli sotterranei più o meno agitati e violenti - fino a che non nascerà una nuova forza in grado di raccogliere, ancora una volta, gli emarginati della politica.
Ad oggi, il maggior nemico del MoVimento 5 Stelle, come sta anche insegnando l'esperienza di governo a Parma, rischia di essere il suo stesso successo.

sabato 20 ottobre 2012

Dati AGCom settembre 2012

Logo dell'AGCom

Sono stati recentemente pubblicati sul sito dell'AGCom i dati relativi al pluralismo politico e istituzionale in televisione riferiti al mese di settembre 2012.
L'analisi dei numeri che emergono dal rapporto evidenzia forse per la prima volta tutti i limiti di uno studio meramente quantitativo, mostrando come l'aspetto qualitativo sia altrettanto importante - se non addirittura di più - ai fini di comprendere veramente gli andamenti della presenza mediatica delle forze politiche e tradurre questi dati in un'analisi della società attuale.

Con 321 ore di informazione, il mese di settembre si pone di gran lunga come il periodo più coperto mediaticamente sul fronte politico, e non è difficile vedere negli scandali scoppiati in Lazio e in Lombardia, nelle elezioni siciliane e nelle primarie del centrosinistra (in questo ordine) i motivi di una simile attenzione dei telegiornali. Ed è proprio ricordando il peso delle vicende romane e milanesi negli spazi di informazione che bisogna affrontare l'analisi numerica di un dato altrimenti del tutto incomprensibile.

Dati AGCom settembre 2012

Osservando i dati grezzi, infatti, sembra di essere ritornati al periodo della caduta del Governo Berlusconi, quando, in virtù del duplice effetto dell'allontanamento del Cavaliere dal Governo ma della contemporanea persistena di elementi filoberlusconiani nelle principali testate si era assistito ad un massiccio spostamento del tempo politico dalle istituzioni al centrodestra, ed al PdL in particolare.
Il partito di Alfano, infatti, supera la soglia del 28% del tempo complessivo, un valore di quasi il 10% maggiore del precedente record del 2012 e di gran lunga il più alto tra tutti gli enti misurati nel mese di settembre. Il valore assume proporzioni ancora più significative se lo si prende in termini assoluti: 91 ore di informazione dedicate al PdL. È tuttavia significativo come, a differenza del periodo immediatamente successivo alla salita al potere di Monti, il tempo dedicato alla formazione berlusconiana sia legato non alla sua azione politiche, ma agli scandali a catena scoppiati in Lazio e Lombardia che stanno portando le due regioni ad una conclusione anticipata della legislatura. L'occhio delle telecamere, anziché spostarsi su questo partito e trovare le sue proposte politiche in vista dell'imminente campagna elettorale, mostra in maniera impietosa come tutto ciò che vi sia da offrire all'opinione pubblica siano tangenti, scandali ed episodi di corruzione.
A risentire dell'elevatissimo valore del PdL sono in principal modo le istituzioni, tanto il Presidente del Consiglio (-4%) quanto soprattutto il Governo (-16%), in parte oscurati dall'attenzione rivolta al PdL e in parte trascurati dal sopirsi dell'emergenza finanziaria legata all'annuncio della BCE dei primi del mese.
Spostando l'attenzione sugli altri partiti, emerge il valore piuttosto alto del PD e di SEL, legato all'attenzione mediatica che ha iniziato a circondare le primarie, e dell'IdV, a causa dello strappo consumato con i suoi alleati storici di centrosinistra.

Dati AGCom settembre 2012 aggregati per
Istituzioni - Maggioranza - Opposizione

Dati AGCom 2012 aggregati per
Istituzioni - Maggioranza - Opposizione

Raggruppando i dati nel trittico Istituzioni - Maggioranza - Opposizione, l'effetto PdL si evidenzia con il sorpasso, per la prima volta, delle forze di maggioranza su quelle istituzionali e con la riduzione delle forze di opposizione ai minimi da febbraio.
Non è difficile in questo scenario riconoscere una struttura simile a quanto emerso nel mese di aprile con la Lega Nord.

Le istituzioni trovano maggiore spazio su TG1, TG2 e TGCOM, mentre l'opposizione è maggiormente rappresentata su TG4, Studio Aperto e MTVFlash.
A dare maggior risalto alla maggioranza sono invece RepTV30, Studio Aperto e TG3: in due casi su tre si tratta di canali storicamente vicini al centrosinistra, fattore che non fa che comprovare l'accezione negativa dell'ampio spazio fornito al PdL nel mese di settembre.

Dati AGCom settembre 2012 aggregati per
area politico-culturale

Dati AGCom 2012 aggregati per
area politico-culturale

Passando all'analisi per area politica, emerge un altro fattore di non trascurabile importante: come era lecito attendersi, il centrodestra è dominante in questo tipo di analisi, ai massimi del 2012, e ruba in maniera più o meno uniforme da tutte le altre parti politiche, con una sola eccezione: la voce "altro"; in questa voce è tuttavia conteggiato il MoVimento 5 Stelle, che quindi sembra essere l'unica area politica che riesce a rafforzarsi in termini di presenza televisiva in questo frangente.
Seppure inaspettato, il fatto ha forti motivazioni nell'aura anti-casta che avvolge la formazione grillina, e quindi una sua sovraesposizione mediatica in un mese dominato da episodi di corruzione e malcostume appare in effetti scontato. Vi sono tuttavia aspetti rilevanti in questo fenomeno anche in chiave elettorale: è ormai assodato il flusso di voti che dal centrodestra si dirige verso il MoVimento 5 Stelle, ma proprio perché la televisione è uno dei motori elettorali più potenti non è da escludere che proprio questa presenza televisiva dei grillini possa essere una delle concause di un simile travaso di voti.

A livello di spaccato per singoli telegiornali, è rilevante osservare come il centrodestra abbia avuto massimo risalto su RepTV30, Studio Aperto e Rainews24: come nel caso dell'analisi precedente, si tratta ancora di due telegiornali storicamente schierati per il centrosinistra.
La destra leghista ha avuto i suoi migliori risultati su TG1 e TG2, così come il centro moderato; il centrosinistra ha i suoi centri in Rainews e MTVFlash mentre il MoVimento 5 Stelle ha impazzato su Studio Aperto e TGCOM.

Dati AGCom 2012 aggregati per mese

Sicuramente, i dati di settembre si pongono in una anomalia, rispetto alla normale suddivisione del tempo politico, simile a quella dello scandalo leghista dei primi mesi dell'anno; gli strascichi, tuttavia, saranno sicuramente più prolungati nel tempo e diventerà pertanto interessante seguirne l'evoluzione in rapporto agli altri grandi temi dei mesi che seguiranno: le primarie del centrosinistra e la legge di stabilità.

sabato 13 ottobre 2012

Nobel per la pace all'Unione Europea

Medaglia del Premio Nobel per la pace

L'assegnazione del Premio Nobel per la pace all'Unione Europea è stato un evento decisamente inaspettato, sebbene la stessa UE fosse già stata in lizza per il premio già nel 2011.
Il voto del Comitato Nobel, presieduto dal Segretario Generale del Comitato d'Europa Thorbjoern Jagland, ha visto prevalere l'Unione su Morgan Tsvangirai, politico africano noto per la cacciata del dittatore Robert Mugabe, Wael Ghonim, eroe di piazza di Tahir, e Sima Samar, attivista afghana per i diritti delle donne.

L'occasione, è rilevante in quanto consente di rivisitare l'esperienza unitaria in una visione più ampia dal punto vista storico e politico rispetto alla visione tecnoplutocratica - invisa ai più - che ne caratterizza l'immagine in questo frangente di crisi economica.

Le motivazioni del premio, dichiarate nel comunicato stampa presente sul sito del premio, spiegano la scelta:
Il Comitato Nobel norvegese ha deciso che il Premio Nobel per la pace del 2012 debba essere assegnato all'Unione Europea (UE). L'Unione ed i suoi precursori hanno contribuito da sessant'anni alll'evoluzione della pace, della riconciliazione, della democrazione e dei diritti umani in Europa.

Molte reazioni, in special modo nella blogosfera ma a volte anche su canali ufficiali, hanno assunto posizioni critiche - spesso sarcastiche - sulla scelta di assegnare il premio all'Unione Europea, accostando l'enormità del riconoscimento ottenuto alle foto delle rivolte popolari di Grecia e Spagna contro i tagli e le politiche recessive, dai più viste come emanazioni della volontà della stessa UE, dipinta alla stregua di un mostro impersonale, burocratico, lontano dai cittadini.

Non è oggi dato sapere se le politiche messe in campo dall'Europa sono una medicina necessaria per raddrizzare storture economiche realizzate negli anni precedenti o l'avvio di una catastrofica catena di eventi in grado di distruggere il fragile senso di unità fino ad ora raggiunto.

Tuttavia l'assegnazione del Premio Nobel permette di ricordare cosa fosse il continente europeo prima dell'Unione: solo per ripercorrere sommariamente gli ultimi tre secoli, il '700 ha visto protagoniste le guerre di successione spagnola, austriaca e polacca, e si è chiuso con la Rivoluzione Francese e le guerre che gli altri Paesi mossero alla Francia per evitare il diffondersi delle idee rivoluzionarie.
Il XIX secolo si è aperto con le campagne napoleoniche, per poi sfociare verso la metà del secolo con le guerre di indipendenza in Italia e in diversi altri Stati parte dell'impero asburgico, l'affrancamento della Grecia dall'impero ottomano, l'unificazione tedesca e le campagne contro la Francia.
Dopo la breve parentesi della belle époque scoppiava nel XX seolo la Prima Guerra Mondiale, si affermavano poi fascismo e nazismo, scoppiava la guerra civile in Spagna fino al culmine della violenza nella Seconda Guerra Mondiale.
L'affermazione può essere forse azzardata, ma l'Unione Europea ha garantito un periodo di pace la cui portata, a livello storico e geografico, non ha riscontri dai tempi dell'Impero Romano. E a differenza di quest'ultimo, che impose la sua pax a seguito di conquiste e annessioni, l'UE è nata in virtù di una scelta politica di unità.

Sessanta anni sono i tre quarti di una vita umana media, con gli standard di vita attuale. La UE non è ancora riuscita a garantire un periodo di pace pari ad una vita intera, eppure quanto ottenuto fino ad ora è già un risultato eccezionale rispetto al periodo precedente.

Eppure, anche se le rivolte di Atene e Madrid non possono cancellare quanto di buono è stato ottenuto dalla UE nel corso della sua esistenza, ne danno tuttavia un'immagine circoscritta, e ne gettano un'ombra che in qualche modo ne sminuisce il valore. Il sogno europeo che animò i padri fondatori dell'Unione appare oggi appannato, privo di slancio, irregimentato nella stesura di regole uniformanti che denotano più di ogni altra cosa una disperata ricerca di identità.
L'assegnazione di un Premio Nobel consiste spesso nel riconoscimento di lavori svolti nel passato, di cui nel presente si godono i frutti e le cui applicazioni costituiscono la base del futuro; ma è proprio sul futuro che sorgono dubbi sulla validità dell'assegnazione del Nobel per la pace alla UE. Oggi l'Unione è ancora un faro di speranza e di unità? Le istituzioni europee, con il loro agire, stanno ancora promuovendo politiche volte all'integrazione tra i popoli?

La speranza è che l'assegnazione di un premio di simile statura e rilevanza possa richiamare gli attuali leader europei alla visione originaria dei padri fondatori dell'Unione e consenta di rilanciare il sogno europeo; altrimenti questo Nobel diverrà soltanto un premio alla carriera per un'istituzione che avrà perso la propria fondamentale ragione di esistere.

martedì 9 ottobre 2012

L'impronta ambientale per uscire dalla crisi

Logo del Global Footprint Network

I primi due giorni del mese di ottobre hanno visto svolgersi a Venezia una conferenza del Global Footprint Network, un think tank no-profit fondato nel 2003 focalizzato nello studio e nella realizzazione di strumenti di analisi per la sostenibilità ambientale, tra cui spiccano la biocapacità - ovvero quanto il territorio è in grado di fornire in termini di risorse - e l'impronta ecologica - ovvero quanto un Paese consuma.
La conferenza, intitolata Mediterranean Initiative, era interamente dedicata allo studio dei Paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo, e si poneva l'ambizioso obiettivo di valutare non solo l'impronta ecologica di questi Paesi, ma anche i possibili legami tra la crisi economica ed il deficit ecologico, cercando di dimostrare come politiche ecologiste possano avere ricadute positive anche dal punto di vista prettamente economico.

Il paper prodotto come risultato dell'evento mette in evidenza la situazione critica in cui versa il bacino del Mediterraneo.

Biocapacità ed impronta ecologica
dell'area mediterranea (1961 - 2008)

Come ben evidenzia infatti il grafico dell'impronta ecologica dei Paesi del Mediterraneo nel suo complesso si colgono due aspetti allarmanti.
In primo luogo emerge un progressivo aumento del consumo pro capite di risorse, legato in massima parte all'avvento della filosofia dell'usa e getta e concentrato principalmente nella prima metà degli anni '80.
L'aspetto tuttavia maggiormente inquietante è costituito dalla diminuzione delle risorse disponibili per persona: in parte è un aspetto spiegabile con l'incremento della popolazione, ma in parte il fenomeno si esplica in una distruzione tale dell'ambiente naturale da non permettere più la rigenerazione delle risorse.
Nel 1981 l'area mediterranea poteva sostenere una volta e mezza la popolazione dell'epoca ed ogni persona consumava per due. Nel 2008 lo stesso territorio può sostenere poco più di 1,25 volte la popolazione presente in quell'anno, ma ogni persona è arrivata a consumare per tre.
Non occorrono calcoli e proiezioni per constatare l'insostenibilità di un simile andamento.

Il problema, tuttavia, non è solo ecologico, ma economico.
Nel 2008, per citare il dato relativo al periodo di termine della ricerca, appena il 40% delle risorse consumate nell'area del Mediterraneo era stato generato in loco.
Questo rende la zona estremamente fragile, in quanto instaura una dipendenza dalla presenza di risorse provenienti dall'esterno, dalla volontà politica di trasferire queste risorse nel Mediterraneo e dalla solvibilità dei Paesi mediterranei di pagare per l'accesso alle risorse desiderate.

Biocapacità ed impronta ecologica
dei Paesi dell'area mediterranea (A-L)

Biocapacità ed impronta ecologica
dei Paesi dell'area mediterranea (L-Z)

Spostando lo sguardo al dettaglio dei singoli Paesi, il quadro non cambia, e anzi evidenzia come il maggior grado di benessere generalmente attribuito alla sponda europea del Mediterraneo sia stato conquistato sovrasfruttando il territorio oltre il limite delle proprie capacità e in generale adottando uno stile di vita che rende necessario un acquisto dall'estero delle risorse.

Per completare il quadro, è infine necessario ricordare come dagli anni '70 il consumo di risorse naturali eccede la rigenerazione naturale delle medesime risorse a livello planetario, rendendo più difficile e conseguentemente più costoso l'approvigionamento.
Il possesso e la gestione oculata delle proprie risorse naturali costituscono quindi due fattori chiave in una politica economica di successo: Italia, Spagna, Portogallo e Grecia sono Paesi in forte crisi economica, e sono tutti caratterizzati da un profondo deficit nel grafico dell'impronta ecologica.
Al di là degli episodi di spreco e malcostume politico che quotidianamente riempiono le cronache dei telegiornali, in questi Paesi vi sono carenze strutturali a livello di gestione delle risorse naturali che li obbligano a dipendere sempre di più dall'estero, e quindi a indebitarsi.
La politica economica dei Paesi mediterranei evidenzia un'ulteriore debolezza se si esaminano i principali Stati importatori: Germania, Belgio e Paesi Bassi. Si tratta infatti di Paesi a loro volta pesantemente in deficit ecologico, e quindi di risorse. Questo non potrà non avere effetti in futuro, quando la scarsità di risorse a livello globale farà sì che i Paesi da cui il Mediterraneo è solito approvigionarsi smetteranno di essere fornitori di risorse per destinare queste ultime ad uso interno.

Esaminare la crisi economica da un punto di vista ambientale consente di cogliere i benefici a livello finanziario di decisioni prese a livello di gestione e utilizzo delle risorse naturali.
In particolare il report evidenzia due principali filoni di condotta: il primo consiste naturalmente nello spostameto della dipendenza economica da regioni del mondo in deficit naturale a quei Paesi che ancora costituiscono una riserva di risorse.
Il secondo e più ambizioso consiste nell'individuazione del modo per abbattere il valore dell'impronta ecologica dei Paesi; dalla riduzione degli sprechi in campo energetico alla protezione dell'ambiente intesa come salvaguardia delle risorse al di sopra del limite di rigenerazione spontanea sicuramente gli esempi si sprecano. Il panel di Venezia non si addentra nel dettaglio delle soluzioni politiche che è possibile intraprendere, ma pone l'accento sul legame sempre più stretto tra benessere economico e benessere ambientale, ricordando una volta di più che solo rivoluzionando i valori che hanno condizionato l'economia degli ultimi decenni sarà possibile trovare una via d'uscita dalla crisi che stiamo vivendo.

giovedì 4 ottobre 2012

Lavitola e l'eredità del berlusconismo

Valter Lavitola

Una notizia forse passata troppo inosservata negli ultimi giorni riguarda il rinvenimento di una lettera, scritta dal faccendiere Valter Lavitola, all'ex-Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

All'interno della lettera vengono evidenziate le responsabilità di Lavitola nella caduta del Governo Prodi e nell'affaire della casa di Montecarlo che ha tenuto banco ai tempi della rottura tra Berlusconi e Fini.
Non vi sono, ad oggi, certezze sulla veridicità della lettera; più del contenuto politico, tuttavia, essa è rilevante per lo spaccato sociale che disegna, per la familiarità con cui vengono calpestate le istituzioni, per la nonchalance con cui si mettono in gioco somme di denaro al di là dei sogni e delle possibilità dei cittadini normali, per la sfacciataggine con cui si chiedono e si ricevono favori attraverso canali anch'essi preclusi alla stragrande maggioranza della gente.

Questa, forse, più di ogni altra cosa, è l'eredità del berlusconismo, un'eredità di cui sarà molto difficile liberarsi.


Sig. Presidente,

La prego di scusarmi se con la consuetudine che Lei mi ha concesso, Le scrivo con estrema chiarezza. Per me la base della vita è il rispetto, e quella del rispetto la chiarezza. Ovviamente condita dalla massima educazione. Mi comporto così con Lei ed anche con il più umile. Le dico francamente, no so se le Sue prese di distanza sono reali, o frutto di un misto di istinto di conservazione, vigliaccheria e cattivi consigli, o come spero, di un giusto e normale gioco delle parti.
Comunque, leggere che Lei mi accomunava ad un mafioso, motivo per il quale Lei non mi avrebbe più parlato, mi ha fatto molto male e ha rischiato d'avvero di farmi impazzire. Forse meritavo che definisse la mia una litania insopportabile o qualsiasi altra cosa, ma non quello. Ma è passato.
Io sono un uomo d'onore, e voglio continuare ad esserlo. Mi sono fatto da solo, senza il Suo benché minimo contributo, e voglio continuare a fare così. Io davvero non sono in debito con nessuno e voglio contrinuare ad essere in credito, anche con Lei. Vico così e mi piace molto.
Lei, subito dopo la formazione del Governo, in questa Legislatura, con Verdini e Ghedini presenti, mi disse che era in debito con me e che Lei era uso essere almeno alla pari. Era in debito per aver io "comprato" De Gregorio, tenuto fuori dalla votazione cruciale Pallaro, fatto pervenire a Mastella le notizie della procura di Santa Maria Capua Vetere, da dove erano arrivate le pressione per il vergognoso arresto della moglie, e assieme a Ferruccio Saro e al povero Comincioli "lavorato" Dini. Ciò dopo essere stato io a convincerLa a tentare di comprare i Senatori necessari a far cadere Prodi. Ciò in viaggio verso Reggio Calabria in aereo, per una manifestazione di De Gregorio, presente Valentino.
Anche allora mi indagò Piscitelli, senza risultato, motivo per il quale Ghedini ammise che non era opportuna la mia candidatura. Non candidò neppure Sica (salvo poi premiarlo con i risultati noti), io nonostante la mia delusione, mi adoperai a che il Sica non impazzisse.
Lei mi ha promesso:

  • Più volte di entrare nel Governo (persino mi chiamò dopo la nomina della Brambilla e con onestà mi disse che era dispiaciuto di non riuscire solo con me a mantenere la parola);
  • Di mandarmi al Parlamento Europeo (alle precedenti pressi da solo 54.000 preferenze);
  • Di entrare nel cda della Rai;
  • Che il primo incarico importante che si fosse presentato, sarebbe stato per me (inizio 2010);
  • Di collocare la Ioannucci nel cda dell'Eni;
  • Di nominare Pozzessere, almeno direttore generale di Finmeccanica;

Mi ha concesso:

  • La Ioannucci nel cda delle Poste (aveva promesso di darle anche la presidenza di Banco Posta, anche ciò non è stato mantenuto);
  • Il commissario delle dighe (ruolo inventato da me con Masi, quando era a Palazzo Chigi);
Entrambi senza alcuna delega.

Ho ottenuto da lei anche:
  • Che Forza Italia concedesse all'Avanti! un finanziamento di 400.000 € nel 2008, altro non era che il rimborso dei soldi che Lei mi aveva autorizzato a dare a De Gregorio nel 2007 (se ne occuparono Ghedini e Crimi);
  • 400/500.000 € (non ricordo) di rimborso spese per la "Casa di Montecarlo", dove io ce ne ho messi almeno altri 100.000 €. Martinelli ha contribuito con altri 150.000 €, oltre che con il volo privato da Panama a Roma (circa 300.000 euro), quando Le portai i documenti originali di di Santa Lucia (circa 300.000 €). Certo non potevo rischiare a Roma che me li trovassero (li portarono fuori i piloti). Ovviamente gli ho restituito le somme compensandole con altre partite. Tutte somme non concordate con lei (ma di cui lei era a conoscenza) e che quindi non voglio essere restituito. Mentre per Tarantini le devo io 255.500 € (che ovviamente le restituirò);
  • Lei ha regalato a Martinelli, 100.000 € (forse meno) di diritti televisivi;
  • Quando mio cugino editava il giornale dell'Italia dei Valori, Letta su Sua richiesta fece pressione sull'allora Avvocato dello Stato Fiumara, e sbloccò il finanziamento pubblico;

Quanto sopra solo come sintetico promemoria, degli ultimi tempi.

Andando agli inizi:
  • Io e non Chiara Moroni spaccai il piccolo PSI, quando lei non candidò Martelli e De Michelis. Lei mi telefonò personalmente per candidarmi, e non lo fece, per il veto di De Michelis e Martelli (sic!).
  • Il povero Bettino, si sentiva preso in giro. Lei un Natale (non ricordo l'anno, credo il '95'96), lo chiamò ad Hammamet, mentre Lei era riunito con tutta la sua famiglia, per fargli gli Auguri mentre il TG4 sparava su di lui quotidianamente. La sig.ra Lario prometteva ad Anna Craxi aiuti consistenti che lui riteneva quasi nulli. Lei non sosteneva l'Avanti!, che era la sua "creatura". Per il giornale, Le mandò Colluci (approfitto per informarLa che è stato operato recentemente di tumore alla prostata e sta male, sono certo che se lo chiama gli farà molto piacere, e magari lo può aiutare) a chiedere sei miliardi di lire. Le garantisco che era davvero infuriato con Lei, non so se a torto o a ragione, ma si sentiva tradito. Parlai con Nicolò Querci e poi con Lei. Le dissi che erano sufficienti 800 milioni di lire. Lei me li fece avere con un contratto di "minimo garantito" da una concessionaria di pubblicità che fu rimborsata con spazi di Mondadori. Oltre a ciò, la SEE fece gratis per circa due anni trasporti e distribuzione dell'Avanti! (circa 300 milioni di lire). Dissi a Craxi che Lei aveva risanato il giornale, ed era vero. Lui però era certo che io avessi ricevuto i sei miliardi di lire da lui richiesti.

Lei ha creato, dato potere, ricchezza e fama a tanti. Difeso a spada tratta Verdini, Brancher, Dell'Utri, Previti, Bertolaso, Ciarrapico, Cuffaro e Romano (solo i primi che mi vengono in mente), da accuse ben più infamanti delle mie.

Vediamo quali sono le aberanti accuse a me mosse:
  • Tarantini;
  • Montecarlo;
  • P4;
  • Corruzione Internazionale per Finmeccanica;
  • Avanti!: truffa ai danni dello Stato.

Nello specifico:
  • Tarantini e Montecarlo non serve che mi dilunghi;
  • P4, per averLe insistentemente raccomandato il maresciallo La Monica. Era la fonte che ha quantomeno contribuito a salvare Bertolaso (glielo può chiedere), ci ha coperti nell'indagine sull'acquisto dei Senatori, ha dato una mano sul serio nelle indagini a Saccà (con le intercettazioni) e Cosentino, ed ha eliminato alcune foto che La vedevano ritrato assieme a Bassolino e ad alcuni mandanti della Camorra, per la vicenda rifiuti (sono certo che lei non sapesse chi fossero). Eravamo in grande debito, e lui si era reso conto che Bisignani e Papa lo sfruttavano e lo prendevano in giro promettendogli di andare ai Servizzi, per guadagnare 2000 euro in più al mese. Io lo mantengo da un anno in Senegal. Non c'è nulla di più pericoloso di un amico che si sente tradito, abbandonato e senza vie di uscita;
  • Finmeccanica: Ho seguito solo Panama e Brasile. A Panama come Lei sa, non avevo bisogno di corrompere nessuno, in Brasile non si è concretizzato nulla (non ho alcuna preoccupazione);
  • Avanti!: Realmente ho prodotto false fatture, per ottenere i 2.5 milioni di euro annui appena sufficienti per il giornale (per questo stesso motivo sono nei guai anche: Verdini, Ciarrapico, Mastella ed altri).

Non è mia intenzione rinfacciarLe nulla, ma Lei mi diede la Sua parola (spero lo pensasse sul serio) che avremmo visto assieme Letta e Ghedini per riepilogare quanto da me fatto, e quanto fosse ingiusta la loro avversione nei miei confronti.
Con la presente potrà farlo anche senza di me (La prego di farlo sul serio, credo di meritarlo).

Non voglio impietosirLa (non l'ho mai fatto e me ne vergognerei) e francamente credo di non averne bisogno per ottenere il Suo aiuto.

È necessario però, farLe presente che circa 4 mesi di latitanza e quanto riportato dalla stampa, sono stati sufficienti a:
  • bruciare anni di lavoro;
  • mettere in crisi la mia famiglia;
  • Farmi rompere con la mia storica fidanzata (8 anni e un figlio);
  • Bruciare la mia ambizione di fare politica e la mia immagine in società.

Il tutto, solo per Tarantini. Mi intercettavano per F.M., non hanno trovato nulla, ma hanno beccato parte delle innumerevoli e deliranti telefonate dei "ragazzi". Hanno proseguito e ascoltato questioni relative all'Avanti!.

Per le vicende che non riguardano Tarantini sto cercando di trattare con la Procura di Napoli per costituirmi a breve e negoziare.

In questo momento ho necessità assoluta del Suo sostegno.
La prego di aver chiaro che si tratta dell'escussione di un credito morale che sono convinto di avere. Altrimenti non avrei mai il coraggio di chiederLo.
Le cose fatte tra noi, le ho fatte scientemente e come tale da uomo. Lei, non sarà mai coivolto! Dico mai e poi mai!!!
Spero che Lei mi conosca abbastanza da crederci (lo spero proprio, mi ha già deluso troppe volte). La prego di scusare la mia crudezza, però è necessaria per non rendere ancora più lungo il "romanzo" che Le sto scrivendo.

Ho bisogno che:
  • Si trovi lavoro almeno ad alcuni di quelli (19) che lo hanno perso con l'Avanti! (senza l'indagine su Tarantini, al giornale le verifiche avrebbe continuato a farle (già 4) il nucleo di Roma della Guardia di Finanza. Si tratta di:
    • Mia moglie (3/4.000 €/mese) giornalista;
    • Mia sorella: Laureata in psico pedagogia (2/3.000 €/mese) vive a Napoli;
    • Il mio ex autista, 2 ragioniere, 1 giornalista (tutti a Roma, gente che vale e che punta ad un contratto di categoria).
    È necessario, in quanto io quando uscirò dal carcere, andrò a vivere in Brasile.
  • Si restituiscano ad Angelo Capriotti (è in contatto con Suo fratello) 500.000 $, da lui spesi a vuoto a Panama, dei quali mi ritiene forse anche giustamente responsabile (me ne interessai su pressione di Suo fratello e di Valentino). Lei stesso mi disse che il tipo non Le piacque;
  • Si paghi una società conese (900.000 dollari), che mi ha fornito e sta continuando a farlo, i servizi necessari alla definizione del piano di sfruttamento della mia concessione di taglio in Amazzonia, che ho in gran parte venduta, come Le dissi;
  • Si paghi lo studio di avvocati che si occuperà dell'arbitrato (mi hanno fatto un preventivo di circa 5.000.000,00 €), per non perdere il saldo dei 230 milioni di euro (dei 260 stipulati), che si è reso necessario, essendo stato io inadempiente per non aver potuto firmare, entro il termine concordato (16 novembre u.s.) la voltura del piano e della concessione esecutiva di taglio e rimboschimento. Il clamore della vicenda giudizziaria sta determinando un comprensibile, ma odioso ostracismo nei miei confronti. Nessuno vuole firmare nulla che mi riguarda e Purtroppo il presidente Lula (che si sta confermando un vero amico) nonc onta già quasi più nulla. È riuscito solo ad ottenere dal vertice della compagnia acquirente, che con una sentenza (ovviamente concordata) di una Corte Arbitrale, venga loro imposto di accordarsi con me. Dovrebbero accettare che proseguano loro l'iter burocratico, dotati di una mia procura (che temono di ricevere senza ordine dell'autorità giudiziaria) pur trattandosi di un diritto soggettivo mio personale (la concessione) in quanto io sono impedito per questioni indipendenti dalla mia volontà. Si tratta praticamente del mio intero capitale. Ci ho lavorato venti anni! La prego di non "mollarmi", sarei rovinato.

Come procedere:
Per lo studio legale (che ovviamente non sarebbe quello che si occuoperà dell'arbitrato) la società cinese, la prego di farmi sapere a chi fatturare (entrambi gli importi si possono fatturare frazionati a più società differendo le date dei pagamenti fino a 90 giorni);Per Capriotti, l'unico contatto ragionevole e' tramite Suo fratello (al quale dice di essere molto legato) o Valentino, che lo conosce. La prego di farlo contattare al più presto, è inaffidabile ed avendo perduto a suo avviso l'affare della sua vita (le carceri a Panama), perché io non me ne sono voluto interessare è pericoloso. Sta già diffondendo a Panama notizie false ed addirittura false e-mail. Mi è stato assicurato che la fonte che sta passando le notizie ai giornali panamensi è Mauro Veloci, dall'Italia (suo braccio destro con il quale ha finto di litigare). Mi ha fatto pervenire l'avvertimento che, essendo stato a mio fianco a Panama quasi un anno, sarebbe credibile raccontando qualsiasi frottola, magari sostenuta da qualche prova "pataca". Per recuperare i 500.000 $ che a suo avviso io gli ho fatto sprecare, sono certo lo farebbe davvero. La prego di intervenire al più presto, sta già creando un mare di guai e può crearne di peggiori, a Martinelli, al nostro ambasciatore (che poverino non c'entra nulla) e sopratutto a me.
Caprioti ha un’impresa di costruzioni una sala bingo. Deve ricevere circa 350.000 € (equivalente dei 500.000 $). Non è difficile con un piccolo lavoro, e/o perdendo un po' di soldi al bingo (francamente non so come funziona), o anche dandogli un po' di contanti. Tramite il bingo non avrebbe difficoltà a giustificarli.

Tranne che le assunzione (per le quali La prego impegnarsi al massimo, ci tengo moltissimo e francamente non mi sembra possa rappresentare per Lei un grosso problema), si tratterebbe di un prestito. Assieme alla somma prima elencata (900.000 $ + 500.000 $ + 5.000.000 €), ovviamente Le restituirò anche i 255.500euro (residuo dei 500.000 affidatimi per Tarantini).
Sarò in grado direstituirLe la somma con uno o più trasferimenti giustificabili da fatture ho in varie trance da 500.000 € in contanti in Italia o dove Lei vorrà.
La rimborserò entro massimo 180 giorni da quando mi restituiranno il passaporto (credo siano sufficienti 60, ma non voglio correre il rischio di non mantenere la mia parola. Come Lei ben sa non l'ho mai fatto).
Non credo sia necessario evidenziarLe che finché non ho libertà di movimenti, non posso accedere ne a banche, ne a cassette di sicurezza.
Ho in programma di costituirmi a Napoli (per tentare di patteggiare,l'Avanti!) subito dopo le vacanze Natalizie, se Dio vuole che non mi catturano prima, con un "Allarme Rosso" diffuso dall'Interpool (questa ipotesi francamente mi preoccupa, perche sarei arrestato nel Paese dove mi beccano, e da queste parti i tempi della burocrazia sono di almeno un anno, per essere istradato in Italia).
Per il rimborso che Le devo, muterebbe poco. Infatti, l'avvocato mi assicura che in Italia, in un anno o poco più, dovrei riuscire a poter riavere il passaporto e che l'eventuale detenzione all'estero (facendo i debiti scongiuri, da queste parti non si usano i domiciliare e le carceri sono infernali), sarebbe scomputabile in Italia.
Le ho fatto pervenire questa lettera sigilata, tramite Caselli, che essendo un parlamentare che va e viene dal Sud America, non desta sospetti e non è perquisibile. Ho già provato a farLa contattare da qualcuno dei miei, per passarLe il messaggio a voce, ma sono stati seguiti troppo e non potevo correre il rischio di crearLe problemi.
Una persona che Caselli rispetta molto, gliela ha consegnata sigillata, pregando di farLa pervenire a Lei, sono certo che non si permetterà di aprirlà.
Ho fatto spostare, per far si che Lei possa fare una programmazione , la partenza di mia moglie e mio figlio che, se Dio vuole, mi raggiungeranno per le festività al 20/12 P.V sera.
La prego di fa contattare mia moglie per farmi sapere: a chi emettere, le fatture sia dello studio di avvocati esteri (argentino, statunitense o spagnolo, sto decidendo) e della società cinese.
La sera dalle 18:30, sarà in casa ad attendere Sue notizie al citofono c'è il mio nome. Può mandare a prenderla anche senza preavviso, al più porterà mio figlio con lei. Ovviamente neppure lei conosce il contenuto della lettera. Sa solo che Lei mi invierà, per suo tramite delle istruzioni per aiutarmi. Abito in una strada privata per nulla trafficata, nei pressi di Ponte Milvio).
Entrambe, se lo riterà, possono fatturare anche marketing e pubbliche relazioni (in particolare la società cinese. Dividere circa 600.000 € (equivalente dei 900.000 dollari) in 3/4 o più fatture a varie società magari in Francia, Spagna o altrove non dovrebbe essere difficile. Lo stesso vale per lo studio legale).

La prego anche di far sapere a mia moglie come procedere per le assunzioni.

Mia moglie se non riuscirà a raggiungermi per le ferie, in quanto sarò stato arrestato (Dio non voglia), in uno di questi Paesi,non so precisamente quale (da quando, a causa di Capriotti, che ha fatto scatenare il putiferio, sono stato costretto a partire da Panama, mi sto spostando in continuazione per ridurre il rischio di arresto), verà a riferirmi in carcere e le dirò come muoversi.
Sono certo che Lei crede alla mia parola e quindi che la somma che mi metterà a disposizione; sarà sul serio un prestito che Le rimborserò a breve. Sono certo anche, che Lei sia convinto che può contare sulla mia lealtà (ci voglio almeno credere).
La prego, se lo riterrà, informi Letta e Ghedini, solo della parte nella quale tratto del bilancio tra di noi. Ma non informi nessuno, in particolare loro, del prestito e delle assunzioni.
È la prima volta che Le chiedo un aiuto (mi scusi la ineleganza, che come sia normalmente non mi appartiene), mentre io per Lei non mi sono mai risparmiato. Ho digerito numerose e grandi delusioni. La prego di credere che la mia unica vera passione è la politica.
Lei avrebbe potuto, senza il minimo sforzo, far realizzare il mio sogno. Invece ci' dovrò mettere definitivamente una pietra sopra, a causa di questa storia (sono latitante da quattro mesi, per aver indotto Tarantini a mentire nel 2009, pure essendo indagano solo dal giugno 2011. Da ciò è nato il mostro che sono diventato, con il quale nessuno vuole più avere a che fare, e per il quale nessuno ha speso una parola in difesa. Persino i genitori dei compagni di scuola di mio figlio, evitano di farglielo frequentare)
In fin dei conti si tratta di un prestito tutto sommato modesto, erogabile con delle forme che non peseranno più di tanto, concesso ad una persona che Lei sa essere in grado di restituirlo.
Nonchè di poche assunzioni di persone valide, che hanno perso il lavoro, per aver io comesso l'errore di aiutare quello sfaccendato di Tarantini.
Ne approfitto per augurarLe un Natale sereno (capisco che tra problemi, famiglia e fidanzate non sarà semplice, neppure per Lei, ma glielo auguro sinceramente) e un Nuovo Anno molto migliore di quello agli sgoccioli. Dopo i casini devono arrivare soddisfazioni proporzionali. Vorrà dire che ci divertiremo da morire e molto a lungo.
Un caro saluto e grazie di quello che farà. Se non fosse essenziale, Le assicuro che avrei chiesto solo le assunzioni. Senza il Suo prestito, con le fideiussioni che ho prestato, mi ridurrei (Dio non voglia) alla fame.

Rio de Janeiro, 13 dicembre 2011.

lunedì 1 ottobre 2012

Il Pianeta dei Venti e il sogno americano

Copertina de IL PIANETA DEI VENTI

DISCLAIMER: nell'articolo che segue sono presenti dettagli della trama del romanzo WINDHAVEN (1981), di George R. R. Martin e Lisa Tuttle


George R. R. Martin è probabilmente lo scrittore fantasy contemporaneo più celebre e conosciuto al mondo: lo strepitoso successo della saga epica A SONG OF ICE AND FIRE e la serie TV che ne è stata tratta e che ha visto le prime due stagioni conoscere un successo trionfale hanno letteralmente catapultato lo scrittore americano nell'olimpo dei grandi della letteratura.

Proprio a causa di questa travolgente ascesa le case editrici di tutti i Paesi del mondo stanno lentamente acquisendo i diritti delle opere meno recenti dello scrittore di Bayonne; l'Italia non fa naturalmente eccezione e proprio nelle ultime settimane la Mondadori - che già detiene i diritti per le altre opere di Martin - ha pubblicato IL PIANETA DEI VENTI (titolo originale WINDHAVEN), romanzo del 1981 scritto in collaborazione con Lisa Tuttle. Non si tratta in realtà della prima pubblicazione italiana: già nel 1983 la Editrice Nord si era cimentata nella pubblicazione di questo rommanzo, ma sarà sicuramente grazie alla nuova edizione della Mondadori, forte del successo delle altre opere dell'autore, che porterà l'opera al grande pubblico nel nostro Paese.

Martin, è noto, è un fervente liberal e convinto elettore democratico. Nelle sue opere non è difficile trovare riferimenti più o meno diretti alle sue convinzioni politiche, ma ne IL PIANETA DEI VENTI emerge in maniera estremamente esplicita il tema del sogno americano, il sogno americano di un elettore democratico alla fine degli anni '70 ma senza alcun dubbio un sogno americano che in questo periodo di campagna elettorale torna più vivo e più attuale che mai.

L'ambientazione del romanzo è una sorta di medioevo fantascientifico: in un futuro remoto una nave spaziale precipita rovinosamente sul Pianeta dei Venti, un luogo inospitale quasi interamente sommerso dalll'oceano, da cui emergono pochi sparuti arcipelaghi abitabili; un mare perennemente in tempesta e abitato da creature mostruose rende difficili le comunicazioni tra le varie isole, che si ritrovano quindi ad essere nelle mani dei volatori; grazie alle ali, strumenti meccanici ricavati dai resti della nave spaziale, i volatori riescono ad effettuare una sorta di volo planato che consente loro di potersi spostare piuttosto agevolmente da un'isola all'altra.
Martin e la Tuttle, con grande accortezza, non si sono limitati ad un background storico e geografico di tutto rispetto: un ruolo fondamentale nella storia è legato infatto alla struttura sociale del pianeta, e alla sua evoluzione nel tempo: sul Pianeta dei Venti si è venuta a creare una sorta di società feudale, basata sulla proprietà terriera ma con peculiarità locali che rendono lo status di "terriero" (così sono conosciuti i feudatari) ereditario in alcune regioni quanto elettivo in altre. I volatori si pongono al di fuori e in qualche modo al di sopra della società: non sono soggetti al potere dei terrieri, godono di uno status privilegiato - che in certi arcipelaghi assume anche la forma del potere politico o religioso - e non devono rispondere ad altri che a loro stessi. Lo status dei volatori è rigidamente ereditario, e questo con il tempo ha profondamente fratturato la società in due parti, volatori e terragnoli, con evidenti frizioni sociali.

È in questo scenario complesso e articolato che prendono vita le vicende del romanzo, corale nel raccontare la manifestazione di forze sociali di ribellione allo status quo ma individuale nell'incarnazione di tali forze nella figura di Maris, la protagonista, e negli altri comprimari che popolano il romanzo. Già di per sé questa scelta stilistica esalta la figura del self made man inteso come catalizzatore, come individuo in grado di cogliere e indirizzare le tensioni sociali senza lasciarle disperdere in mille rivoli contrastanti. Una visione che da un lato esalta l'individualismo americano senza tuttavia sfociare in un titanismo ormai superato dai tempi e dagli eventi, e dall'altro lo stempera invece in una cornice realistica fatta di decisioni politiche e una buona dose di sociologia e psicologia.

L'obiettivo di Maris è l'apertura della casta dei volatori a influenze esterne, la sostituzione del principio di ereditarietà - deleterio in un mondo in cui le ali non sono sostituibili ed un figlio può non ereditare il talento dei genitori - con quello di meritocrazia; il primo terzo del romanzo narra il modo in cui Maris, sovvertendo le tradizioni, riesce nell'intento di fondare delle accademie di volo in cui tutti, indipendentemente dalla loro nascita, possono imparare a volare. È forse in questa prima parte del romanzo che si manifestano più coerentemente le idee - o per meglio dire le speranze - politiche degli autori: Maris cambia il sistema senza sovvertirlo, le naturali tensioni che si ingenerano in questa fase tra la casta dei volatori per nascita e gli aspiranti volatori nati terragnoli si risolvono nella saggezza delle scelte dei custodi della legge e della tradizione, in grado di perseguire il bene comune anche a costo dell'abbattimento di parte dei privilegi di cui godono.
L'evoluzione del tessuto democratico della società, grazie all'impegno individuale di persone eccezionali che sanno farsi interpreti di necessità storiche e sociali, senza per questo distruggere il sistema sociale: quale migliore iconografia celebrativa del modello politico americano?

Quella di George Martin e Lisa Tuttle non è tuttavia una semplice fiaba a lieto fine o l'agiografia di un sistema politico.
L'abilità creativa che ha condotto alla definizione di un simile background nel romanzo trova piena espressione nella valutazione delle conseguenze del gesto di Maris, senza tralasciare quelle più inaspettate e sgradevoli.
La seconda parte del romanzo, forse quella maggiormente di passaggio, evidenzia cosa significhi nella realtà un simile cambiamento sociale, mostrando l'ostilità in cui vivono le accademie, la loro progressiva chiusura per chiudere con gli scontri sempre più tesi tra i vecchi ed i nuovi volatori, fino alle minacce ed allo scontro fisico. Vengono messi in risalto i sentimenti che i nuovi e i vecchi volatori provano gli uni verso gli altri, con una varietà di espressioni e caratterizzazioni che rendono il mondo creato dai due autori realistico e verosimile. Particolarmente significative diventano quindi le sfide annuali per la conquista delle ali, dove Martin e la Tuttle possono descrivere al meglio questa fase di transizione, pacifica come nel caso della sfida tra Garth e S'Rella, oppure traumatica e violenta come nel caso dello scontro tra Corm e Val.

Sarà tuttavia solo nella terza ed ultima parte del romanzo che tutti questi nodi verranno finalmente al pettine, e anche qui gli autori sconvolgono le aspettative dei lettori presentando un aspetto, forse amaro ma indubbiamente realistico e logico nell'ottica del romanzo, dei nuovi volatori, o Un'Ala come vengono chiamati nel romanzo: capaci di volare ma incapaci di comprendere appieno il significato dell'essere volatori, iniziano a trasfomarsi da semplici messaggeri a ambasciatori non richiesti, finendo con l'alterare il contenuto dei messaggi e alienarsi le simpatie dei terrieri, i quali a loro volta iniziano ad esercitare il proprio potere politico e militare su di loro. Dovrà ancora essere Maris, costretta a terra da una tremenda caduta che le ha reso impossibile volare, a gestire questa nuova fase di transizione riunendo le due anime dei volatori e riuscendo a impedirne la subordinazione ai terrieri. Non viene tuttavia completamente eliminata l'inquietudine delle ali usate come arma e come strumento di ricatto, né viene esclusa la creazione di una nuova classe egemone - per meritocrazia anziché per diritto di sangue - formata dai volatori, né, infine, vengono esclusi sviluppi che possano portare a futuri conflitti. Il finale è lieto per Maris, ma aperto per il Pianeta dei Venti a mille possibilità, nate dal desiderio di Maris di volare e sviluppatesi ben oltre le originali intenzioni delle persone che li hanno messi in moto.

Sarebbe indubbiamente scorretto definire IL PIANETA DEI VENTI un romanzo politico, eppure vi è sufficiente politica - e ideologia - per disegnare il sogno americano di Martin e della Tuttle; soprattutto, il romanzo presenza tratti socio-politici sufficientemente marcati e realistici per costituire un valido banco di prova per le tesi che i due autori si propongono.
Il sogno di Maris di indossare le ali cambia per sempre il mondo in cui vive, in modi che vanno ben oltre le sue intenzioni e in modi che lei stessa giunge a disapprovare. La soluzione, per Martin e la Tuttle, risiede nella spinta individuale votata al bene comune; è ancora un sogno attuale? C'è ancora spazio per le persone come Maris nell'America e nel mondo di oggi?
Forse il messaggio dei due autori è in realtà più vivo ora che negli anni '70, in un momento storico di difficile crisi economica che non consente di guardare con ottimismo al futuro. È proprio in un simlie frangente che tuttavia si fa vivo il bisogno di interpretare e indirizzare i bisogni della gente comune, abbattendo i privilegi delle caste egemoni senza tuttavia distruggere un sistema - ci dicono George Martin e Lisa Tuttle - comunque più sano di quanto comunemente saremmo portati a credere e nel quale offrire ancora fiducia.
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