martedì 15 marzo 2011

Un'intervista imbarazzante

Il Ministro Mariastella Gelmini (PdL)

Il Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini (PdL), è stato ospite alla trasmissione di Rai Tre Che tempo che fa, condotta da Fabio Fazio, in data 13 marzo 2011, il giorno successivo alla grande manifestazione popolare in difesa della Costituzione e della scuola pubblica.
A questo link è disponibile il video dell'intervista.

Condotta da un Fazio - per una volta - determinato ed incalzante, l'intervista costituisce un valido strumento di comprensione sia degli strumenti comunicativi del Governo sia della politica scolastica da esso intrapresa.

Sono stati molte le tematiche affrontate durante la trasmissione, tra cui la manifestazione del giorno precedente e le parole di Berlusconi che ne erano state causa scatenante, la situazione della scuola italiana ed i tagli a cui è stata sottoposta, nonché l'annoso rapporto tra scuola pubblica e privata.

Una manifestazione assolutamente legittima ma che nasce da un presupposto sbagliato: che il governo abbia attaccato la scuola pubblica. Molti tra coloro che sono scesi in piazza mandano poi i figli alla scuola privata. Lo trovo incongruente. Non hanno fiducia nella scuola pubblica.

Così il Ministro Gelmini ha commentato la manifestazione del 12 marzo in difesa della Costituzione e della scuola pubblica.
Secondo il Ministro la manifestazione è stata una reazione ad un attacco, l'attacco del premier alla scuola pubblica, inesistente. In realtà Berlusconi, in data 26 febbraio, aveva dichiarato al Congresso dei Cristiano-Riformisti: Libertà vuol dire avere la possibilità di educare i propri figli liberamente, e liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato, dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare principi che sono il contrario di quelli dei genitori.
Al netto delle polemiche suscitate dalle parole di Berlusconi, delle posizioni dell'opposizione e del refrain del fraintendimento già il giorno successivo, la posizione del Presidente del Consiglio è, ad opinione di chi scrive, un attacco alla scuola pubblica per due motivi:
  • Berlusconi parla di "costrizione" verso la scuola pubblica, definita tra l'altro scuola di Stato, un termine generalmente utilizzato in un'accezione negativa. In realtà non esistono vincoli che impediscano la scelta, per una famiglia, di iscrivere il proprio figlio ad una scuola privata al di fuori delle considerazioni prettamente economiche. Proseguendo il ragionamento, si può intendere nelle parole di Berlusconi la volontà di rimuovere gli ostacoli verso la scelta delle scuole private. Se ciò consistesse nella semplice eliminazione delle differenze monetarie tra le due opzioni attraverso gli aiuti alle scuole private, il punto potrebbe essere liquidato come l'ennesima presa di posizione del centrodestra sul tema. In realtà tale proposito può anche essere ottenuto - ed in questa direzione paiono andare i provvedimenti del Governo - a costo zero per lo Stato peggiorando il servizio della scuola pubblica, in modo da rendere appetibili le istituzioni private anche senza utilizzare leve monetarie.
  • La scuola pubblica viene dipinta come un luogo di plagio, in cui agli studenti vengono "inculcate" ideologie politico-sociali - rivolgendosi Berlusconi ad una platea di centrodestra - di sinistra. La contrapposizione in cui vengono messe scuole pubbliche e provate è persino imbarazzante: secondo Berlusconi tutti e soli gli insegnanti delle scuole pubbliche utilizzano l'ambiente scolastico per ideologizzare i ragazzi, mentre tutti e soli gli insegnanti delle scuole private sono educatori del libero pensiero.
Neppure per eccesso di buona fede è possibile non considerare le parole del premier come un attacco alla pubblica istruzione.

Secondo il Ministro, inoltre, molti tra coloro che hanno manifestato mandano i propri figli alla scuola privata. Da questo il Ministro deduce che tali persone non hanno fiducia nella scuola pubblica, e manifestare per qualcosa verso cui non si ha fiducia è atto di incoerenza.
In realtà il procedimento logico usato dal Ministro ha molte falle, a partire dalle premesse. I "molti" a cui fa riferimento quanti sono esattamente? Che percentuale dei manifestanti? Da che fonte deriva la sua affermazione? Anche ammettendo tuttavia che "molti" tra coloro che hanno partecipato alle piazze del 12 marzo mandino i propri figli alle scuole private, il Ministro esclude dal proprio ragionamento le cause ed i desideri dei manifestanti. Mandare ai propri figli alle scuole private non significa automaticamente non desiderare una scuola pubblica di qualità: non usufruire di un servizio - la scuola come il divorzio come il testamento biologico - non implica necessariamente che quel servizio debba essere abolito o depotenziato.
Non usufruire di un servizio, inoltre, non implica necessariamente non volerlo fare. La difesa di una scuola pubblica di qualità può essere un obiettivo da perseguire anche per coloro che mandano i propri figli alle private perché, ad esempio, le condizioni del plesso scolastico statale del posto sono disastrate. Ribaltando le parole di Berlusconi, si può dire che la piazza abbia manifestato contro l'obbligo "di fatto" di scelta delle scuole private, contro l'abbandono ed il degrado che rendono in certe parti del Paese la scuola pubblica un'istituzione di serie B.

Ci sono circa 200 mila bidelli ma si spendono 600 milioni per le imprese di pulizie. Ci sono più bidelli che carabinieri per avere le scuole sporche.

Questa frase del Ministro era una rivendicazione dei tagli effettuati, legati, a suo dire, soltanto all'eliminazione degli sprechi.
Premesso che nelle istituzioni pubbliche italiane, dalla sanità alla PA passando sicuramente per la scuola, si annidano sprechi e rendite in abbondanza, e senza voler indagare la bontà dei provvedimenti messi in atto dal Governo e dalla maggioranza che lo sostiene, l'esempio scelto dalla Gelmini appare particolarmente infelice.
In Italia, secondo il sito ddei Carabinieri, ci sono 117.943 appartenenti all'Arma dislocati in circa 4.500 caserme.
Gli edifici scolastici del Paese sono invece oltre 40.000. Quanto al numero dei bidelli, secondo Francesca Puglisi, responsabile scuola della segreteria PD, si attesta sulle 130.000 unità, ed è destinato a scendere a 125.000 elementi a causa dei provvedimenti in materia scolastica del Ministro Gelmini.
Con i numeri dati dal PD, quindi, ogni edificio scolastico potrebbe attualmente contare in media su circa 3 bidelli. Prendendo invece per buoni i numeri del Ministro, i bidelli per edificio scolastico sono invece in media circa 4,5. Sono pochi, tanti, troppi?
Tra le funzioni dei bidelli, oltre alla pulizia, vi sono l'apertura e la chiusura degli edifici, il controllo degli studenti quando sono fuori dalle aule, un compito che arriva ad accompagnare i bambini in bagno, specie nelle scuole dell'infanzia e alle primarie, e a gestire i casi di malore senza obbligare gli insegnanti a lasciare sguarnite le aule.
Il ragionamento corretto da fare sarebbe stato: "date le funzioni che devono espletare i bidelli, tenendo conto del numero e delle esigenze degli studenti, e tenendo conto del numero degli edifici scolastici, il loro numero è adeguato o no?"
Tentare di dimostrarne il soprannumero utilizzando paragoni ad effetto con una categoria che non c'entra nulla suona di propaganda e, soprattutto, di pochezza di argomenti.

Tagli alla scuola ma tagli agli sprechi. Mi sentirei in colpa se avessi tagliato sulla qualità della scuola, non ho licenziato nessuno, ma abbiamo contenuto la pianta organica e liberato risorse che hanno permesso di non bloccare gli scatti di anzianità per gli insegnanti.

Ancora più del precedente paragone, questa frase del Ministro Gelmini costituisce un'orgogliosa rivendicazione del suo operato e della riforma scolastica che porta il suo nome.
Secondo il Ministro la spesa per la scuola pubblica è aumentata negli ultimi dieci anni, e, poiché il suo intervento riguarda gli sprechi, se ne deduce che tale incremento di spesa andava a riguardare prevalentemente degli sprechi. Nell'ultimo decennio prima del suo insediamento si sono succeduti, a Viale Trastevere, Berlinguer (centrosinistra) e De Mauro (centrosinistra) fino al 2001, Moratti (centrodestra) dal 2001 al 2006 e Fioroni (centrosinistra) dal 2006 al 2008. Come si vede, l'unico titolare del Ministero dell'Istruzione che ha avuto tempo e margini per una manovra di ampio respiro e consolidamento è stata Letizia Moratti, a cui, si deduce, devono essere prevalentemente rivolte le critiche della Gelmini.
La frase del Ministro mette però in chiaro due punti: la qualità della scuola non è diminuita, e non sono stati bloccati gli scatti di anzianità.
La diminuzione delle ore nei piani di studio, con conseguente diminuzione delle cattedre. L'incremento del numero minimo di studenti per classe. La soppressione degli istituti più periferici, spesso in sedi geograficamente disagiate. L'eliminazione del tempo pieno. La saturazione delle cattedre a 18 ore, che vincola fortemente le possibilità di sostituzioni e compresenze. Se questi punti non sono un degrado della qualità, che cosa intende il Ministro per qualità?
Proprio il passaggio sugli scatti di anzianità costituiscono un pericoloso scivolone del Ministro sul tema del merito e della qualità. Per sua stessa dichiarazione, i soldi recuperati dai tagli non sono stati usati per potenziare la sperimentazione sul merito scolastico, limitata geograficamente tuttora a poche decine di scuole nelle grandi città e monetariamente ad una mensilità extra contro i 7.000 euro promessi. Le risorse a disposizione sono state invece usate dal Ministro "a pioggia", ovvero per gli scatti di anzianità.
Il fatto che solo con tagli pesantissimi la scuola italiana sia riuscita a reperire le risorse per quella che dovrebbe essere l'ordinaria amministrazione della retribuzione dei docenti la dice lunga sullo stato in cui versa la pubblica istruzione, e dovrebbe a sua volta essere oggetto di analisi approfondita, ma colpisce come la Gelmini riesca a dichiarare con orgoglio atti del tutto contrari alle sue dichiarazioni e alla politica professata dal Governo di cui fa parte.

Dicono spesso che ho tagliato gli insegnanti di sostegno ma in realtà ce ne sono tremila e 500 in più rispetto al passato. Il problema è la loro distribuzione e il fatto che in alcune zone del Paese ne usufruiscono anche alunni che non ne avrebbero bisogno.

In questo passaggio molto controverso il Ministro mischia una verità sacrosanta, una mezza verità ed un'affermazione, da qualsiasi parte la si voglia guardare, assolutamente indegna.
È corretto che la carenza degli insegnanti di sostegno sia un problema acuito dalla distribuzione geografica. Come evidenziato anche da un'indagine di Tuttoscuola (abstract parte I e parte II, versione completa scaricabile da questo link), vi sono sostanziali disparità a seconda delle differenti province italiane. D'altra parte, chi parla è il Ministro dell'Istruzione, non una persona qualsiasi: compito del Ministro dovrebbe essere, individuato il problema, raccontare agli Italiani cosa sta facendo il Governo per risolverlo. In che modo il Ministro Gelmini sta tentando di porre rimedio a questo squilibrio?
In seconda battuta, la cifra - 3.500 insegnanti - a cui fa riferimento la Gelmini è riferita ai docenti di ruolo; il numero degli insegnanti di sostegno totali è invece rimasta pressoché invariata. Anche se la notizia è positiva e degna di merito, è falso affermare, affrontando il problema della copertura dei disabili, che vi siano 3.500 insegnanti di sostegno in più.
Infine, la frase relativa a coloro che usufruiscono del servizio senza averne diritto, se presa seriamente, apre un problema molto delicato. Di per sé una simile affermazione appare difficilmente credibile, e pare che anche in questo frangente al Ministro manchi la capacità di analizzare psicologicamente gli Italiani. In realtà magari di paese, avere "il figlio handicappato" è ancora motivo di vergogna, una vera e propria onta per la famiglia, ed il solo privilegio di avere l'insegnante di sostegno, se così vogliamo chiamarlo, non è certamente un contrappeso sufficiente. Sono molto più comuni i casi di genitori che al contrario rifiutano di riconoscere i propri figli come diversamente abili, con tutti gli impatti che questo produce nell'ambiente scolastico. Se, quindi, quanto ha detto il Ministro è falso, o se in generale non ha le prove per dimostrarne la veridicità, si tratta di una scusa di pessimo gusto per nascondere un fallimento politico sul tema. Se invece è vero, si ricade nel problema precedente: oltre ad aver affermato ai genitori dei ragazzi veramente disabili che i servizi a cui avrebbero diritto i loro figli sono "rubati" da persone che disabili non sono, ha anche rassicurato queste persone spiegando in che modo il Governo ha intenzione di intervenire?

La performance televisiva del Ministro si può considerare quindi imbarazzante, ed è, anche senza dare credito a teorie più o meno complottistiche volte alla distruzione pilotata della scuola pubblica, una spia palese delle difficoltà che ha il Governo nel mantenere le promesse fatte agli Italiani alla vigilia delle elezioni del 2008.

1 commento:

  1. Non mi aspettavo niente di diverso da una che per conseguire l'abilitazione professionale ha dovuto dare l'esame in una sede notoriamente tenera coi candidati dopo che, se non erro, aveva fallito quella nella sua sede originaria. Pressapochismo, bugie spacciate per verità, scarsa considerazione per la maggioranza degli italiani a favore di una ristretta minoranza, la Gelmini sintetizza in sè tutte le pecche di questo Governo.

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